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II. L’azione del fisco: metodologia probatoria e strumenti di contrasto
SOMMARIO: 1. Il contenuto della prova. – 2. Lo schema multi-test. – 3. L’attività info-
investigativa e la pericolosità fiscale. – 4. I poteri istruttori nella c.d. discovery. – 5. La
necessarietà di una collaborazione internazionale: lo scambio di informazioni. – 6.
Prospettive future: il joint audit alla luce della DAC 7.
1. Il contenuto della prova
Il precipitato tecnico di quanto esaminato nel primo capitolo è che il regime probatorio
cambia considerevolmente a seconda che si ricada nell’ambito applicativo dell’art. 73
comma 3 TUIR, oppure in quello dell’art 73 comma 5-bis TUIR: nel primo caso opera il
tradizionale criterio ex art. 2697 c.c. per cui l’onere della prova è a carico del fisco
59
(l’Amministrazione finanziaria sarebbe obbligata ad enunciare nella motivazione dell’atto
impositivo le ragioni in punto di fatto ed in punto di diritto della pretesa vantata nei
confronti del contribuente
60
), nel secondo caso si assiste all’inversione della stessa a carico
del contribuente con un notevole “aggravio” della sua posizione. Partendo dalle ipotesi di
59
Cass., sez. I, 15 novembre 1979, n. 5951, si osserva che «la Pubblica Amministrazione, nell’ambito del
rapporto obbligatorio esistente tra essa ed il destinatario dell’atto, è un soggetto che vanta un credito nei
confronti di un altro. Essa quindi, alla stessa stregua di ogni altro creditore, deve fornire in giudizio, in
base al principio generale posto dall’art. 2697, comma 1, del Codice civile, la prova dei fatti costitutivi del
proprio diritto, mentre, ai sensi del comma 2 dello stesso art. 2697, tocca al contribuente la prova dei fatti
estintivi, impeditivi o modificativi di quel diritto».
60
C. GLENDI, V. UCKMAR, La concentrazione della riscossione nell’accertamento, Padova, Cedam,
2011, p. 445.
39
accertamento del primo tipo, come già evidenziato dall’Agenzia delle Entrate
61
, oltre che
su elementi di prova di natura formale occorrerà vertere anche su fatti certi e circostanze
incontrovertibili, atti a comprovare l’autonomia giuridica, finanziaria, contrattuale e
funzionale della legal entity estera rispetto al soggetto partecipante italiano
62
. Tra i
requisiti di carattere formale, esemplificativamente si ricordano
63
:
- L’atto costitutivo e le delibere sulle decisioni dei soci/degli organi di
amministrazione;
- L’articolazione dei poteri degli amministratori nonché le deleghe interne;
- La regolarità delle attività relative alla vita sociale;
- La residenza sul luogo della maggioranza dei componenti del consiglio di
amministrazione.
Sotto il profilo sostanziale ci si appella invece alla Circolare n.1/2018 della Guardia di
Finanza, che nelle sue indicazioni operative richiede di tenere conto di:
- La gestione operative effettuata in loco;
- L’assunzione di personale con relative mansioni svolte;
- La disponibilità di locali ad uso civile o industriale e relativi contratti di locazione;
- Il possesso di idonee autorizzazioni amministrative da parte delle autorità locali ai
fini dell’esercizio dell’attività;
- L’assoggettamento effettivo alle imposte estere;
- I conti correnti bancari presso gli istituti locali nonché altri contratti e utenze.
Il “dominio” degli elementi sostanziali su quelli formali è avallato da una costante
giurisprudenza che dà poco adito alle “carte” e invita a valutazioni strettamente fattuali:
un esempio di spicco è dato da una sentenza della CTP di Varese del 2013
64
, la quale,
61
Circolare n. 28/E del 4 agosto 2006 dell’Agenzia delle Entrate, per cui gli elementi di collegamento
«devono essere valutati in base ad elementi di effettività sostanziale e richiedono complessi accertamenti
di fatto del reale rapporto della società o dell’ente con un determinato territorio».
62
VALENTE, CARDONE, op. cit., p. 329.
63
Ivi, p. 332.
64
Commissione Tributaria Provinciale di Varese, 21 giugno 2013, n. 125/03/2013.
40
pronunciandosi a riguardo di una società con sede in Burkina Faso e amministratori e soci
di nazionalità italiana, non ha ritenuto sufficiente ai fini della qualificazione della
residenza in Italia il mero dato della nazionalità italiana e della disponibilità dei documenti
relativi all’attività sociale in Italia: infatti, la società depositava i bilanci nello Stato
africano, ove versava peraltro regolarmente le imposte (senza godere di particolari
agevolazioni fiscali) e dove figuravano presenti organi statutari, personale dipendente e
uffici.
A ben vedere, sul solco della sentenza appena citata, non rilevano soltanto gli elementi di
profilo oggettivo dapprima elencati (i quali si concretano in elementi da cui trarre o meno
la presenza di una autonomia della società estera), ma anche l’elemento soggettivo ed il
risultato raggiunto
65
. Il primo consiste nelle scelte e motivazioni che hanno portato il
contribuente a stanziarsi in un determinato Stato, in forza del quale ove la scelta
imprenditoriale sia guidata da intenti apprezzabili, sarà da respingersi un sindacato da
parte dell’Amministrazione finanziaria: spetta dunque al contribuente indicare le
motivazioni che hanno guidato la scelta del territorio, nonché le ragioni imprenditoriali
che spiegano la gerarchia dei rapporti partecipativi e le relative dinamiche nell’ambito del
gruppo, con auspicata presenza di una concomitante scelta “di specializzazione” nelle
quali si articolano le imprese. Specularmente, l’Amministrazione può allegare, come
sintomatica di una artificiosa residenza all’estero, l’assenza di un apprezzabile interesse
economico alla costituzione della società. Il secondo ulteriore elemento non trascurabile
è il risultato raggiunto, per cui rileva il risparmio di imposta conseguito dal contribuente
residente, posto che mancherebbe la logicità stessa delle operazioni “evasive” qualora lo
Stato estero non avesse un regime fiscale di (anche minimo) vantaggio.
Passando invece all’onere della prova ex art. 73 comma 5-bis TUIR, si è già rilevato,
attraverso le risposte fornite dall’Agenzia nel procedimento EUPilot, che non esistono
circostanze esimenti ai fini del superamento della presunzione; dunque, il contribuente
65
VALENTE, CARDONE, op. cit., pagg. 335-336.
41
può muoversi in un raggio d’azione particolarmente ampio. In particolare, il soggetto
estero dovrebbe dimostrare che «nonostante la presenza in Italia della controllante e/o
della maggior parte degli amministratori, l’assunzione delle decisioni fondamentali per la
vita della società è avvenuta al di fuori del territorio dello Stato»
66
. Anche qualora il caso
in esame abbia ad oggetto una presunta esterovestizione, resta la preminenza del dato
fattuale, come confermato da una recentissima sentenza della CTR di Ancona
67
riguardante una società rumena di cui si riconosceva l’esistenza di stabilimenti di
lavorazione e produzione in Romania, ma d’altro canto si riteneva l’ente amministrato e
gestito dall’Italia per il tramite di una società ivi residente. La Commissione ha ritenuto,
nel caso di specie, fondata la ricostruzione dell’Ufficio, statuendo che «la determinazione
della sede effettiva di una società comporta sempre un’indagine di fatto diretta a stabilire
dove vengono prese, al di là dei dati formali, le scelte dirigenziali» e che il ricorrente
«avrebbe dovuto dimostrare, piuttosto, la localizzazione della sede effettiva in Romania,
portando circostanze non “formali” all’attenzione del primo Giudice, attività probatoria
che non risulta effettuata».
66
G. MELIS, Trasferimento della residenza fiscale e imposizione sui redditi, Torino, Giuffrè, 2009, p. 363.
67
Comm. trib. reg. Ancona, sez. IV, 27 ottobre 2020, n. 784.
42
2. Lo schema multi-test
Calando la trattazione su un piano più strettamente tecnico, sia l’Amministrazione
finanziaria che il contribuente dovrebbero dotarsi di un percorso logico-probatorio
articolato in tre successivi step che, con un compendio dettagliato di informazioni,
descrivano con precisione chirurgica l’apparato societario: trattasi del c.d. multi-test
68
, il
quale nasce secondo schemi di derivazione anglosassone e si compone specificamente di
business activity test, organization test e motive test.
Il business activity test è preordinato in primo luogo alla descrizione del gruppo nel suo
intero: nell’ambito di apposito documento (il c.d. group policy) si procede ad una
dettagliata descrizione della storia e configurazione del gruppo d’imprese, soffermandosi
sulle attività svolte e procedendo all’analisi del Modello organizzativo adottato a livello
del gruppo e nelle singole legal entitites estere. In tal modo si può dimostrare la volontà
di presidiare i diversi mercati nonché la necessarietà, alla luce delle previsioni normative
vigenti negli Stati dove il gruppo opera e al fine di sviluppare l’attività di impresa su
mercati ulteriori da quello italiano, di costituire filiali autonome e pienamente operative
nella forma di società di capitali.
Data la visione d’insieme, si prosegue alla descrizione della filiale presunta esterovestita
al fine di verificare una serie di circostanze di fatto:
- La disponibilità di una sede localizzata nello Stato estero;
- L’amministrazione della società estera condotta da un soggetto fiscalmente ivi
residente;
- La presenza di idonea struttura organizzativa locale;
68
Sul punto D. CAGNONI, A. D’UGO, A. GERMANI, Riqualificazione in Italia della residenza di soggetti
esteri: possibili strategie difensive, in il fisco n. 8/2016, p. 757; S. MATTIA, Policy di gestione delle
partecipate estere: presupposti e metodologia di redazione, in Comm. Inter. n. 14/2010, pp. 42 ss.;
VALENTE, CARDONE, op. cit., pp. 361 ss.
43
- La regolare tenuta della contabilità in ossequio alle norme dell’ordinamento di
appartenenza e la regolare presentazione delle dichiarazioni fiscali secondo le
regole tributarie vigenti nello Stato di residenza;
- Il numero di impiegati effettivamente assunti dalla società estera con annessa
stipulazione di idonee coperture assicurative e previdenziali.
L’organization test si focalizza sulle dinamiche organizzative interne e a tal fine si
concentra in particolare sulla presenza nella società estera di un country manager che sia
responsabile del business locale, e di un chief financial manager (“CFO”) che sia
responsabile dei profili finanziari. In questa sede si vagliano i seguenti aspetti:
- Il grado di autonomia di spesa accordato ai country managers e CFOs locali, con
riguardo alle deleghe interne;
- Il grado di dipendenza della filiale da un punto di vista finanziario: si verifica in
particolare se il CFO si limita a svolgere un coordinamento finanziario della
tesoreria svolta da tutte le società del gruppo, oppure se questi dispone di poteri di
firma e di controllo dei conti correnti bancari delle società partecipate;
- L’esistenza (o meno) di un sistema di tesoreria centralizzata (il c.d. cash
pooling
69
).
Infine, il motive test sonda le motivazioni economiche che hanno indotto il gruppo a
costituire la società estera, con riferimento alla legislazione locale, alle regole del mercato
69
In tema di cash pooling, si faccia ex multis un breve riferimento a G. SALVI, Aspetti contabili e fiscali
del cash pooling, in Amm. E Fin. n. 10/2015, pp.18 ss., per il quale «Nei gruppi societari sia nazionali che
internazionali si pone la necessità di ottimizzare la gestione delle risorse finanziarie. Tale ottimizzazione
comporta lo spostamento di risorse monetarie dalle società consociate dotate di maggiore liquidità a quelle
il cui fabbisogno finanziario necessita di sostegno, in modo tale che il gruppo nel suo complesso -
inteso quale unico soggetto economico, ancorché formato da più entità giuridiche - possa minimizzare il
ricorso al mercato del credito e, conseguentemente, ridurre i costi relativi al suo accesso». Da qui, si
perviene al contratto di cash pooling, il quale è «lo strumento maggiormente utilizzato dai gruppi
multinazionali in quanto consente una gestione centralizzata del fabbisogno finanziario mediante il
trasferimento ad una società del gruppo, svolgente la funzione di tesoreria (c.d. pooler), dei saldi attivi e
passivi dei singoli conti correnti intestati alle varie società».
44
in cui il gruppo opera e al comportamento tenuto dai gruppi multinazionali concorrenti a
quello soggetto a verifica. Si accerta in particolare che:
- Lo Stato di residenza della società estera sia o meno un “paradiso fiscale”;
- Il paese di residenza della società estera sia o meno membro dell’Unione Europea;
- Lo stato di residenza della società estera abbia o meno in vigore una Convenzione
internazionale contro le doppie imposizioni con l’Italia;
- Lo stato di residenza della società estera abbia aliquota fiscale non dissimile a
quella in vigore in Italia.
3. L’attività info-investigativa e la pericolosità fiscale
Una volta individuati gli “elementi indicatori” dell’esterovestizione e la metodologia
probatoria con la quale questi vanno valutati, diviene utile muovere i passi sul terreno
pratico dell’accertamento, esaminando l’Amministrazione finanziaria “all’azione” ed in
particolare i percorsi ispettivi seguiti dalla Guardia di Finanza, con la premessa che negli
ultimi anni si sono intensificate le attenzioni verso operazioni economiche aventi rilevanza
internazionale
70
e ne è riprova l’istituzione di una nuova struttura denominata “Settore
internazionale” all’interno della Direzione Centrale Accertamento dell’Agenzia delle
Entrate.
70
Si veda la Circolare n.19/E 8 agosto 2019 dell’Agenzia dell’Entrate, la quale nel fornire gli indirizzi
operativi relativi al triennio 2019/2021 riconosce la centralità del problema della «allocazione fittizia
all’estero della residenza fiscale» allegando che «l’attività di contrasto ai fenomeni di illecito fiscale
internazionale posta in essere dal Settore contrasto illeciti intende rafforzare percorsi di intelligence e
analisi selettiva dei numerosi dati contenuti nei big data a disposizione, procedendo a controlli mirati volti
a intercettare comportamenti evasivi ed elusivi dei contribuenti. A corredo dell’attività di selezione,
verranno valorizzate, altresì, le informazioni acquisite per il tramite di analoghe analisi effettuate da altri
organismi, anche sovranazionali, formulando puntuali strategie d’azione».
45
L’Amministrazione finanziaria realizza un’attività ispettiva verso i soggetti
potenzialmente esterovestiti che si distingue in due momenti: la fase info-investigativa e
la fase invasiva di cd. discovery.
Nella prima fase, tanto di prevenzione quanto di contrasto, si acquisisce ogni notizia utile
disponibile atta ad individuare profili di potenziale criticità fiscale che evidenzino un
disallineamento strutturale tra forma e sostanza: trattasi di una fase propedeutica e
necessaria al fine di orientare tutte le scelte che seguono inerenti alle attività ispettive. Tali
informazioni pervengono al Fisco in due maniere:
1. A seguito di attività di iniziativa: a tal proposito, innumerevoli sono le piattaforme a
cui attingere. Si consideri l’Anagrafe Tributaria in primis, che è l’archivio in cui sono
raccolti, ordinati ed elaborati, su scala nazionale, i dati e le notizie risultanti dalle
dichiarazioni e dalle denunce presentate agli uffici dell'Amministrazione finanziaria,
nonché i dati e le notizie che possono comunque assumere rilevanza ai fini tributari.
In secundis rileva la banca dati “Orbis”
71
, che fornisce importanti informazioni
(normalmente un quadro di sintesi sulla posizione economica, finanziaria, reddituale
del soggetto in esame) sulle società estere ivi censite. Infine, si considerino le Camere
di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura relativamente al registro delle
imprese: così confluiscono bilanci, statuti, atti societari di vario ordine; e benché non
siano elementi utili per la società (ancora) formalmente estera, si potrebbero trovare
importanti informazioni attraverso degli “incroci e combinazioni” di dati
72
. A questo
proposito, proprio le varie Camere di Commercio (italiane e non) possono scambiarsi
dati e informazioni ivi depositati sulla base di un network europeo di recente conio
chiamato European Business Register, al quale hanno aderito 34 membri.
71
Trattasi di una società privata che colleziona una vasta serie di informazioni relative a società in tutto il
mondo.
72
Si pensi alla rilevazione di una specularità del CdA della società italiana con la controllata/controllante
estera.