Introduzione
II
spettatore a focalizzare la propria attenzione nella percezione di determinati effetti di
senso.
1
In altre parole, una considerazione completa e globale dello spot pubblicitario come
entità audiovisiva significante non potrebbe prescindere dall’apporto delle due altre
componenti sonore in grado di acquisire una pesante valenza simbolica e comunicativa:
la parola ed i rumori. La via dello studio comparato ed interdipendente di musica,
rumori e parole, già intrapresa da alcuni studiosi, è l’unica per comprendere a fondo la
complessità di un testo audio-visivo.
La tesi, dunque, partendo dal presupposto che il sonoro, inteso come componente
rilevante ed influente della pubblicità televisiva, sia in grado di fornire un contributo
comunicativo all’audiovisivo pubblicitario, si pone l’obiettivo di dimostrare come il
medesimo possa essere considerato e utilizzato, secondo una prospettiva di marketing,
come elemento del mix di comunicazione.
Analizzeremo, pertanto, il sonoro secondo alcuni modelli teorici mutuati dalle
seguenti discipline:
• sociologia della musica;
• semantica della musica;
e secondo modelli metodologici provenienti dall’area della
• ricerca sociale nel campo delle scienze umane.
In questa sede, siamo più portati a considerare i momenti di avvicinamento
all’argomento provenienti dall’area degli studi socio-musicali, ma è evidente che, solo
in una giusta interdisciplinarietà, sta la formula per un corretto e potenzialmente
completo approccio alla materia.
Per questo, in sede di analisi, vedremo anche come, nell’economia di una politica di
marca o di prodotto, il soundtrack possa essere considerato, a tutti gli effetti, una risorsa
strategica, in grado di far sentire la sua influenza, non tanto al livello della product
image, quanto soprattutto a quello della brand image e della brand equity.
1
Cfr. C. Cano, La musica nel cinema, Roma, Gremese, 2002, p. 13.
Introduzione
III
La tesi consta di tre parti, nelle quali si dà conto di questa pluridisciplinarietà,
sempre, però, collocabile nell’ambito di un approccio sociologico al problema/oggetto di
analisi.
Nella prima parte si definisce l’approccio socio-semantico secondo il quale
osserveremo la componente sonora degli spot. Questo significa tentare di capire le
condizioni in cui una certa musica è nata, si è sviluppata e le funzioni che aveva al
momento in cui è stata prodotta, rispetto a quelle che ha assunto nel corso nel tempo,
prima di arrivare nella cornice pubblicitaria, dove le sue funzioni e il suo significato
vengono molto spesso risemantizzati.
I contributi teorici sulla popolar music, con cui ci siamo confrontati, sono quelli di
Middleton
2
, per la prospettiva socio-culturale e di Tagg
3
, per l’approccio socio-
musicologico e per il metodo empirico di analisi degli ‘stereotipi’ della musica
televisiva.
Si è rivelata, poi, utile al nostro scopo di analisi, una riflessione teorica sul
funzionamento pragmatico e semantico della musica nella pubblicità, proprio al fine di
poterne decifrare, nei casi concreti, lo spessore comunicativo e significativo. Abbiamo
fatto, quindi, riferimento ai contributi di Cristina Cano
4
e Jean Remy Julien
5
, entrambi
di matrice jakobsoniana. A questo proposito vorremmo fare una precisazione: il
modello funzionale proposto dai due studiosi non costituisce per noi un terreno diretto
di confronto, ma di esso ci siamo serviti per un ampliamento della prospettiva di analisi
sociologica.
Ci è sembrato opportuno, nell’ambito di questa prima parte, inserire un excursus di
carattere storico sulle principali teorie che hanno caratterizzato gli studi sull’uso
cinematografico e poi televisivo della musica. Un confronto con le teorie della musica
per film va inteso come tentativo di storicizzazione e comprensione delle radici e dei
2
R. Middleton, Studiare la popular music, Milano, Feltrinelli, 2001.
3
P. Tagg, Popular music : da Kojak al Rave. Analisi e interpretazioni, Bologna, Clueb, 1994.
4
C. Cano,“Il registro sonoro nella pubblicità”, in V. Meroni, Il marketing della pubblicità, Milano,
IlSole24Ore, 1990.
5
J.-R. Julien, Musica e pubblicità, Milano, Ricordi, Unicopli, 1992.
Introduzione
IV
“rapporti di consanguineità” che il linguaggio dell’audiovisivo pubblicitario intrattiene
con quello cinematografico. In una sorta di meccanismo a “scatole cinesi”, abbiamo
inserito una riflessione sull’uso televisivo della musica, soffermandoci, in particolare,
sull’influenza estetico-stilistica che un altro genere di microtesto televisivo, il videoclip,
ha esercitato e continua ad esercitare sullo spot televisivo.
Nella seconda parte abbiamo introdotto il soggetto degli spot presi in questione: il
profumo. Ci è sembrato utile fornire una descrizione di questo, sia dal punto di vista
storico-antropologico-psicologico, sia dal punto di vista del marketing perché, solo così,
abbiamo pensato che fosse possibile capirne le relative rappresentazioni attraverso la
pubblicità. Un mercato come quello dei profumi, infatti, non vende funzioni, ma
sensazioni e, in particolare, modi di essere. Osserveremo che le pubblicità per profumi,
infatti, difficilmente propongono usi pratici, come accadrebbe in un prodotto
profumato quale un deodorante: quest’ultimo gode di precise funzionalità, mentre un
profumo si limita a suggerire un umore, un’atmosfera e un modo di essere per munirsi
di una personalità o per incentivare quella che già si possiede. Perciò, posto che il
profumo non ha una vera funzionalità, la sfida verte non tra i diversi prodotti, ma tra le
loro rappresentazioni e percezioni. E’ il marketing a farne le differenze, attraverso un
linguaggio sensoriale che, da un odore, trae le emozioni e, con una continua
alimentazione dell’essenza di marca, ne evita l’annichilimento.
In un percorso che procede dalla teoria alla pratica, nella terza parte si è giunti
all’elaborazione di due strumenti tecnici che ci sono serviti per l’analisi del corpus.
• la scheda tecnica di analisi
• il questionario standardizzato a risposta chiusa di rilevazione dei dati, di
carattere quantitativo. Esso prende il nome di Scented music ed è stato
somministrato ad un campione eterogeneo di 106 persone.
Entrambi si pongono, evidentemente, come sintesi analitico-interpretativa dei
contributi teorici trattati nelle precedenti parti del nostro lavoro e come mezzo di
analisi di comprovata efficacia euristica.
Introduzione
V
Il questionario è un metodo quantitativo, o di analisi del contenuto, di carattere
estensivo e tende a lavorare su una grande quantità di comunicazioni, ricavandone i
dati più frequenti e salienti. Il limite principale, che viene individuato nell’intervista
con questionario standardizzato, per certi versi a essa intrinseco, è il fatto di raccogliere
informazioni su un certo fenomeno sociale restando, per così dire, a un livello
superficiale, senza entrare, cioè, nei dettagli e soprattutto senza poter distinguere le
opinioni formulate al momento, dagli atteggiamenti più radicati. In un’ottica di
pluralismo metodologico è giusto prendere in seria considerazione questi limiti, pur
tenendo presente, al contempo, i vantaggi di tale tecnica: in primo luogo la possibilità
di generalizzazioni statistiche a collettivi molto numerosi.
Un ulteriore limite della nostra indagine sul campo è quello di non aver considerato,
nell’elaborazione dei risultati, il target e le caratteristiche sociodemografiche dei
soggetti intervistati. Abbiamo deciso di rinunciarvi perché questi aspetti non
risultavano rilevanti ai fini della nostra ipotesi di lavoro.
Si è, quindi, scelto di attuare una sorta di ibridazione di due metodologie di analisi,
una di carattere desk (attraverso la scheda tecnica) e un’altra di carattere field
(attraverso la somministrazione dei questionari): in un simile metodo ci è sembrato che
potessero risiedere gli strumenti ermeneutici utili per affrontare l’analisi. I risultati
provenienti dall’analisi dei questionari, poi rielaborati graficamente per essere
maggiormente fruibili e comprensibili, costituiscono un materiale inedito di studio, di
confronto e di verifica sul campo.
Allo scopo di:
• consentire una maggiore comparabilità tra comunicati ed una conseguente
maggiore significatività delle conclusioni,
• esplicitare il contributo del soundtrack in risposta alla necessità del brand di
veicolare la distintività di prodotto e, quindi, la sua unicità rispetto ai diretti
competitor
il nostro sguardo si è focalizzerà su spot appartenenti:
• allo stesso mercato: quello della profumeria femminile griffata;
Introduzione
VI
• allo stesso periodo di trasmissione: autunno inverno 2006/2007;
Il corpus di analisi è costituito dai seguenti tre spot:
- Bulgari, Pour Femme
- Dolce & Gabbana, The One
- Guerlain, Insolence.
Di ogni brand abbiamo tracciato una breve storia che fornisce un elemento di
comprensione e conoscenza in più ai fini dell’analisi del rapporto tra le singole identità
di marca, il soundtrack e il livello iconico-visivo. La scelta di questi tre comunicati è
dipesa dalle preminenza che la componente sonora ha nella nostra ricerca; gli spot in
questione presentavano, a riguardo, caratteristiche in grado di individuare in essi
precisi generi musicali, largamente diffusi e inequivocabilmente classificabili. La nostra
ricerca, inoltre, non si è proposta come studio tassonomico dell’argomento, tantomeno
quantitativo, bensì qualitativo e finalizzato alla strutturazione di un metodo di lavoro
che contemplasse, a un tempo, un approccio teorico e uno empirico; un metodo
suscettibile di miglioramenti e che ci auspichiamo possa trovare ulteriore applicazione
in un campo di studi, come quello del sonoro pubblicitario, tutt’ora assai trascurato.
PARTE PRIMA
CONTRIBUTI TEORICI SUL SONORO NEI MEDIA
Parte Prima - Contributi teorici sul sonoro nei media
2
CAPITOLO 1
UN APPROCCIO SOCIOLOGICO ALLO STUDIO DELLA POPULAR MUSIC
La musica pubblicitaria, sia essa originale, pre-esistente o proveniente da library,
classica, jazz o canzonetta, è per sua natura, popular.
Gli studi sulla popular music si sono sviluppati a partire dagli anni sessanta. La
canzone, il rock, il pop, la musica per il cinema, la televisione, la pubblicità e gli altri
generi insieme formano il campo musicale definito popular dalla cultura anglosassone.
Le ragioni per le quali gli studiosi della popular music sono poco inclini a usare
l’espressione “musica leggera” o “musica di consumo” per descrivere il loro campo
d’indagine sono evidenti, se si prendono in esame alcuni periodi cruciali (il periodo
d’oro del jazz) in cui categorie essenziali per la comprensione della popular nel suo
complesso si definiscono proprio nel quadro di una contrapposizione alla “musica
leggera” e sulla base di istanze anticommerciali. Convergevano in questo confronto
diverse correnti di pensiero ed emergevano i giovani come categoria di consumatori; si
assisteva all’espansione dell’industria discografica e della televisione con le conseguenti
problematiche della massificazione della cultura e lo scontro politico in un mondo
diviso in blocchi contrapposti.
Da allora non si è mai smesso di discutere e di riflettere, a vari livelli di profondità e
con diversi strumenti disciplinari (dall’etnomusicologia alla critica letteraria,
dall’economia politica alla semiotica, dalla sociologia alla musicologia), di canzone, di
rock, musica da film e di musica popolare.
In questo primo capitolo, in chiave introduttiva-esplicativa e secondo una
prospettiva socio-musicologica, ci confrontiamo con le riflessioni teoriche di due
studiosi di popular music, che si sono rivelate particolarmente importanti per una sua
definizione, per “una visione d’insieme” sullo stato attuale dei contributi legati alla
Parte Prima - Contributi teorici sul sonoro nei media
3
“popular” – Richard Middleton (1.1) – e per capire cosa quali metodi permettano di
rilevare il funzionamento comunicativo della stessa – Philipp Tagg (cap. 1.2 parte I) –
secondo alcuni livelli di articolazione, che ci risulteranno particolarmente funzionali
nell’analisi dei risultati del questionario Scented Music. (cap. 2, parte III ).
Entrambi partono dal presupposto che gli strumenti concettuali e metodologici
tradizionali non sono adatti per spiegare le peculiarità e le caratteristiche della popular
music e segnalano come, per riuscire a render conto dei meccanismi inediti delle
attività musicali contemporanee, sia necessario un riassetto dell’intero campo degli
studi musicologica.
1.1 Richard Middleton, uno studio culturale della musica
Ho cercato di scrivere uno studio culturale della musica, e cioè, uno studio che si concentra
sulla musica ma che si rifiuta di isolarla […]. Nello stesso tempo questa è un’indagine critica.
Il mio tentativo è di analizzare vari approcci dettagliatamente, formulando una mia
posizione teorica, rispetto alla quale i lettori potranno valutare le proprie idee e formulare
una propria critica. […] Non si può capire la musica senza capire la società, ma soprattutto,
non si può capire la società senza capirne la musica, senza una musicologia della cultura.
1
Lo studio di Middleton è un esame rigoroso sui metodi, le teorie, le posizioni dei
principali critici della cosiddetta “cultura di massa” e sulle ricerche sulla popular music
e oltre; in esso si mettono a nudo alcuni limiti della musicologia tradizionale,
dimostrando che gli studi sulla popular music non servono soltanto a coprire un
insieme di attività musicali, finora colpevolmente ignorate dalla musicologia, ma sono
precisamente uno degli strumenti per il rinnovamento e l’ampliamento della
musicologia nel suo complesso.
Nel tentativo di definire cosa sia la popular music, Middleton compie una
dissertazione sul termine folk e canzone folk. Questo termine è inteso nel significato
principale di “gente” e suggerisce che tutta la musica sia popular. Ne consegue che i vari
1
R. Middleton, Op. cit., Milano, Feltrinelli, 2001, pp, 13-14.
Parte Prima - Contributi teorici sul sonoro nei media
4
significati che il termine ha assunto sono radicati socialmente e storicamente in
particolari contesti e usi, e non sono mai neutrali. Il termine popular ha avuto sempre
l’accezione di vulgus, di gente comune, e quindi definire qualcosa popular può
conferirgli un senso di qualità inferiore o che soddisfa gusti volgari. L’uso positivo di
questo termine riferito alla classe sociale – una cosa popular in quanto prodotta
specificatamente dal ceto basso – inizia in questo periodo e diventa uno dei significati
più frequenti del nostro secolo.
Nel XX secolo molti di questi significati coesistono e si intrecciano in diversi usi del
termine. Frans Birrer li ha riassunti a seconda delle loro categorie principali
2
, che
possono esistere di per sé o combinate tra loro:
1) definizioni normative:popular music come tipo di musica inferiore;
2) defininizioni negative: la popular music è tutta quella musica che non sia
qualche altro genere di musica (generalmente musica folk o “seria”);
3) definizioni sociologiche: la popular music è connessa (prodotta per o da) a un
particolare gruppo sociale;
4) definizioni tecnologico-economiche: la popular music è diffusa dai mass media
e/o in un mercato di massa.
Middleton sostiene che oggi i tipi di definizione più frequenti, sia nel discorso
quotidiano, sia negli approcci accademici sono due.
Il primo è positivista e si concentra sul senso quantitativo di popular e suggerisce di
trattare i brani, che sono effettivamente gli esempi più diffusi di popular music insieme
agli esempi di musica più ampiamente diffusi dai mezzi di comunicazione di massa.
3
2
F.J.A Birrer, Definitions and research orientation: do we need a definition of popular music?, in
“Popular music perspectives”, 2, a cura di D. Horn, Goteborg, Exeter, Ottawa, Reggio Emilia, 1985, p.
104. qui citato in R. Middleton, Op. cit., p. 20.
3
Verso la fine degli anni ‘60 i nuovi schemi sociali, gli stili musicali e le nuove tecnologie sono in gran
parte assimilati in un sistema industriale-musicale organizzato. Tale sistema mira a consumatori le cui
diversità sono più il risultato di ricerche di marketing che di una effettiva appartenenza ad una
sottocultura. L’apparente coerenza di gran parte degli stili musicali e del loro rapporto con le società in
cui esistono non è naturale, ma costruita, ed è il prodotto di un lavoro culturale. Gli stili musicali, quando
si manifestano in società differenziate e complesse, sono costituiti da elementi assemblati, provenienti da
una molteplicità di fonti, ognuno con varie storie e connotazioni.
Parte Prima - Contributi teorici sul sonoro nei media
5
L’approccio positivista è legato metodologicamente ai requisiti di misurazione e ai
meccanismi del mercato, ed esclude qualsiasi cosa non rientri in questi parametri.
Pertanto tali approcci non misurano la “popolarità”, ma le vendite e inducono, secondo
l’autore, a trattare le canzoni unicamente come prodotti, trascurando il loro ruolo nella
cultura o nel modo di vivere.
Il secondo tipo di definizione si può descrivere in termini di essenzialismo
sociologico.
4
Qui “l’essenza” del popular è costante, anche se varia il fatto che sia
stabilita dall’alto o creata dal basso, che il popolo sia considerato un soggetto storico
attivo o progressivo o una forza manipolata.
5
Secondo Middleton, in entrambi i casi la sua natura si colloca in un contesto più
ampio, perché la natura della popular music viene determinata tramite il confronto con
qualcos’altro.
Gran parte delle analisi, dei commenti e della critica della popular music è segnata
da una corsa all’interpretazione, che generalmente si concentra sull’area della
connotazione: i sentimenti, le associazioni e le idee evocate dalle canzoni negli
ascoltatori. Frith, ad esempio, concentra la sua attenzione sulla costruzione dei ruoli
sessuali adolescenziali, che sono considerati una parte importante della funzione della
musica rock. Gli stereotipi dei ruoli sessuali (secondo i quali i ragazzi sono aggressivi,
dominanti, orientati verso il gruppo, fallocentrici e le ragazze sono passive, serie,
romantiche, orientate verso il privato e il domestico) sono articolati nella musica in due
tipi ideali, ai quali fanno riferimento tutti gli stili rock. Il rock, quindi, funziona come
forma di espressione e controllo sessuale e riflette le caratteristiche dominanti della
mascolinità e della femminilità, escludendo qualsiasi possibilità di contestazione.
4
Nel primo caso, il principio organizzante è visto come “standardizzato” o “manipolatore”, il popular è
più o meno associato alla “massa” e al “commerciale”. Nel secondo caso, i concetti fondamentali sono
l’“autenticità”, la “spontaneità”, le “radici”, e “popular” significa, in particolare, del popolo.
5
“Possiamo più costruttivamente distinguere tra musica la cui concezione originale, la cui composizione
e il cui intento non hanno nulla a che vedere con il mercato di massa, e musica per la quale il mercato di
massa è inseparabile dalla sua concezione, composizione e intento. La prima categoria include la musica
classica, tutta la musica folk, gran parte del jazz; la seconda è formata dalla musica pop e dalla musica
leggera. Questa musica è creata tenendo continuamente conto da parte dell’industria discografica,
dell’esistenza di una larga udienza cui indirizzarsi, l’altra musica no”. S. Frith, Sociologia del rock,
Milano, Feltrinelli, 1982, pp. 21-22.
Parte Prima - Contributi teorici sul sonoro nei media
6
In realtà le canzoni presentano una gamma di immagini sessuali all’interno di questa
polarità di tipi ideali, ma, una volta assunto questo tipo di prospettiva, queste possono
essere valutate solo in termini di realismo e autenticità: si adeguano agli stereotipi
dominanti, oppure rivelano delle contraddizioni che rispecchiano quelle della società?
La teoria semiotica sottolinea che la connotazione è sempre costruita su un
precedente sistema di denotazione ed è secondaria.
Per evitare qualsiasi difficoltà legata al termine denotazione, possiamo chiamare
questo piano il livello di significazione primaria. Middleton prende in esame e mette a
confronto alcune posizioni teoriche riguardanti la significazione primaria: un modo
primo di concepire questo livello è di affermare che il significato della musica può
diventare evidente solo attraverso la descrizione della musica stessa. Non vi è dubbio,
allora, che le parole sulla musica – non solo le descrizioni analitiche, ma anche i
resoconti dei critici, i commenti giornalistici e anche le conversazioni casuali –
influiscano sul suo significato. I giudizi di significato condensano in parole delle
proprietà espressive che sono intuite nell’oggetto musicale, ma che talvolta sono legate
a enunciazioni verbali mescolate con esse nella percezione. Non vi è un legame diretto
fra i significati verbali e il processo di significazione musicale; semmai quest’ultimo
passa attraverso il significato verbale e questa è la ragione per cui un qualsiasi senso
musicale dà luogo a molti interpretanti verbali.
I significati secondari – o, per usare la terminologia tradizionale, le connotazioni –
possono affiorare sulla base di uno qualunque dei tipi di significazione primaria.
Middleton in questa parte della sua trattazione cita a proposito la riflessione di Gino
Stefani
6
che così identifica le unità di significazione secondaria.
− Valori intenzionali. Sono connotazioni riconosciute e deliberate di specifici effetti
strutturali o tematici. I sintetizzatori connotano “tecnologia” o “modernità”, oppure “il
futuro”; i ritmi boogie connotano l’ “erotico”.
− Implicazioni posizionali. Sono connotazioni che emergono dalla posizione strutturale. Ad
esempio l’ effetto ad “anello”, ripetuto all’inizio di una canzone, produce tutte le
associazioni degli incisi introduttivi, mentre alla fine di una canzone porta con sé tutte le
associazioni della dissolvenza e cioè “interminabilità”.
6
G. Stefani, Semiotica in musicologia, in “Nuova Rivista Musicale Italiana”, 1, 1974, pp. 61-82.
Parte Prima - Contributi teorici sul sonoro nei media
7
− Scelte ideologiche. Si tratta di significati particolari, preferiti, selezionati da una gamma di
possibili interpretazioni: una lettura riferita all’uso di droghe di canzoni psichedeliche
come Lucy in the Sky with Diamonds; attribuzioni di significati politici conservatori agli
stili di canzoni di musica country.
− Connotazioni emotive. Si riferiscono alle implicazioni affettive basate su convenzioni di
eventi musicali: il punk è associato con l’aggressività, il cantautore con l’intimità
confessionale, l’heavy soul con una ricerca o un’estasi spirituale, appassionata.
− Legami con altri sistemi semiotici. Sono associazioni visive, cinetiche, perfino olfattive: un
soul “funky”, un rock “nebbioso” e “paludoso”.
− Connotazioni retoriche. Sono associazioni che emergono dalle corrispondenze con forme
retoriche (domanda, asserzione, dialettica ecc ecc.) e stili retorici (ironia, iperbole,
paradosso): quindi il botta-e-risposta genera connotazioni dialettiche (“conversazione”,
“mutualità”).
− Connotazioni di stile. Sono associazioni che affiorano dalla codificazione a livello generale
di stile: il rock’n’roll vuol dire i ted, ballo scatenato, motociclette, violenza, pantaloni a
tubo.
− Connotazioni assiologiche. Si riferiscono a valutazioni morali o politiche di brani, stili o
generi musicali: il rock’n’roll è corruttore, liberatorio, lascivo, innocuo e banale.
Le unità di significazione secondaria non sono necessariamente della stessa
dimensione di quella di significazione primaria che vi si associano e, anzi, molto spesso
sono più grandi.
Una unità o relazione strutturale può produrre diversi tipi di significato a seconda
del codice che vi applicano gli ascoltatori. Anche gli stili ed i generi creano sostanza
connotativa, ma questa è sempre interpretata in termini di interrelazione strutturale.
1.2 Philip Tagg, la comunicazione musicale
In Popular music. Da Kojak al Rave. Analisi e interpretazioni
7
Philip Tagg si occupa
di repertori musicali che, diffusi attraverso la radio, il cinema e la televisione, usati per
sonorizzare ambienti di ogni tipo, suonati in discoteca o nei grandi concerti nelle piazze
o negli stadi di mezzo mondo, con i loro suoni riempiono gran parte della nostra vita
quotidiana. In altre parole, l’autore si occupa del rock, della musica leggera, delle sigle,
delle colonne sonore…insomma della cosiddetta popular music, di cui fornisce una
delle più elaborate definizioni.
8
7
P. Tagg, Popular music : da Kojak al Rave. Analisi e interpretazioni, Bologna, Clueb, 1994.
8
Prendiamo in considerazione due dei sei “assiomi”con cui Tagg definisce la musica:
1) è una forma di comunicazione tra gli uomini in cui stati e processi affettivi esperibili
individualmente e collettivamente sono concepiti sotto forma di strutture sonore non verbali,
Parte Prima - Contributi teorici sul sonoro nei media
8
Nel suddetto testo è evidente come il concetto di popular music implichi un
riferimento al popolare per indicare quelle attività musicali che al giorno d’oggi sono le
più diffuse e comuni, ma che non si prestano ad essere definite né “colte” né “folk”. In
questo senso, parlare di popular music significa circoscrivere un campo musicale
“popolare” non necessariamente legato ad una particolare tradizione etnica in senso
stretto, bensì inserito nel mondo contemporaneo euro-occidentale, nella vita
metropolitana, nelle comunicazioni di massa e nelle forme di riproduzione sonora.
Nella sua ricerca di un metodo appropriato per analizzare la popular music, l’autore
ha cercato di capire cosa possa comunicare un pezzo di musica e quali metodi
permettano di rilevare tale funzionamento comunicativo.
Vengono distinti tre livelli nei quali la comunicazione musicale può articolarsi:
− livello subconscio/neurologico;
− livello preconscio/affettivo;
− livello strutturalmente conscio/cognitivo.
C’è comunicazione musicale ad un “livello subconscio/neurologico”, quando gli
stimoli musicali provocano delle risposte in un ascoltatore che non si accorge nemmeno
della loro presenza. Per capire cosa la musica comunichi a questo livello, si devono
studiare le risposte neurologiche ed i comportamenti inconsci attivati nell’ascoltatore.
Il livello “strutturalmente conscio/conoscitivo” corrisponde, invece, a quei casi nei
quali l’ascoltatore si rende conto della presenza della musica e, ponendo gran parte
della propria attenzione su di essa, riconosce consapevolmente quanto rientra nelle
categorie a lui note. Per comprendere cosa la musica comunichi a quest’altro livello, si
possono porre direttamente delle domande all’ascoltatore e si possono studiare i suoi
discorsi su ciò che egli ha sentito.
organizzate umanamente e sono trasmessi sotto tale forma alla/e persona/e (includendo se stessi)
che abbiano acquisito competenza culturale sufficiente per “leggere” le stesse strutture sonore
sotto forma di risposte affettive e/o connotative e/o comportamentali culturalmente adeguate;
2) le strutture musicali possono diventare simboli indiretti e connotativi di insiemi di fenomeni
paramusicali (oggetti, esseri, scene, ambientazioni, atmosfere, comportamenti, azioni, etc.) e
possono acquisire nuovi significati quando sono introdotte in nuovi contesti.
Parte Prima - Contributi teorici sul sonoro nei media
9
Nei casi nei quali siamo consapevoli di ascoltare musica, entra, però, in azione non
solo la dimensione analitico/cognitiva del nostro cervello, ma anche quella
“associativa”, che è abituata a mettere in relazione – spesso inconsapevolmente – suoni
e ed “esperienze affettive” (esperienze non-cognitive di persone, oggetti ed ambienti coi
quali si viene a contatto) prima ancora che noi veniamo dotati di un linguaggio verbale
per parlarne (cioè anche nella “fase pre-verbale” dello sviluppo dell’intelligenza di una
persona). Le reazioni interiori che la musica provoca, quando mette in moto tale
dimensione, corrispondono dunque al livello “pre-conscio”, che è quello sul quale Tagg
si concentra maggiormente, poiché ritiene che proprio lì si trovino le risposte più
comuni alla musica e gran parte del funzionamento comunicativo della popular music.
In questo senso Tagg afferma che, ciò che la musica comunica a livello preconscio,
consiste in affects, e cioè in stati interiori – provocati da stimoli esterni (fisici o
psicologici) – che, oltre a corrispondere ad esperienze del mondo spesso non
verbalizzabili, non sempre sono manifestabili attraverso un comportamento esteriore.
1.2.1 Gli stereotipi della musica televisiva: per una metodologia di ricerca
Della ricerca di Tagg sulla popular music ciò che in questa sede ci interessa
approfondire è quella contenuta in An anthropology of stereotypes in TV music
9
, dove,
ai metodi semantici ed ermeneutici sviluppati in una fase precedente della ricerca, sono
stati aggiunti un fondamento empirico riguardante la percezione e una discussione sulla
tipologia dei segni musicali.
Lo scopo della sua analisi è quello di capire la natura della musica nella società dei
mass media combinando gli approcci empirici, semiotici e antropologici allo studio
della musica televisiva.
9
P. Tagg, Op. cit., pp. 19-42.