6
hanno aderito alla tesi del giornalismo liberale, considerandola l'unica
corretta per un paese davvero democratico.
Il problema sorge quando si cerca di studiare i modelli giornalistici
realmente vigenti e si scopre che molto raramente i canoni del modello
liberale dei media vengono rispettati. Una possibile spiegazione è data dal
fatto che essendo quello dei media un sistema sociale, venga
necessariamente influenzato dalle norme culturali, dai trascorsi storici, dagli
usi e dalle consuetudini che modellano ogni società, creando qualcosa di
particolare difficilmente riproducibile in altri ambienti.
Sul "Politecnico", rivista diretta da Vittorini ed edita da Einaudi nel secondo
dopoguerra, è dedicata la seconda parte del presente lavoro. Non è un caso
che sia stato scelto "Il Politecnico": il periodico nasce proprio negli anni in
cui la tensione internazionale e nazionale obbliga gli uomini a schierarsi,
quando l'America diffonde il modello di stampa liberale, e il giornalismo
italiano si trova finalmente libero dalle catene fasciste che l'obbligavano
entro le logiche anguste del regime.
L'obiettivo della rivista era di rinnovare la cultura italiana e reinserirla nel
contesto mondiale ed europeo dal quale, negli ultimi vent'anni, era stata
tagliata fuori. Il giornale era interdisciplinare, si poteva leggere di politica e
di economia, di storia, di letteratura, di scienze e filosofia. L'ambizione del
direttore era di educare gli Italiani, rendendoli partecipi ai dibattiti politici e
culturali.
7
E' proprio "Il Politecnico" a sollevare gli attualissimi problemi del
giornalismo mondiale. Si trovano nel settimanale gli importanti articoli di
Marco Cesarini "La scuola di giornalismo". In questi pezzi, seppure con
qualche contraddizione, l'autore sposa la teoria di una stampa libera dai
condizionamenti politici e dalla grande industria "assorbendo" la propaganda
dei leaders statunitensi; Cesarini inoltre, prende come esempio di "buon
giornalismo" le testate inglesi, come The Times, a cui i giornali italiani
debbono ispirarsi per il necessario rinnovamento.
Dall'analisi fornitaci dal "Politecnico" dei giornali che si ritengono
indipendenti, nel panorama delle testate italiane, emerge il dissenso verso
quelle testate che segretamente finanziate dal grande capitale ingannano i
lettori ammantando di obiettività comunicazioni ideologiche. Ma i quotidiani
indipendenti italiani non sono gli unici ad essere accusati di legami occulti,
che li rendono poco indipendenti e molto propagandistici, anche i più
importanti giornali statunitensi sono accusati di proporsi come modello per
una stampa obiettiva e indipendente quando in realtà dipendono dai magnati
della grande industria e sostengono la politica del governo.
L'ultimo aspetto preso in esame è la pratica giornalistica della rivista.
Occorre tenere conto che "Il Politecnico" nasce dal Partito Comunista, i
redattori sono politicamente schierati dunque il giornale pratica un tipo di
comunicazione politicamente orientata a sinistra.
8
Ma la novità della rivista è di porsi come un foglio aperto, non soltanto agli
intellettuali dai diversi orientamenti, ma anche ai lettori, che hanno la
possibilità di esprimersi e perfino di collaborare col giornale.
Proprio l'intento pluralista del direttore, Elio Vittorini e il metodo d'indagine
non pregiudizievole adottato dalla redazione, crearono problemi con il
Partito Comunista che desiderava un settimanale più rigidamente impostato
sulla linea politica del partito.
A causa della sconfessione del partito Vittorini si trovò isolato sia dai
numerosi collaboratori di sinistra sia dagli innumerevoli lettori iscritti al Pci.
Fu così che ebbe termine "Il Politecnico" e con esso l'ambizione di un
giornale di rinnovare la cultura italiana.
9
Premessa alla prima parte
Il primo capitolo descriverà le radici filosofiche del liberalismo e la sua
influenza sul giornalismo. Il modello del giornalismo liberale teorizza i
mezzi d’informazione indipendenti dal potere politico e dagli altri sistemi
sociali e li ritiene capaci di controllare l’operato dei governi in modo da
salvaguardare i cittadini. Tale modello si oppone al sistema autoritario che
considera i media totalmente subordinati ai rapporti di forza, in special modo
al potere politico, al fine di mantenere uno stretto controllo sociale. La
descrizione del giornalismo liberale è necessaria per comprendere le
motivazioni della lotta, condotta dai più alti esponenti americani dei media,
dello State Department e dell’UNESCO per diffondere l’ideale della libertà
di stampa, a partire dagli anni quaranta. Spetterà al secondo capitolo l'analisi
della propaganda americana a favore della libertà di comunicazione.
Libertà di comunicazione come nobile ideale per affrancare i Popoli dalle
dittature dei fascismi (che praticavano un serrato controllo dei mezzi
d’informazione e li usavano per propagandare e legittimare il loro regime
dittatoriale ) o semplice mezzo per aprire nuovi mercati ( tra cui quello di
raccolta e vendita delle informazioni) tramite l’imperialismo ideologico?
10
Lo stesso presidente americano Franklin D. Roosvelt difese la libertà
d’informazione per ottenere un più stabile assetto mondiale asserendo che
ogni popolo ha diritto ad avere libertà di conoscenza, libertà d’informazione
da ogni fonte disponibile. Per sottolineare il suo supporto alla libertà di
informazione, il suo discorso sulle Quattro Libertà, annunciato nel 1941,
iniziò con la “libertà di espressione e di comunicazione”.
John Knight, proprietario di una tra le maggiori catene americane di giornali
e presidente nel 1946 della società americana degli editori, ASNE, dichiarò:
“Se le forze naziste e fasciste, in Germania ed in Italia, non avessero
controllato e dominato la stampa e tutto l’apparato dei mezzi di
comunicazione all’inizio, l’affermarsi delle dittature sarebbe stato prevenuto
e l’indottrinamento del pensiero nazionale verso l’odio e la diffidenza,
sarebbe stato impossibile”.1
Anche l’UNESCO, l’Organizzazione educativa scientifica e culturale delle
Nazioni Unite2, si impegna nella campagna di diffusione della libertà di
stampa e di circolazione delle informazioni, per esempio finanziando corsi e
scuole di giornalismo (sul modello americano) in tutto il mondo.
1
Immanuel Wallerstein, “Class Formation in the Capitalist World–Economy” relazione
presentata all’VIII Congresso di sociologia, Toronto, Agosto 1974.
2
L’UNESCO, fondata a Londra il 16/11/45, assunse il compito di favorire gli scambi culturali ed
educativi tra i paesi del mondo.
11
Un’altra interpretazione dello sforzo americano per esportare il modello
liberale (obiettivo, di controllo del potere, aperto anche ai dissenzienti, ecc.)
viene proposta da diversi autori tra i quali Herbert Schiller e Armand
Matterlart. Schiller, sostiene che la coincidenza storica di due fenomeni
come la politica del libero flusso internazionale delle informazioni e l’ascesa
dell’imperialismo statunitense non sia una mera coincidenza.3 Armand
Matterlart è dello stesso parere, considera la circolazione delle informazioni
squilibrata a favore di pochi paesi ricchi che le diffondono per il mondo,
perpetuando l’era coloniale attraverso l’imposizione ideologica di una
cultura tanto estranea quanto invasiva.4 Margaret Blanchard descrive lo
sforzo degli editori americani per portare sull’arena internazionale la libertà
di circolazione delle notizie, come un espediente per vincere la competizione
con le agenzie di stampa europee. Mentre l’obiettivo del Dipartimento di
Stato americano era di contrastare l’influenza in Europa del regime
comunista.5
Per quanto riguarda la dimensione normativa delle teorie sui media, l’effetto
della propaganda ha indubbiamente avuto una forte influenza. Non è un caso
che durante le interviste o le discussioni tra i giornalisti di tutto il mondo
3
Herbert I.Shiller “Comunication and cultural domination”, M.E. Sharpe, inc./White Plains, New
York.
4
Armand e Michéle Matterlart, “I mass media nella crisi”, Editori riuniti 1981.
5
Paolo Mancini, “Do we need normative theories of journalism?”.
12
emerge che il miglior modello di giornalismo è quello liberale, neutrale,
obiettivo e indipendente da altri poteri sociali.
Gli stessi giornalisti sostengono di praticare tale tipo di giornalismo anche
quando la realtà è ben diversa. 6
Il terzo capitolo sarà dedicato all’analisi del modello giornalistico italiano,
con particolare attenzione al momento storico del dopoguerra, che mostra
almeno due differenze fondamentali rispetto all’ ideale modello liberale:
- l’assetto proprietario improprio e il costituirsi di conglomerati
multimediali che sono componenti di più vasti e differenziati
conglomerati industriali e finanziari.
- la debolezza dell’autonomia redazionale, conseguente in parte dagli
assetti proprietari, in parte dalla lunga tradizione del nostro Paese di un
uso dei giornali nell’arena politica.7
6
Questo punto emerge chiaramente da una ricerca condotta da Paolo Mancini e Tom Patterson
sull’autopercezione dei giornalisti. La ricerca “Media e democrazia” è condotta attraverso dei
questionari sottoposti ad un campione di 600 giornalisti in ognuno di questi 6 Paesi: U.S., Gran
Bretagna, Germania, Italia, Svezia e Giappone.
7
G. Bechelloni, “Giornalismo o postgiornalismo?”, Liguori Editore, 1995 Napoli.
13
Capitolo 1 Il modello liberale
1.1 Le radici storico – filosofiche
Nell’ultimo secolo la maggior parte dei paesi del mondo ha professato la
sua aderenza ai principi del liberalismo e oggi, la maggioranza delle nazioni,
almeno teoricamente, basano la loro organizzazione sociale e politica su tali
principi. Per comprendere il sistema dei media nei governi democratici,
dobbiamo seguire lo sviluppo della teoria liberale nel corso del Sedicesimo e
Diciassettesimo secolo. Rispetto alla teoria dell’autoritarismo 8, i principi
filosofici sulla natura dell’uomo, la relazione uomo – società e la natura
della conoscenza, cambiano radicalmente. L’uomo è un essere razionale, la
8
F.S. Siebert, T. Peterson, W. Schramm, “Four theories of press” University of Illinois Press,
Urbana and Chicago , 1963. L’uomo può raggiungere pienamente le sue potenzialità, solo come
membro della società. L’essere individuale governa una sfera di attività estremamente limitata,
ma quando diventa membro di una comunità le sue capacità si incrementano
incommensurabilmente, per questa ragione, lo Stato che rappresenta la più alta espressione di
comunità organizzata, assume un valore superiore rispetto al singolo.
14
felicità ed il benessere dell’individuo devono essere i soli obiettivi della
società. I filosofi del liberalismo, pur negando che lo Stato sia un’entità
superiore al singolo, ammettono che sia uno strumento necessario per
produrre un ambiente sociale dove ognuno può sfruttare appieno le sue
potenzialità, allorquando non riesca a raggiungere tale obiettivo, la comunità
ha il diritto di opporsi e se necessario modificarne la struttura.
La conoscenza e la verità sono raggiungibili e dimostrabili da tutti gli esseri
umani, in quanto esseri pensanti e dotati di ragione, attraverso il libero
confronto delle idee. Il concetto che esista, per ogni fenomeno, naturale una
spiegazione dimostrabile attraverso l’osservazione e la sperimentazione,
diviene il modello attraverso il quale si raggiunge la conoscenza. Lo
sviluppo del liberalismo è legato sia alle scoperte scientifiche del secolo
Diciassettesimo (che attraverso l’uso della razionalità diedero vita ad un
nuovo modo di pensare basato sulla supremazia della ragione) sia alla
nascita della classe borghese nel corso del Settecento. Infatti, la nuova classe
media non poteva accettare il modello sociale assolutistico, in cui i privilegi
della nobiltà e gli smisurati poteri monarchici erano d’intralcio ai liberi
scambi commerciali (teoria del liberismo9).
9
La paternità del liberismo è assegnata ad Adam Smith, che fondava l’esaltazione della libertà
economica sulla fiducia che un ordine naturale si sarebbe realizzato se l’autorità pubblica non
l’avesse ostacolato con interventi inopportuni. Purché agisse in condizioni di libera concorrenza,
15
Fu la linea filosofica di John Locke10 (1632 – 1704) ad incidere
profondamente nella teoria liberale: la sovranità risiede nella società, il
centro del potere è la volontà popolare, lo Stato è solo un amministratore a
cui il popolo ha delegato l’autorità di esercizio del potere che, se mal gestito,
può essere revocato. Lo Stato nasce per l’esigenza umana di un ente
superiore che, imponendo le regole difenda la proprietà (nel senso più ampio
del termine, includendo la stessa vita), ma dette regole devono essere
rispettate anche dal sovrano.
Così scrive B. Constant, riassumendo i principi fondamentali del
liberalismo, in “Le fondamentali libertà dell’individuo”: “ Per ciò che
riguarda il governo, l’eguaglianza più assoluta dei diritti divisi fra tutti gli
individui deve essere la prima condizione dell’esistenza di ogni governo,[...]
a tutti i suoi poteri saranno imposti limiti fissi, perchè i poteri non sono che i
mezzi, e la conservazione e l’esercizio dei diritti sono i fini. [...] In materia
economica, vi sarà, per la proprietà, rispetto e protezione [...] ma la
disposizione, la divisione, la circolazione, la diffusione della proprietà non
incontreranno alcuna costrizione. [...] Ci sarà in più, per quanto riguarda
l’industria, libertà, concorrenza, assenza di qualsiasi intervento dell’autorità
ciascun individuo nel perseguire il proprio interesse avrebbe finito con l’assicurare l’interesse di
tutti. A. Smith, “Indagine intorno alla natura e alle cause della ricchezza delle nazioni”. 1776.
10
John Locke, Saggio sull'intelletto umano. Ed. Laterza, Bari, 1925.
16
[...] qualsiasi monopolio, qualsiasi privilegio, qualsiasi corporazione protetta
a svantaggio delle attività e delle imprese individuali[...].11
Il contributo del liberalismo per la libera comunicazione è importante,
perché, se l’uomo è in grado di raggiungere la verità attraverso l’uso della
ragione allora è necessaria la libera competizione delle opinioni, attraverso
tale confronto di idee emergerà la più razionale che sarà generalmente
accettata. John Milton in “Aeropagitica”12, pubblicato nel 1644 (inviato al
Parlamento inglese per protesta contro il Licensing Act) sostiene che
l’uomo attraverso l’esercizio della ragione può distinguere il bene dal male,
il giusto dall’ingiusto, per fare questo deve essere libero di conoscere le idee
ed i pensieri degli altri uomini. La verità non può essere fermata, essa si
affermerà nel libero confronto delle idee, le idee sbagliate per questo motivo
non necessitano di censura, verranno inesorabilmente sconfitte dalla
ragione. Non permettere la manifestazione delle opinioni contrarie, sebbene
erronee, scrive Milton, significa rifiutare la verità: “permettere alla sua
fontana grondante di ammalarsi in una putrida pozzanghera di conformità e
11
Introduzione a “Miscellanea di letteratura e politica” (1829), in “Antologia degli scritti di
Benjamin Constant” a cura di A. Zanfarino, Il Mulino, Bologna 1962, pp. 33 – 35.
12
Il testo si divide in tre parti, la prima descrive la storia della censura dagli Ateniesi fino
all’Imprimatur della Chiesa, la seconda spiega l’inutilità del Licensing Act e la terza tratta i danni
che produce. Milton contesta il Licensing Act (legge che prevedeva l’approvazione del
Parlamento per la pubblicazione dei testi) perchè non impedisce la diffusione dell’eresia e
dell’errore in quanto, questi non si propagano solo per mezzo dei libri. Essi verranno piuttosto
distrutti dalla forza della ragione che scaturisce dal libero dibattito pubblico.
17
tradizione.”13 La fonte dei concetti contemporanei di “the open market
place of ideas” e “ self righting process” è indubbiamente l’opera di Milton,
all’interno del libero mercato delle idee la verità non ha bisogno di giudici o
di altre autorità, essa emergerà trionfante nell’aperto dibattito. Per questa
ragione l’informazione giornalistica, garantendo la circolazione delle idee,
non deve essere soggetta a limiti o costrizioni di sorta.14 Certamente il
contributo di Milton al giornalismo liberale è stato fondamentale per quanto
riguarda un approccio ai fatti che non sia tendenzioso e che tenga conto dei
diversi punti di vista 15
Altra pietra miliare, sulla dottrina della libera manifestazione del pensiero, è
“On liberty”, testo di John Stuart Mill (1806 – 1873), sono quattro i punti
fondamentali del suo pensiero:
- censurare un’opinione che risulti fondata è un danno per tutta l’umanità;
- se è erronea è comunque necessaria la sua libera circolazione perchè solo
dal confronto di più idee emerge la verità;
- attraverso la circolazione delle idee la verità viene percepita come
legittima in quanto non imposta ma scaturente dal dibattito razionale;
13
John Milton “Aeropagitica”, reprinted in Great Book, p.390.
14
Paolo Mancini “Manuale di comunicazione pubblica”, ed. Laterza, 1996.
15
J. Herbert Altschull “From Milton to McLuhan” Longman, 1990.
18
- la verità in assenza di libero dibattito perde l’effetto vitale che la
caratterizza a discapito dell’umanità intera.
Per Mill la verità può essere raggiunta con il più ampio scambio di opinioni
ed ogni limitazione in questo senso è una minaccia per la società.
Praticamente, tutti i Paesi democratici, hanno adottato i principi del
liberalismo che sono stati inseriti nelle loro Costituzioni o leggi
fondamentali.
I mezzi di comunicazione di massa nell’ambito della teoria liberale hanno
dei compiti ben precisi, sono un mezzo obiettivo per raggiungere la verità, i
loro scopi sono: informare, assistere al processo di risoluzione dei problemi
sociali e politici, mettendo in evidenza tutte le opinioni a riguardo,
intrattenere. Per svolgere correttamente tali compiti è indispensabile la più
ampia autonomia dal controllo governativo, è anzi lo stesso potere politico
ad essere oggetto di controllo da parte dei media (funzione di “Watchdog”).
I mezzi d’informazione devono garantire la libera circolazione delle idee,
perché per il raggiungimento della verità è necessario “The open market of
ideas”. Affinché sia garantita tale circolazione non devono esistere
condizionamenti politici, diretti, come la proprietà statale dei mezzi di
comunicazione e neppure indiretti, come finanziamenti e aiuti economici alle
industrie comunicative. Ecco perchè l’organizzazione dei media non può
essere che privata, deve fare i conti con le entrate e le uscite, i costi ed i
ricavi, tutto in funzione del profitto che garantisce un sistema mediatico
19
indipendente dal potere politico. La funzione d’intrattenimento proviene
dalla necessità di un ulteriore mezzo per aumentare le vendite, quindi i
profitti, incrementando l’autonomia dei mezzi d’informazione rispetto ad
altri sistemi sociali che non siano il pubblico e gli inserzionisti.