Abstract
La presente tesi si propone di mettere in risalto come l’individuo con deficit intellettivo
medio-lieve si trova spesso a vivere in un contesto sociale in molte situazioni ostile e poco
attivo alla promozione del normale e globale sviluppo della persona.
Sulla base dei diversi progetti ed interventi efficienti proposti dal territorio, che mirano ad
accrescere il livello della qualità di vita delle persone disabili, è possibile sviluppare ulteriore
sensibilizzazione, apertura, conoscenza al fine di promuovere una maggiore accettazione,
inclusione e benessere.
La trattazione teorica e il conseguente approccio critico hanno come obiettivo quello di
accrescere la consapevolezza in questo ambito e indurre a riflessioni che portino a
considerare le questioni legate alla disabilità da una prospettiva diversa da quella utilizzata
fino ad ora. Mentre, le considerazioni derivate da elementi concreti, esperiti in prima persona
e già presenti sul territorio e le proposte realizzate, hanno come scopo quello di incentivare
l’azione sociale verso una direzione che si sta già in molti casi percorrendo, ma che necessita
di qualche maggiore spinta.
This degree thesis has his focus on the single human being, having a light-medium
intellective deficit. This people very often lives in a social hostile context and as well it is
not enough functional to support the normal and global development of the single person.
There is the possibility to further develop the awareness, open-mindedness and knowledge
with the purpose to promote more acceptation, inclusion and well-being towards this
people. This is feasible on the basis of different projects and efficient interventions which
are offered by the various districts. The goal is to improve the level of the quality of their
life. This dissertation and the consequent critical approach have as objective the increase of
the awareness within this area of interest. As well is an invitation to further considerations
about the matter of disability from a different point of view, that we already know so far.
At last the considerations originated from concrete facts that I personally tested, have the
purpose to incentivize social actions towards a specific direction, that is already taken into
consideration, but it is necessary more motivation desides the local organization involved.
1
Introduzione
L’argomento che ho scelto di trattare riguarda la condizione di vita della persona adulta
disabile, affetta da un deficit di tipo intellettivo medio-lieve.
Ho voluto approfondire nello specifico la dimensione affettiva-sessuale e quella legata alla
formazione e alla socialità per far emergere come questi siano due aspetti costitutivi e fondanti
la vita di una persona, indipendentemente dal deficit.
Le motivazioni che mi hanno spinta a scegliere questo argomento di discussione nascono da
una esperienza di tirocinio della durata di sei mesi durante l’anno accademico 2016/2017
presso la Cooperativa Sociale di Vicenza M25. Una esperienza nata come conseguenza a un
desiderio che nutrivo già da tempo, ossia quello di impegnarmi in qualche azione sociale
all’interno di qualche cooperativa, per conoscere la realtà della disabilità, fin ora sconosciuta e
verso la quale volevo essere d’aiuto.
Grazie all’esperienza vissuta all’interno del gruppo di persone disabili adulte e come
conseguenza all’osservazione di alcuni episodi sociali di intolleranza e violenza, è stata
crescente la volontà di dare voce alla questione, a parer mio, di grande rilevanza a livello
sociale, al fine che le considerazioni si offrano come spunti per promuovere maggiore
consapevolezza e siano promotori di cambiamenti e progresso sociale.
L’obiettivo principale di questo lavoro è quello di sensibilizzare i lettori alla tematica della
disabilità mettendo in evidenza sia i fattori ostacolanti che quelli agevolanti lo sviluppo della
persona, presenti nella società odierna.
La qualità di vita della persona disabile molte volte non è ad un livello adeguato a causa di
fattori di diversa natura; l’intento è quello di fare sì che le mie considerazioni diventino per i
lettori spunti per ulteriori riflessioni su tale tematica e siano una possibile guida per rivedere e
sviluppare nuove idee, approcci, metodologie e progetti formativi.
La lettura di diversi testi scritti da psicologi ed educatori, la visione di alcuni documentari, la
mia esperienza diretta di tirocinio e l’osservazione critica della realtà circostante mi hanno dato
la possibilità di raccogliere diverse informazioni e orientare il mio pensiero.
2
Ho deciso così di affrontare l’argomento articolandolo il lavoro in tre capitoli contenenti a loro
volta dei paragrafi centrati sulle principali tematiche che ritengo essenziali da prendere in
considerazione nel momento in cui si parla di disabilità:
«Come possiamo chiamare una persona affetta da un deficit?»;
«Le persone disabili hanno/hanno il diritto a una affettività/sessualità?»;
«La persona disabile diventa adulta?».
Nel primo capitolo tratterò della questione etica inerente a quale sia il modo più appropriato
per addentrarsi nella questione della disabilità e approcciarsi alle persone che presentano dei
deficit, al fine di mantenere il focus sul concetto di persona e sul valore proprio di essa, senza
cadere nel rischio di etichettarla e concepirla solo sulla base delle sue caratteristiche legate al
deficit.
Nel secondo capitolo invece affronto la tematica dell’affettività-sessualità, muovendo una
critica alla società per non dare la giusta importanza a tale aspetto, specialmente nel momento
in cui ci si riferisce alle persone disabili. Continuerò in seguito con una riflessione
sull’importanza di questa dimensione che costituisce la vita di ogni persona e, in quanto tale,
molto importante e significativa per lo sviluppo e la sua crescita globale e completa, mettendo
in luce gli aspetti positivi presenti e quelli che invece sarebbe bene promuovere a livello
sociale.
Nell’ultimo capitolo tratto del livello di accettazione ed inclusione sociale delle persone
disabili iniziando con un breve excursus storico per dare l’idea di come la disabilità sia sempre
stata considerata nel corso della storia fino ad oggi, per poi proseguire con una riflessione
critica sull’approccio e sull’educazione formativa proposta dalle istituzioni sociali nella
promozione della crescita e dello sviluppo della persona disabile verso l’adultità.
È l’azione, inizialmente sotto forma di pensiero, che provoca una reazione. È quindi dal
pensiero, attraverso un lavoro su di esso, che si possono promuovere azioni che producono
cambiamenti. Rispetto, empatia, immedesimazione e sensibilità dovrebbero essere le
fondamenta del pensiero di tale problematica, in modo tale che esso si traduca in un agire
‘umano’, unicamente finalizzato a promuovere il benessere della persona.
3
1 La persona al centro: disabilità e diversabilità
Per approcciarsi al tema della disabilità è fondamentale iniziare con il porsi la domanda:
«Cosa si intende per disabilità?».
Prendendo come riferimento la classificazione ICIDH
1
del 1980 proposta dall’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS), citata nel libro intitolato Quale disabilità?
2
, per il termine
disabilità si trova la seguente definizione: «limitazione o perdita (conseguente a menomazione)
della capacità di compiere una attività nel modo e nell’ampiezza considerati normali»
3
.
Secondo questa definizione la persona disabile è quindi un soggetto che a causa di una
menomazione, ossia della perdita o anomalia di una struttura o funzione psicologica, fisiologica
o anatomica, presenta una limitata o assente capacità di compiere quelle azioni che rientrano
all’interno di ciò che è valutato standard di normalità.
I motivi per cui una persona viene considerata disabile sono molteplici, le cause possono essere
congenite, quando sono presenti delle malattie e malformazioni già nel feto al momento della
nascita, oppure acquisite tramite contagio o come conseguenza di fattori esterni, il cui risultato
è la compromissione delle diverse funzioni e strutture psichiche e/o fisiche.
Tutt’ora c’è molta confusione nell’uso dei termini disabilità e handicap che vengono adoperati
come sinonimi, senza considerare come in realtà siano due parole che hanno significati diversi;
a differenza di disabilità, il termine handicap, tenendo come riferimento la definizione proposta
dall’ICIDH, indica: «condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o ad una
disabilità che limita od impedisce l’adempimento del ruolo normale per il soggetto, in relazione
all’età, al sesso ai fattori socioculturali»
4
.
Con il passare degli anni si assistette ad una crescente necessità di revisione dell’ICIDH
principalmente per l’ambiguità e la poca chiarezza concettuale dei termini menomazione,
1
Classificazione Internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap.
2
Roberto MEDEGHINI – Enrico VALTELLINA, Quale disabilità? Culture, modelli e
processi di inclusione, Milano, FrancoAngeli, 2006.
3
Roberto MEDEGHINI – Enrico VALTELLINA, op.cit., p. 46.
4
Ibidem
4
disabilità e handicap e la necessità di mettere in rilievo come la causa della disabilità dovesse
essere cercata nell’inadeguatezza del sistema sociale e nella incapacità di esso di modificarsi
in funzione ai bisogni dell’individuo.
Nasce così l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della
Salute) adottata dall’OMS nel 2001, che introduce una nuova prospettiva nella classificazione;
la disabilità infatti viene definita come: «la conseguenza o il risultato di una complessa
relazione tra la condizione di salute di un individuo e i fattori personali e i fattori ambientali
che rappresentano le circostanze in cui vive l’individuo. A causa di questa relazione, ambienti
diversi possono avere un impatto diverso sullo stesso individuo con una certa condizione di
salute (OMS, 2001)»
5
.
Inoltre nel modello ICF viene eliminato il termine handicap perché, utilizzando questo temine,
non emerge il ruolo dell’ambiente nella creazione dell’handicap e viene scelto quello di
disabilità, parola che racchiude il concetto di menomazione, limitazione dell’attività e
restrizioni della partecipazione. Utilizzando questo termine si fa quindi riferimento alla
condizione propria di una persona, la quale per diverse ragioni presenta dei problemi a livello
fisico e/o psichico che causano una ridotta capacità di interazione con l’ambiente sociale in cui
vive.
Prendendo in considerazione i disturbi del neurosviluppo, si trova un disturbo che è stato
definito dal DSM V
6
“disabilità intellettiva”, termine sostituito a quello di “ritardo mentale”
del DSM IV
7
.
Nel manuale DSM V la disabilità intellettiva, detta anche disturbo dello sviluppo intellettivo,
è un disturbo che compromette sia il funzionamento intellettivo (deficit delle funzioni
intellettive, quali il ragionamento, il pensiero astratto, la capacità di giudizio, l’apprendimento,
ecc…) che quello adattivo (deficit del funzionamento adattivo, ossia la mancanza del
5
Ivi, p. 49.
6
Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, 5^ edizione.
7
Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, 4^ edizione.