13
1.3 Natura del diritto nascente dall'assegnazione della casa familiare
Sulla natura del diritto che sorge a seguito del provvedimento del giudice che assegna il
godimento della casa familiare ad uno dei coniugi non vi è stata né in dottrina, né
in giurisprudenza, uniformità di pensiero
32
.
Si è sostenuta la natura reale di tale diritto.
Altri, in dottrina ed in giurisprudenza, hanno negato la natura di diritto reale,
qualificando tale istituto come diritto personale di godimento ovvero lo hanno ritenuto
un diritto sui generis non inquadrabile nelle categorie normative esistenti e, quindi,
facente parte di un
tertium genus
33
.
In dottrina si è anche sostenuto la natura di diritto di locazione, sia pure atipico
34
.
La diversa qualificazione non ha una valenza meramente concettuale ed astratta, bensì
ha conseguenze concrete sulla possibilità per il proprietario o comproprietari di disporre
del bene e dei conseguenti diritti ed oneri.
Se, ad esempio, si ritiene che l'immobile assegnato al coniuge sia gravato da un
diritto personale di godimento e non da un diritto reale, tale bene potrebbe essere
liberamente
29
Cassaz civ. Sez. Un. 28 aprile 1987, n. 4089, cit.
30
Tribunale Pistoia, 07/01/2010, in Foro Italiano 2010, 7-8, I, 2199; per Tribunale Busto Arsizio,
17/11/2010, in Giur. Merito 2011,3,714, a seguito della introduzione dello strumento di impugnazione tipico
del reclamo alla Corte d'appello avverso i provvedimenti temporanei ed urgenti del presidente del tribunale,
previsto dall'art. 708 comma 3 c.p.c. introdotto dall'art. 2 l. 54 del 2006, la proposizione della istanza di revoca
o di modifica dei provvedimenti temporanei ed urgenti della separazione o del divorzio ex art. 709 comma 4
c.p.c., presuppone la necessaria allegazione e, quindi, la prova della sussistenza di mutamenti sopravvenuti
nelle circostanze, ovvero di fatti anteriori dei quali sia stata acquisita la conoscenza successivamente alla
pronunzia del provvedimento del quale si chiede la modifica.
31
Buffone, in www.altalex.com, 27/10/2011, contiene una vasta disamina di sentenze di merito
32
Contiero, op. cit., p. 129 ss
33
Anceschi, L'assegnazione della casa. Separazione, divorzio, famiglia di fatto, successione, ordine di
protezione, Maggioli, 2013, p. 27 ss.; Jannarelli, L'assegnazione della casa familiare nella separazione
personale dei coniugi, in Foro Italiano, 1981, I, p. 1381
34
Barbiera, I diritti patrimoniali dei separati e dei divorziati, Bologna, 1993, p. 49 ss
14
venduto dal proprietario od essere oggetto di espropriazione immobiliare. Ovviamente
all'acquirente sarà sempre opponibile il diritto dell'assegnatario ad utilizzare il bene finché
ne sussistano i presupposti previsti dalla legge. Però, come si è detto, il coniuge proprietario
o comproprietario del bene assegnato all'altro coniuge ben potrebbe vendere il bene o la
propria quota (sempre che sia stata sciolta la comunione legale dei beni o si trovi in regime
di separazione dei beni nel caso di comproprietà del bene con l'altro coniuge).
Queste possibilità verrebbero precluse all'altro coniuge nel caso in cui si ritenesse il coniuge
beneficiario del provvedimento di assegnazione titolare di un diritto reale.
Altra questione rilevante riguarda l'individuazione del soggetto passivo di imposta. Tale
qualità può venire riconosciuta al titolare di diritto reale di abitazione e non al titolare di un
diritto di credito o di godimento.
Più in generale, la prospettata differenza di qualificazione rileva per tutti le questioni che
interessano i soggetti che vantano diritti reali sugli immobili (si pensi alla tutela possessoria,
a quella contro le immissioni, alla legittimazione alle azioni reali classiche)
35
.
La differenza tra diritti personali di godimento e diritti reali rileva anche con riferimento ai
criteri di risoluzione dei conflitti tra più aventi causa dal medesimo dante causa in ordine
allo stesso diritto.
Tale conflitto viene risolto, nel caso appunto si qualificasse il diritto in questione come reale,
utilizzando le norme concernenti la priorità della trascrizione in tema di diritti reali
immobiliari. La trascrizione ha, infatti, la funzione di pubblicità dei negozi relativi ai beni
immobili ed ai beni mobili registrati. Essa costituisce lo strumento per la soluzione di
conflitti tra più soggetti acquirenti di diritti reali su determinati beni. Infatti il diritto reale
acquistato su un bene immobile o di un bene mobile registrato diviene opponibile al terzo
solo se è avvenuta la trascrizione del relativo negozio.
Per il trasferimento di diritti personali di godimento valgono invece i principi stabiliti dall'art.
1380 c.c., il quale sancisce la prevalenza di colui che abbia per primo conseguito il
godimento del bene. Tale norma, infatti, prevede che <<se, con successivi contratti, una
persona concede a diversi contraenti un diritto personale di godimento relativo alla stessa
cosa, il godimento spetta al contraente che per primo lo ha conseguito. Se nessuno dei
contraenti ha conseguito il godimento, è preferito quello che ha il titolo di data certa
anteriore>>.
35
Margerini, in www.diritto.it/materiali/civile/margherini.html
15
Il tutto facendo salva l'efficacia della trascrizione che riguarda anche alcuni casi di diritti di
godimento (per esempio la locazione con durata ultranovennale).
Vediamo, allora, in base a quali considerazioni è stata preferita l'una o l'altra qualificazione
e quale è stata l'evoluzione giurisprudenziale e normativa.
La dottrina che sosteneva che il diritto derivante dal provvedimento di assegnazione della
casa familiare ad uno dei due coniugi era un diritto reale, sotto la vigenza dell’art. 155 c.c.,
prima della riforma, poneva l’accento sul dato letterale della norma, la quale prevedeva che
“l’abitazione spetta di preferenza”. Secondo questa corrente di pensiero, l'aver utilizzato
espressamente la locuzione abitazione della casa familiare era un segno evidente della
intenzione del legislatore di considerare il diritto che scaturisce dal provvedimento di
assegnazione alla stregua del diritto di abitazione il quale, come è noto, è uno dei diritti reali
previsti e disciplinati dal codice civile.
Altri, criticando questa corrente di pensiero, sostenevano che il riferimento all’abitazione
era stato fatto in senso non tecnico. Si sosteneva e si sostiene che non si può qualificare tale
diritto come diritto reale visto il principio di tipicità dei diritti reali. In altre parole, il nostro
ordinamento prevede e disciplina un numero chiuso di diritti reali, il cui contenuto è
anch’esso determinato per legge e, di conseguenza, non sarebbe possibile attribuire natura
reale al diritto del genitore assegnatario dell’abitazione in mancanza di un’espressa
previsione normativa (in atri termini, si creerebbe, di fatto, una nuova fattispecie di diritto
reale non previsto dalla legge)
36
.
In giurisprudenza, un utile ed importante orientamento è stato fornito dalla Corte
Costituzionale che ha escluso la possibilità di inquadrare il diritto dell'assegnatario in una
figura giuridica formale: <<Il termine <abitazione> è qui assunto come voce sostantiva del
transitivo verbale <abitare> con oggetto la <casa familiare>, vale a dire quel complesso di
beni funzionalmente attrezzato per assicurare la esistenza domestica della comunità
familiare. Come dunque la <casa familiare> non e esauribile nell'immobile, spoglio della
normale dotazione di mobili e suppellettili per l'uso quotidiano della famiglia; cosi
l'<abitazione> non è identificata dal legislatore in una figura giuridica formale, quale
potrebbe essere un diritto reale o personale di godimento, ma nella concreta res facti che
prescinde da qualsivoglia titolo giuridico sull'immobile, di proprietà, di comunione, di
locazione. Il giudice della separazione, assegnando l'abitazione nella casa familiare al
genitore affidatario della prole, secondo la ratio legis, non crea tanto un titolo di
36
Pannuccio-Dattola, in Trattato di diritto di famiglia, diretto da Zatti, Famiglia e matrimonio, II,
Separazione e divorzio, Giuffrè, 2011, pp. 1488-1489
16
legittimazione ad abitare per uno dei coniugi quanto conserva la destinazione dell'immobile
con il suo arredo nella funzione di residenza familiare>>
37
.
L'orientamento giurisprudenziale maggioritario di legittimità si è espresso, fino all'entrata in
vigore della legge 54/2006, nel senso di escludere la natura reale del diritto del coniuge
assegnatario e di rinvenire in capo a quest'ultimo la costituzione di un diritto personale.
Un filone minoritario ha, invece, qualificato il diritto come un diritto di abitazione,
assimilabile ad un diritto reale.
Si è così sostenuto che l'assegnazione, in sede di divorzio, della casa familiare all'ex coniuge
con cui convivono i figli maggiorenni, non ancora economicamente indipendenti, comporta
il conferimento all'assegnatario di un diritto di abitazione; tale norma, che ha natura
eccezionale e si fonda sulla necessità di conservare l'habitat domestico, inteso come il centro
degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime ed articola la vita della
famiglia, manifestamente non si pone in contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione,
attesa la posizione differenziata dei coniugi per effetto della convivenza dei figli con uno di
loro e la possibilità che la legge apponga limiti alla proprietà privata allo scopo di assicurarne
la funzione sociale
38
.
L'orientamento dominante, come si è detto, ha qualificato la fattispecie in esame come diritto
personale di godimento.
Così, in modo assolutamente chiaro, si è detto che <<l'assegnazione, in sede di divorzio
come di separazione personale dei coniugi, della casa familiare al coniuge affidatario dei
figli minori integra un diritto personale atipico di godimento, il quale non costituisce un peso
sull'immobile destinato ad abitazione, come avviene per un diritto reale>>
39
.
Ancora: <<Il diritto riconosciuto al coniuge, non titolare di un diritto di proprietà o di
godimento, sulla casa coniugale, con il provvedimento giudiziale di assegnazione di detta
casa in sede di separazione o divorzio, ha natura di diritto personale di godimento e non di
diritto reale. Di conseguenza, l'acquirente del bene gravato da siffatto diritto di godimento
da parte del terzo assegnatario può agire facendo valere la responsabilità del venditore ai
sensi dell'art. 1489 c.c. (tale ultima norma consente all'acquirente di un immobile che non
37
Corte Cost. 27 luglio 1989, n. 454, in www.giurcost.org
38
Cass. Civ. 11/12/1992 n. 13126, in Dir. Fam, 1993, 497
39
Cass. Civ. 17/9/2001 n. 11630, in Foro It. Rep, 2001; nello stesso senso, Cass. Civ. 18/8/1997 n. 7680,
in
www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Speciali/2006/guida_professionisti/16febbraio%202006/SEN_7680_
1997.pdf?cmd%3Dart, ove si legge che <<Il provvedimento di assegnazione della casa coniugale ad uno dei
coniugi all'esito del procedimento di separazione personale non è idoneo a costituire un diritto reale di uso o di
abitazione a favore dell'assegnatario, ma solo un diritto di natura personale>>.
17
abbia avuto conoscenza del fatto che l'immobile acquistato era gravato da un diritto altrui
o oneri non apparenti che ne limitino il godimento, di chiedere lo scioglimento del contratto
e il risarcimento dei danni)>>
40
.
In epoca ancora più vicina la cassazione ha espressamente ribadito l'esclusione dal novero
dei diritti reali l'istituto in questione.
Nel caso sottoposto alle cure dei supremi giudici, in un giudizio di divisione di un immobile
in comproprietà fra i coniugi e già assegnato ad uno di essi (il convenuto del giudizio di
divisione), il Tribunale di Roma aveva dichiarato lo scioglimento della comunione
sull’appartamento e, nell'attribuire le quote, aveva decurtato il 30% del valore dell’immobile
in considerazione dell'esistenza del diritto di abitazione a favore della convenuta.
Successivamente la Corte di Appello, in parziale riforma della decisione impugnata,
determinava il valore del bene assegnato in proprietà esclusiva al coniuge convenuto
assegnatario del bene, senza operare tale decurtazione. I giudici ritenevano, infatti, che
erroneamente il tribunale aveva operato la decurtazione del valore della quota di
comproprietà dell’immobile spettante all’attore, considerando la facoltà di abitazione
attribuita al coniuge affidatario dei figli minori in sede di separazione e che il valore deve
essere determinato con riferimento al valore effettivo dell’immobile, tenuto conto che, il
diritto di abitazione ha natura personale e viene meno con il conferimento in proprietà
esclusiva della casa al coniuge assegnatario.
La Corte di Cassazione, al quale è stato sottoposto il caso in esame, ha così avuto modo di
ribadire che <<il diritto di abitazione della casa familiare è un atipico diritto personale di
godimento (e non un diritto reale), previsto nell’esclusivo interesse dei figli (art. 155, comma
quarto, cod. civ.) e non nell’interesse del coniuge affidatario, che viene meno con
l’assegnazione della casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli, non
avendo più ragione di esistere. Ed invero, la tutela del figlio minore o disabile è assicurata
dall’affidamento al coniuge al quale la casa coniugale sia assegnata nonché dall’obbligo di
mantenimento, cura ed educazione che è posto a carico di entrambi i genitori. Nel caso in
cui, come nella specie, l’immobile sia assegnato in proprietà esclusiva al coniuge affidatario
la invalidità di cui sia portatore il figlio e le sue condizioni di vita – che, per quel che si è
detto, assumono rilevanza in relazione agli obblighi dei genitori – non possono avere alcuna
interferenza sul valore di mercato dell’immobile ovvero sulla determinazione della porzione
corrispondente alla quota di comproprietà spettante al condividente. Infatti, ove si operasse
40
Cass. Civ. 8/4/2003 n. 5455, in De Jure, Banche Dati Giuffrè
18
la decurtazione del valore in considerazione del diritto di abitazione, il coniuge non
assegnatario verrebbe ingiustificatamente penalizzato con la corresponsione di una somma
che non sarebbe rispondente alla metà dell’effettivo valore venale del bene: il che è
comprovato dalla considerazione che, qualora intendesse rivenderlo a terzi, l’assegnatario in
proprietà esclusiva potrebbe ricavare l’intero prezzo di mercato, pari al valore venale del
bene, senza alcuna diminuzione>>
41
.
La qualificazione operata dalla giurisprudenza dominante che, lo ribadiamo, esclude la
natura reale del diritto, è stata agevolata ed è andata di pari passo con l'evoluzione legislativa.
Un contributo risolutivo è ora rinvenibile nel dato letterale dell'art. 155 quater c.c., introdotto
ex novo dalla legge 8 febbraio 2006 n. 54, il cui primo comma iniziava con la inequivocabile
locuzione “il godimento della casa familiare”.
E' facile osservare come, utilizzando tale espressione, il legislatore abbia inteso qualificare
come diritto personale di godimento quello conseguente al provvedimento di assegnazione
della casa familiare e, ciò, indipendentemente dal titolo di proprietà ed alla situazione
preesistente la separazione, ossia a prescindere dal fatto che l'immobile fosse di proprietà
esclusiva di uno dei due coniugi o in comproprietà di entrambi o detenuto per altro titolo
(locazione, comodato, ecc…).
Si tratterebbe, comunque, di un diritto personale di godimento atipico.
Vista la tipicità dei diritti reali (che, come si è visto, impedirebbe alla giurisprudenza ed ai
giuristi di inventare un nuovo diritto reale), il diritto attribuito al coniuge assegnatario non
può che essere un diritto personale, sia pure avente un contenuto analogo a quello di un
diritto reale.
La giurisprudenza di merito successiva all'entrata in vigore della citata legge n. 54/2006, ha
confermato la predetta interpretazione e la chiarezza del nuovo dato normativo.
Così, si è affermato che <<il diritto del coniuge ad occupare in via esclusiva la casa in
comproprietà ad egli assegnata in quanto affidatario di tre figli, trova titolo solo nel
provvedimento di omologazione della separazione ed ha quindi natura di diritto personale di
godimento>>
42
.
Ed ancora, <<l'assegnazione, in sede di separazione, come del resto anche in sede di
divorzio, della casa familiare al coniuge cui è stata affidata la prole, integra un diritto
personale atipico di godimento, il quale non può costituire un peso sull'immobile, come si
41
Cass. Civ. 19/12/2014 n. 27128, in www.renatodisa.com/2015/01/02/corte-di-cassazione-sezione-ii-
sentenza-19-dicembre-2014-n-27128
42
Trib. Bari sez II, 21/9/2008 in www.giurisprudenzabarese.it
19
verifica per i diritti reali. Ne deriva che detta assegnazione non può essere presa in
considerazione per la determinazione del valore dell'immobile in caso di divisione, specie se
il bene de quo, come accaduto nel caso concreto, sia stato assegnato al coniuge già titolare
di tale diritto di abitazione. In tal senso, infatti, si rileva che l'assegnazione della casa
familiare, nell'ambito del giudizio di separazione personale dei coniugi, rappresenta un
provvedimento accessorio a tale pronuncia, finalizzato a regolare i rapporti tra le parti con
riferimento all'utilizzazione dell'immobile de quo ove i coniugi avevano vissuto in regime di
convivenza e che, pertanto, esaurisce i suoi effetti in tale contesto, senza alcun possibile
riflesso sulla proprietà del bene stesso>>
43
.
Recentemente, in una controversia riguardante l'individuazione del soggetto d'imposta, la
Suprema Corte ha statuito che <<in tema di imposta comunale sugli immobili, il coniuge
affidatario dei figli al quale sia assegnata la casa di abitazione posta nell'immobile di
proprietà dell'altro coniuge, non è soggetto passivo dell'imposta per la quota dell'immobile
stesso sulla quale non vanti il diritto di proprietà, ovvero un qualche diritto reale di
godimento, come previsto dall'art.3, D. Lgs. n. 504 del 1992. Con il provvedimento
giudiziale di assegnazione della casa coniugale, in sede di separazione personale o di
divorzio, invero, viene riconosciuto al coniuge un atipico diritto personale di godimento e
non un diritto reale, sicché in capo ad esso non è ravvisabile la titolarità di un diritto di
proprietà o di uno di quei diritti reali di godimento, specificamente previsti dalla norma,
costituenti l'unico elemento di identificazione del soggetto tenuto al pagamento dell'imposta
in parola sull'immobile>>
44
.
Nulla è variato a seguito della recente abrogazione dell'art. 155 quater c.c. da parte del D.
L.vo 28 dicembre 2013 n. 154.
La disciplina dell'assegnazione della casa coniugale nelle procedure di separazione personale
è oggi contenuta nell'art. 337 sexies c.c. e si applica anche ai procedimenti di divorzio, a
quelli di nullità e annullamento del matrimonio e quelli relativi ai figli di coppie non
coniugate.
Il primo comma dell'art. 337 sexies c.c., infatti, riproduce letteralmente il corrispondente
comma dell'abrogato art. 155 quater c.c. ed inizia con l'espressione <<il godimento della
casa familiare è attribuito>>.
43
Trib. Treviso Sez. I, 29-06-2010, in La separazione, Il divorzio, L'Affido Condiviso, AA.VV. (a cura di)
G. Autorino Stanzione, 2011, p. 470
44
Cass. Civ. 10/2/2016 n. 2675, in www.studiocataldi.it/allegati/news/allegato_21013_1.pdf
20
Per quanto forse superfluo, concludiamo osservando come la qualificazione giuridica del
diritto in esame non muta in considerazione della diversa tipologia del provvedimento che
tale diritto prevede e dal tipo di procedura in cui è stato disposto (procedimento di tipo
giudiziale, ovvero separazione consensuale o divorzio a domanda congiunta: <<l'accordo
mediante il quale i coniugi, nel quadro della complessiva regolamentazione dei loro rapporti
in sede di separazione consensuale, dispongano l'assegnazione della casa familiare in favore
del coniuge affidatario dei figli (al pari di quella giudiziale […] come pure in sede di divorzio
[…]), costituisce in capo al coniuge assegnatario un diritto personale di godimento,
opponibile, ancorché non trascritto, al terzo acquirente, per cui quest'ultimo è tenuto a
rispettare il godimento del coniuge de suo dante causa, nell'identico contenuto e nell'identico
regime giuridico propri dell'assegnazione, alla stregua di un vincolo di destinazione
collegato all'interesse dei figli>>
45
.
1.4 L’assegnazione della casa familiare nella famiglia di fatto
L’unico modello familiare disciplinato compiutamente dall’ordinamento italiano, almeno
fino alla recentissima approvazione della legge 20 maggio 2016 n. 76 (<<regolamentazione
delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze>>), è l’unione
che trova il suo fondamento nell’atto del matrimonio, il quale viene quindi a porsi come
titolo giuridico per l’esercizio dei diritti e doveri riconosciuti alla famiglia.
Esamineremo al termine del paragrafo le novità che questa ultima riforma, apprezzata e
definita epocale da taluni, aspramente criticata da altri, comporta con riferimento allo
specifico tema del presente lavoro.
Il dato da cui partire, però, per analizzare l'evoluzione giurisprudenziale che, in assenza di
disciplina legislativa, ha caratterizzato la problematica dell'assegnazione della casa per le
coppie non sposate, è il dettato costituzionale.
In particolare, il primo comma dell'art. 29 della Costituzione, prescrive che <<la Repubblica
riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio>>.
Vi è, pertanto, nel nostro ordinamento una preferenza per un unico modello di famiglia, con
il riconoscimento di famiglia legittima soltanto a quella originata dal matrimonio, a
discapito, dunque, di altre unioni caratterizzate dall’assenza del vincolo coniugale
46
.
45
Cass. Civ. 12/4/2011, n. 836, in www.studiolegalelagreca.it/?p=1762
46
Contiero, op. cit., p. 60 ss