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INTRODUZIONE
Ho scelto l’argomento di questa tesa in quanto, non avendo più vent’anni,
volevo cercare di unire l’esperienza personale, quella lavorativa e le
competenze apprese durante il percorso di studi: durante la mia vita ho preso
un diploma superiore in scienze dell’investigazione, ho lavorato in uno studio
legale, sono stata titolare di partita iva, dipendente, consulente, disoccupata e
infine dipendente pubblico. Ho tre punti di vista: quello del contribuente, quello
dello statale e quello dello studente. Il diritto tributario è una branca molto
particolare in quanto non esiste un codice di diritto tributario ma la materia è
composta da una serie di norme spesso rapidamente modificate e composte
per lo più da decreti legislativi, ma che tocca tutte le altre branche (penali, civili,
amministrative, procedurali) e con esse è direttamente connesso. È un tipo di
diritto, inoltre, particolarmente tecnico e che richiede una analisi anche dal
punto di vista sociologico e filosofico abbracciando anche quanto appreso nei
corsi di filosofia e teoria del diritto. Con questa tesi volevo cercare di unire tutto
ciò che ho appreso nel corso di studi. Quando si è giovani si apprende ciò che
viene insegnato a scuola e poi ci si scontra con la differenza della pratica,
quando si è studenti più adulti è l’opposto: durante il percorso di studi ho
appreso dai professori dell’università il perché delle cose che conoscevo per
esperienza o facevo nel lavoro. Questo connubio è ciò che vorrei trasmettere
con questa tesi
La scelta dell’accisa è stata una scelta professionale, lavorando per l’Agenzia
delle Dogane e dei Monopoli volevo una tesi che mi professionalizzasse
arricchendo le mie competenze rendendomi un dipendente migliore e inoltre si
tratta di un argomento davvero poco affrontato nonostante la sua importanza;
quella dell’evasione è una scelta personale in quanto essendo un soggetto
invalido civile e con patologie rare usufruisco dei servizi gratuiti dello stato
quindi sento molto forte il problema dell’evasione. Due anni fa, anche se si
tratta di pochi euro, a causa dei tagli alla sanità alcune pasticche salva vita
sono divenute a pagamento, ci sono controlli medici che senza l’esenzione non
avrei potuto fare e mi hanno salvato la vita. Ogni volta penso a un evasore
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immagino qualcuno che non può curarsi per colpa dei tagli dovuti all’evasione e
questo mi provoca un senso di rabbia.
Con questa tesi ho voluto affrontare l’argomento, partendo dall’analisi di
un’imposta come l’accisa passando all’analisi dell’evasione come fenomeno e
poi in relazione all’accisa, finendo con una valutazione sociologica e pratica dei
possibili motivi che portano le persone all’evasione. Con questo elaborato ho
voluto vedere il fenomeno dal punto di vista teorico, pratico, sociologico e
normativo. La difficoltà maggiore che ho incontrato è stata quella che nessuno
scrive mai delle accise in generale, ognuno affronta uno dei campi dell’accisa
ma non vi sono testi sulle accise nella loro interezza, le uniche fonti che ho
trovato sono quelle inerenti per lo più le sentenze delle corti, le direttive
dell’A.D.M. e alcuni siti istituzionali.
L’evasione è un male per la società che non ho la pretesa di risolvere io con
questo elaborato - soprattutto visto che nessuno ci è riuscito dai tempi degli
antichi romani ad oggi - ma ho voluto proporre una mia analisi personale del
fenomeno e delle valutazioni sugli attuali interventi normativi per il contrasto,
soprattutto in tema di riforma della pubblica amministrazione, proponendo
alcune mie personali considerazioni presenti nella conclusione dell’elaborato
Ho infine voluto proporre un questionario effettuando io stessa uno studio sulla
percezione i cui risultati sono riportati in appendice a questo testo.
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1. L’ACCISA
1.1 Tasse e imposte: brevi cenni
Prima di analizzare nello specifico l’imposta dell’accisa ritengo doveroso fare
una piccola premessa sulle tasse e le imposte. Entrambe rientrano nella
macrocategoria dei tributi che la giurisprudenza identifica come ogni
‘prestazione patrimoniale imposta, realizzata attraverso un atto autoritativo di
carattere oblatorio, destinata a sovvenire le spese pubbliche’
[1]
. Spesso la
società culturale media non conosce la differenza fra le suddette finendo, nel
gergo comune quotidiano, per identificare tutti i tributi come ‘tasse’. In realtà si
parla di tassa quando si ha il versamento di una somma prestabilita di denaro in
relazione al comportamento di un ente (per esempio l’imposta di bollo per il
rilascio di un’autorizzazione). Ciò che caratterizza la tassa è il riconoscimento di
un beneficio a seguito del pagamento di una somma di denaro. Vi è alla base
del rapporto una controprestazione: il contribuente paga e ottiene qualcosa in
cambio. Ciò non significa che la tassa copra completamente il costo di un
servizio corrisposto da un ente poiché, altrimenti, ci troveremmo davanti a un
prezzo o corrispettivo di diritto privato: la tassa non nasce dall’accordo o
contatto individuale fra le parti ma, invece, ha la sua origine direttamente nella
legge di diritto pubblico che ne determina tassativamente importo e disciplina
normativa.
Altra particolarità di questo tipo di tributo, infine, è che esso non è legato alla
manifestazione di ricchezza di un soggetto ma è uguale per tutti a prescindere
dalla capacità contributiva del singolo soggetto, di conseguenza una marca da
bollo avrà un costo di 16 euro, per esempio, sia che l’acquisti un disoccupato
che un milionario. Su quest’ultima particolarità si basa la differenza principale
con l’imposta.
[2]
Quest’ultima è un tributo che deriva dalla capacità di un
soggetto di contribuire, di ‘poter pagare’ senza che in cambio vi sia un servizio o
una prestazione dell’ente. Quando un soggetto è nella condizione di poter
1
Francesco Pistolesi , Il diritto tributario, G. Giappichelli, 2021
2
Mauro Beghin e Francesco Tundo, Manuale di diritto tributario, G. Giappichelli, 2020
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versare il tributo allora assume rilevanza la sua manifestazione di ricchezza e
su di essa viene pagata l’imposta: questo avviene proprio perché il soggetto è
in grado di contribuire (per questo si chiama capacità contributiva).
Lo stesso art. 53 della Costituzione, fra i doveri dei cittadini, precisa al I comma
che ‘Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro
capacità contributiva’. Mauro Beghin (2020) sottolinea come il principio
espresso dall’art. 53 della capacità contributiva sia in realtà una proiezione dello
stesso dovere di solidarietà politica, economica e sociale previsto dall’art. 2
della Costituzione. Il pagamento del tributo, sebbene non sia così percepito
dalla maggioranza della collettività, non è altro che un segno dell’appartenenza
di un contribuente alla società: si ha solidarietà con la rinuncia di una parte della
propria ricchezza in funzione di un ‘bene comune’, un interesse collettivo a
scapito di uno individuale. Un po' come affermava Cesare Beccaria nei delitti e
nelle pene - quando definiva l’importanza del patto sociale fra cittadino e stato
con cui ogni cittadino rinuncia a una parte della propria libertà ma per il
raggiungimento della maggiore felicità possibile per ognuno tramite l’azione
dello stato, ma in questo caso proiettato in campo economico - nel nostro paese
si è scelto di applicare una ‘politica sociale’
[3]
in cui chi ha maggiore possibilità
economica contribuisca affinché possano essere concessi servizi e aiuti gratuiti
a chi verte in situazioni di disagio o difficoltà economica.
[4]
Questo articolo
manifesta in pieno questa politica statale laddove presuppone un dovere di ogni
singolo cittadino di concorrere alle spese pubbliche in ‘base alle proprie
possibilità’. Spesso nella credenza popolare, vuoi anche per l’influenza dei
mass media e dei social network, la gente è convinta che tutti vengano gravati
in egual modo dalla contribuzione senza tenere conto della situazione
soggettiva ed individuale di ogni singolo contribuente. In realtà il nostro assetto
3
Dopo la Seconda guerra mondiale, nel 1945, gli esponenti dei cattolici e della Democrazia Cristiana che salirono al potere
influenzarono il governo con l’idea che lo stato dovesse intervenire per andare incontro alle esigenze delle classi sociali più
deboli. Queste filosofie influenzarono anche la costituente nella stesura della Costituzione. (Santoro, Minervini e Graziani –
Manuale di diritto commerciale 2020) Queste ideologie assistenzialiste ancora oggi regolano i rapporti fra consociati e fra essi e
lo stato.
4
La stessa Corte costituzionale, a conferma del dettato dell’art 53 della Costituzione in relazione alla capacità contributiva, nella
sentenza 97/1968 ha precisato che ‘che vi è soggezione all'imposizione solo quando sussista una disponibilità di mezzi economici
che consenta di farvi fronte. Di tal che l'esenzione dall'imposta complementare dei soggetti che godano di un reddito minimo
appare pienamente legittima, collegata come essa è ad una razionale presunzione del difetto di una qualsiasi capacità
contributiva. Deve anzi affermarsi che, oltre che legittima, essa è addirittura doverosa, perché il legislatore, se può
discrezionalmente stabilire, in riferimento a complesse valutazioni economiche e sociali, quale sia la misura minima al di sopra
della quale sorge la capacità contributiva, non può non esentare dall'imposizione quei soggetti che percepiscano redditi tanto
modesti da essere appena sufficienti a soddisfare i bisogni elementari della vita: se così non disponesse, la legge finirebbe con
l'imporre un obbligo di imposta anche là dove una capacità contributiva è inesistente.’
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tributario è estremamente attento alle singole situazioni e lo stesso sistema
progressivo, previsto dal II comma dell’art. 53 della Costituzione, dimostra come
si ponga attenzione a quanto ogni consociato possa contribuire. La previsione
di determinati scaglioni fa sì che l’imposta si diversifichi caso per caso cercando
di rispettare quell’uguaglianza di trattamento dei singoli consociati membri dello
Stato. Alla base delle imposte ci sarà sempre quindi la capacità di un soggetto,
fisico o giuridico, di contribuzione e la valutazione di tale grado di capacità.
Quest’ultimo viene valutato attraverso il grado di ricchezza del soggetto, che a
sua volta viene individuata attraverso degli indicatori economici. I principali
indicatori (o fatti economici) che identificano la ricchezza di un soggetto sono i
consumi, il reddito e il patrimonio. Avremo quindi delle imposte che ricadranno
su questi tre fatti economici dividendosi in imposte dirette quelle che colpiscono
la ricchezza nel momento in cui si produce ricchezza (reddito e patrimonio) e
imposte indirette che ricadono al momento del suo consumo o trasferimento (ad
esempio I.V.A. ed Accisa appunto). Non approfondirò ulteriormente l’argomento
della distinzione dei vari tributi in questa sede, che necessiterebbe di una
trattazione a sé, ma ho ritenuto che fosse essenziale e doveroso sottolineare
questa distinzione prima di iniziare a trattare dell’accisa nello specifico.
1.2 Introduzione
La tassazione sui consumi non è una prerogativa del mondo moderno ma ha le
sue origini sin dal tempo dell’Impero Romano e probabilmente anche prima. Già
in Tito Livio, nel suo testo Ab Urbe condita, troviamo prova del funzionamento
dell’erario nell’antica Roma e di come questo svolgesse ruolo essenziale nella
sopravvivenza, crescita e struttura della città. Nel medioevo abbiamo riferimenti
alla tassazione sui consumi nelle tasse denominate ‘biccherne’,
successivamente incorporate nelle Gabelle.
[5]
In tutti questi casi lo Stato
5
Una curiosità è che proprio a Siena conserviamo importanti reperti storici del periodo presso l’archivio di Stato. Fin dal minimo
1168 la Biccherna è stata la più antica e importante magistratura finanziaria del Comune di Siena e rappresentò il passaggio dal
sistema imperiale al sistema comunale. La Biccherna si occupava di tutte le entrate e uscite del Comune di Siena, e di
conseguenza potremmo dire prima antenata, fra l’altro, dell’attuale Agenzia delle Dogane e dei Monopoli italiana. Durante tutto
il XIII secolo e buona parte del XIV un funzionario - chiamato Camerlingo – annotava in tre registri tutte le entrate e le uscite di
denari del comune di Siena. Inoltre, provvedeva ogni fine semestre, insieme ai due provveditori – che oggi chiameremmo
esattori delle tasse e che provvedevano alla riscossione delle entrate - alla compilazione di ulteriori due registri che venivano
consegnati al sindacato dei Consigli di Siena. Dal XIV secolo le gabelle sostituirono le biccherne nell’amministrazione delle
entrate pubbliche e fra queste anche il monopolio dei dazi e delle entrate derivanti dalle dogane - chiamate Dogane delle porte,
e di cui le principali senesi sono state quelle del Sale e dei Paschi - rappresentando così le ave delle attuali dogane di Stato. –
Fonte Archivio di Stato di Siena
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recepiva velocemente introiti attraverso la tassazione dei consumi e delle
produzioni. Oggi giorno le accise, fra le imposte indirette, rappresentano la
maggiore fonte di entrata dello Stato e nello specifico l’accisa risulta la seconda
fonte dopo l’IVA.
Figura 1- Libro Blu 2020 dell’Agenzia delle dogane e dei Monopoli
L’importanza delle imposte indirette è così centrale nel sistema tributario proprio
perché piccole variazioni delle aliquote permettono un maggior gettito in tempi
ridotti delle casse dello stato e quindi rispondono più velocemente alle esigenze
anche emergenziali che possano insorgere, come nel caso della recente
pandemia del Covid 19.
[6]
Le imposte, come sappiamo, possono essere
indirette o dirette a seconda se ricadono sul consumo o sul trasferimento a terzi
della ricchezza, ovvero se colpiscono quest’ultima nel momento in cui si
produce o la si possiede. Nonostante la difficoltà di accordare i Paesi membri in
tema di tributo nel 2012 la direttiva 92/12/CEE (abrogata dalla direttiva
2008/118/CEE) del Consiglio stabilì l’armonizzazione del tributo indiretto
dell’accisa tra gli stati membri, sebbene non stabilisca una percentuale o un
prezzo fisso ma bensì un range economico entro cui gli stati devono
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A conferma di questa particolarità di reperire velocemente nuove entrate (o gettiti) delle imposta dell’accisa, il dipartimento
delle finanze del M.E.F. ha dichiarato sul proprio sito istituzionale (https://www.finanze.gov.it/opencms/it/il-dipartimento/fisco-
e-storia/i-tributi-nella-storia-ditalia/1864-imposta-di-fabbricazione-e-consumo.-le-accise/index.html) che per esempio ‘anche le
aliquote di accisa sui carburanti hanno subìto nel tempo alcuni aumenti finalizzati a reperire urgentemente nuove entrate
tributarie per fronteggiare eventi improvvisi, come la missione UNMIBH in Bosnia Erzegovina nel 1996, o per finanziare interventi
strutturali dello Stato, come ad esempio il rinnovo dei contratti di lavoro per il trasporto pubblico locale o la manutenzione e la
conservazione dei beni culturali nazionali.’