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PREFAZIONE
Nella seconda metà del ‘900, i mercati e le imprese sono stati investiti da un forte
vento di cambiamento che ha rivoluzionato l’organizzazione e la struttura dei sistemi
produttivi.
Il fenomeno non è stato occasionale ma ha avviato un processo evolutivo che ha
raggiunto l’apice negli anni ’80, periodo in cui il mercato diventa iper-competitivo e
si creano numerose barriere all’entrata. La massima efficienza diventa una
condizione imprescindibile per la sopravvivenza delle imprese ed è raggiungibile
solo attraverso l’utilizzo di strumenti che forniscono, in tempo reale, dati sui costi e
sui margini. Queste informazioni permettono di attuare rapidi interventi correttivi che
limitano le perdite.
I processi decisionali del passato erano realizzati sulla base delle informazioni
derivanti dalla sola contabilità generale, l’unico sistema contabile a disposizione
delle imprese.
Il primo capitolo dell’elaborato inizia proprio trattando questo strumento e le sue
varianti, menzionando i contributi dei maggiori autori quali Besta, Zappa, Amaduzzi
e Caramiello. Si prosegue indicando i punti di forza, le peculiarità del modello e le
diverse finalità che gli sono state attribuite nel tempo, fino ad arrivare alle
motivazioni che oggi ne rendono obbligatoria la corretta tenuta.
Le imprese operanti nel moderno sistema competitivo non possono più sottovalutare
l’importanza del controllo dei costi, della razionalità delle scelte e dell’efficienza dei
processi e quindi richiedono nuove informazioni che la contabilità generale, da sola,
non è in grado di fornire. Le nuove esigenze informative dei sistemi economico-
aziendali trovano risposta nella contabilità analitica, considerata come uno strumento
in grado di integrare le informazioni derivanti da quella generale.
Questi nuovi strumenti forniscono i dati necessari per le decisioni di make or buy,
prezzo, ampliamento della gamma ecc. ma hanno bisogno di elaborazioni complesse
e costose. Il raggiungimento del miglior trade-off tra onerosità e attendibilità degli
output informativi, diventa una delle maggiori sfide che la direzione aziendale si
trova ad affrontare e porta a una continua rivisitazione dei modelli di costing
utilizzati. L’affermarsi delle politiche di Corporate Social Responsibility
ha poi
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comportato un ampliamento del bacino di utilizzatori tipici del sistema includendo
anche soggetti esterni, portatori di interessi diversi tipici del nuovo scenario.
Dopo questo incipit prettamente teorico, si passa alla definizione del concetto di
costo, con le relative classificazioni e configurazioni per poi spostare l’attenzione sui
sistemi tradizionali di contabilità analitica ovvero il modello semplificato e quello
per centri di costo. Il modello semplificato si distingue per la bassa difficoltà
d’implementazione e i ridotti costi di realizzo ma fornisce informazioni non molto
attendibili. La contabilità per centri di costo è invece il primo sistema che attraverso
l’imputazione dei costi a oggetti intermedi riesce a sviluppare un’analisi che rispetti
il principio causale, ottenendo una più corretta ripartizione dei costi indiretti.
Il secondo capitolo analizza le principali variazioni che negli anni ’80 sconvolgono
lo scenario economico-aziendale, mostrando i limiti dei sistemi tradizionali di
costing. Tra i principali fattori di cambiamento, è necessario considerare gli effetti
dell’evoluzione tecnologica e organizzativa in tutte le funzioni aziendali così come la
crescente enfasi sulla qualità, che mira all’ottenimento della massima customer
satisfaction attraverso gli obiettivi posti dal Total Quality Management. Tutto ciò,
considerando anche il più diffuso ricorso al decentramento produttivo e alle politiche
di differenziazione dei prodotti/servizi offerti, rende i processi produttivi ancor più
complessi.
Negli anni successivi, Miller e Vollmann, in un famoso articolo pubblicato
nell’Harvard Business Review, denunciano l’incalzante sviluppo della cosiddetta
Hidden Factory, la fabbrica nascosta in cui non si ottengono solo prodotti fisici, ma
si producono anche informazioni e servizi senza i quali il vero prodotto offerto
dall’impresa non uscirebbe dalla fabbrica reale e visibile. In questa “fabbrica
nascosta” si sostengono i costi legati alla logistica, alla qualità e alla flessibilità che
spesso sono aggregati in macro-categorie come indirect cost, manufacturing
overheads o ancor più genericamente, overhead expenses (spese generali). Prima
della denuncia, queste voci erano imputate ai prodotti in modo semplicistico
(utilizzando le ore macchina o le ore uomo) perché i sistemi utilizzati fino a quel
momento non erano in grado di rilevarle e analizzarle in modo adeguato.
La risposta a tutto ciò è data dall'introduzione dell’Activity Based Costing, oggetto
del secondo capitolo, un modello che si fonda sulla seguente logica: i prodotti
richiedono lo svolgimento di attività e le attività richiedono l’impiego di risorse,
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quindi i costi sostenuti vengono fatti transitare per le attività e successivamente
imputati agli oggetti.
Il sistema permette di valutare la convenienza economica delle scelte e di controllare
in modo molto più attendibile l’economicità dei processi, evitando quelle distorsioni
informative tipicamente generate da fenomeni come il sovvenzionamento incrociato.
I principali limiti dell’ABC sono riconducibili agli elevati costi e all’attendibilità
delle informazioni derivanti dalle fasi preliminari dell’analisi. Queste problematiche
sono state avvertite sempre di più nel tempo, portando, secondo un’indagine
realizzata nell’anno 2000, a una notevole riduzione del tasso di adozione da parte
delle imprese.
In risposta a queste nuove problematiche, Kaplan e Anderson hanno introdotto il
modello di Time-Driven Activity Based Costing, che può essere considerato una
variante più economica, efficace e semplice dell’ABC tradizionale. E’ un sistema
innovativo che non prevede la definizione delle attività e si serve del tempo per
ricondurre i costi direttamente dalle risorse agli oggetti di costo, saltando la fase
preliminare di assegnazione alle attività, un processo tedioso e con elevato rischio di
errori. Inizialmente ci sono stati molti dubbi, scetticismi e incertezze che solo
ultimamente stanno lasciando il posto a interessanti discussioni aventi per oggetto i
benefici che si potrebbero trarre dall’applicazione del modello. Non si è certi che
l’approccio Time-Driven sia la soluzione ai grattacapi dei manager impegnati
nell’analisi dei costi, ma nonostante non sia un sistema maturo già sta mostrando
grandi potenzialità. Il modello sarà oggetto del terzo e ultimo capitolo dell’elaborato.
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CAPITOLO I
I COSTI E I SISTEMI TRADIZIONALI DI
COST ACCOUNTING
SOMMARIO: 1. La contabilità generale e la contabilità analitica – 2. Il concetto di
costo – 3. La classificazione dei costi – 4. Le configurazioni di costo –
5. Metodologie di calcolo dei costi di prodotto
1. La contabilità generale e la contabilità analitica
La contabilità può essere definita in linea generale come il “sistema di rilevazione
degli eventi economici nel tempo”. L'annotazione delle operazioni commerciali è una
prassi antichissima che si è evoluta insieme al contesto economico-aziendale.
Dalle forme rudimentali di contabilità tenute in “partita semplice” si è passato ai
moderni sistemi, molto complessi e diversamente classificabili in relazione
all’oggetto e alle finalità. Tra questi distinguiamo la contabilità generale e la
contabilità analitica.
La contabilità generale è l’insieme delle rilevazioni di fatti amministrativi che si
concretizzano in operazioni di scambio con economie esterne e si conclude e
sintetizza nel bilancio d’esercizio. Alcuni autori, più rigorosamente, l’hanno definita
come un “sistema finalizzato alla rilevazione della dimensione economico-
finanziaria delle operazioni di gestione, sulla base di rilevazioni svolte secondo il
metodo della partita doppia, per giungere alla redazione di documenti, la cui natura è
in gran parte consuntiva”
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Cfr. Lino Cinquini, “Strumenti per l’analisi dei costi, vol I, fondamenti di cost accounting”,
Giappichelli editore, 2008, p. 4.
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In epoca “moderna” si sono susseguiti diversi “sistemi” di contabilità applicati al
metodo della partita doppia. I più importanti sono sicuramente:
- il sistema patrimoniale di Fabio Besta (fine ‘800, primi ‘900);
- il sistema del reddito di Gino Zappa (anni ‘30).
Per cogliere le differenze tra i modelli bisogna innanzitutto ricordare che fra le regole
della partita doppia vi è quella per la quale ogni operazione di gestione deve essere
rilevata secondo due aspetti: uno concreto o originario, l’altro astratto o derivato.
Fabio Besta riteneva opportuno osservare e rilevare le operazioni aziendali in
funzione delle variazioni degli elementi patrimoniali da una parte e del fondo netto
che li riassume, unitariamente ed astrattamente, dall’altra. Le rilevazioni delle
operazioni di gestione erano effettuate in funzione della loro incidenza sull’entità del
patrimonio e solo di riflesso si apprezzavano gli effetti di tali operazioni sul reddito
di esercizio. Più precisamente, le variazioni degli elementi patrimoniali evidenziano
l’aspetto originario, mentre le variazioni del fondo (capitale) netto evidenzia l’aspetto
derivato.
Il sistema patrimoniale era adatto alle aziende di tipo
patrimoniale/agricolo/artigianale tipiche di un’economia chiusa e con combinazioni
produttive di dimensioni limitate e costituite sotto forma di aziende individuali o
società con un numero ridotto di soci.
Con la rivoluzione industriale, lo sviluppo dei mercati e la crescita delle dimensioni
medie e del numero dei soci delle aziende il sistema patrimoniale è diventato
rapidamente inadatto perchè poneva l’accento sul patrimonio, mentre nelle moderne
società per azioni, l’interesse della moltitudine di soci veniva ad incentrarsi sul
reddito prodotto e distribuibile. Erano infatti mutati gli interessi dei proprietari
(imprenditore e soci), maggiormente attratti dalle informazioni sul reddito ed erano
diventate molto più numerose e complesse le operazioni aziendali, tanto da
richiedere un sistema contabile che consentisse una maggiore snellezza nelle
rilevazioni.
Un altro grande studioso, Zappa, rispose a queste nuove esigenze considerando
opportuno analizzare e registrare le operazioni di gestione in funzione della loro
incidenza sul reddito di esercizio. Solo di riflesso si apprezzano gli effetti di tali
operazioni sul patrimonio aziendale. “I fatti aziendali vengono rilevati nelle loro
diverse manifestazioni numerarie e nello stesso tempo studiati nel loro contenuto, in