INTRODUZIONE
Per genocidio intendiamo la distruzione di una nazione o di un
gruppo etnico (che) intende designare un piano coordinato di
differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali della
vita dei gruppi nazionali, per annientare questi gruppi stessi. Obiettivi
di un piano siffatto sarebbero la disintegrazione delle istituzioni
politiche e sociali, della cultura, della lingua, dei sentimenti
nazionali, della religione e della vita economica dei gruppi nazionali,
e la distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute,
della dignità e persino delle vite degli individui che appartengono a
tali gruppi. Il genocidio è diretto contro il gruppo nazionale in quanto
entità, e le azioni che esso provoca sono condotte da individui, non a
causa delle loro qualità individuali, ma in quanto membri del gruppo
nazionale.
È con questa definizione, coniata per la prima volta nel 1944 da
Raphael Lemkin, che il genocidio fa il suo ingresso nello scenario
internazionale.
Da sempre, la storia dell’ umanità riporta episodi di stermini e
massacri compiuti da uomini a danno di gruppi di diversa nazionalità
o religione, basti ricordare il periodo della colonizzazione o della
conquista delle Americhe da parte degli europei, quando migliaia di
persone furono uccise in ragione della loro diversità nazionale o
religiosa rispetto alle popolazioni conquistatrici.
Questi avvenimenti furono sempre ignorati, non prevedendo il diritto
internazionale delle misure repressive adatte. È solo con la fine della
seconda guerra mondiale, che la comunità internazionale si interroga
per la prima volta sulla necessità di predisporre delle misure di tutela,
decidendo di intervenire attivamente per impedire che atrocità come
quelle compiute dai tedeschi nei confronti della popolazione degli
ebrei potessero nuovamente ripetersi.
Il genocidio, fino ad allora non riconosciuto e rimasto impunito,
diventa così un crimine internazionale, ispiratore di una normativa ad
hoc contenuta nella Convenzione per la prevenzione e punizione del
crimine di genocidio, documento del 1948, che apre la strada ad una
piena evoluzione del diritto internazionale penale, che si concretizzerà
in futuro nell’ adozione degli Statuti dei Tribunali ad hoc per l’ex
Jugoslavia ed il Rwanda, per culminare poi con la creazione di una
Corte Penale Internazionale, portando il genocidio ad essere compreso
3
tra le norme di jus cogens, quelle norme che costituiscono i pilastri
della comunità internazionale.
Con questo mio lavoro di tesi, basato sull’ analisi di fonti di diversa
natura, tra cui sentenze, documenti storici, manuali e saggi, cercherò
di studiare e ricostruire da un punto di vista storico, ma soprattutto
giuridico, il cammino e l’evoluzione del crimine di genocidio nel
diritto internazionale, concentrandomi anche sulle conseguenze che
ciò ha avuto sul diritto internazionale.
Nel primo capitolo, cercherò di ricostruire ed analizzare brevemente il
contesto storico in cui il crimine di genocidio si afferma sulla scena
internazionale, soffermandomi sui principi emersi durante il processo
di Norimberga che hanno condizionato in maniera evidente il diritto
internazionale, sino all’adozione della Convenzione sul genocidio del
1948. Quest’ultima sarà oggetto di trattazione nel secondo capitolo, in
cui cercherò di analizzare dettagliatamente le norme ivi contenute. Ciò
al duplice scopo di comprendere gli elementi che caratterizzano il
fatto illecito configurabile come crimine di genocidio, e di valutare
l’impatto delle norme sulla repressione del genocidio sugli
ordinamenti statali attraverso l’analisi della giurisprudenza
internazionale pertinente.
Nel terzo capitolo, mi soffermerò sulla responsabilità dell’ individuo e
dello Stato nella commissione dei crimini di genocidio, cogliendo il
rapporto tra questi due diversi profili, ed analizzando le conseguenze
della violazione della norma per gli Stati.
Il quarto ed ultimo capitolo, analizza i metodi di repressione del
crimine di genocidio, e si divide in tre parti: la prima introduce la
nozione di diritto internazionale penale, di recente nascita,
soffermandosi sull’ importanza della cooperazione tra gli Stati nella
repressione diretta dei crimini, e l’istituzione dei Tribunali ad hoc, con
particolare attenzione all’ analisi delle norme contenute negli Statuti
del Tribunale per la ex Jugoslavia ed il Rwanda. La seconda parte,
riguarda la costituzione della Corte Penale Internazionale, con
l’analisi dello Statuto e delle sue norme, lo spazio dedicato al crimine
di genocidio, i rapporti con gli altri organi internazionali ed il valore
delle sentenze. Nella parte terza, quella conclusiva, mi soffermerò
sull’ analisi dello scenario internazionale attuale, effettuando un primo
bilancio sull’ operato della Corte con riguardo alle situazioni in
Darfur ed in Cecenia, per poi analizzare quelle che attualmente sono le
prospettive future di repressione di questo crimine.
4
CAPITOLO I
L’ INDIVIDUAZIONE DEL CRIMINE DI
GENOCIDIO: PRECEDENTI STORICI.
I.1 L’ individuazione del crimine di genocidio: contesto
storico.
Al termine del secondo conflitto mondiale, nell’ aprile del 1945,
l’Europa ed in varia misura tutto il mondo si ritrovarono devastati
dagli orrori del più immane conflitto mondiale mai combattuto.
In Germania il partito nazional-socialista, al potere dal 1933, ed il suo
leader Adolf Hitler, dal 1939 al 1945, si resero responsabili di un
“programma globale di sterminio, un programma che tendenzialmente
non aveva limiti di spazio” 1
, e nè di tempo.
Il fondamento sotteso a questa politica era il razzismo antisemita e
non solo.
Conseguenza anche della propugnata superiorità della razza “ariana”
e della necessità che questa si mantenesse pura; l’altro, estraneo alla
razza, viene considerato come un “ essere non umano, come qualcosa
da disprezzare perché non partecipa alla comunità di valori del gruppo
dominante 2
”.
Questa aberrante ideologia colpiva principalmente la popolazione
ebrea tedesca, la cui colpa principale era quella di intaccare il
prestigio della “razza ariana”; di minacciarne l’esistenza e di
accaparrarsi delle risorse economiche.
Gli ebrei venivano considerati come inquinatori, portatori di ideologie
nefande come il marxismo, in grado di attentare alla sicurezza ed al
benessere della nazione, di essere, insomma, dei nemici dello Stato
tedesco, perciò da eliminare.
Il loro fu uno sterminio silenzioso e nascosto, pian piano esteso a tutta
l’Europa occupata; per attuare questo piano, furono ideati e creati
appositi campi di concentramento, attrezzati in modo da realizzare al
meglio quella che in codice fu definita “soluzione finale”.
1
A. CASSESE , I diritti umani oggi, Bari, 2005, p. 148.
2
Ibidem, p. 147.
5
Furono colpiti, anche se in misura molto minore, altri gruppi e
rappresentanze sociali come omosessuali, rom, prigionieri di guerra.
Per la prima volta nella storia dell’uomo, lo sterminio di una
popolazione, realizzato tramite il genocidio, veniva ad essere elevato a
metodo e perpetrato in così larga scala.
La politica del genocidio ebraico, accuratamente pianificata e messa in
atto dalla Germania nazista, prevedeva infatti l’ utilizzo delle più
moderne tecnologie per la sua attuazione: dalla costruzione di una
complessa rete ferroviaria per effettuare la deportazione verso i campi,
ad efficaci tecniche di uccisione di massa e per lo smaltimento dei
cadaveri, il recupero ed il reimpiego dei beni personali delle vittime
tramite il loro utilizzo come forza lavoro prima della fine, in una
logica di massimo profitto con il minor costo.
È l’organizzazione tipica dello Stato moderno che rende possibile il
genocidio, grazie all’impiego della sua logistica, dei suoi modelli
organizzativi ed amministrativi e dei mezzi economici e militari.
Per questo motivo, il genocidio ebreo, rappresentò un unicum nello
scenario del diritto internazionale che costrinse la comunità
internazionale, rimasta silente sino ad allora, ad intervenire.
I.2 Il Processo di Norimberga: Commissione preparatoria
delle Nazioni Unite.
Le atrocità dei crimini perpetrati dai nazisti in tutta quanta l’Europa
occupata, fanno sorgere, nella comunità internazionale, la necessità di
intervenire già durante il corso della guerra.
Tuttavia, gli strumenti giuridici di cui allora disponeva il diritto
internazionale non erano sufficienti, in quanto il genocidio non era
previsto come reato.
Il diritto internazionale infatti, si limitava semplicemente alle
dichiarazioni elaborate nel corso delle conferenze dell’Aia del 1899 e
del 1907, con le quali si erano stabiliti principi idonei a regolare una
soluzione pacifica dei conflitti internazionali.
Si stabilivano quelli che erano i mezzi illeciti per affrontare il conflitto
bellico ( jus in bello ), ma non veniva contestato il diritto di fare la
guerra ( jus ad bellum ).
3
Serviva un intervento incisivo per sanzionare i crimini che erano stati
commessi e per evitare il verificarsi di una situazione analoga in
3
A. MINGOZZI, Movimenti migratori nella pratica contemporanea: Il genocidio, Pubblicazioni
centro studi per la pace, Fondazione internazionale Lelio Basso, 2001, p.13.
6
futuro. Il primo passo, che poi porterà alla costituzione nel 1945 del
Tribunale di Norimberga, fu compiuto il 20 ottobre 1943 con
l’istituzione della Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di
guerra, i cui compiti erano quelli di istituire un codice di diritto
internazionale basato sui crimine di guerra e la loro imprescrittibilità,
e valutare la possibilità di istituire un tribunale competente per
processare i responsabili delle atrocità tramite un equo e giusto
processo: fu questo l’atto di nascita del diritto di Norimberga.
Il “diritto di Norimberga”, imperniato sull’ Accordo di Londra, viene
descritto dalla dottrina come un diritto profondamente innovatore, per
il principio su cui si fondava, ossia che “chiunque commetta un atto
costituente un crimine di diritto internazionale è di questo
responsabile e passabile di condanna 4
. Da ciò deriverà la nozione di
“responsabilità penale individuale”, di cui si dirà nel proseguo del
presente lavoro I.2.1 L’ accordo di Londra 1945 e lo Statuto istitutivo del
Tribunale di Norimberga.
La conclusione della guerra e la disfatta dei tedeschi comportarono la
necessità di punire, in maniera esemplare, coloro che si erano resi
responsabili di atrocità simili.
Il cammino internazionale verso la repressione del genocidio nazista,
incontrò un grosso ostacolo quando si trattò di decidere le modalità
con le quali procedere contro i criminali nazisti. Inizialmente fu
proposta l’ esecuzione per decisione politica senza processo, previo
accertamento delle identità dei responsabili. Il gabinetto di guerra
britannico, (il 12 aprile 1945), infatti concludeva che “per i principali
capi nazisti non avrebbe dovuto essere celebrato alcun processo
penale fondato su una procedura giudiziaria 5
”.
La morte del presidente Roosvelt, avvenuta quello stesso giorno,
impedì l’approfondimento della questione.
Soltanto nel Maggio di quello stesso anno, si ritornò nuovamente a
discutere delle misure sanzionatorie da adottare nei confronti dei capi
nazisti nell’ inizio della Conferenza delle Nazioni Unite di San
Francisco che portò all’ elaborazione della Carta delle Nazioni Unite.
4
P. FOIS, Sul rapporto tra i crimini internazionali dello stato e i crimini internazionali
dell’individuo, in Rivista di diritto internazionale, 2004, p. 929.
5
A. BARBUSCIO, Il processo di Norimberga ai criminali nazisti, l’istituzione del tribunale dei
quattro vincitori, 2007, p.1.
7
In quella sede il presidente americano Harry Truman propose la
costituzione di un tribunale incaricato di processare i capi nazisti.
Le linee definitive per la celebrazione del processo contro i criminali
nazisti, furono tracciate a Londra nel luglio del 1945 con il succitato
”Accordo di Londra”, con il quale, le grandi potenze di Stati Uniti,
Unione Sovietica, Gran Bretagna e Francia, raggiunsero un accordo
l’ 8 agosto del 1945, conosciuto come “Agreement for the Prosecution
and Punishment of the Major War Criminals of the European Axis 6
”
( Carta di Londra), con il quale istituivano il Tribunale di Norimberga.
Lo Statuto istitutivo, composto da 30 articoli, definiva la
composizione, le competenze, la procedura ed i poteri.
Alcune delle norme in esso contenute, incideranno profondamente
sullo sviluppo del diritto internazionale per la repressione dei crimini
di guerra e contro l’umanità.
Tra queste, le più importanti sono sicuramente l’articolo 6, (sul quale
mi soffermerò nei paragrafi successivi) che, nel prevedere la
competenza giurisdizionale del tribunale, definisce, per la prima volta,
i crimini contro l’umanità, comprendendovi gli atti commessi nei
confronti di individui, da individui singoli o da altri organi dello Stato
per ragioni politiche, ideologiche razziali, religiose, così
differenziandoli da quelli di guerra .
Rilevanti, all’interno dello Statuto istitutivo del Tribunale, sono anche
gli articoli 7 e 8, che definiscono rispettivamente la qualifica del
responsabile ed il valore dell’esecuzione dell’ordine superiore in
quanto fanno venire meno la consuetudine internazionale secondo la
quale solo gli Stati erano soggetti al diritto.
Dall’ elaborazione dello Statuto istitutivo del tribunale emerge infatti,
in forma embrionale uno dei principi che troveranno piena
affermazione con l’esito dei processi, ovvero quello della
responsabilità penale dell’individuo a livello internazionale.
Il principio si sostanzia nel mancato riconoscimento dell’immunità
agli autori dei crimini, quando questi rivestono una funzione pubblica
statale.
Come è affermato all’interno dello Statuto infatti: “ The principle of
international law, which under certain circumstances, protects the
representatives of a State, cannot be applied to acts which are
condemned as criminal by international law. The authors of these acts
cannot shelter themselves behind their official position in order to be
freed from punishment in appropriate proceeding” 7
.
6
Ibidem, p. 2.
7
A. CASSESE, P. GAETA, The Rome statute of international criminal law, Oxford, p. 1093.
8
Per la prima volta, anche i singoli individui possono essere giudicati e
chiamati a rispondere individualmente innanzi ad un tribunale di
diritto internazionale per i crimini commessi; è il primo passo, verso la
piena affermazione a livello internazionale della responsabilità penale
degli individui per i reati commessi (di cui parlerò in maniera più
approfondita nella prima parte del capitolo terzo). Da qui in poi, si
affermeranno a livello internazionale delle norme che, accanto al
riconoscimento dei diritti umani fondamentali, pongono a carico degli
individui determinati obblighi giuridici direttamente, ossia
indipendentemente dalla circostanza che questi obblighi siano stati
recepiti formalmente dagli ordinamenti giuridici interni. La violazione
di queste norme, comporta la responsabilità dei singoli a livello
internazionale.
Infine, lo Statuto introduce il principio della retroattività del diritto
internazionale penale, secondo cui si può essere condannati per
crimini commessi prima che questi fossero considerati illegali.
I risultati del processo di Norimberga, sono infine confluiti in un gran
numero di sentenze che hanno dato un rilevante contributo al formarsi
di una giurisprudenza sui crimini dell’ individuo nel diritto
internazionale.
Già l’11 dicembre 1946, l’assemblea generale delle Nazioni Unite,
adottava con voto unanime la Risoluzione 95 (I) “ Affirmation of the
Principles of International Law Recognised by the Charter of the
Nuremberg Tribunal”. Con questo documento, si compivano due passi
molto importanti: il primo è la conferma dei principi di diritto
internazionale riconosciuti sia dallo Statuto che dalla sentenza del
Tribunale di Norimberga, il secondo è stato il monito a codificare
questi principi ad opera della Commissione del diritto internazionale.
9
I.3 Distinzione tra crimini di guerra e crimini contro
l’umanità.
Come anticipato, lo Statuto Istitutivo del Tribunale di Norimberga
prevede al secondo paragrafo dell’art 6 la definizione di “crimini
contro l’umanità”.
Questi sono definiti come “ l’uccisione, lo sterminio, la riduzione in
schiavitù, la deportazione e ogni altro atto disumano commesso
contro qualsiasi popolazione civile, prima o durante la guerra,
oppure persecuzioni razziali o religiosi, sempre che tali atti o
persecuzioni siano stati perpetrati in esecuzione di uno dei crimini
rientranti nella competenza del Tribunale 8
”.
Anche per i crimini contro l’umanità, si prevede la responsabilità
individuale degli autori e quella degli organizzatori; i crimini infatti
possono essere commessi dallo Stato, dagli organi dello Stato, o anche
dai civili o da militari singoli, introducendo così la nozione di
“responsabilità individuale internazionale”.
In merito alla responsabilità degli Stati per i crimini contro l’umanità,
è stato osservato in dottrina come “l’autonomia raggiunta dai crimini
contro l’umanità non esclude che, in numerose ipotesi, i crimini contro
l’umanità siano commessi nel corso di un conflitto, sia internazionale
che interno e possano quindi essere qualificati come crimini di
guerra 9
” La repressione dei crimini contro l’umanità è duplice, giacché sono
perseguibili sia se commessi in tempo di pace, che in tempo di guerra.
La norma in esame definì altresì i “crimini di guerra”, ossia questi
sono definiti come le “ violazioni delle leggi e degli usi di guerra”, e
tra questi sono elencati, ad esempio, l’ omicidio volontario, il
maltrattamento o la deportazione per costringere ad eseguire lavori
forzati, o ancora l’esecuzione di ostaggi, il saccheggio di beni pubblici
o privati, la distruzione di villaggi.
Sebbene siano compresi all’interno della stessa norma, i crimini
contro l’umanità si differenziano dai crimini di guerra.
I primi si discostano dai secondi per due motivi: possono essere
commessi sia in tempo di pace che in tempo di guerra, e possono
essere commessi anche a danno degli stessi cittadini dello Stato
8
A. CASSESE, Diritto Internazionale, Bologna, 2006, p. 179.
9
P. FOIS. Sul rapporto tra i crimini internazionali dello Stato e i crimini internazionali
dell’individuo, cit , p. 951.
10
responsabile, al contrario, quelli di guerra sono crimini commessi nei
confronti di individui appartenenti ad uno Stato terzo nemico
belligerante o occupato.
La categoria dei crimini contro l’umanità, si differenzia in maniera
sostanziale da quella dei crimini di guerra per l’interesse tutelato.
Infatti, mentre i crimini di guerra si riferiscono ad una serie di
condotte la cui commissione è circoscritta in un contesto ben preciso
(appunto lo stato di guerra), ed il fine perseguito è il rispetto delle
norme che regolano i conflitti, le norme che vietano i crimini contro
l’umanità perseguono una finalità maggiore, ovvero la tutela dell’
individuo e dei suoi diritti fondamentali, in ogni contesto e
condizione, mantenendo come valore supremo la dignità e l’identità
dell’essere umano.
Affinché ciò potesse realizzarsi, era necessario elaborare una
disciplina autonoma rispetto a quella dei crimini di guerra che,
abbracciasse un contesto più ampio.
I caratteri distintivi dei crimini contro l’umanità sono la gravità, la
esecuzione su larga scala, la concertazione e l’elemento soggettivo
della motivazione (movente)
10
.
La gravità è l’elemento che differenzia i crimini contro l’umanità dalle
fattispecie criminose conosciute negli ordinamenti penali degli Stati;
questa consiste nel colpire gli individui in ciò che hanno di più caro,
ovvero la vita e la loro integrità fisica; da qui la stretta connessione
che questo elemento ha con la tutela dei diritti umani.
Il secondo elemento riguarda l’ esecuzione su larga scala. Non
vengono presi in considerazione fatti isolati o singoli episodi, ma
semplicemente i fatti commessi in misura molto rilevante. Il richiamo
infatti è ad atti commessi contro la popolazione civile, e la tutela è
rivolta verso i civili.
Il terzo elemento richiamato riguarda la concertazione.
Un elemento essenziale nella commissione di questi crimini è
“ l’esecuzione di un complotto o di un piano organizzato finalizzato
allo scatenamento o alla conduzione di una guerra di aggressione” 11
L’elemento finale è quello della motivazione, ossia il movente di
questi crimini, che si riflette nella intenzionalità della commissione.
Sebbene compreso tra questi, il crimine di genocidio non è
espressamente menzionato all’interno delle norme che vietano i
crimini contro l’umanità; solo in seguito questo sarà assimilato, fino
10
E. GREPPI, I crimini di Guerra e contro l’umanità nel diritto internazionale, Torino 2001, p.
112.
11
Ibidem, p. 116.
11