Individuati gli obiettivi, riassumibili nella certezza e ampiezza della base imponibile,
sono necessari strumenti atti a raggiungerli: alla luce di questa premessa si possono
interpretare gli stretti vincoli alla deducibilità dei costi disciplinati dall’art. 109
2
,
comma 4, T.u.i.r. “le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in
deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto economico
dell’esercizio di competenza”. Oltre a questo principio di base, la relazione ministeriale
al d.P.R. n. 917/1986 ha precisato che le norme in esso contenute vogliono
determinare:
- valori minimi, per le componenti positive del reddito imponibile;
- valori massimi, per le componenti negative del reddito imponibile.
Bisogna rilevare tuttavia, che in alcune situazioni, si crea una relazione
conflittuale tra i principi di redazione del bilancio ai fini civilistici ed ai fini fiscali ed
una forte antitesi emerge soprattutto con riguardo alle problematiche inerenti le
questioni estimative.
Da ciò nasce il problema delle interferenze fiscali e l’istituto delle variazioni:
medesime componenti di reddito possono essere valutate con differenti criteri di stima
poiché diversi sono gli obiettivi degli ordinamenti fiscale e civilistico.
In questo primo capitolo, nella prima parte verrà presa in considerazione l’evoluzione
delle norme e delle concezioni dei rapporti tra norme civili e fiscali in tema di bilancio
con l’attenzione rivolta alle fattispecie che generano (o meglio generavano)
interferenze. Nella seconda parte si tratteranno le differenze, nei criteri di
determinazione del reddito imponile e del risultato d’esercizio, che possono essere
“riconciliate” tramite l’istituto delle variazioni.
Nei capitoli secondo e terzo verranno prese in rassegna le singole componenti,
positive e negative di reddito, cercando di focalizzare il metodo di analisi sulle
differenze di determinazione, imputazione o definizione delle stesse ai fini civilistici ed
ai fini fiscali.
2
Tale comma è stato integralmente riprodotto dall’art. 75, comma 1, “vecchio” T.u.i.r..
-2 -
Permanenti
Si originano quando un componente negativo non è
deducibile o quando un componente positivo non è
imponibile ai fini fiscali. La conseguenza è una
differenza fra reddito d'esercizio e reddito imponibile
con aumento o diminuzione di imposte che non
verranno recuperate in altri esercizi
Differenze
Temporanee
Si originano da un disallineamento di componenti
positivi o negativi di reddito che producono una
differenza fra reddito d'esercizio e reddito imponibile
dovuto a diversi criteri di valutazione o diversi criteri
di competenza temporale. L'istituto delle variazioni
(in aumento e diminuzione) consente di non alterare
il bilancio civilistico
Punti di
contatto tra
norme
civilistiche e
fiscali in tema
di bilancio
Interferenze
Con la riforma del diritto societario e la riforma Ires
il Conto Economico deve essere redatto
esclusivamente in ottemperanza delle norme
civilistiche. I disallineamenti di componenti negative
o positive di reddito che "inquinano" il bilancio
devono essere imputati in via extracontabile
1.1.2 Inquinamento fiscale e rapporto normativo in materia di bilancio
Le “interferenze fiscali” si concretano in rettifiche di poste o accantonamenti
privi di qualsiasi significato economico, effettuati nel mero interesse di aggiudicarsi
qualche vantaggio dal Fisco; le interferenze provocano “inquinamento” quando i criteri
di valutazione riferibili ad elementi positivi o negativi che concorrono a formare il
reddito imponibile sono contrari o in contrasto rispetto a quelli civilistici.
Più precisamente ci sono state dispute in dottrina riguardo l’identificazione delle
effettive poste aventi effetto inquinante sui bilanci: alcuni sostenevano che si potessero
individuare, sotto la categoria di costi fiscali, solo quelli con finalità sovvenzionali
(realizzati cioè con lo scopo esclusivo di godere di agevolazioni fiscali, per esempio gli
-3 -
ammortamenti anticipati), mentre, per altri, dovevano essere ricomprese anche le
forfetizzazioni di natura fiscale (interferenze fiscali “di comodo” poiché realizzate per
rendere più semplice e diretta la rilevazione della base imponibile partendo dal bilancio,
per esempio gli accantonamenti al fondo svalutazione crediti pur in presenza di crediti
perfettamente esigibili) poiché anche queste agivano in qualche modo in maniera
agevolativa nei confronti dell’azienda, visto il differimento del pagamento delle
imposte che generavano
3
.
Effettuando una disamina più dettagliata delle interferenze fiscali si potrà notare
come, attraverso la loro influenza, i valori di bilancio risultino falsati e di conseguenza
un’analisi effettuata su tale documento venga a perdere, in tutto o in parte, la sua
significatività. Nei casi in cui un componente negativo sia privo di giustificazione
civilistica avviene, di fatto una predestinazione degli utili che altera, riducendolo, il
risultato economico dell’impresa, così come il suo patrimonio netto.
Si rende a questo punto necessaria una parentesi, riguardante le posizioni in
dottrina sulla natura e sulla relazione delle fonti normative in materia di bilancio, con
riferimento ai due ordinamenti cui è demandato il suo estensore: quello civile e quello
fiscale.
Alcuni autori
4
sottolineano come non sia impossibile redigere il bilancio
unicamente in conformità degli articoli del codice civile, poiché manca l’analiticità
idonea a dare significati cogenti e univoci alle singole voci. Gran parte delle norme
civilistiche sono flessibili e comportano aree di discrezionalità sulle alternative
opzionali (si pensi a concetti dall’alto margine di opinabilità quali “deperimento e
consumo dei cespiti” oppure “presumibile valore di realizzo”).
Le norme tributarie, invece, mirano essenzialmente ad una codificazione rigida,
privilegiando soprattutto il principio della certezza. Ciò è avvalorato dalle sanzioni cui
il contribuente incorre se disattende le regole contabili della disciplina fiscale: siano
esse di natura amministrativa piuttosto che penale. Parte della dottrina ritiene dunque
3
U. Sostero, Gli effetti delle interferenze fiscali sull’analisi della situazione patrimoniale e
finanziaria e del risultato economico, in Studium Economiae: economia d’azienda e diritto dell’impresa,
2000; Il bilancio norme civilistiche ed interferenze fiscali, Edizioni Ilsole24ore, 2000.
4
Falsitta., Il problema dei rapporti tra bilancio civile e bilancio fiscale nel progetto di riforma
della imposta sulle società (IRES), in Rivista di Diritto Tributario, 2004; Fantozzi, La nuova disciplina
del bilancio d’esercizio in attuazione della IV direttiva Cee: i rapporti tra la nuova disciplina del bilancio
e la normativa tributaria, in Rivista di Diritto Tributario1991, I.
-4 -
che il rapporto tra diritto civile e diritto tributario sia di complementarità in materia di
bilancio. Si intravvede finanche una relazione di “eterointegrazione” delle norme fiscali
rispetto a quelle civilistiche, per cui l’estensore del bilancio, in situazioni di dubbio ed
incertezza, dovrebbe adottare i criteri valutativi imposti dal legislatore tributario .
Di altro avviso è una seconda corrente
5
secondo la quale permane una netta
dicotomia e separazione tra imposte sui redditi e codice civile, viste le divergenze di
obiettivi cui sono preposti. Le prime si servono della leva fiscale per manovre di
politica economica, il secondo invece vuole rappresentare la realtà aziendale nell’ottica
della continuità dell’attività imprenditoriale e del garantismo nei confronti dei creditori.
In definitiva, la coincidenza tra risultato di bilancio e reddito imponibile, pur essendo
auspicabile, non è scientificamente sperimentabile sul campo. L’evidenza di tale tesi
deriverebbe, a parte dalle diversità di regime di alcune poste, dove il “danno” e la
perdita di informazione arrecati sono minori e comunque giustificabili alla luce di più
alti propositi, dall’incompatibilità tra i valori emergenti in occasione di operazioni
straordinarie quali conferimenti d’azienda, fusioni, scissioni e scambi di partecipazioni
di controllo e collegamento. In questi casi i valori civilistici dei beni possono essere
superiori a quelli fiscali, con conseguente disallineamento degli ammortamenti, delle
rettifiche di valore e degli accantonamenti.
A parere dei sostenitori di questa teoria, nell’economia del XXI secolo in cui
sempre più di frequente si assiste ad operazioni atte a stravolgere l’ambito operativo e
di controllo delle imprese, è importante che la legge garantisca neutralità nelle
informazioni di bilancio. Il principio di neutralità è un presupposto indispensabile per il
rispetto delle clausola generale di rappresentazione veritiera e corretta nell’ottica del
“principio del quadro fedele”
6
, consiste in informazioni libere da influenze e
condizionamenti, inclusi quelli di carattere tributario
7
.
5
Lupi R., La determinazione del reddito e del patrimonio delle società di capitali tra principi
civilistici e norme tributarie, in Rassegna Tributaria n. 10/1990.
6
Si tratta della “true and fair view” prevista dalla IV Direttiva CEE e tradotta in Italia nell’art.
2423 c.c..
7
In base a queste argomentazioni si possono leggere le scelte di alcuni paesi quali Gran
Bretagna, USA e Olanda, dove prevalgono sistemi di governance che prediligono un azionariato diffuso,
di mantenere nettamente separati il bilancio e la dichiarazione dei redditi. Inoltre, le alte percentuali di
flottante sul capitale complessivo ed il gran numero di risparmiatori coinvolti nella proprietà delle
cosiddette public companies si è accompagnato a maggiori esigenze di tutela ed al ricorso a procedure ed
enti indipendenti capaci di garantirle. Da decenni principi contabili e certificazione di bilancio vengono
utilizzati per un corretto funzionamento del mercato. Nell’Europa continentale (Italia, Francia, Germania
-5 -
1.2 PERCORSO STORICO DELLE NORME CIVILI E FISCALI SUL
BILANCIO D’ESERCIZIO
1.2.1 Dalla legge sull’imposta di ricchezza mobile alla riforma fiscale del 1973
Diverse sono le opzioni che il legislatore può adottare nella disciplina della
tassazione sul reddito d’impresa:
- rigorosa autonomia dei due bilanci (civile e fiscale
8
);
- dipendenza della base imponibile dall’utile emergente dal Conto Economico ai
sensi dell’art. 2425 c.c..
Accanto a queste due soluzioni che si possono collocare agli estremi di
un’ipotetica classificazione ve ne sono di altre intermedie che, comunque, tendono più
o meno spiccatamente dall’una o dall’altra parte.
L’ordinamento italiano, analogamente ad altri sistemi giuridici dei paesi UE,
fin dal momento dell’introduzione dell’imposta sui valori mobiliari, all’indomani
dell’unificazione del Regno d’Italia, accoglie la posizione di “dipendenza parziale
9
” e
univoca del reddito imponibile da quello civilistico. Ciò significa che, per la
determinazione della base imponibile, si dispone del reddito come emergente dal
bilancio commerciale (ad substantiam e non solamente ad probationem) a cui tuttavia
vanno applicate una serie di norme specifiche.
Il binario unico, cui fa capo il divieto di dedurre in sede fiscale ciò che non è
stato imputato in sede civile, vuole essere un’applicazione del più generale principio
d’identità: se A è uguale a B e diverso da C, B non può essere uguale a C. Gli articoli
25 e 30 della legge sull’imposta di ricchezza mobile T.U. 1877 accolgono e mettono in
pratica il principio d’identità, sancendo che ciò che è utile per il socio non può non
esserlo per il fisco
10
. A tal proposito e, a testimonianza di quanto radicata fosse l’idea
e Belgio) solo di recente sono stati recepiti simili istituti ed è da notare il fatto che le società di revisione
che hanno iniziato ad operare in Italia hanno lamentato l’impressione di bilanci troppo “tax oriented”.
8
E` improprio l’uso del termine “ bilancio fiscale “, tuttavia nella logica del presente lavoro
viene utilizzato per descrivere e chiarificare la funzione svolta dalla dichiarazione dei redditi o dagli altri
documenti imposti a norma di legge.
9
Espressione adottata da Falsitta, Concetti fondamentali e principi ricostruttivi in tema di
rapporti tra bilancio civile e bilancio fiscale,in “Rassegna Tributaria”,1984; Il bilancio delle imprese
Milano 1985; Il dibattito sulla riforma tributaria, in Il sole 24 Ore, 19 giugno 2003.
10
Nell’art. 25 del T.U. 24 agosto 1877 n. 4021 si disponeva che per le società tenute alla
redazione e pubblicazione del bilancio l’imposta sui “redditi loro propri” dovesse quantificarsi “in base al
bilancio e al rendiconto dell’anno solare precedente”; mentre nell’art. 30 dello stesso Testo Unico si
-6 -
di un collegamento tra reddito d’esercizio e reddito imponibile, è esemplificativo che
nel linguaggio giuridico e amministrativo, che si è andato affermando da questo
momento in poi, le società tenute alla pubblicazione del bilancio siano state catalogate
come “enti tassabili in base a bilancio” e l’insieme delle regole applicate a tali soggetti
“tassazione in base a bilancio”.
C’è da dire, di contro, che nel regime anteriore alla riforma tributaria del 1973
(riforma Casciani–Visentini), facente capo al T.u.i.d. del 1958
11
, i rapporti tra le
valutazioni civilistiche e fiscali erano caratterizzati da un maggior grado di autonomia.
Ci fu in sostanza un’inversione di tendenza: costi e ricavi dovevano essere direttamente
indicati nella dichiarazione dei redditi, mentre le scritture contabili avevano valenza
solamente come mezzo di prova per cui la loro portata era limitata alle procedure di
accertamento. Gli amministratori pur nell’assenza di regole codificate per la stesura del
bilancio dovevano uniformarsi alle “regole comuni di condotta”
12
, cioè i principi
elaborati dalla ragioneria per ottenere una “bene ordinata contabilità”. In caso di
accertamento, qualora l’impresa avesse esibito documenti contabili rigorosamente
redatti, l’amministrazione finanziaria li avrebbe tenuti in conto, altrimenti il reddito
sarebbe stato determinato “in base alla situazione economica” complessiva
dell’impresa. Nel D. Lgs. n. 645/1958, inoltre, non esistevano norme che
subordinavano la deducibilità dei costi alla loro imputazione e non c’era alcuna
considerazione per casi di deduzioni maggiori rispetto ai costi economici. Alcuni
autori
13
hanno fatto notare come fino alla legge n. 216 del 1974 non fosse prevista la
redazione obbligatoria del Conto Economico e della Nota Integrativa
14
. La legge n.
stabiliva che il reddito mobiliare di tali società dovesse ricomprendere “tutte le somme ripartite sotto
qualsiasi titolo fra i soci e quelle portate in aumento del capitale o del fondo di riserva ed ammortamento
ed altrimenti impiegate anche in estinzione di debiti”.
11
Testo Unico delle Imposte Dirette D. Lgs. n. 645 del 1958 ( riforma Vanoni ).
12
Cfr. Mangano S., L’imposta di ricchezza mobile e le società commerciali per azioni,Milano
1936.
13
Vedasi Di Tanno, Brevi note a favore del doppio binario nella determinazione del reddito
d’impresa, in “Rivista di Diritto Tributario”, 2000.
14
A titolo di una generale e non esaustiva storia dell’evoluzione delle norme civilistiche in tema
di documenti contabili:“ Il codice di commercio del 1882, non conteneva alcuna indicazione circa il
contenuto minimo del bilancio e sui criteri di valutazione. Il legislatore lasciava, quindi, liberi gli
amministratori delle società di scegliere qualunque criterio purchè, lo stesso, fosse conforme allo statuto
ed all’atto costitutivo […]. Il legislatore civilistico del 1942 fece un passo avanti prevedendo all’art.
2423 c.c., i principi generali della chiarezza e precisione.[…] Per il contenuto minimale relativo al Conto
Economico si dovrà attendere l’emanazione della legge 7 giugno 1974 n. 216” da M. Paolini, Il ruolo dei
principi contabili internazionali nella determinazione del reddito d’impresa: profili contabili, in “Il
reddito d’impresa tra norme di bilancio e principi contabili”, Giuffrè 2004.
-7 -
216/1974 introdusse gli artt. 2425 ed il 2427 del codice civile i quali disciplinano i
contenuti minimali rispettivamente del conto dei profitti e delle perdite e della Nota
Integrativa; inoltre istituì la Consob, Commissione Nazionale per le Società e la Borsa,
organo di vigilanza delle società per azioni quotate sul mercato regolamentato. Infine la
legge riconobbe espressamente il valore dei principi contabili e l’esigenza della loro
applicazione nella redazione del bilancio. La circostanza per cui, le singole aziende non
avessero vincoli alla pubblicazione di Conto Economico e Nota Integrativa ed il
contenuto di tali documenti non fosse supportato da uno schema di legge, sottolinea
come fosse necessaria una certa indipendenza dell’ordinamento fiscale da quello civile.
Pur partendo da questo presupposto la legge delega n. 825/1971 si fonda sul
principio dell’art. 3 per cui “la disciplina dell’imposta sul reddito delle persone
giuridiche sarà informata […] sulla determinazione analitica in base alle risultanze del
bilancio o del rendiconto”. La medesima legge, inoltre, dispone che “la determinazione
dei redditi derivanti dall’esercizio di imprese commerciali deve avvenire secondo criteri
di adeguamento del reddito imponibile a quello calcolato secondo i principi di
competenza economica tenuto conto delle esigenze di efficienza, rafforzamento e
razionalizzazione dell’apparato produttivo
15
”. Evidente appare lo sforzo del legislatore
nel tentativo di contemperare l’interesse ad una tassazione rispettosa del principio di
capacità contributiva, sancito dall’ art. 53 della Costituzione
16
, con finalità di natura
sia fiscale che extrafiscale come il potenziamento e la razionalizzazione della struttura
produttiva.
A seguito delle indicazioni di carattere generale della L. n. 825/1971 la riforma
tributaria definitivamente si risolse nella “dipendenza parziale”: il reddito fiscale
prendeva le mosse dall’utile civilistico e nella dichiarazione dei redditi erano
evidenziate solo le variazioni contestuali alle disposizioni preposte
17
. A garanzia della
suddetta presa di posizione si pronunciava anche l’art. 74 d.P.R. n. 597/1973
18
che
imponeva, come condizione necessaria ma non sufficiente alla deducibilità dei costi, la
loro iscrizione al Conto Economico dell’esercizio di competenza oppure ad un esercizio
precedente. La ratio per cui si richiedeva la previa imputazione dei costi avrebbe
15
Art. 2 n. 16 legge n. 825 del 1971, si tratta della legge delega alla riforma fiscale del 1973 .
16
Art. 53 Cost. “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva”.
17
Art. 52 d.P.R. n. 597 del 1973.
18
Poi diventato 75 D. Lgs. 917 del 1986, fino al D. Lgs. 344/2003 ed ora art. 109 T.u.i.r.
-8 -