È indubbio che si tratta di un’operazione complessa che
comporta per ciascuna impresa un notevole impegno anche in termini
economici.
L’Euro, dunque, rappresenterà un vincolo o un’opportunità per
le imprese?
Per rispondere a questa domanda il lavoro è stato diviso in tre
parti.
Nella prima parte sono stati esaminati i motivi che hanno
indotto i paesi europei ad adottare una moneta unica; le conseguenze
che ne derivano per la politica economica e monetaria, per il
funzionamento del mercato e i comportamenti degli operatori; i
possibili rischi e le sfide per l’Europa negli anni a venire.
Dopo aver esaminato gli effetti ritenuti omogenei per l’intero
sistema imprenditoriale, nella seconda parte, sono state considerate le
conseguenze dell’Euro ritenute più specifiche per le singole funzioni
aziendali. Va infatti ricordato che l’introduzione della moneta unica
comporterà una serie di effetti differenziati non solo per settori
produttivi ma soprattutto per funzione d’impresa. Inoltre non va
dimenticato che l’introduzione dell’Euro avrà implicazioni non solo
per le funzioni più strettamente operative ma anche per quelle aventi
una maggiore valenza strategica.
Sul fronte della operatività quotidiana le imprese dovranno
attuare – in tempi relativamente brevi – diversi cambiamenti per
quanto concerne una serie di procedure sia interne all’impresa stessa
(la c.d. “conformità interna all’Euro” che implica adeguamenti nella
redazione di documenti contabili e non, del software etc.) che esterne
(la c.d. “conformità esterna all’Euro”, che riguarda l’adeguamento dei
prezzi, etichette, registratori di cassa, collegamenti elettronici, fatture
e sistemi di pagamento).
Sul versante strategico le imprese – anche quelle di dimensioni
medio-piccole dovranno invece adeguarsi al mutato scenario
economico –finanziario: col trascorrere del tempo le imprese
dovranno cambiare il proprio rapporto sia con i clienti che con i
fornitori oltre che con gli operatori finanziari e le risorse umane a loro
disposizione per fronteggiare la maggiore concorrenza che si produrrà
all’interno di un ambiente dominato dalla stabilità macroeconomica.
Si tratta dunque di elementi che spingeranno ogni singola unità
produttiva a modificare il proprio modus operandi in relazione al
contesto per cui opera.
Nella terza ed ultima parte sono stati affrontati gli aspetti
settoriali-funzionali più specifici dato che l’introduzione dell’Euro
coinvolgerà la relazione che lega l’impresa ai fornitori, ai distributori
o direttamente ai consumatori, e inciderà su ogni singola impresa in
modo diverso a seconda del suo settore di appartenenza e del suo
livello dimensionale.
L’impatto col nuovo modello concorrenziale potrebbe, pertanto,
non essere il medesimo per tutti. Che da queste premessi si verifichi il
concretizzarsi di un’opportunità o il prospettarsi di una minaccia
dipenderà, infatti, esclusivamente dalla strategia e dalle scelte operate
dalle singole imprese e dalla tempestività con cui le stesse vengono
poste in atto.
CAPITOLO PRIMO
I TRENT’ANNI DI PREPARAZIONE ALL’EURO
1.1 Le ragioni dell’UEM
L’Euro
1
nasce ufficialmente il 2 maggio 1998, ma ciò che
la sua carta d’identità non dice è che ha già alle spalle quasi
trent’anni di storia.
La marcia di avvicinamento alla moneta unica, infatti, è
stata lunga ed estremamente complessa.
La storia non è stata diretta e lineare: al contrario, non
sono mancate battute d’arresto, rallentamenti ed incertezze.
Presentato l’ 8 maggio 1970 alla Commissione Europea, in
seguito ad una dichiarazione dei Capi di Stato e di Governo, il
piano Werner prevedeva la realizzazione (in dieci anni e in tre
fasi) di un’Unione Economica e monetaria (UEM).
1
Consiglio Europeo di Madrid del 15 e 16 dicembre 1995 “Quadro di riferimento per
l’introduzione della moneta unica, G.U.C.E. n. C 22 del 26.1.1996.
Obiettivo molto ambizioso per i tempi, naufragato sugli
scogli delle grandi crisi economiche: il crollo del sistema dei
cambi fissi varato a Bretton Woods, lo shock petrolifero e le
forti recessioni di quegli anni.
Da ricordare anche l’accordo firmato nel 1972 tra le
Banche Centrali per il sistema europeo di cambio ( il cosiddetto
Serpente Monetario), anch’esso fallito a causa delle profonde
divergenze d’opinione e di interessi tra Paesi a valuta forte e
partner più deboli.
Comunque la tappa fondamentale nel percorso di
avvicinamento alla moneta unica porta la data del 1979, anno in
cui viene tenuto a battesimo il Sistema Monetario Europeo
(SME).
Elemento caratterizzante del nuovo accordo è il fatto di
aver lasciato piena sovranità ai Paesi partecipanti in materia
monetaria, mentre restavano vaghe le disposizioni in materia
d’integrazione.
Inizialmente l’accordo prevedeva la trasformazione dello
SME entro due anni in un sistema comunitario definitivo e
strutturato, ma anche in questo caso non si riuscì a compiere il
secondo passo.
Gli elementi costitutivi erano tre: l’ECU
2
(European
Currency Unit), un meccanismo di cambio ed un meccanismo di
credito.
L’ECU ha sostituito la precedente “Unità di conto
Europea” (UCE): è un valore artificiale di riferimento tra le
principali monete del vecchio continente. Esso corrisponde al
valore medio (ponderato a seconda della forza economica degli
Stati aderenti) di tutte le valute partecipanti allo SME.
Nel paniere i pesi specifici più rilevanti erano quelli di
marco tedesco (30,4%), franco francese (19,3%) e sterlina
Britannica (12,6%).
2
Cfr. Regolamento (CE) n. 1103/97 del 17.6.97 relativo a talune disposizioni per
l’introduzione dell’Euro. G.U.C.E. n. L. 162 del 19 giugno 1997 – G.U.C.E. n. L. 162 del
19 giugno 1997. L’ECU ha cessato di esistere il 1° gennaio 1999 e qualsiasi riferimento in
uno strumento giuridico all’ECU è stato automaticamente sostituito dall’Euro con un
rapporto di cambio di un Euro per un ECU ( 1:1) e non ci sarà alcuna conseguenza sui
contratti stipulati in unità di conto europea.
L’ECU è servito in primo luogo come valore di riferimento
per i meccanismi di cambio e di credito.
Durante gli anni Ottanta i tentativi di trasformare lo SME
in una vera e propria moneta unica di uso universale sono stati
numerosi.
Ma ancora una volta gli attacchi speculativi e l’instabilità
economica-valutaria (unita alla difficoltà di coordinare le
politiche di Francia e Germania) hanno bloccato le iniziative.
In un primo momento era previsto che la moneta unica
Europea fosse l’ECU.
Come si è visto però, l’ECU che già funge da unità di
conto tra gli Stati membri è un paniere di monete, formato da
valori ponderati delle valute degli Stati membri dell’Unione.
Per questo l’ECU negli ultimi anni ha perso valore rispetto
alle singole monete più forti e stabili.
L’Euro non sarà invece una moneta artificiale, una valuta-
paniere.
Il suo valore tenderà perciò ad orientarsi verso quello delle
monete più stabili e verrà suddiviso in cento centesimi.
L’introduzione della moneta unica non equivale ad una
riforma monetaria ma è un’operazione di conversione in regime
di assoluta neutralità.
In pratica tutti gli importi verranno espressi in un’altra
valuta, ma ciò non dovrebbe in alcun modo modificare il loro
valore reale.
Tutte le condizioni contrattuali – dai contratti di locazione
ai crediti bancari – resteranno immutate per gli accordi in corso.
C’è però una novità importante: il compito fondamentale
di garantire la stabilità della moneta unica spetterà alla Banca
Centrale Europea (BCE)
3
.
La Costituzione dell’Unione Monetaria è stata mossa dalla
necessità di perseguire sino in fondo la volontà dell’Atto Unico
Europeo (entrato in vigore il 1° luglio 1987) che prevedeva la
3
Cfr. il sito Internet del Sole 24 Ore http://www.ilsole24Ore.it
realizzazione entro il 31 dicembre del 1992 del mercato interno,
di uno spazio, cioè, “senza frontiere interne, nel quale è
assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone dei
servizi e dei capitali”
4
.
Fu nel 1988 che cominciò ad essere elaborato il “Piano
Delors” che facendo proprie le indicazioni di precedenti studi,
prefigurò la nascita in tre fasi della moneta unica.
La prima fase cominciò nel 1990 con la realizzazione
giuridica e di fatto del Mercato Unico (eliminazione delle
barriere fisiche, fiscali e tecniche) e dalla progressiva
convergenza delle politiche macroeconomiche degli Stati
membri.
Risultò comunque subito evidente che se l’abolizione delle
frontiere interne non fosse stata accompagnata da una serie di
misure tese alla progressiva convergenza fra le economie dei
Paesi membri, l’instaurazione del Mercato Unico avrebbe
4
Cfr. art. 8 A del tratto che istituisce la Comunità Europea del 25 marzo 1957 8reso
esecutivo con la legge di ratifica ed esecuzione 14 ottobre 1957, n. 1203).
provocato non pochi problemi e distorsioni fra le diverse
economie nazionali, soprattutto in campo monetario e sociale.
Che tali timori non fossero infondati è diventato
drammaticamente chiaro nell’ottobre del 1992, quando una
tempesta monetaria senza precedenti ha gravemente indebolito le
strutture dello SME, rivelandone tutte le debolezze.
Lo SME (Sistema Monetario Europeo) era nato per
assicurare una relativa stabilità dei cambi in una situazione di
pari sovranità monetaria tra i paesi aderenti.
Tale indipendenza, però, era solo teorica per le monete più
deboli del sistema.
In realtà era praticamente impossibile seguire politiche
monetarie diverse da quelle adottate dalla Bundesbank; era,
infatti, la Banca centrale tedesca a stabilire i movimenti dei tassi
di interesse, mentre alle altre banche centrali non restava che
adeguarsi cercando di conciliare due opposte esigenze:
conservare la parità con il marco e mantenere un livello dei tassi
di interesse adeguato alla congiuntura economica nazionale.
Fino a che le diverse economie dei paesi membri hanno
viaggiato nello stesso senso, lo SME ha retto.
Quando, però, dopo la riunificazione le esigenze
deflazionistiche tedesche si sono scontrate con quelle espansive
degli altri paesi, le tensioni sono venute allo scoperto portando
all’uscita della lira e della sterlina.
La tempesta monetaria dell’autunno del 1992 è stata,
dunque la prova che è assolutamente necessario non limitare
l’integrazione economica alla sola caduta delle frontiere.
Occorre, cioè, una politica economica comune basata sullo
stretto coordinamento delle politiche economiche degli Stati
membri.
Come si è già accennato in precedenza, il “Piano Delors”,
ha individuato tre fasi per il completamento dell’Unione
economica e monetaria (UEM).
La prima fase cominciò nel 1990 con la realizzazione del
mercato unico.
La completa attuazione di tale obiettivo, infatti, era
ostacolata dalla instabilità finanziaria, causata dalla mancanza di
una politica monetaria unica. Per questo motivo col trattato di
Maastricht (seconda fase) del 7 febbraio 1992 si recepì il disegno
per la costituzione di un’unione monetaria entro il primo gennaio
1999.
La scelta di sostituire le monete di tutti i Paesi partecipanti
all’U.E., con una moneta comune rappresenta un forte elemento
di coesione al completamento dell’Unione Economica Monetaria
(UEM).
In essa la convergenza fra le economie dei Paesi membri
dovrebbe farsi più stretta, sulla base, soprattutto, di quattro
indicatori.