4
Ma il mercato dell’audiovisivo è pronto ad accogliere questa
invasione di nuovi talenti?
La tesi parte da questo interrogativo, provando a dare una risposta
sia attraverso i numeri del mercato cinematografico europeo, recentemente
sorpassato negli incassi dal mercato Home Video, sia discutendo quelle
normative comunitarie e statali che governano il mondo dei finanziamenti
per il cinema, con particolare riguardo alle leggi a favore delle Opere Prime
e Seconde. Analizzando il mercato europeo, cercherò di evidenziare i
percorsi a disposizione di una casa di produzione indipendente volti a
contenere i costi produttivi di un film di debutto considerato dal punto di
vista del mercato “No Profit, ovvero con esili possibilità di guadagnare e di
restituire i prestiti richiesti per finanziarlo.
Quello che manca in questa tesi è un giudizio qualitativo o critico
sulle opere prime. Il mio pensiero riguardo l’argomento si limita ad una
vignetta sarcastica allegata in fondo alla tesi che illustra come siano
cambiati i tempi da quando oltre agli studi, un giovane regista doveva
compiere un lungo percorso di “assistentato” prima di essere chiamato
regista.
La dissertazione si soffermerà sull’analisi dei dati raccolti dalle fonti
ufficiali, proponendo, là dove se ne veda la necessità, soluzioni alternative
volte a cercare di migliorare il mercato dei giovani registi; come diceva
Luigi Chiarini “Il film è un’arte mentre il cinema è un’industria”, e questa
dissertazione tenta di applicare il ragionamento al mondo dei giovani autori.
La tesi si divide in tre parti distinte.
5
Il primo capitolo analizza la situazione normativa all’interno della
Comunità Europea, soffermandosi sia sul quadro regolamentare che governa
il settore dell’audiovisivo (Direttiva CEE 89/552) sia sui piani di
finanziamento comunitari (Piani Media ed Eurimages).
Il secondo capitolo entra nel dettaglio dei mercati e delle normative
dei singoli paesi che compongono la Comunità; per motivi di spazio e di
coerenza con il testo verranno analizzati solo quegli Stati considerati dagli
esperti del settore come i pilastri del mercato Europeo (Francia, Regno
Unito, Spagna, Germania e Svezia) e che all’interno dei propri piani di
finanziamento statali danno spazio a delle normative specifiche per il lancio
di autori emergenti.
Il terzo capitolo esamina invece la situazione normativa Italiana
inerente al cinema ed alla produzione delle Opere Prime e Seconde, dal
criticato art.28 della 1213/1965 fino alla Nuova Legge Cinema che avrebbe
dovuto mettere ordine nell’ormai “prosciugato” sistema di finanziamento al
cinema.
Alla conclusione viene lasciata la somma di quanto detto nei capitoli
precedenti: cerco di trovare una nuova sistemazione nella filiera distributiva
per le opere di debutto, non tanto per garantire un rientro economico agli
investitori del progetto, quanto per garantire una minima circolazione delle
suddette opere, che troppe volte non vedono la luce del proiettore.
6
1. L’INDUSTRIA CINEMATOGRAFICA
EUROPEA
1 IL CINEMA IN EUROPA
L’Europa è il secondo mercato mondiale dell’audiovisivo, che viene
riconosciuto a livello comunitario, già dalla pubblicazione del Libro
Bianco
1
, come il settore dove è possibile avere la maggiore crescita di
produttività e di conseguenza il maggior numero di posti di lavoro.
2
Nonostante queste premesse la produzione di Audiovisivi in Europa registra
un grosso ritardo rispetto a quella degli Stati Uniti, con tutte le conseguenze
economiche e culturali che ne derivano.
Il mercato dell’audiovisivo ha sì conosciuto una crescita imponente
per quel che riguarda il fatturato, ma come evidenzia G. Profita
1
“Crescita competitività e sviluppo” adottato dal Consiglio Europeo il 5 dicembre 1993
[Com(93) 700];
2
“[...] se partiamo dal principio che abbiamo una buona possibilità di allargare la propria
fetta di mercato, se dedichiamo i necessari sforzi a questo, non è assurdo sperare che il
settore dell’audiovisivo possa dare lavoro direttamente o indirettamente, a quattro milioni
di persone” da G. Profita, Roma 2005, p.16;
7
[...] dobbiamo rilevare che la quota di produzione continentale
non ha seguito lo stesso ritmo, e ha dunque finito per perdere
posizioni rispetto alla produzione statunitense. La produzione
cinematografica europea ha infatti incominciato a calare sin
dagli anni Settanta: se nel 1970 si producevano in Europa 778
film, nel 1991 questo numero era sceso a 491[...]
3
con il relativo concentramento dei risultati del Box office verso i film di
produzione americana. Dal 1991 ad oggi la situazione Europea è andata
migliorando, registrando una crescita del numero di film prodotti che va di
pari passo con il numero di incassi. Questi miglioramenti però non sono
riusciti a colmare il divario con i prodotti americani che mantengono intatta
la loro egemonia sul mercato.
BOX OFFICE EUROPEO E PERCENTUALE MERCATO FILM
AMERICANI 2000/2005
4
ANNO
PRESENZE
(MILIONI €)
INCASSO
(MILIONI
€)
SPESA
PRO CAPITE
% FILM
AMERICANI
2000 838,595 4.547,396 12,06 € 77,3
2001 926,894 5.127,587 13,54 € 68,1
2002 926,001 5.271,309 14,35 € 70,3
2003 877,773 4.985,602 13,49 € 70,5
2004 931,363 5.363,026 14,41 € 71,9
I dati pubblicati dall’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo inerenti
alla stagione 2005, mostrano da una parte un incremento del numero di film
prodotti in Europa (798 film prodotti dai 25 Stati membri nel 2005 contro
761 del 2004), dall’altra un calo dell’11,4% degli ingressi con relativo calo
3
G. Profita “Il panorama europeo degli audiovisivi: regole prospettive e sviluppo
imprenditoriale”, Roma 2005;
4
Dati tratti dal Dossier 2005 pubblicato da Mediasalles;
8
degli incassi
5
. Questi dati però devono essere letti all’interno di un contesto
mondiale di crisi, che ha investito tutti i paesi; simili cali di presenze sono
riscontrabili in Brasile (meno 10%), in Australia (meno 9%), negli Stati
Uniti e in Giappone (meno 6%). Il generale calo degli ingressi non ha
intaccato però la percentuale di mercato in possesso dei prodotti audiovisivi
americani, che rimangono stabili (ad un 60 %) contro un lieve calo della
percentuale di film europei (24,6% contro 25,2%).
Riuscire a contrastare lo strapotere americano negli audiovisivi in
Europa è stato, e continua ad essere, uno dei principali obiettivi della
Comunità Europea. Gli esperti si sono interrogati più volte sul perché del
ritardo tra prodotto USA e prodotto europeo, ed hanno trovato le cause in
vari settori.
Alcuni ritengono che la colpa sia da attribuire ad una crisi di idee che
sembra colpire il prodotto europeo. Altri trovano la colpa soprattutto nella
ideazione del prodotto stesso: in USA viene fabbricato un prodotto che
possa attirare il maggior numero di spettatori facendo leva sull’immaginario
dello spettatore “[...] investendo capitali ingenti in ricerche mirate a
conoscere le aspettative del pubblico, per capire che tipo di film
esattamente lo spettatore medio vuole vedere.”
6
; in Europa invece più che
ad attirare il maggior numero di spettatori si punta su un prodotto
“autoriale”, capace di unire un alto contenuto artistico e culturale con costi
relativamente bassi dovuti alla natura stessa del prodotto, quindi fruibile da
una cerchia di spettatori ridotta rispetto al prodotto americano.
5
Dati OBS relativi all’Europa dei 25 Stati membri;
6
G. Profita, Roma 2005, p.18;
9
Altri ancora hanno dato la colpa di questo ritardo a distributori,
esercenti ed emittenti televisive che preferiscono puntare sul prodotto
americano più che su quello europeo, ma questa si può considerare riflesso
di quella precedentemente illustrata. Inoltre, per migliorare la situazione
distributiva, non basterebbe introdurre normative che impongono un’equa
presenza sul mercato di film europei e americani: quest’ultimi sono infatti
concepiti per coprire un target maggiore di pubblico rispetto a quelli
europei.
Un’altra importante causa può essere attribuita all’assenza di un vero
e proprio prodotto a marchio europeo. L’Europa, benché unita, risente
ancora di una forte differenziazione linguistica e culturale tra gli Stati
membri, differenziazione che influenza il prodotto culturale, in particolare
quello dell’audiovisivo: ancora troppi film sono concepiti e realizzati con
tematiche adatte ad una tipologia di pubblico legata al paese di provenienza.
Questo vale sia per film di nicchia (molte volte finanziati dai governi dei
singoli stati, per gli alti contenuti culturali della pellicola) sia per i film di
Mainstream, anche loro concepiti come local, che incassano tanto ma
solamente nel paese di origine (in Italia abbiamo il film di Natale di Parenti
o dei Vanzina, in Francia la serie Bronzés di Laconte, film che incassano
decine di milioni di Euro in patria ma non vengono mai esportati perché
incomprensibili per un pubblico altro). E’ evidente quindi il paradosso
espresso da G. Profita
[...] abbiamo, all’interno dell’Unione, un mercato dalle enormi
potenzialità che ha subito un processo di integrazione economica
10
molto forte ma che deve fare i conti con differenze di tipo
culturale molto marcate.
7
Sarebbe limitativo considerare come unico obiettivo del cinema
comunitario il solo mercato europeo: un film USA ha la capacità di
recuperare all’interno del proprio mercato tutti i capitali investiti (e a volte
per i Blockbuster si parla di produzioni ampiamente sopra i 50 milioni di
dollari) ed inoltre riesce ad incassare la stessa cifra negli altri mercati
arrivando a guadagnare il doppio di quanto speso in fase di produzione. Il
cinema europeo oltree a produrre film capaci di circolare all’interno della
Comunità, dovrebbe cercare di sfruttare la scia della globalizzazione che sta
rendendo tutto il mondo un unico mercato.
8
Per realizzare questi obiettivi, la Comunità ha deciso di attuare dei
piani di intervento volti a ricoprire due categorie d’azione complementari:
da un lato interventi di sostegno economico da integrare a quelli già presenti
nei singoli Stati (Piani Media e Eurimage); dall’altro introducendo un piano
di regolamentazione comunitario capace di uniformare le norme audiovisive
dei diversi stati (TV Senza Frontiere).
Per quel che riguarda i giovani autori è necessario evidenziare che
non esiste, a livello comunitario, un sostegno specifico o una norma che ne
tuteli la produzione e la distribuzione. Avevo precedentemente proclamato il
mio intento di non soffermarmi sul piano culturale dell’opera
cinematografica, analizzando solo i piani normativi ed economici, ma in
questo caso è utile ricordare che l’industria cinematografica
7
G. Profita, Roma 2005, p20;
8
Per riferimento sull’argomento vedere G. Profita 2005;
11
[...] vive sempre e soprattutto del talento dei suoi autori [...] il
cinema rimane comunque l’industria dell’immaginario di cui è
indispensabile proteggere e gestire correttamente l’attività
creativa, fonte della sua economia [...] In questo senso, la
funzione principale del cinema è quella di produrre
continuamente nuovi sensi e nuovi linguaggi.
9
In un mondo come quello dell’audiovisivo, in continuo sviluppo e
mutamento, si dovrebbe sentire la necessità di un costante ricambio
generazionale soprattutto nei ruoli creativi; un tale rinnovamento dovrebbe
essere tutelato per poter garantire un ricavo. Una nuova generazione di
registi, nata e cresciuta nel periodo di ripresa del cinema USA, potrebbe
favorire la creazione di un prodotto simile a quello americano, più globale
(siamo sempre nell’ambito delle probabilità, perché molti giovani registi
restano ancorati ad una idea di cinema come espressione di una cultura
locale).
La mancanza di una normativa specifica e di finanziamenti mirati ad
autori emergenti non deve essere però vista negativamente: i programmi e le
norme vigenti sono comunque sostegni utilizzabili per opere prime e
seconde, che potrebbero essere usati per incrementare ulteriormente il basso
budget che viene stabilito per un film di debutto di un giovane regista. Di
seguito verranno esaminati nel dettaglio gli interventi economici e normativi
che la comunità ha attuato dagli anni novanta ad oggi.
9
G.Profita, Roma 2005;
12
2 I FINANZIAMENTI EUROPEI: I PIANI MEDIA
I principali interventi adottati dalla Comunità Europea a sostegno
della realizzazione di prodotti audiovisivi sono sicuramente i piani Media.
I Piani Media (Mésures pour Encourager le Developpement de
l’Industrie Audiovisuelle) nascono per creare nuove forme di sostegno per la
diffusione di opere di natura cinematografica ed audiovisiva, sostegni non
alternativi a quelli già presenti nei singoli Stati membri
10
, ma veri e propri
finanziamenti accessori, volti a facilitare la realizzazione di nuovi progetti
garantendo una circolazione europea dell’opera. Il Piano Media si è evoluto
nel corso degli anni, modernizzandosi e trovando nuove forme di intervento,
arrivando al terzo Piano Media ed attendendo la nuova direttiva Europea che
lanci il nuovo per un altro quinquennio (anche se si parla di aumentare la
durata ad un settennato).
L’obiettivo dei Piani Media è quello di creare, all’interno della
comunità europea dei gruppi di imprese medie e piccole, con difficoltà a
reperire i mezzi necessari a realizzare prodotti complessi, aiutandole a
realizzare opere e ad essere quindi più competitivi nel mercato
internazionale.
11
10
vedi capitoli 2 e 3
11
“L’obiettivo del programma fu dunque da subito quello di incentivare la produzione
europea tramite il suo apporto, al fine di incoraggiare uno sviluppo di network fra le
imprese e di conseguenza di progetti che potessero oltrepassare i confini nazionali ed essere
distribuiti a livello cinematografico e/o televisivo paneuropeo. La presenza nel settore di
imprese medie e piccole ne garantiva la dinamicità, ma al fine di competere con i grandi
gruppi era (ed è) necessario incentivare la creazione di reti di imprese che, strutturandosi in
una sorta di mini gruppi, potessero differenziare la produzione al fine di: ridurre
considerevolmente il rischio di impresa assai elevato nel settore e meglio competere sul
mercato internazionale”, da “Le leggi del cinema. Il contesto italiano nelle politiche
Europee” di C. Rocca, Milano 2003;
13
2.1 I PIANI MEDIA I E II
Il primo ambizioso Piano Media ha visto la luce il 21 dicembre 1990 a
seguito della Decisione 90/685, con ambiziose intenzioni tra le quali
[...] stimolare lo sviluppo di un mercato audiovisivo europeo
finanziando lo sviluppo, la promozione e la distribuzione
indipendente, con lo scopo finale di svincolarle dall’opprimente
dipendenza delle reti televisive.
12
Il Piano Media di durata quinquennale (1991-1995) fu il primo programma
comunitario di sostegno all’audiovisivo finalizzato a sostenere le fasi di
realizzazione e di distribuzione dell’opera, ed anche a finanziare in Europa
corsi di formazione: sia per la preparazione di nuovi professionisti, sia per
aggiornare le competenze in un settore in perenne sviluppo come quello dei
prodotti audiovisivi. L’intervento nella catena realizzativa di un’opera si
concretizzava attraverso 6 diversi interventi suddivisi in 18 strutture
localizzate nei diversi paesi dell’Unione Europea: Formazione, Produzione,
Distribuzione, Promozione e mercati, Mercati Secondari, Investimenti.
I finanziamenti del Piano Media venivano erogati dalle strutture
esterne attraverso anticipi rimborsabili o fondi di garanzia che coprivano un
tetto massimo del 50 % della spesa totale; gli incentivi dovevano coprire la
maggioranza delle fasi produttive dell’opera, in particolare la fase
distributiva di piccole imprese indipendenti, garantendo ad ogni film
prodotto l’uscita nel più alto numero possibile di paesi Europei.
12
C. Rocca, Milano 2003, p.76;
14
Scaduto il quinquennio di attuazione del primo piano, la
commissione diede il via al secondo Piano Media, anch’esso di durata
quinquennale (1995-2000), ma con enormi modifiche rispetto al piano
madre. Si è cercato infatti di aggiustare le falle del sistema, soprattutto
organizzative, che hanno creato problemi nell’emissione dei fondi. Il primo
grande cambiamento riguarda le linee di intervento dei fondi che
inizialmente in numero di 6, vengono raggruppati in 3 categorie di
intervento: Media Formazione (per la formazione professionale, approvato
con la 95/564/CE), Media Sviluppo (per lo sviluppo di opere attraenti,
approvato con la 95/563/CE) e Media Distribuzione (per favorire la
distribuzione transnazionale, anche questo approvato come il precedente
con la 95/563/CE). Una ulteriore innovazione è stata apportata alla struttura
organizzativa interna: per garantire obiettività nella scelta dei soggetti
destinatari dei finanziamenti, il potere decisionale viene trasferito dai 18
centri spesa a Bruxelles, evitando il ripetersi di casi di favoritismo a favore
di imprese locali riscontrati durante il primo quinquennio.
Lo scopo dichiarato del Programma Media II è “[...] lo sviluppo di
progetti di produzione, la distribuzione di opere creative e la formazione di
professionisti del settore audiovisivo Europe.”
13
il programma va a favore
di tutte le imprese europee del settore audiovisivo, oltre che delle piccole
imprese operanti nella produzione e nella distribuzione indipendenti. A
questo riguardo il Piano Media da la definizione di imprese indipendenti
13
C. Rocca, Milano 2003, p.78;
15
[...] è considerata indipendente l’impresa di produzione che non
appartenga per più del 25% ad una sola emittente televisiva,
oppure l’impresa di produzione che realizza, su un periodo di tre
anni, più del 90% del suo fatturato con una stessa emittente
televisiva.
14
Particolare attenzione viene riposta verso progetti provenienti da Stati
membri con una ridotta capacità di produzione audiovisiva, o verso progetti
da realizzare in nazioni geograficamente o linguisticamente limitate (che
rappresentano la maggioranza degli Stati membri dell’Unione Europea).
Viene creato inoltre un sistema di informazione e promozione delle
attività relative all’audiovisivo nella Comunità Europea: la rete dei Media-
Desk e delle Antenne Media
15
. Tra i compiti di queste strutture c’è quello di
informare della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità
Europea dei bandi di concorso e soprattutto quello di controllare che le
domande di finanziamento siano conformi al modello richiesto.
Quest’ultima funzione è molto importante dato che uno dei primi compiti
della Commissione istituita a Bruxelles è quello di controllare da un punto
di vista formale i progetti inviati: se questi rispondono ai requisiti pubblicati
sul bando vengono girati ad organizzazioni intermediarie che operano una
preselezione dei progetti sulle base delle linee guida del programma. L’iter
burocratico della domanda prevede che la Commissione, una volta ricevuti i
progetti scelti dagli intermediari, decida, considerando il budget a
disposizione, la quota massima di finanziamento erogabile e, solo dopo un
14
C. Rocca, Milano 2003, p.78;
15
Le Antenne Media ed i Media-Desk sono “strutture che hanno il compito di assistere ed
informare le imprese ed i professionisti del settore in ambito nazionale, nonché di
assicurare un contatto permanente con gli organismi di sostegno degli Stati membri, ai fini
della complementarità dei programmi del Piano Media II con le misure nazionali di
finanziamento e supporto” da C. Rocca, Milano 2003;