Introduzione
L‟obiettivo di questo lavoro è la trattazione dell‟evoluzione della giurisprudenza
della Corte costituzionale nella materia dell‟insindacabilità parlamentare prevista
dal primo comma dell‟art. 68 della Costituzione, ambito particolare del più
generale conflitto fra Magistratura e Parlamento.
Questa giurisprudenza, nata con la storica sentenza 1150/1988, si è stabilizzata,
come si vedrà ampiamente, nel giro di poco più di un decennio con le sentenze
10/2000 e 11/2000.
Si studierà inoltre la dialettica tra la giurisprudenza della Corte, le critiche della
dottrina e le risposte del legislatore, e come queste si siano eventualmente
influenzate a vicenda.
Il lavoro tratterà inoltre alcuni passaggi storici ritenuti fondamentali per lo studio
delle immunità parlamentari; si partirà dalla nascita ed evoluzione storica delle
prerogative parlamentari per concentrarci poi sul periodo statutario e repubblicano.
Inoltre si vedrà come, in termini di procedura, venga ad instaurarsi il conflitto tra
poteri previsto in costituzione dall‟art. 134.
Passando al tema centrale dello studio, si studierà l‟evoluzione della
giurisprudenza costituzionale; iniziando dalla storica sentenza 1150/1988, con cui
la Corte per la prima volta statuisce in materia di primo comma dell‟art. 68 Cost,
mentre le tappe successive studiate saranno la riforma costituzionale del 1993 ed i
suoi effetti sull‟operato dei giudici costituzionali, per poi arrivare agli anni 2000 con
il definitivo (così almeno sembrerebbe) assestamento dello schema e dell‟ambito
del giudizio in materia d‟insindacabilità parlamentare, contenuto nelle sentenze
gemelle 10/2000 e 11/2000.
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In aggiunta allo studio meramente inerente la giurisprudenza andranno valutati
anche altri aspetti della questione, come i particolari aspetti di procedura o di
merito che la Corte negli anni si è trovata ad affrontare; solo per citarne alcuni si
pensi alle pronunce di improcedibilità o alla questione dell‟intervento in giudizio del
soggetto leso dalle affermazioni diffamatorie del parlamentare, o ancora al criterio
del nesso temporale tra affermazioni fatte dal parlamentare fuori sede e atti tipici
compiuti in sede parlamentare.
Tutti questi aspetti andranno analizzati per poter capire più a fondo il concetto di
nesso funzionale che la Corte incorona come criterio discriminante tra opinioni
coperte dall‟immunità parlamentare del primo comma dell‟art. 68 Cost. e opinioni
scoperte.
In seguito si guarderà alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell‟Uomo
in materia di insindacabilità parlamentare; la quale risolveva per ultimo nel 2010 il
caso C.G.I.L, Cofferati c. Italia, ammonendo non tanto la Corte costituzionale
quanto l‟intero sistema giudiziario, e più in generale l‟ordinamento italiano, a
trovare quel giusto equilibrio costituzionale tra le istanze di autonomia del
Parlamento, e le istanze di difesa giurisdizionale dei diritti fatte valere dai soggetti
ritenutisi lesi dalle opinioni dei parlamentari. Si deve ricordare infatti che tali
esigenze di difesa di ogni cittadino sono codificate in Costituzione nell‟art. 24 e
dunque devono venire in massima considerazione, al pari delle prerogative di
indipendenza del Parlamento.
Tale contemperamento, come si vedrà, sarebbe stato trovato dalla Corte
costituzionale nel far operare la copertura costituzionale solo per quelle opinioni
dei parlamentari contenute in atti tipici della funzione legislativa o con essi
connesse in quanto sostanzialmente riproduttive del loro contenuto; come ad
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esempio un comunicato stampa che riporti fedelmente il contenuto di
un‟interrogazione parlamentare.
A chiusura del lavoro si trarranno le conclusioni di quanto studiato, cercando di
trovare spazi per un‟eventuale riforma dell‟istituto dell‟insindacabilità parlamentare.
Si tenterà inoltre di proporre dei suggerimenti per un ripensamento, da tempo
richiesto dalla dottrina, dello schema di competenze a deliberare l‟insindacabilità
stabilito dalla legge 140/2003; normativa inspirata dai decreti legge di attuazione
dell‟art. 68 Cost. successivi alla riforma costituzionale del 1993.
A loro volta tali decreti legge erano evidentemente ispirati alle argomentazioni
della Corte costituzionale nella sentenza 1150/1988, che a sua volta
probabilmente risentiva nelle sue statuizioni dell‟allora ancora presente istituto
dell‟autorizzazione a procedere previsto dal secondo comma dell‟art. 68 Cost.
prima della riforma del 1993.
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1. L’insindacabilità parlamentare prevista dall’art. 68 primo
comma della Costituzione
1.1 Che cos’è l’insindacabilità parlamentare
In questo primo capitolo si studierà l‟insindacabilità parlamentare nei suoi aspetti
storici, normativi e procedurali, per poi passare dal prossimo capitolo allo studio
dell‟evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale nella materia
disciplinata dal primo comma dell‟art. 68 Cost; l‟insindacabilità delle opinioni dei
parlamentari.
L'immunità rappresenta, nel suo significato generale, l'esenzione da un onere, da
un obbligo o da un dovere; il termine immunità è una parola composta derivante
dal latino “immunitas, inmunitas”, la quale a sua volta ha origine dall'arcaico
“munus”, che significa ufficio, dovere, compito o prestazione, termine
comunemente usato dai latini per indicare la dispensa da un‟attività o da imposte e
servizi pubblici.
L'immunità consiste nello specifico in una situazione giuridica soggettiva
privilegiata, riconosciuta e garantita a taluni soggetti giuridici in considerazione
della loro posizione e funzione istituzionale.
L'origine dell'immunità parlamentare è coeva alla nascita dei parlamenti moderni e
coincide storicamente con la proclamazione del Bill of Rights
1
del 1689 da parte
del parlamento inglese, dove i relatori affermarono che "la libertà di parola, di
discussione e di procedure in parlamento non potrà essere accusata o messa in
discussione in altra corte o luogo al di fuori del parlamento".
1
G. ZAGREBELSKY, Le immunità parlamentari,Torino 1979 pag 6.
9
L‟insindacabilità parlamentare fu la prima immunità codificata (ribattezzata
freedom of speech), con cui ai membri del Parlamento fu garantito il diritto di
critica al Re e ai suoi ministri e conseguentemente questo permise, nel secolo
successivo, l'utilizzo della procedura d‟impeachment come momento di censura
politica e giustiziale all'esecutivo.
Venendo alla situazione italiana in tempi recenti; lo Statuto Albertino che fu
adottato dal Regno Sardo-Piemontese nel 1848 sulla spinta dei moti liberali del
1800,
2
prevedeva all‟art. 51 (copiando alla lettera la Costituzione francese del
1830) che : “I senatori e i deputati non sono sindacabili per ragione delle opinioni
da loro emesse e dei voti dati nelle Camere”; per i senatori inoltre la competenza a
giudicare dei loro reati era del Senato stesso, e questo non mancò di suscitare la
critica della dottrina del tempo che giudicava tale ultima disposizione come un
retaggio del periodo feudale.
3
Durante il periodo statutario le Camere spesso rivendicarono a se il potere di
decidere sull‟applicazione e sull‟interpretazione delle norme dello Statuto in
materia di insindacabilità, a conferma di un‟eccezione allo Stato di diritto e di un‟
origine storica di tali guarentigie, nate a tutela dei Parlamenti dal Re e dalla
Magistratura che ancora era legata al potere esecutivo.
4
La forte difesa delle prerogative parlamentari non poté non risentire del generale
mutamento dell‟ordine dello Stato nel ventennio fascista, anche se in realtà non vi
fu una vera e propria modifica formale dello Statuto quanto piuttosto un uso
distorto di istituti già presenti nell‟ordinamento.
2
G. ZAGREBELSKY, Le immunità parlamentari,Torino 1979 pag 20.
3
A. RUIZ, Delle guarentigie costituzionali, Napoli 1886 pag 206.
4
Camera dei deputati,Relazione sull’ interpretazione dell’ art 45 dello Statuto Albertino,
1870
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Ad esempio, la dottrina di stampo fascista del tempo mise in rilievo come la
normativa delle prerogative parlamentari fosse di carattere speciale, e di
conseguenza nell‟interpretare tale normativa speciale si doveva fare riferimento
alle circostanze in cui operava il diritto; quindi un‟interpretazione attenta ai principi
ispiratori del nuovo ordinamento fascista.
5
Altra testimonianza della perduta indipendenza del Parlamento, sempre che nel
periodo statutario ci fosse realmente stata, fu l‟automaticità tra espulsione del
politico dal partito fascista e decadenza dalla Camera dei deputati del
parlamentare
6
; ciò significava che le garanzie statuarie operavano ancora soltanto
nella forma, mentre nella realtà erano state drasticamente ridotte fino a poi sparire
definitivamente nel 1926 con la dichiarazione di decadenza dal Parlamento delle
opposizioni al governo fascista, e nel 1939 con la soppressione della Camera dei
deputati.
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Veniamo ora al periodo costituzionale repubblicano, che più ci interessa essendo
quello ancora in vigore, iniziato con la proclamazione della Repubblica Italiana nel
1946 e con la promulgazione della Costituzione nel 1948.
La Costituzione, nata dalle penne dei padri costituenti memori dei soprusi civili e
politici del periodo fascista, prevedeva in un unico articolo le immunità a tutela dei
parlamentari: l‟insindacabilità per le opinioni espresse e i voti dati nell‟esercizio
delle funzioni nel primo comma dell‟art. 68, e l‟immunità dai procedimenti penali e
dagli arresti e perquisizioni nel secondo comma dello stesso articolo.
5
In questo senso si veda C. COSTAMAGNA, Elementi di diritto pubblico fascista, Torino
1934.
6
C. CHIMIENTI, Manuale di diritto costituzionale fascista, Torino 1933.
7
Con la legge 129/1939.
11
I lavori della seconda sottocommissione costituente non furono in realtà molto
approfonditi sulla questione dell‟insindacabilità; una normativa la cui presenza
nell‟architrave costituzionale era considerata scontata da tutti.
8
L‟unico aspetto da tenere in considerazione, soprattutto in prospettiva della riforma
del 1993, è quello della formula letterale usata nel primo comma dell‟art. 68 Cost.,
in cui veniva usata l‟espressione “non possono essere perseguiti.”
9
In ogni caso, cominciava comunque ad essere presente la concezione
dell‟insindacabilità prevista dal primo comma dell‟art. 68 Cost. come una
prerogativa del potere legislativo a tutela della sua indipendenza e autonomia
contro gli altri poteri dello Stato,
10
e non come un privilegio di casta di stampo
medievale;
11
una garanzia analoga all‟insindacabilità parlamentare fu prevista per i
8
Si veda in Atti II sottocommissione costituente, 1946 vol. 2 pag. 1040 e ss.
9
Con la riforma costituzionale del 1993 la formula verrà modificata con: “non possono
essere chiamati a rispondere”, e ciò non sarà di poca importanza nello sviluppo della
giurisprudenza dei conflitti fra poteri.
10
Una concezione che è già presente in altre esperienze giuridiche straniere, sia di Civil
Law che di Common Law. In particolare si noterà come nelle esperienze giuridiche di
Common Law sia presente una visione fortemente restrittiva dell’immunità in esame, più
che in altri paesi continentali come Francia o Italia. Si veda ad esempio negli Stati Uniti
d’America la sentenza Gravel vs United States pronunciata dalla Corte Suprema Federale
nel 1972; in tale pronuncia si statuiva che le attività coperte dall’insindacabilità erano solo
quelle facenti parte integrante delle procedure per dibattere e comunicare con cui i deputati
partecipano alle attività delle camere e delle commissioni, o comunque attività inerenti ad
altre competenze delle camere in base alla Costituzione. Sarebbero insindacabili quindi
solo quelle opinioni espresse nelle camere durante i lavori. Questa strettissima
delimitazione della prerogativa va però vista in un’ottica differente rispetto al nostro paese,
infatti il freedom of speech qui si manifesta nella sua massima ampiezza, in tali paesi la
libertà di critica ha limiti assai più ampi rispetto al nostro ordinamento, di conseguenza
sarà molto difficile per un parlamentare venire condannato per diffamazione a seguito di
opinioni espresse al di fuori dalla sede parlamentare.
11
Dichiarazioni dell’onorevole La Rocca, in Atti II sottocommissione costituente, 1946
vol. 2 pag 1045.
12
consiglieri regionali,
12
per loro non fu prevista invece l‟ immunità dai procedimenti
penali.
Di conseguenza nella ratio ispiratrice delle garanzie inerenti ai parlamentari non vi
fu più traccia di quella storica ragione che le aveva viste nascere, ovvero la tutela
dalle rappresaglie politiche del sovrano e, nel periodo statutario e fascista, del
potere esecutivo.
Vi è un‟altro dato di questo periodo storico da considerare per capire la natura
dell‟insindacabilità parlamentare; si tratta dell‟ottenuta indipendenza della
Magistratura dal potere esecutivo, che portò di conseguenza al venir meno di una
delle questioni che aveva sostenuto la necessità di una tutela immunitaria dei
parlamentari, ovvero il fatto che il Parlamento, inteso come organo di persone, non
dovesse più temere attacchi obliqui del Governo per il tramite della Magistratura,
fatto che portò qualcuno a sostenere che fosse definitivamente venuta meno la
ratio stessa delle prerogative parlamentari.
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Al contrario, come si vedrà nello sviluppo della dialettica tra Magistratura e
Parlamento, il perdurare delle prerogative parlamentari risulterà fondamentale per
mantenere un bilanciamento tra gli interessi costituzionali in gioco.
Come già detto in precedenza, le garanzie poste a tutela del singolo parlamentare
dall‟art. 68 primo comma Cost. operano solo se in connessione con la funzione
dell‟organo di cui i soggetti sono membri, per cui l‟insindacabilità delle opinioni del
parlamentare non sarebbe che un riflesso della vera questione, cioè la tutela
dell‟indipendenza e autonomia dell‟organo parlamentare dagli altri poteri dello
Stato.
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Art. 122 quarto comma Cost.
13
C. MORTATI, Istituzioni di Diritto pubblico, Padova 1973; T. MARTINES, Diritto
costituzionale, Milano 1978.
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Di conseguenza, l‟insindacabilità non potrà che coprire opinioni contenute in atti
compiuti nell‟esercizio di funzioni parlamentari; sebbene questo concetto a parole
possa sembrare facile, in realtà ha necessitato di molti anni perché divenisse
solido anche nella giurisprudenza costituzionale.
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La problematica dell‟ambito di
applicabilità della prerogativa in esame permeerà tutta la giurisprudenza della
Corte che ci si accinge a studiare nei prossimi capitoli.
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Un ulteriore aspetto da considerare, è che nonostante la dottrina se ne sia sempre
occupata, la Corte costituzionale si pronunciò per la prima volta in materia di
insindacabilità parlamentare solo nel 1988, ben 40 anni dopo l‟ entrata in vigore
della Costituzione, con la storica sentenza 1150/1988.
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Un‟altra problematica di questo studio è l‟abuso della prerogativa in esame che
verrà fatto da parte delle Camere, abuso consistente in una concezione a dir poco
lata di funzione parlamentare in cui far rientrare qualunque atto anche solo
lontanamente politico del parlamentare; da ciò e anche dalle istanze di difesa dei
soggetti lesi dalle opinioni dei parlamentari nascerà uno scontro istituzionale tra
Parlamento e Magistratura che vedrà impegnata la Corte, per tutti gli anni ‟90 del
secolo scorso, in una difficile opera di giudizio e mediazione fra diritti di difesa dei
cittadini, istanze di tutela delle proprie attribuzioni della Magistratura e
rivendicazioni di indipendenza e sovranità delle Camere parlamentari.
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Prima con la presa di posizione della Corte sul nesso funzionale con la sentenza
375/1997, poi con la sentenza 289/1998; la prima di annullamento di delibere parlamentari
di insindacabilità, per finire con la sentenza 10/2000 che diede la stretta finale
all’interpretazione della Corte dell’art. 68 primo comma Cost.
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Il riferimento va al criterio del nesso funzionale, e alla dicotomia intra moenia – extra
moenia.
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Si vedrà ampiamente il perché dell’aggettivo “storica”.
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A tutti questi aspetti verrà dedicato spazio in questo lavoro.