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Introduzione
Capita spesso di sentire che la Sardegna sia una delle terre più vecchie d’Italia e
che gli stessi sardi siano degli italiani un po’ diversi dallo standard nazionale (se
mai dovesse essercene uno).
Pochi si fermano ad analizzare le varie informazioni che potrebbero portarci ad
una qualsiasi risposta o che potrebbero almeno indirizzarci verso un lungo
sentiero da percorrere alla scoperta di un popolo che ha proprie tradizioni (anche
se molte in comune all’Italia, ad iniziare dalla religione), un forte orgoglio
regionale (o come qualcuno oserebbe dire nazionale, ma su questo lasciamo un
appunto per il futuro) e per citare un simbolo di grosso valore superiore ai
precedenti, una propria bandiera.
Il vessillo ostentato dal popolo sardo, con orgoglio e con forti caratteri di
appartenenza a quella lunga tradizione che i sardi tramandano di padre in figlio
al pari della propria lingua che ne contraddistingue una chiara base di
differenziazione dall’italiano come popolo unico ed uguale. Tutto ciò mettendo in
mostra i caratteri multietnici che lo caratterizzano non solo nei sardi, ma basti
citare la provincia autonoma di Bolzano in cui si parla tedesco, oppure le altre
regioni a statuto speciale che hanno una base differente dal tessuto sociale che
caratterizza l’Italia nel complesso e che richiede quindi un trattamento speciale
anche a livello normativo.
Creato il dubbio su una qualche diversità dei sardi ora bisognerebbe cercare di
risolverlo; ma in che modo? Il mio lavoro cercherà di creare delle basi di studio a
caratteri generali sulla storia della Sardegna, dei sardi come italiani e i sardi
stessi prima di entrare nel regno d’Italia. Cercherò di mettere in evidenza le
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differenze tra i simboli e le culture per poi andare a studiare tali diversità per
poterle applicare a vari contesti di studio. In particolare, come si evince dal titolo
di questa tesi, nell’ambito esercito.
Il mio interesse è quello di sviluppare un lavoro che porta ad un analisi
differenziata ed esterna al sistema esercito ma che abbia degli effetti a cascata
sulle future applicazioni ed utilizzo della risorsa umana, che sono i sardi,
all’interno della forza armata.
Tratterò anche un capitolo in cui i sardi si confrontano con il loro passato, un
capitolo su quello che è stato il banditismo in Sardegna. Nel dettaglio analizzerò
la vita di un singolo uomo riportandone i passaggi più importanti per il mio studio
e cercando, tramite l’esperienza di una vita vissuta nei campi, simboli e tradizioni
che appartengono al mio popolo.
Tutto questo studio dovrà portare poi all’analisi finale dei risultati che dovranno
essere incrociati con le attività dell’esercito e proveremo a trovare dei punti di
incontro tra la cultura sarda e la “cultura esercito
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”.
Questo è un dei tanti obbiettivi del mio lavoro, spero che la lettura possa risultare
interessante e che possa fornire al lettore degli importanti spunti di studio, in
maniera tale che l’argomento venga ripreso e ritrattato anche in futuro sotto altri
aspetti.
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Intesa come l’insieme delle tradizioni accumulate negli anni nei vari reparti
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Simboli e tradizioni
I simboli e le tradizioni di un paese sono spesso una semplice e chiara chiave di
lettura per riuscire a comprenderne le persone. Gli individui che abitano nei vari
luoghi possono sembrarci come degli amici di lunga data se ne conosciamo le
tradizioni; tutto ciò senza incorrere nel rischio di errori ma in maniera completa e
univoca. A volte si può vivere per anni in un territorio e non riuscire ad assimilare
quelle che sono le tradizioni della popolazione locale, arrivando a volte proprio a
degli scontri di civiltà. Nel caso dei sardi le tradizioni popolari sono qualcosa che
può apparire subito all’occhio di un osservatore attento. Esse sono intrinseche
nella vita quotidiana ad iniziare dalla spiritualità, dai luoghi di incontro. Esse
appaiono anche nel semplice modo di vestire in maniera diversa che hanno le
persone che appartengono alla vecchia generazione.
Molteplici sono quindi gli effetti delle tradizioni sulla popolazione, ed io, in questa
tesi, ho voluto prendere in considerazione il simbolo che rappresenta più di tutti i
sardi nel mondo. La nostra bandiera. Essa non è un semplice pezzo di stoffa con
qualche colore sopra. In essa migliaia di sardi che lavorano fuori dall’isola
trovano un simbolo di unione talmente forte che spesso crea una fratellanza
immediata con le persone che si rifanno a quel simbolo. Tra sardi che magari
fino ad un attimo prima non si conoscevano.
Queste sono le tradizioni e i simboli che andrò ad analizzare nel mio lavoro alla
ricerca di un significato storico e dei possibili intrecci che esso ha potuto avere
nell’evoluzione del popolo di Sardegna; di tutte le tradizioni che tale popolo
conserva ancora ai giorni nostri con forza e vigore all’interno di un mondo che
invece tende ad omologarsi di fronte alla forza della globalizzazione.
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I quattro mori
La bandiera dei quattro mori è sicuramente la più conosciuta sul territorio
nazionale italiano dopo il tricolore, anche se, come ho potuto appurare nel
tempo, la sua storia è sconosciuta alla quasi totalità dei sardi. Io stesso ne
ignoravo le origini prima di iniziare questa ricerca e devo dire che tuttora non
esiste una fonte certa che spieghi totalmente la sua apparizione ed introduzione
come vessillo rappresentante il popolo sardo.
La storia che i sardi si tramandano a voce è un po’ differente da quella che
risulta essere o che pare si avvicini maggiormente alla realtà storiografica del
simbolo, anche se bisogna ammettere che l’evoluzione di tale racconto, anche
se differente dalla realtà, si ricollega ad un intuizione generale di quello che
poteva essere in principio tale bandiera, con un piccolo accento sugli eventi che
avrebbero dato maggior prestigio al popolo dei sardi.
Si narra che durante l’invasione dei mori intorno all’anno 1000, i sardi, si unirono
per combattere la minaccia. Dopo svariate battaglie ricacciarono l’invasore in
mare e la vittoria ispirò la creazione del simbolo che pone una croce rossa di
sant’Andrea su sfondo bianco che occupa tutta la bandiera e colloca nei quattro
riquadri bianchi altrettante teste di moro orientate verso sinistra con una benda
sugli occhi; il quattro caratterizza il numero delle battaglie vinte a Cagliari contro
Museto il re dei mori. Si narra anche che dopo l’ultima sanguinosa battaglia i
capi dei mori vennero legati e posti a sedere sopra degli asini e una volta bendati
portati in lungo e in largo per le terre di Sardegna a dimostrare alle genti delle
città e delle campagne l’avvenuta liberazione (e da qui le bende sugli occhi,
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mentre rimane ancora un mistero il perché le facce dei mori siano orientate
verso sinistra).
Immagine della precedente bandiera sarda
Questa storia a carattere puramente folcloristico parla della nascita del simbolo
in terra sarda ma qui inizia la prima discrepanza, di fatto la prima volta che il
simbolo dei quattro mori appare è in una terra abbastanza lontana da quella in
questione.
Siamo nel 1281
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nel territorio che oggi conosciamo come Spagna, la situazione
caratterizzata dal dominio romano è ormai venuta a mancare, la pace sembra
essere una cosa lontana e il popolo spagnolo si trova a combattere contro una
nuova minaccia, i Saraceni, che ormai cercano di guadagnare i Pirenei.
Sotto il comando di Giacomo I “il conquistatore” la contea di Catalogna e il regno
d’Aragona sono rimasti l’ultimo baluardo di cristianità presente nella penisola
iberica, e grazie alla loro collaborazione tra il 1229 e il 1238 vengono annessi i
territori di Maiorca e della Valenza.
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Franciscu Sedda, La vera storia della bandiera dei sardi, pag. 26, Cagliari, Condaghes 2007
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Visuale dei territori del regno d’Aragona prima e dopo le annessioni del XIII secolo
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Queste nuove conquiste portano con se un nuovo problema a livello simbolico.
Sia la Catalogna che l’Aragona erano due entità totalmente distinte e come
sappiamo lo rimarranno sino ai giorni nostri, anche se intorno al 1150 con il
matrimonio tra Berengario IV e Petronilla i due regni creano un accordo che non
univa i due soggetti ma li avvicinava nel nome di corona d’Aragona; difatti la
gestione interna tra Aragona e Catalogna era completamente differente e
autonoma.
Bisognava quindi trovare un nuovo simbolo che caratterizzasse la nuova
situazione venutasi a creare senza che esso andasse ad intaccare l’alleanza e i
giochi di potere instauratisi tra i regni spagnoli. Ed è qui che nasce l’idea dei
quattro mori; essi avrebbero rappresentato le due entità di Aragona e Catalogna
aggiungendo ad esse i nuovi territori della Valenza e di Maiorca, tutti uniti nel
simbolo della lotta ai saraceni considerati come invasori.
La loro prima apparizione si ha in un sigillo reale di Pietro III in cui il sovrano
risulta assiso in trono con lo scettro nella mano destra e nella sinistra una sfera,
nella leggenda sottostante una scritta che recita: “igillum Petri Dei gracia regis
Aragorum” mentre nel rovescio del sigillo troviamo una figura di tipo araldica con
uno scudo semitondo inquadrato in una croce latina avente nei quattro cantoni
quattro teste di moro che guardano alla sinistra di chi osserva
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. Questo simbolo
ebbe un largo uso nelle carte del regno in quanto sigillo del re ma non venne mai
a conoscenza delle masse che usavano ancora i loro simboli (di fatto i Catalani
usavano ancora come bandiera i quattro pali di color arancione posti su scudo
araldico).
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L. D’Arienzo, lo scudo dei quattro mori e la Sardegna, pag. 9, Cagliari, Annali della facoltà di scienze
politiche dell’Università di Cagliari