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Cap. 1 CHE COS'E' IL FORMAT
Nel primo Capitolo cercheremo di identificare il Format televisivo attraverso la sua formazione. Si
inizierà definendolo, e si proseguirà delineandone gli aspetti concettuali e progettuali. Si passeranno
quindi in rassegna le modalità morfosintattiche di costruzione, tenendo conto degli sviluppi emotivi
(interni alla narrazione del racconto-format, ed esterni, riguardanti il pubblico-fruitore) che vengono
prodotti.
Il format è un organismo complesso, costruito secondo una stratificazione multilivellare di funzioni
visibili ed invisibili, che riescono a costruire un architettura in grado di generare, in un gioco di
richiami, credibili e veritieri quanto la vita stessa, una irrealtà reale (o similrealtà).
Oltre agli aspetti ideativi e declinativi, ci occuperemo anche dell'aspetto giuridico – legale, e
commerciale - profittuale del prodotto-format, in quanto la potenza e la diffusione di questo tipo di
strutture sono calcolabili in base alla risposta Auditel.
Un format nasce per esser visto: Più gente lo guarda, più esso vive. Più è vitale più il suo esistere
acquista un senso.
Paragrafo 1.
L'ARCHE': IL CONCETTO DI FORMAT
< La TV non è così innocua come sembra. Ci sono casi di soffocamento da sbadigli e di
paralisi dei centri nervosi. Lussazioni del pollice per abuso del telecomando. Piaghe da
decubito, per eccesso di parcheggio in poltrona. Perdita della vista e allucinazioni visive.
Crepacuore da telenovela. Stupore catodico, paranoia e noia mortale >
[ Gianni Monduzzi - Il manuale della Playgirl ]
Tornare a casa ed accendere la tv è forse la cosa più normale ed istintiva del mondo. Così ogni
giorno miliardi di persone, continuamente nel tempo e nello spazio, ripetono lo stesso gesto:
premere il bottone verde del telecomando. Ed ecco che, magicamente, milioni di occhi e milioni di
orecchie si fondono, divenendo così unica anima di un immenso corpo televisivo.
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Il pubblico si è fatto Audience, e ha eletto il mezzo televisivo come suo profeta e maestro guida.
Guru dell'immaginario, la tv "accende lo spettatore" continuamente, premendo i suoi tasti verdi -
emozionali, o gialli - razionali. Si potrebbe perciò dire che entrambi, noi e la tv, possiamo dialogare
a vicenda attraverso la pressione di determinati tasti. Il che potrebbe anche essere vero,
considerando sempre però un importante differenza: Noi attraverso un tasto rosso possiamo
interrompere sullo schermo il flusso audiovisivo, e spegnere la tv. La televisione invece non usa
tasti rossi nei nostri confronti, riversando il suo messaggio nel nostro immaginario. Quante volte
non è bastato spegnere questo mezzo, per smetterla di soffrire, ridere o sognare a causa di una
sintetica ed illusoria emozione ricevuta attimi prima.
Quelle immagini che scorrono, influenzano la nostra psiche, offrendoci una continuità di spettacoli
sociali. Essi divenendo parte della nostra interiorità ci donano un plusvalore emotivo.
Osservando più da vicino la melodia mediatica a cui siamo costantemente sottoposti, si potrà notare,
paragonando la struttura del palinsesto televisivo ad un pentagramma, nella quale serie di note sono
i programmi e le pause pubblicità, che vi è una sorta di sinfonia del quotidiano televisivo
costantemente in atto, in cui il maetro che dirige è ciascuna singola emittente, i musicisti sono gli
attori implicati nella rappresentazione, e il pubblico siamo noi. Eseguito singolarmente, ogni
movimento dell'opera è più che una semplice esecuzione, è un evento: il format tv.
Contenitore di emozioni cucite ad arte, come in un arazzo, vengono illustrate storie e fatti atti a
suscitare in noi delle risposte di vario tipo, nella speranza che il tappeto-format non si impolveri
facilmente nella testa dei telespettatori , o venga accantonato. E' per questa sua essenza
predeterminata e altamente codificata, che un format possiede la "sfrontatezza di chi sa di riuscire
facilmente a farsi amare". Di chi non vuole essere un semplice tappetino con la scritta welcome, ma
sa di valere di più, e punta quindi al massimo: essere esposto come un oggetto prezioso nelle nostre
menti. Esso diviene così un elemento ricercato, il pregevole prodotto manufatturiero di abili
intelaiatori: gli autori televisivi.
Ma cos'è realmente un format televisivo?
La S.I.A.E. Lo ha definito così:
"Per Format s’intende l’opera dell’ingegno avente struttura originale ed esplicativa di uno
spettacolo e compiuta nell’articolazione delle sue fasi sequenziali e tematiche, idonea ad essere
rappresentata in un’azione radiotelevisiva o teatrale, immediatamente o attraverso interventi di
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adattamento o di elaborazione o di trasposizione, anche in vista della creazione di multipli. Ai fini
della tutela, l’opera deve comunque presentare i seguenti elementi qualificanti: titolo, struttura
narrativa di base, apparato scenico e personaggi fissi."
[http://www.siae.it]
Questa definizione ci fornisce già gli elementi base del format, piccoli tasselli di un complesso
puzzle, destinato alla trasmissione da parte di un emittente; composto da elementi definiti e
definibili (di tipo contenutistico e strutturale) che ne consentono una replicabilità, nello spazio e nel
tempo.
Gary Carter, famoso autore e produttore tv, paragonava il format alla ricetta di una torta. Una ricetta
spesso personalizzabile; basti pensare alla libertà di applicare una piccola variazione nella
preparazione di un dolce qualsiasi, aggiungendo qualche spezia differente o qualche essenza
diversa. Si avranno così vari tipi di torte, fatte nella stessa maniera, ma con yogurt di sapori diversi.
Percui pur essendo in tutti i casi torta allo yogurt, ogni singola torta avrà un gusto differente. Nello
stesso modo i format attraverso la loro quotidianità alternano i vari gusti-personaggi all'interno della
classica torta preferita di sempre. Elementi sempre variabili quindi vengono inseriti dentro formule
programma invariabili.
Il format quindi diventa un oggetto replicabile, pur mantenendo un'identità sempre ben specifica (
più avanti parleremo di brand), che lo rende economicamente profittuale ai fini del mercato, dove
verrà venduto ad una società di produzione o direttamente ad un'emittente che si occuperà della sua
messa in scena, ovvero della sua esecuzione/trasmissione.
Per Michele Sorice: "Il format è un rapporto tra pratiche produttive e testo, gusto degli spettatori,
rapporto intertestualità/autoreferenzialità, messa in forma dell'esperienza, stile, tecnologia. E' l'idea
declinata che si traduce in un risultato raggiunto" (Sorice.2005).
Interessantissimo risulta, anche l'intervento di Paolo Taggi, autore tv di successo, espresso nel libro
"Morfologia dei format", su cosa si indica per format tv e su quali sono i punti di contatto di
quest'ultimo con le altre forme di intrattenimento. Da un punto di vista mass mediale, afferma
Taggi:"Il format è un testo audiovisivo senza frontiere, trasmesso da un'emittente per più puntate,
che contiene in partenza le premesse per la declinazione seriale dell'idea iniziale. E' un progetto in
movimento e mai un insieme di elementi casuali, in quanto segue un modello di successione
drammatica fisso; una forma narrativa rigida nella quale s' inseriscono materiali incandescenti:
moduli, storie e protagonisti differenti, ma sempre rispettando un preciso percorso drammaturgico,
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rituale ed emotivo. Si presenta quindi come un ipertesto collettivo, composto da una pluralità di
anime autonome riconducibili ad un solo titolo o nome; Un progetto comunicativo che nasce in
funzione della riproducibilità, in grado di dar vita ad una serie di multipli di una stessa versione o a
molte versioni, sempre riconducibili al telaio virtuale di partenza"
Rispetto alle definizioni precedenti vengono inserite due nuove parole: drammaturgia e rituale, il
cui senso profondo verrà svelato più avanti nel corso di questo lavoro. Dunque, sembrerebbe facile
definire un format, ma in realtà non è così. Ci sono, e ora ne citerò solo alcune, una serie di
ambiguità per le quali il format sembrerebbe vivere in un oscillare di opposti, in quanto esso:
E' immutabile per definizione, eppure si spiega nei cambiamenti (inteso come possibilità di
un format di adeguarsi e definirsi sempre più durante la programmazione).
Cristallizza l'invenzione, eppure richiede una continua attività creativa.
Si delinea tutto in fase progettuale, eppure la sua arma vincente è la scrittura dell'istante
E' pensato per eliminare tutti i margini d'incertezza possibili, eppure il pubblico lo ama
perchè moltiplica esponenzialmente, a tutti i livelli, la sensazione di rischio.
Queste quattro incertezze osservate dal Taggi, ci mostrano come una semplice definizione, in questo
caso, non riesce ad esplicitare pienamente l'oggetto del suo studio. Il format perciò, e quindi anche
la sua definizione, sono sempre in costante evoluzione, dibattendosi tra strategie creative e risposte
del mercato.
Ma proseguiamo e accompagniamo Taggi nel tentativo di identificare ancora di più l'essenza del
format. Scavandone a fondo le dinamiche esistenziali, egli ha trovato vari punti di contatto, o
semplicemente possibili modelli che sono stati presi a norma ed imitati, in altre tipologie di
rappresentazione, quali: il mito, la fiaba, il melodramma, la performance e il videogame. Per quanto
riguarda il primo, "un racconto diventa mito quando si è perso l'originale e tutte le versioni che ne
derivano sono parte integrante di questo, nella stessa maniera in cui tutte le varianti successive sono
parte integrante di un format". Inoltre, presentando il programma una serie di racconti (che nelle
modalità di narrazione presentano quasi le stesse strutture del mito), ogni storia viene vista come un
viaggio effettuato da un eroe, che va compiendo il proprio destino come nelle più classiche
mitologie. E' affascinante osservare il cambiamento del soggetto, da semplice spettatore passivo a
protagonista attivo, diventando un moderno cavaliere che si batte in pubblica piazza. Continuando
questa metafora di battaglia, possiamo dire che siamo conquistati non solo dal singolo destino del
guerriero del giorno, ma dalla serie di scontri che avverranno giorno dopo giorno, nella quale
avremo di fronte varie tipologie di guerre e di personaggi; modalità di azione diverse, spesso
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addirittura opposte, nel modo di affrontare e concepire una sfida e perchè no, la vita stessa,
generando così una sorta di rassegna della personalità umana, che si cristallizza e si compie proprio
in una serie di differenze individuali. Caratteristica comune è anche il fatto che "entrambi
codificano il significato delle situazioni che si presentano nella vita in un meccanismo semplice ed
universale. Infatti ad una grande diversità formale corrisponde l'universalità dei pochi motivi
ricorrenti" (Taggi. 2007). D'altronde gli eventi leggendari dell'esistenza sono la base del format
come del mito: entrambi sono una fabbrica di storie. Storie che si nutrono dei sentimenti più
profondi (l'amore, l'odio, l'amicizia, etc), e per questo sono così toccanti, risultando allo stesso
tempo tesori da osservare sia in solitaria e sia nella colletività: la prima, perchè vengono schierate in
campo emozioni private e personali, elaborate quindi in maniera prettamente individuale da
ciascuno. La seconda, perchè sono tutti sentimenti universali e quindi condivisibili. Concludendo
questa prima forma di comparazione, possiamo affermare che mito e format non solo stabiliscono
una sorta di viaggio spirituale (inteso come una sorta di ricerca di purificazione/catarsi) , ma
scatenano picchi d'intensità emotiva come pochi riescono a fare, ottenendo quindi una sorta di
immortalità nel ricordo di ognuno.
"I format durano più a lungo di ogni singolo episodio. Il mito dura più a lungo della vita stessa"
(Taggi. 2009).
Passando alla seconda comparazione, vale a dire con la fiaba, vi sono cinque punti di raccordo:
Il punto di partenza (base della futura drammaturgia, in cui si presenta un inizio definito che sta per
essere stravolto da un'avventura indefinita), Il viaggio (vissuto come una serie di pericoli, addolciti
dalla ricerca di un fine glorioso), la ripetizione ( che diviene plusvalore, creando affezione), la
morale ( in quanto in entrambi i casi è la comunità con il suo metro di giudizio etico a definire cosa
è bene e cosa è male, cosa è accettabile e cosa invece no), ed infine la modularità (cioè la possibilità
di transizione tra le storie degli stessi elementi costitutivi).
Per ciò che riguarda il rapporto format melodramma, ambedue si basano su storie ordinarie del
quotidiano, caricandole di tensione, sorprese, emozioni e conflitti. Ed in tutti e due i prodotti vi è un
enigma, che riguarda il passato e deve esser svelato o chiarito nel corso dell'azione (nel caso del
format, è proprio un punto interrogativo di domanda ad avviarne i meccanismi), e uno sviluppo,
articolato nell'accentuazione di una serie di ostacoli, che minacciano la serenità e il bene iniziale.
Tutto dipende poi dal personaggio protagonista. Da che ruolo assume, ad esempio. "Se si pone
come un elemento estremo o particolare della rappresentazione allora le prove e le sfide sapranno
tenergli testa, ingaggiando una sfida senza via d'uscita che impegnerà tutta la sua essenza" (Taggi.
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2001).
Nel melodramma nulla è sottinteso e tutto viene esplicitato, così nel format, in quanto dichiarare le
scelte etiche di ogni personaggio è parte integrante dell'azione.
Nei programmi, inoltre, tutto avviene nell'immediato. E' il trionfo della "realicità", e della totale
visibilità interiore. Ciò accade perchè il telespettatore deve sempre esser in grado di capire cosa sta
succedendo, sia esternamente: nello studio, che internamente: nel personaggio. Non si ammettono
oscurità di giudizio: La televisione è una vetrina, e chiunque accetta di farne parte, viene esposto
alla stregua di un manichino. Ma a differenza di quest'ultimo, non deve restar immobile a farsi
guardare, ma esibire tutto se stesso, e molto più...
E' per questo che ogni spettacolo si riempie di un alta carica emotiva cadenzata da frequenti
escalation patiche. E' la base del format... è la base del melodramma... rasenta la vita.
Elementari i collegamenti rispetto la performance: entrambe, pur concependosi come un' avventura
virtuale, si collocano come un esperienza totalizzante per chi guarda, mantenendo alcuni elementi
costitutivi di interazione quali il rito, la cerimonia, etc, che non possono non richiamare il concetto
di realtà stessa. E non dimentichiamo che sia il performer che l'eroe televisivo rischiano sempre
qualcosa, sia durante lo sviluppo dell'azione-gioco, sia per quanto riguarda il finale incerto del
proprio operato.
Finiremo quindi questa serie di comparazioni delineando i punti di contatto con il videogame.
In primis entrambi si basano sull'attimo, come già detto sono figli del qui ed ora: Non esiste ne
futuro ne passato ma solo un eterno presente. Secondariamente in entrambi i casi le stesse avventure
si ripetono o con interpreti differenti o con diverse regole. Si può vincere sia arrivando alla fine del
percorso sia battendo qualcosa o qualcuno. Vi sono poi, delle missioni e dei check point (nel format
aiutano i concorrenti a proseguire, permettendo di conservare un margine di tranquillità sul rischio
futuro), e anche dei meccanismi di raddoppio premio. Inoltre in entrambi i casi l'idea di accumulare
(denaro oggetti o altro) non possiede una connotazione negativa.
In ultimo: così come in certi giochi il tempo continua a scorrere anche quando nessuno gioca (the
sims o giochi di simulazione), allo stesso modo nei reality-format il tempo è scandito dalla realtà,
24 ore su 24.
Questa riflessione di Taggi sull'universo format mi sembra inquadrare perfettamente le potenzialità
e le qualità dei programmi televisivi in maniera illuminante. Indicandone similitudini e analogie con
altri testi, si evidenziano le particolarità e le matrici di coniatura di molti prodotti.
Detto questo, non ci sono più dubbi su cosa sia davvero un format: Un qualunque programma
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televisivo (ma anche radio, etc) che popola i nostri palinsesti. Così da rai uno a rete 4, passando per
mtv, ci ritroveremo continuamente nella giungla dei format. Dal "grande fratello" ad "affari tuoi",
da "report" a "domenica in".
Questo lavoro vorrebbe poter mettere chi lo legge a suo agio nel panorama sempre più intricato
dell'offerta televisiva, arricchendo le modalità di decodifica del telespettatore per quanto riguarda la
lettura di questi intricati labirinti emozionali che sono i format!
Per questo bisogna sempre ricordare che la tv comunica con noi attraverso un linguaggio ben
definito che sembra quasi invisibile, perche oramai divenuto parte del nostro quotidiano, il quale
non va sottovalutato, in quanto vera base della comunicazione mediale televisiva.
Paragrafo 2.
La genesi: Dall'idea alla declinazione
< Le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia. >
[Erasmo da rotterdam]
Avere un'idea originale è sempre più difficile, soprattutto oggi che sembra che tutto sia stato già
scoperto, inventato o realizzato. Eppure alla creatività non c'è mai fine, e se anche moltissimi
progetti sono ispirati ad altri lavori precedenti spesso risultano completamente personali e rinnovati.
Il mondo della creazione del format non rifugge da questo tipo di logiche. Sono moltissimi i
programmi che sembrano simili ad altri (per meccanismi, concept, scelte tecniche, etc), e non è un
segreto che appena viene lanciato sul mercato un prodotto di successo che presenti un minimo di
novità o personalità viene subito imitato. Basti pensare al grande fratello ad esempio, che ha
lanciato una nuova maniera di fare televisione (il reality-format), subito imitata.
Tutto ciò ha contribuito a creare uno stereotipo sulla non originalità di questo tipo di prodotto.
Vero è che il mondo della scrittura televisiva si sia un po' appiattita rispetto alle innocenti e libere
sperimentazioni dei primordi. E che oggi, essendo basilare l'impatto di risposta sui pubblici, risulta
molto più semplice e meno dispendioso prendere ispirazione da un qualsiasi successo accaduto,
affinchè, imitandone strutture ed intenti, tutto ciò che lo ha reso così famoso o vendibile possa
riscatenare gli stessi interessi nel format-copia.