5
che ha ridotto le distanze temporali, ed al fenomeno della
globalizzazione dei mercati, che ha ridotto, invece, le distanze
spaziali, il rischio insito in qualsiasi operazione finanziaria è
notevolmente aumentato. Di conseguenza, studi recenti affermano
che è proprio nel risk management che ha origine l’intermediazione
finanziaria.
Volendo individuare chi, in passato, ha svolto un ruolo cruciale
nell’esercizio dell’intermediazione finanziaria, la risposta è
abbastanza ovvia, principalmente nel nostro Paese, dato che, fino
a qualche decennio fa, il sistema finanziario italiano era dominato
dalla banca, tanto che fu coniato il termine «bancocentrico». La
situazione, oggi, tende a cambiare grazie soprattutto ai mutamenti
legislativi introdotti dalla UE, i quali aprono nuove possibilità
operative ai «vecchi» intermediari finanziari ed, al contempo,
istituiscono le premesse per creare «nuovi» intermediari
finanziari, rispetto ai quali è difficile continuare ad individuare un
carattere di specificità dell’istituzione banca, in particolar modo
perché anche ad essi, in sostanza, è data la possibilità di esercitare
le attività, un tempo, riservate alla sola banca.
È proprio per poter fronteggiare la concorrenza dei «nuovi»
intermediari finanziari che la banca deve «voltare pagina», ossia
deve modificare il proprio modus operandi, mettendo fine alle
inefficienze operative, agli esuberi di personale, all’eccessiva
specializzazione che l’avevano caratterizzata fino a poco tempo fa,
ed offrendo, professionalmente, un servizio globale alla propria
clientela, nel quale sia prevalente l’attività di consulenza.
La risposta non è altrettanto ovvia volendo individuare, invece,
chi, esercita oggi l’attività di intermediazione finanziaria, a fronte
di un processo di innovazione finanziaria che coinvolge tutto il
pianeta e che ha notevolmente mutato il contesto economico e
6
finanziario precedente, tanto che per descrivere ciò che sta
accadendo è stata persino avanzata un’analogia con l’evento
cosmico del Big Bang.
Le cause di tale cambiamento sono da rinvenirsi soprattutto
nell’abnorme sviluppo tecnologico, cominciato qualche decennio
fa con l’invenzione del computer, ma intensificatosi in questi
ultimi anni con la creazione della rete virtuale. Il mondo
produttivo attuale, infatti, sta procedendo su di un tragitto di
transizione verso quello che un numero crescente di analisti indica
come il mondo dopo la «terza rivoluzione industriale». Un
mondo, cioè, nel quale beni e servizi non saranno più prodotti,
come ora, applicando alla materia prima, l’azione dell’uomo,
l’energia meccanica, fisica o elettronica, ma con processi nei quali
l’azione umana e la sua performance non entrano più, se non alla
stadio iniziale, nella forma di «immaginazione creativa» e dove la
produzione è affidata a robots pre-programmati.
Considerata la fase di metamorfosi in cui si trova attualmente
l’attività di intermediazione finanziaria, è indubbio che essa subirà
in futuro ulteriori sviluppi ma ciò che è difficile prevedere è come
tali sviluppi saranno recepiti dal pubblico in genere. Ci sono,
infatti, secoli di abitudini consolidate e tradizioni che ostacolano
questo processo di ammodernamento, che potrà realizzarsi solo se
accompagnato da un cambiamento anche culturale.
7
CAPITOLO PRIMO
LE «RAISONS D’ETRE» DELL’INTERMEDIAZIONE FINANZIARIA
1 LA GENESI DEI SISTEMI FINANZIARI.
I sistemi economici primordiali si fondavano sul concetto di
autosufficienza. In tali sistemi, i soggetti erano impegnati in
attività economiche elementari che garantivano loro la
sopravvivenza. Lo sforzo degli operatori era da un lato, di
produrre individualmente tutti i beni necessari e dall’altro, di far
coincidere, il più possibile nel tempo, la fase di produzione con
quella del consumo.
Quando iniziò a manifestarsi una naturale tendenza alla
specializzazione ed il singolo non fu più costretto a produrre tutti i
beni necessari, fece la sua comparsa il baratto: l’individuo che
deteneva un’eccedenza di un dato bene individuò una
convenienza ad avviare scambi con individui che avessero
contemporaneamente una carenza di quel bene ed un’eccedenza
di un altro giudicato utile. Le eccedenze di beni diventarono cioè,
oggetto di processi di trasferimento nello spazio (il baratto con un
altro individuo impegnato in una specializzazione produttiva
differente) e nel tempo (il prestito di un’eccedenza, dietro promessa
di restituzione, a un individuo i cui consumi di un bene ne
superassero la capacità di produzione). Successivamente, quando
tali operazioni divennero sistematiche e determinarono un
8
compenso a favore del prestatore, esse diedero luogo a vere
attività di intermediazione, la cui funzione è quella di allocazione
delle risorse.
Già nell’economia di baratto iniziò a porsi il problema di
assegnare un valore alle scorte oggetto di scambio. Per risolvere
questo problema, il baratto presentava un limite fondamentale: le
due controparti dovevano presentare simultaneamente fabbisogni
simmetricamente opposti. Tale limite poteva essere superato se il
valore dei beni veniva espresso in termini di un terzo bene a cui
più operatori assegnavano un valore per un periodo di tempo
prolungato. Il bene che assolveva a queste funzioni venne definito
moneta e la sua introduzione segnò il passaggio dall’economia di
baratto all’economia «moderna» detta appunto monetaria.1
Storicamente sono state date due soluzioni al problema di
trovare qualche mezzo standard di pagamento che incorpori un
grado di informazione tale da renderlo generalmente accettabile
senza bisogno di un dettagliato controllo sul suo valore. La prima
è stata quella di adottare oggetti dal diverso valore d’uso
intrinseco che assommavano in sé anche qualche valore astratto,
in genere di status, prestigio o potere come il sale o le conchiglie,
in seguito i metalli preziosi, tipicamente l’oro e l’argento. Uno dei
principali ostacoli alla diffusione dell’uso di questi ultimi è stata la
difficoltà per un non esperto di valutarne peso e qualità, cioè il
contenuto di metallo fino effettivamente scambiato.
La seconda soluzione è stata quella di istituire un’autorità
esterna che fornisse l’informazione sull’oggetto da usare come
moneta, stampandolo o contrassegnandolo in modo che tale
informazione sulle sue caratteristiche fosse comunicata ai
9
potenziali utilizzatori. Tale funzione è stata fornita tramite il conio,
cioè la predisposizione in appositi stabilimenti (le zecche) di dischi
di metallo prezioso recanti impressa un’indicazione di valore.
Questa funzione di garanzia è stata progressivamente assunta
dallo Stato nella maggior parte dei sistemi economici. La creazione
della moneta, quindi, ha assunto in pieno le caratteristiche
dell’attività finanziaria con il passaggio dallo stadio di moneta-
merce a quello di moneta-carta: cioè nel momento in cui gli scambi
iniziarono ad essere regolati non più tramite beni reali ma tramite
titoli rappresentativi degli stessi.2
Il passaggio dall’economia di baratto all’economia monetaria
ebbe come presupposto il fatto che gli scambi cessarono di essere
episodici ed acquistarono una caratteristica di continuità. La
crescita del loro volume impose la realizzazione di una modalità
di organizzazione degli scambi e l’adozione di regole da parte
degli operatori. Il passaggio ad un’economia di scambi, inoltre,
non determinò soltanto il bisogno di usare un mezzo di
regolamento universalmente accettato (la moneta) e di trasferirlo
nello spazio in direzione opposta a quella delle merci, ma richiese
anche che tale trasferimento avvenissi in forma economica.
Queste sono, in sintesi, le esigenze all’origine dei sistemi
finanziari.
1 P. de Sury, I comportamenti reali e finanziari delle singole unità economiche, C.
Demattè, G. Forestieri e P. Mottura (a cura di), Economia degli intermediari
finanziari, Milano, EGEA, 1993, pag. 8.
2 La moneta svolge tre funzioni fondamentali nei sistemi economici, ossia di:
riserva di valore , in quanto consente agli operatori che non intendono tradurre
immediatamente il reddito in consumo di preservare parte del loro potere
d’acquisto; mezzo di regolamento degli scambi, dato che assolve ad una
funzione di pagamento; strumento di misurazione, in quanto fornisce uno
standard convenzionale che permette di definire il valore relativo dei beni.
10
1.1 I SALDI FINANZIARI.
Le vicende economiche e le preferenze personali possono
condurre alcune cellule che compongono un sistema economico
nella condizione di avere delle risorse eccedenti a quelle necessarie
per il consumo e l’investimento ed altre cellule nella situazione
opposta. Questa circostanza fa sorgere la possibilità di trasferire le
risorse eccedenti dalle une alle altre cellule: si tratta di un
trasferimento che non è regolato né con altri beni né con moneta
bensì con una promessa di restituzione futura con l’aggiunta di un
compenso per il «prestito di risorse».
Lo strumento che spesso è stato utilizzato come indicatore
dell’importanza della funzione di trasferimento di risorse nel
tempo e nello spazio è quello dei saldi finanziari. A livello di
soggetti e settori economici, il reddito disponibile costituisce la
tipica fonte di entrata; i consumi e gli investimenti, invece,
rappresentano le tipiche fonti di uscita. Le differenze riscontrabili
fra il reddito ed il consumo corrente alimentano la formazione del
risparmio presso singoli soggetti, settori ed economie nazionali,
ipotizzando il suo utilizzo per la realizzazione degli investimenti o
per l’acquisto di attività finanziarie o reali oppure per la riduzione
di passività. E’ possibile, così, individuare soggetti in surplus che
accumulano attività finanziarie e sono detti creditori finali e
soggetti in deficit che accumulano passività finanziarie e sono
detti debitori finali.
Queste considerazioni fatte in relazione ai singoli soggetti
possono essere fatte anche a livello aggregato. Il criterio
generalmente usato in proposito è quello di aggregare i soggetti
che hanno comportamenti finanziari omogenei e consolidare i loro
11
bilanci, in modo da formare il conto finanziario complessivo del
settore al fine di individuare i settori in surplus e quelli in deficit 3.
A livello di sistema economico generale, sussiste sempre
l’uguaglianza fra il volume del risparmio e quello degli
investimenti ex-post che non fornisce alcuna informazione sugli
squilibri ex-ante e sugli aggiustamenti intervenuti. A livello di
singoli soggetti o settori economici, invece, è agevole riscontrare
un’eccedenza o una deficienza del flusso di risparmio rispetto al
flusso degli investimenti: nel primo caso si determina un avanzo
finanziario mentre nel secondo un disavanzo finanziario. Tali
situazioni vengono rispettivamente definite di saldo finanziario
positivo e saldo finanziario negativo.
I saldi finanziari consentono di valutare in che modo si
distribuiscono i flussi finanziari fra gli operatori, ma non catturano
i processi di riallocazione della ricchezza finanziaria esistente. La
mobilizzazione ed il trasferimento dei saldi finanziari, inoltre,
permettono la realizzazione di investimenti che altrimenti non
potrebbero essere compiuti.
1.2 I CIRCUITI DI TRASFERIMENTO DELLE RISORSE
FINANZIARIE.
I circuiti di trasferimento dei saldi finanziari possono avere
natura ibrida, spaziando fra i due estremi costituiti dal mercato
3 Tipicamente vengono individuati i seguenti settori istituzionali: il settore
famiglie, tipico settore in surplus che comprende gli individui, i nuclei familiari,
le istituzioni sociali private senza fini di lucro e le famiglie produttrici; il settore
imprese, tipico settore in deficit che comprende le società di capitale e le società
pubbliche; il settore della pubblica amministrazione, tipico settore in deficit che
comprende le amministrazioni centrali, le amministrazioni locali e gli enti di
previdenza; il settore estero, che si limita a comprendere in via residuale tutti gli
operatori non residenti che hanno effettuato transazioni con i residenti.
12
(circuito di trasferimento diretto) e dagli intermediari (circuito di
trasferimento indiretto), assumendo di volta in volta connotazioni
peculiari che traggono origine dalle caratteristiche del sistema
reale di riferimento e da variabili quali: il divario fra unità in
surplus ed unità in deficit finanziario, il livello di efficienza
informativa, il livello di avversione al rischio degli operatori, il
livello di diffusione della cultura finanziaria, il grado di apertura
verso l’estero.
I circuiti diretti possono essere attivati spontaneamente dagli
operatori ovvero richiedere l’intervento di mediatori in grado di
identificare le controparti ideali per lo scambio.
Il circuito indiretto, invece, vede il coinvolgimento
dell’intermediario in qualità di trasformatore, il quale si interpone
fra prenditori e datori di fondi, assorbendo parte dei rischi
associati all’attività di trasformazione.
Con riferimento al problema della copertura del divario fra
prenditori e datori di fondi, non è possibile individuare un
modello valido in assoluto che si adatti alle diverse situazioni
ottimizzando il processo allocativo in termini di efficacia e di
efficienza. Tuttavia, è opportuno evidenziare che il fabbisogno
complessivo di scambio finanziario dei soggetti primari della
domanda e dell’offerta di fondi non può essere totalmente
soddisfatto attraverso le modalità organizzative dello scambio
diretto a causa di diversi fattori che possono far fallire lo scambio
stesso.4 Da tale punto di vista, il mercato finanziario deve essere
considerato imperfetto ed incompleto. Gli intermediari finanziari
svolgono, quindi, la funzione di assistere o di intermediare
trasferimenti di risorse, altrimenti non attuabili con lo scambio
diretto. Essi, infatti, compensano o risolvono le imperfezioni del
4
C. Demattè, G. Forestieri, P. Mottura (a cura di), Op. cit., pagg. 448 e 449.
13
circuito diretto e contribuiscono a completare il mercato
ampliando le sue capacità di trasferimento delle risorse
finanziarie.
9 La scelta del circuito di trasferimento dei saldi finanziari dipende
dal
trade-off fra i costi che il circuito medesimo produce ed i benefici
che da esso derivano alla collettività ed ai singoli contraenti. Il
circuito di trasferimento, infatti, deve contribuire ad ottimizzare la
distribuzione delle risorse disponibili fra le alternative di
investimento, privilegiando quelle più redditizie, limitando gli
sprechi, evitando che parte delle risorse rimanga inutilizzata ed
infine minimizzando i costi sociali che i diversi circuiti di
trasferimento impongono alla collettività5. Poiché la scelta del
modello di trasferimento dei saldi finanziari deve rispondere a
criteri di economicità, gli intermediari finanziari assumono un
ruolo significativo solo se il costo di delega delle fasi di raccolta,
elaborazione e reimmissione delle informazioni nel mercato è
inferiore rispetto a quello che si sosterrebbe in caso di raccolta
diretta delle informazioni ovvero rispetto alla perdita che si
realizzerebbe qualora l’attività di investimento fosse effettuata
senza avere le informazioni necessarie. Inoltre, la qualità delle
informazioni prodotte dagli intermediari finanziari è
generalmente superiore a quella delle informazioni raccolte
direttamente dagli operatori ed il processo di diversificazione
degli investimenti, attuato dagli intermediari finanziari, costituisce
l’elemento determinante nello sviluppo del circuito indiretto in
quanto più efficace rispetto a quello sviluppato direttamente dagli
investitori, dato il maggior volume di risorse e di competenze.
5 Esempi di questi ultimi possono essere: i costi di transazione, i costi di
produzione/trasferimento e diffusione delle informazioni, i costi di screening,
monitoring e supervisione, i costi di diversificazione del rischio, i costi di
produzione dei servizi, i costi di intermediazione/mediazione.
14
Anche il fattore rischio costituisce una variabile determinante
nella scelta del circuito di trasferimento delle risorse finanziarie.
Esiste, infatti, una stretta relazione fra la propensione al rischio
degli investitori e la necessità di incrementare il livello di
efficienza informativa del mercato: al crescere delle asimmetrie
informative, a parità di altre condizioni, aumenta il rischio
attribuito agli investimenti. Il circuito intermediato consente di
incrementare la capacità degli investitori di sopportare i rischi
associati all’attività di trasferimento delle risorse finanziarie dalle
unità in surplus alle unità in deficit.
1.3 LE SCELTE DI PORTAFOGLIO.
Secondo le circostanze, nel mettere in pratica le proprie decisioni
di consumo e di investimento, l’operatore si trova di fronte ad
ulteriori scelte che concernono alternativamente l’impiego del
risparmio o la ricerca di risorse finanziarie aggiuntive. Queste
«scelte di portafoglio» hanno le loro radici nelle schede di
preferenza dei soggetti decisori, ma prendono la forma finale nel
momento in cui si contrappongono alle opposte preferenze dei
soggetti con i quali si devono confrontare per realizzare le
necessarie operazioni di assestamento, che possono essere di
vendita o di acquisto di beni, di trasferimento di saldi finanziari
attivi oppure di acquisizione di risorse mancanti. Questo processo
di assestamento delle schede di preferenza individuali non è un
problema di poco conto perché presuppone l’identificazione delle
controparti con esigenze opposte ed uguali nella dimensione e nei
termini di esecuzione desiderati.
Per quanto riguarda, invece, le operazioni di trasferimento nel
tempo di saldi finanziari da un soggetto all’altro, il problema
15
risulta ancora più complesso perché in queste operazioni c’è un
divario di tempo fra la prestazione di una parte (quella che
trasferisce i saldi) e la controprestazione dell’altra (quella che deve
pagare i frutti e restituire il capitale). Tale divario di tempo
conferisce all’esito dell’operazione un elemento di incertezza che è
il tratto distintivo specifico, irrimediabile e dominante di tali
operazioni.
Se tutti gli operatori conoscessero con certezza i loro fabbisogni
finanziari, correnti e prospettici, e fossero nella possibilità di
acquisire attività finanziarie con scadenze esattamente
corrispondenti, il problema delle scelte di portafoglio non si
porrebbe6. Quest’ultimo, infatti, nasce quando si formano dei
vuoti fra scadenze delle attività finanziarie e scadenze dei
fabbisogni finanziari ovvero quando si rinuncia alla liquidità
attuale per far fronte a presunti e/o imprevisti fabbisogni di
moneta futuri.
In termini teorici, la teoria del portafoglio,7 nata negli anni
Cinquanta ad opera di Markowitz 8 e sviluppata soprattutto negli
anni Sessanta con i lavori di Hicks e Tobin, si basa sul fatto che
variazioni della quantità di moneta modificano l’equilibrio
rendimento-rischio dell’intero portafoglio. Gli effetti di queste
variazioni inducono ad una continua revisione della struttura dei
portafogli e perciò assumono importanza fondamentale i
comportamenti gestionali degli operatori nell’adattare la
composizione esistente degli impieghi a quella desiderata.
6 In tale contesto, ogni attività finanziaria non svolgerebbe altro ruolo che quello
di fungere, come la moneta, da mezzo di pagamento; in un mondo senza
incertezza quindi non vi sarebbe bisogno di strumenti di riserva di valore e non
si creerebbero i presupposti per detenere attività finanziarie con fini speculativi.
7 Il termine deriva dall’inglese portfolio, con cui si designa genericamente un
insieme di attività e passività con diverso rendimento, rischio e scadenza.
16
2. GLI INTERMEDIARI FINANZIARI.
La scarsa o assente visibilità reciproca fra i soggetti di un sistema
li costringe a costruire sistemi organizzati di incontro (i mercati) o
ad appoggiarsi a mediatori che facilitano il contatto. Le difficoltà a
valutare la volontà e la capacità di chi prende i fondi di onorare i
propri impegni fa sorgere un’infinita varietà di strumenti
contrattuali intenti a proteggere in diversi gradi e diverse forme i
diritti dei finanziatori. Ma l’incertezza che pur sempre permane
sull’esito delle operazioni in questione induce taluni a preferire il
trasferimento su soggetti specializzati (gli intermediari finanziari)
che si presuppongono più dotati sia nella valutazione dei
mutuatari sia nella diversificazione dei rischi.
Gli intermediari finanziari originano la loro raison d’être nel fatto
di interporsi fra le unità in avanzo e quelle in disavanzo
finanziario per abbattere le barriere che ostacolano il trasferimento
diretto: sono, quindi, i soggetti che permettono o facilitano
l’attività di trasferimento eliminando o riducendo il vuoto di
informazione che ostacola l’incontro diretto fra domanda ed
offerta. Per fare questo gli intermediari finanziari assumono alcuni
ruoli, con i costi ed i rischi conseguenti.
Gli intermediari finanziari non si limitano a far transitare i fondi
così come sono conferiti dalle unità in avanzo (in quei volumi, in
quelle valute, con quelle modalità di determinazione dei tassi) alle
unità in disavanzo. Per rendere possibile la soddisfazione di
entrambe le parti, gli intermediari finanziari, infatti, stipulano due
contratti diversi, in ciascuno dei quali l’intermediario si pone
8 H.M. Markowitz, Portfolio selection, in «Journal of Finance», vol. 7, n. 1, 1952.
17
come controparte di uno dei due contraenti «di origine», gestendo
nel proprio bilancio le differenze. La trasformazione che così
attuano può riguardare: la scadenza (prestano più a lungo o più a
breve della scadenza di raccolta); le modalità di determinazione
del tasso (variabile rispetto a fisso o viceversa); la valuta (raccolta
in una divisa e prestito in un’altra); possono, infine, offrire al
depositante un grado di rischio di credito inferiore a quello che il
prenditore offre a loro. Queste trasformazioni comportano per gli
intermediari finanziari dei rischi che trovano una possibilità di
gestione nella specializzazione e nella numerosità delle operazioni
svolte e quindi nella diversificazione.
Si può subito notare che, a fronte di tali trasformazioni, l’attività
di intermediazione è di natura diversa rispetto a quella svolta da
un puro mediatore, il quale mette, meramente in contatto chi è
disposto a cedere moneta in cambio di attività finanziarie con chi è
disposto ad effettuare l’operazione contraria.
Una peculiarità degli intermediari finanziari è quella di produrre
delle passività che vengono accettate come attività dal resto
dell’economia, cioè la loro capacità di creare propri strumenti da
collocare sul mercato 9 che contribuiscono ad ampliare la gamma
delle scelte sperimentabili nella composizione dei portafogli di
9 E’ bene sottolineare che all’interno dell’industria dei servizi finanziari sussiste
la contemporanea presenza di intermediari finanziari nell’accezione individuata
e di altre istituzioni finanziarie che si distinguono per un’attività assai vicina
per contenuto e strumenti operativi.
Più in generale, gli intermediari finanziari possono essere suddivisi nelle
seguenti categorie:
1. depository intermediaries, in cui le banche ordinarie assumono una
posizione dominante;
2. investment intermediaries, in cui i fondi comuni di investimento rivestono
una posizione di rilievo;
3. contractual intermediaries, in cui le imprese di assicurazione detengono la
posizione centrale.
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attività finanziarie. In altri termini10, la funzione svolta dagli
intermediari finanziari consiste nel rendere compatibili le scelte di
composizione di portafoglio delle unità in surplus con le scelte di
indebitamento delle unità in deficit; ciò dipende dall’abilità degli
intermediari finanziari ad emettere passività con le condizioni di
rischio e di liquidità gradite dalle unità in surplus e ad acquisire
attività nei confronti delle unità in deficit. Queste ultime possono
essere a breve termine e a basso rischio oppure avere una
scadenza più lunga e rischi superiori, per questo si afferma che gli
intermediari finanziari svolgono una funzione di trasformazione
delle scadenze,11 nel senso che stipulano condizioni contrattuali
diverse con i prenditori di risorse e con i datori di risorse ed una
funzione di trasformazione dei rischi, nel senso che il rischio del
sottoscrittore-acquirente è minore della media ponderata dei rischi
delle singole attività che compongono il portafoglio.
L’esistenza degli intermediari finanziari trova giustificazione non
solo nel soddisfacimento di preferenze diverse nella composizione
del portafoglio e nell’indebitamento ma anche nella
canalizzazione del risparmio formatosi verso gli investimenti
programmati. La rilevanza della loro attività non nasce, quindi,
solo dalla necessità di conciliare mutamenti di segno e di importo
nei saldi finanziari di soggetti e settori economici, ma anche da
quella di aggiustare nel tempo il volume di risorse idoneo al
processo espansivo degli investimenti nel sistema economico.
10 M. Onado, Economia dei sistemi finanziari, Bologna, Il Mulino, 1992, pag. 123 e
segg.
11 Con riferimento a tale attività, gli intermediari finanziari realizzano due
funzioni principali: l’una di compensazione al proprio interno degli squilibri
temporali esistenti fra offerta di denaro e richiesta di finanziamenti; l’altra di