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Queste, infatti, sono per la Sicilia le uniche modalità rilevanti
in un ampio contesto Euro-mediterraneo e, opportunamente
integrate in corridoi intermodali, potranno favorire lo sviluppo
della competitività del territorio siciliano affinché, unito a quello
delle altre regioni meridionali, possa contribuire
significativamente al rilancio del Mezzogiorno e, più in generale,
dell’intero Paese. Si cercherà di individuare comunque la presenza
di elementi di criticità che possano ostare a tale nuova
configurazione dell’Isola nello scenario dei trasporti del
Mediterraneo.
Il lavoro è strutturato in una prima parte nella quale, dopo
una breve introduzione sull’espansione del commercio nella
storia, si mette in evidenza il ruolo dei trasporti nello sviluppo
economico e sociale delle nazioni. Quindi si fa cenno alle
principali teorie dell’analisi spaziale con cui si è cercato di
riscontrare l’esistenza di regolarità di comportamento delle attività
nell’organizzazione spaziale del suolo.
Nella seconda parte vengono ripercorse le tappe
dell’innovazione nel settore dei trasporti che ha prodotto come
effetto l’abbattimento dei costi medi di trasporto, di cui viene
analizzata la struttura spaziale. Innovazione è anche il considerare
il trasporto quale anello di un processo logistico che pianifica,
implementa e controlla l’efficienza del flusso e
dell’immagazzinamento dei beni e servizi.
5
Quindi l’analisi si focalizza sul trasporto intermodale, di cui
viene proposta una definizione e illustrati i mezzi che lo
caratterizzano e i vantaggi che ne conseguono.
Seguono due capitoli in cui, nel primo, si illustra
l’evoluzione dei trasporti in Italia negli ultimi due secoli, con
riferimento al trasporto ferroviario, a quello su strada ordinaria ed
alla navigazione marittima e, nel secondo, si analizza la situazione
dei trasporti in Sicilia, evidenziando i punti di maggiore criticità
del settore trasportistico della regione, nel tentativo di individuare
possibili soluzioni.
6
CAPITOLO PRIMO
Trasporti e sviluppo
1. L’espansione del commercio. Cenni storici
L’espansione del commercio costituisce uno dei cardini del
processo di modernizzazione, consentendo di organizzare la produzione
sulla base del principio della divisione del lavoro e, quindi, di procurarsi
oggetti che non si producono personalmente.
Peraltro, attraverso il baratto, già nell’antichità i beni posseduti
venivano trasferiti tra individui, ciascuno dei quali specializzato nella
produzione di un bene. Tale forma di commercio, tuttavia, presentava
molti limiti, tra cui la difficoltà di differire nel tempo lo scambio e,
soprattutto, la difficoltà a stabilire il valore rispettivo dei beni scambiati,
influenzato da una quantità di fattori personali e materiali.
L’introduzione della moneta, decretò la fine del baratto
1
e diede avvio
1
Sebbene il baratto sia tuttora praticato nelle società tradizionali e, in particolari
contesti storici, anche nelle società più sviluppate.
7
allo sviluppo del commercio e alla sua espansione sul territorio,
permettendo anche il contatto e lo scambio con culture lontane.
Gli scambi commerciali fiorirono quindi presso i popoli
dell’antichità, ma riguardavano soprattutto scambi di breve raggio. Fa
eccezione il commercio lungo la Via della Seta che collegava la capitale
della Cina alle coste del Mediterraneo e sulle cui vie carovaniere,
lunghe oltre 6000 Km, transitarono sete cinesi, lana e metalli preziosi
provenienti dall’impero romano e merci pregiate di paesi intermedi
quali India e Arabia. Un consistente flusso commerciale si registrava
anche lungo le coste del Mediterraneo, del mare Arabico, dell’oceano
Indiano e del Pacifico settentrionale.
Al declino dell’Impero romano d’Occidente (476 d.c.), fecero
seguito sconvolgimenti politici nei territori attraversati dalla Via della
Seta che determinarono l’insicurezza del percorso e la consequenziale
interruzione dei flussi commerciali, che ripresero solo saltuariamente,
durante i periodi di pace.
Nel corso del Medioevo, in Europa il commercio si sviluppò
gradualmente, passando da una forma di scambio a breve raggio per via
terra o in cabotaggio, a un commercio su lunghe distanze lungo rotte che
si estendevano dal Baltico e dall’area orientale del Mediterraneo fino
all’Europa centrale e settentrionale, promosso e gestito da città italiane e
tedesche
2
.
2
M. Tinacci Mossello, Geografia economica, Il Mulino, Bologna, 1990, p. 277.
8
Lo sviluppo della navigazione nel XV e nel XVI secolo,
particolarmente accentuato nell’Italia delle repubbliche marinare, dette
notevole impulso al commercio. Con la riduzione del costo del trasporto
sulle lunghe distanze, iniziò l’importazione su vasta scala di cereali dal
Baltico all’Olanda e ad altre regioni dell’Europa. Nuove rotte oceaniche
tra Europa e Oriente consentirono di importare dall’Asia incalcolabili
quantità di merci a costi molto inferiori del trasporto terrestre. La
scoperta dell’America generò scambi di nuovi prodotti quali tabacco,
metalli, essenze pregiate sconosciute in Europa.
Lo sfruttamento, da parte degli spagnoli, dei ricchi giacimenti di
oro e argento di Messico e Perù, impresse una svolta al commercio
internazionale. L’afflusso di metalli preziosi e i nuovi mercati aperti
dalle conquiste coloniali conferirono un nuovo ruolo economico e
politico ai paesi europei. Con l’aumentare delle distanze attraverso le
quali si attuavano gli scambi, cresceva anche l’organizzazione
commerciale. Migliaia di piccoli commercianti costituirono associazioni
in grado di esportare e importare da tutti i continenti merci di ogni tipo e
qualità. Non di rado queste associazioni possedevano navi, con cui
svilupparono a ritmo vertiginoso gli scambi dei principali generi di
consumo: le importazioni di tabacco dalla Virginia e dal Maryland verso
l’Inghilterra, ad esempio, crebbero nel XVII secolo di mille volte.
Parallelamente si svilupparono nuove forme di organizzazione
commerciale e le piccole associazioni furono assorbite e rimpiazzate da
grandi e potenti compagnie. Queste nuove organizzazioni, la varietà e la
quantità dei beni scambiati, le innovazioni tecnologiche apportate alla
9
navigazione, lo sviluppo di nuovi mezzi di pagamento (le lettere di
cambio e di credito), contribuirono alla nascita del commercio moderno.
Da questo momento lo scambio commerciale non cessò mai di crescere
e s’intensificò ulteriormente in seguito alla rivoluzione industriale.
Alla fine del 1750 gli scambi di materie prime avevano ormai
superato in importanza il commercio delle spezie; negli anni successivi
il commercio subì un’ulteriore trasformazione, che rafforzò il ruolo
dell’Europa nell’economia internazionale. I paesi europei, in piena
rivoluzione industriale, acquistavano materie prime dai paesi stranieri e
scambiavano, principalmente tra loro, prodotti finiti. La crescita
industriale fu accompagnata da un forte incremento del commercio. Tra
il 1750 e il 1914 il valore dei beni scambiati si quintuplicò; nell’arco del
XIX secolo le merci trasportate via mare passarono da 4 milioni a 30
milioni di tonnellate e gran parte di questi scambi erano gestiti da
mercanti europei.
La crescita industriale influenzò il commercio sotto diversi aspetti,
dando sin dall’inizio impulso alla circolazione delle materie prime: la
meccanizzazione dell’industria tessile europea provocò infatti un
notevole incremento delle esportazioni americane di cotone grezzo.
Dopo il 1850 crebbe anche il commercio di cereali, carne e lana, che
l’Europa scambiava con prodotti dell’industria.
Altra rilevante ripercussione della crescita industriale fu la
rivoluzione del trasporto terrestre: l’invenzione della macchina a vapore
e la costruzione di reti ferroviarie promossero il commercio dalle coste
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all’interno di ogni continente, soprattutto in Nord America, Asia e
America latina.
Con la rivoluzione industriale si generò un’altra rivoluzione, nella
concezione economica, che vide le teorie mercantilistiche lasciare il
passo a nuove idee, a una nuova visione dello scambio come attività
creatrice di profitto per tutte le parti che vi concorrono. L’adozione di
queste idee da parte degli stati portò a uno smantellamento progressivo
delle misure protezionistiche
3
.
La prima metà del Novecento si caratterizzò per una ripresa del
protezionismo economico. Durante i primi anni del secolo gli scambi
vissero una fase di stallo a causa delle politiche economiche nazionali,
che furono riviste solo dopo la prima guerra mondiale. La protezione dei
mercati nazionali comunque continuò; negli anni Venti, ad esempio, gli
Stati Uniti e molti altri paesi introdussero nuovi dazi doganali.
Con la Grande Depressione del 1929 il commercio subì un ulteriore
contraccolpo e, a partire dal 1930, furono imposti numerosi controlli
sulle importazioni. Tuttavia, nel periodo tra le due guerre il commercio
crebbe, sebbene lentamente, fino a subire una nuova interruzione con lo
scoppio della seconda guerra mondiale.
Alla fine della guerra iniziò un periodo caratterizzato da un’inedita
crescita del commercio internazionale. La riduzione delle barriere
commerciali, in particolare dei dazi doganali, e la continua espansione
3
Si tratta si una politica adottata da un governo per contrastare la concorrenza estera
a sostegno dell'intera produzione nazionale o, più spesso, di particolari settori di
essa, scoraggiando le importazioni e incoraggiando le importazioni.
11
degli scambi costituirono due notevoli risultati prodotti dalle intese
scaturite dall’Accordo generale sulle tariffe e il commercio (GATT) e
dalla creazione delle Unioni doganali. Sebbene tra il 1954 e il 1974 le
esportazioni mondiali fossero più che raddoppiate in volume e
aumentate di otto volte in valore, lo sviluppo non fu bilanciato tra i vari
paesi. Negli anni Cinquanta le esportazioni delle nazioni industrializzate
del Nord America e dell’Europa occidentale si espansero rapidamente,
mentre le esportazioni dei paesi in via di sviluppo segnarono il passo. Le
quote di mercato mondiale del Giappone e della Comunità Europea
crebbero, mentre quelle dell’URSS e dell’Europa orientale diminuirono.
Nel suo insieme il valore del commercio internazionale mondiale
(esportazioni e importazioni) fece registrare incrementi eccezionali.
Ciononostante, negli anni Settanta e Ottanta si manifestarono nuove
spinte protezionistiche. Molti paesi imposero quote sulle importazioni e
negoziarono restrizioni volontarie delle esportazioni, generando un
fenomeno noto come “neoprotezionismo”. L’effetto di questa nuova
ondata di protezionismo fu però ridimensionato negli anni Novanta, con
la conclusione delle trattative dell’Uruguay Round del GATT, dalla
creazione dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO),
dell’Accordo nordamericano di libero scambio (NAFTA) e dello Spazio
economico europeo (SEE), dalla ratifica del trattato di Maastricht e da
nuovi accordi di libero scambio tra i vari paesi
4
.
4
http://it.encarta.msn.com/encyc_761574328_2/Commercio.html#p13
12
Nell’attuale scenario, la mondializzazione del commercio vede
quale principale polo l’Unione Europea (nel suo insieme) seguita dagli
Stati Uniti e dal Giappone
5
.
2. Trasporto e sviluppo commerciale
La rilevanza del ruolo dei trasporti nello sviluppo commerciale
risiede proprio nell’essenza del commercio, inteso come attività
economica fondata sullo scambio di beni: migliore il sistema dei
trasporti, maggiori le possibilità di scambio.
Ne discende che le politiche del comparto trasportistico hanno
condizionato l’economica e la società ovunque ed in ogni epoca. Fin
dall’antichità, infatti, si verificò una stretta connessione tra i trasporti e
il potere politico degli Stati e degli Imperi ed ancora, tra i trasporti e lo
sviluppo tecnologico industriale ed artigianale, tanto da far identificare
il trasporto con «lo specchio fedele del livello di modernizzazione
raggiunto da un paese»
6
.
Ancor di più, oggi, con la globalizzazione e le aumentate necessità
di spostamento rapido di persone e merci, i trasporti si sono trasformati,
da strumenti di facilitazione delle comunicazioni, nella principale
strategia aziendale delle grandi e piccole imprese che operano sul
mercato mondiale. La logistica si è trasformata così da arte militare in
una strategia d’impresa volta a render disponibili le necessarie risorse
5
M. Tinacci Mossello, Geografia economica, Il Mulino, Bologna, 1990, p. 121.
6
M. Tebaldi, La politica dei trasporti, Il Mulino, Bologna, 1999, p. 11.
13
altrove ubicate, nel minor tempo e con il minimo impiego di costi e
capitale. Da qui la necessità di analisi circa la localizzazione delle
imprese e la valutazione del mezzo di trasporto più conveniente
7
.
Tuttavia, a fronte della massiccia importanza economica e sociale
del trasporto, ad esso ancora una decina di anni fa era riservata scarsa
attenzione da parte del mondo dell’Economia. Questo, nonostante i
«cospicui contributi che erano venuti nel passato dallo studio dei
trasporti e dalle relazione fra i trasporti, il sistema economico e la
comunità nel suo complesso»
8
.
Fu lo stesso Adam Smith, ritenuto il padre dell’Economia politica,
ad individuare nei trasporti non solo un’attività produttiva a sé, ma
anche una precondizione per lo sviluppo economico. Gli fecero seguito
studi che, pur riconoscendo grandi varietà di approcci delle società
umane all’organizzazione spaziale del suolo per fini agricoli e
residenziali, tendevano a riscontrare alcune regolarità di comportamento
a partire da certe condizioni.
7
M. Casari, G. Corna Pellegrini, F. Eva, Elementi di geografia economica e politica,
Carocci, Roma, 2003, pp. 100-101.
8
U. Marchese, Economia dei trasporti marittimi: argomenti e problemi. Volume
primo, Bozzi, Genova, 2001, p. 29.