Il capitolo Secondo, vede la trattazione del MAC come un’opportunità
per le PMI, elencandone vantaggi e svantaggi, gli adempimenti necessari
ed i soggetti professionali preposti per ogni fase della quotazione.
Nel Capitolo Terzo, viene analizzato il contesto europeo dei mercati
alternativi del capitale, con uno specifico approfondimento del mercato
inglese (AIM) dell’eventuale sviluppo che potrà esservi con il con il
MAC.
Nel Capitolo Quarto, sono state studiate le prime società ammesse alle
negoziazioni sul MAC, con relativa storia e documentazione pubblicata
nelle comunicazioni price-sensitive.
Nell’ appendice sono riportati il regolamento del MAC, l’albo dei
soggetti professionali che accompagnano l’impresa alla quotazione e i
principi guida del MAC.
6
Capitolo 1
1.1 Approccio Classico al Mercato del Capitale
Gli economisti francesi appartenenti alla scuola fisiocratica furono i
primi, nel XVIII secolo, a sviluppare un sistema teorico coerente entro
cui inquadrare i fenomeni economici. La loro opera fu ampliata dallo
scozzese Adam Smith e confluì nella “teoria classica” del capitale dopo
ulteriori perfezionamenti da parte dell’economista inglese David Ricardo
nei primi anni del XIX secolo
1
.
Oggi, la più classica e diffusa segmentazione del mercato del capitale di
rischio, le cui categorie, seppur con minimi adattamenti geografici, sono
internazionalmente adottate dagli operatori, dalle associazioni e dai
centri di ricerca, anche ai fini statistici, classifica le tipologie di
investimento, sostanzialmente, a seconda delle diverse fasi del ciclo di
vita dell'impresa target.
In tale ottica, si parla di sede (finanziamento dell'idea) e start up
financing per individuare gli interventi cosiddetti di early stage, volti
cioè a finanziare le primissime fasi di avvio dell'impresa.
Successivamente, qualora l'investimento sia finalizzato a supportare la
crescita e l'implementazione di programmi di sviluppo di aziende già
esistenti, vengono utilizzati i termini expansion financing o development
capital, mentre si parla di replacement capital (capitale di sostituzione)
per riferirsi ad interventi che, senza andare ad incrementare il capitale
1
DALLOCCHIO M., 1995, Finanza d’azienda. Analisi e valutazioni per le decisioni d’impresa,
Egea,Milano.
7
sociale dell'impresa, si pongono l'obiettivo di sostituire parte
dell'azionariato non più coinvolto nell'attività aziendale
2
.
Ancora, tutte le operazioni orientate al cambiamento totale della
proprietà dell'impresa, sia a favore di manager interni alla stessa società
(management buy out) che di manager esterni (management buy in), con
il frequente uso della leva finanziaria come strumento di acquisizione
(leveraged buy out), vengono generalmente raggruppate nella categoria
dei "buy out"; così come si parla di turnaround per indicare gli
investimenti di ristrutturazione di imprese in crisi e di bridge financing
con riferimento agli interventi finalizzati, sin dal momento della loro
realizzazione, nell'accompagnare l'impresa in Borsa.
All'interno delle dette categorie sono, a loro volta, individuabili ulteriori
tipologie di investimento, a seconda della specifica fase aziendale e dello
specifico tipo d'intervento.
1.2 Il capitale: generalità
In termini generali, l'insieme delle risorse a disposizione di un
soggetto, sia esso persona fisica, come per esempio il singolo
investitore, o persona giuridica, come per esempio una società per
azioni
3
.
2
GUATRI L., Strategie d’impresa e massimizzazione del valore azionari, in Finanza marketing e
produzione, n.4, pagg. 7-8: “ Nasce l’esigenza di costruire una pluralità di obiettivi cui rivolgere
l’attenzione,obiettivi che non si sostituiscono a quello tradizionale della massimizzazione del profitto,
ma sono destinati ad integrare l’efficacia e la rappresentatività: la crescita dimensionale, il
contenimento del livello del rischio, l’aumento della solidità aziendale, o altre ragioni”.
3
GNESUTTA C.; REY G. M.; ROMAGNOLI G. C., 2008, cap.1, Capitale industriale e capitale
finanziario nell’economia globale, Il Mulino.
8
Nel linguaggio più strettamente economico, con il termine “capitale” si
intende un insieme di beni, ottenuto attraverso l’attività produttiva e
destinato a sua volta alla produzione di altri beni. In questa seconda
accezione, del “capitale” fanno parte gli immobili, gli impianti, le scorte
di magazzino e le materie prime, le attrezzature e gli utensili ; non ne
fanno invece parte le azioni, le obbligazioni e i beni di consumo.
Il capitale può essere di proprietà (capitale proprio) oppure preso a
prestito (da terzi creditori)
4
.
Il capitale proprio è il valore dei conferimenti dei soci in una azienda.
Esso si modifica nel tempo. Se alla fine del primo anno si ottiene un
utile di (l'utile è la differenza tra i ricavi, le vendite, e i costi, gli
acquisti), il capitale proprio sarà aumentato.
5
Questo valore riassume, in
pratica, il valore della società, cioè il valore del patrimonio (acquistato
sia con i conferimenti dei soci che con debiti) e il valore dei debiti. Se,
ad esempio, l'attività dell'azienda cessasse e venisse messa in
liquidazione, il capitale proprio (differenza tra patrimonio aziendale e
debiti) corrisponderebbe al valore che dovrebbe essere ripartito tra i
soci. Se, invece, si volesse vendere l'azienda ad un altro soggetto, il
capitale proprio corrisponderebbe al prezzo di vendita.
Bisogna precisare, però, che in caso di liquidazione o di cessione
dell'azienda, i criteri per la valutazione dei beni presenti in azienda
devono essere opportunamente rivisti per adeguarli alla realtà esistente
al momento della vendita. Il valore determinato dalla differenza tra
patrimonio e debiti, il capitale proprio, potrebbe discostarsi dalla realtà
a causa di criteri particolari usati nel corso della normale vita
dell'azienda.
4
CAPALDO Pellegrino, 1967, Capitale proprio e capitale di credito nel finanziamento d’impresa,
Giuffrè .
5
LANZA Andrea, 2002,pagg45-47, Imprenditorialità e capitale sociale. I sistemi di imprese tra
mercato e istituzioni, Carocci.
9
È vincolato all'azienda per un tempo indeterminato, in quanto non è
fissata l'epoca del rimborso, per cui la restituzione del finanziamento
avverrà di norma al momento della cessazione dell'azienda. Non
comporta un obbligo di remunerazione, la cui misura dipende dai
risultati della gestione. È capitale di pieno rischio, nel senso che può
essere intaccato dalle perdite di gestione ma non è soggetto ad
interessi
6
.
Tutte le imprese si finanziano, oltre che con il capitale proprio, anche
con il capitale di terzi, cioè con dei mezzi finanziari apportati da terzi,
attraverso varie forme tecniche
7
.
Il capitale di terzi è conferito all’interno dell’impresa sempre a tempo
determinato. A seconda della durata del prestito si parla di:
ξ debiti a breve termine (la cui durata non eccede i 12 mesi);
ξ debiti a medio termine (la cui durata va da 1 a 5 anni);
ξ debiti a lungo termine (la cui durata va dai 5 anni in poi).
I finanziamenti di terzi prevedono una remunerazione fissa in quanto
l’interesse è concordato con il creditore ed è dovuto a prescindere da
quelle che sono le condizioni economiche dell’impresa, salvo i casi nei
quali l’azienda si trova in condizioni di dissesto e non è più in grado di
pagare gli interessi sulle somme prese a prestito
8
.
Il capitale di terzi si differenzia, a sua volta, in debiti di finanziamento e
debiti di funzionamento.
6
SCOGNAMIGLIO C., 1983, Elementi di teoria e politica finanziaria aziendale, in Trattato di
finanza aziendale, pagg. 257, “ Bisogna ricordare che in un sistema a economia di mercato non vi può
essere obiettivo finale da preporre alle decisioni di una impresa efficiente che quello della
massimizzazione del valore del capitale dell’impresa medesima”.
7
finanzaeborse.it .
8
CAPALDO P., 1967, Capitale proprio e capitale di credito nel finanziamento d’impresa, Giuffrè,
pagg. 23-24.
10
Per debiti di finanziamento si intendono i debiti contratti dall’impresa
aventi per oggetto l’ottenimento di una somma di denaro (mutui, scoperti
di c/c, prestiti obbligazionari, ecc..).
Per debiti di funzionamento, invece, si intendono le dilazioni di
pagamento che l’impresa ottiene da parte dei fornitori di beni o servizi.
Essi non comportano l’afflusso di mezzi monetari all’interno
dell’impresa, ma evitano, per il periodo della dilazione accordata, che ci
sia un esborso di mezzi finanziari i quali, nel frattempo, possono essere
investiti in altre attività.
Quindi,il capitale viene investito dalle imprese allo scopo di finanziare
lo svolgimento della propria attività economica; i risparmiatori
investono in strumenti finanziari per ottenere un rendimento.
Il rendimento ottenuto dal capitale preso in prestito dovrebbe essere
superiore al tasso del prestito ottenuto
9
.
Indebitarsi a un tasso per esempio del 5% e avere un rendimento
dell'8% sul capitale preso in prestito significa avere una gestione
finanziaria buona e sostenibile. Il caso inverso invece può comportare
seri problemi per una corretta gestione economica, salvo casi
particolari.
La corretta gestione del capitale è alla base di un'attività ben gestita e
profittevole.
1.3 Il fabbisogno finanziario
Con "fabbisogno finanziario" si indica la quantità di mezzi
finanziari necessari all'azienda per lo svolgimento ordinato della
9
DE LUCA Pasquale , 2004, cap.1 pag.30, Il costo del capitale nella gestione dell’azienda, Ipsoa.
11
propria attività
10
. Vale a dire, è denominato fabbisogno finanziario
l'insieme delle risorse finanziarie richieste dal complesso della gestione
aziendale
11
.
A sua volta, il fabbisogno finanziario si distingue in fabbisogno
finanziario variabile (o corrente) e permanente. Il primo è legato alle
necessità di breve periodo, il secondo è riferito, invece, alle necessità
durevoli.
Il fabbisogno corrente è generato dallo svolgimento della gestione con
un'ottica di breve termine ed è riferito alle dinamiche produttive e
commerciali che danno luogo ai movimenti delle scorte, dei crediti
commerciali, dei debiti di fornitura.
Il fabbisogno permanente è legato, invece, alla struttura che l'azienda si
è voluta dare e rappresenta ciò che "serve sempre" per farla funzionare.
E' lo zoccolo duro del fabbisogno, quello che, indipendentemente da
come vada il volume di affari, si presenta con elevata costanza e poca
variabilità nel tempo.
Detto della ripartizione tra necessità correnti e permanenti, la dottrina
(ma soprattutto la logica) vuole che esse trovino copertura con fonti
finanziarie di pari durata. Dunque, il fabbisogno corrente dovrà essere
coperto con strumenti di breve periodo, mentre quello permanente
troverà idonea copertura mediante l'accesso a fonti finanziarie aventi
durata pluriennale.
Sotto il primo profilo ricordiamo, per ciò che riguarda il credito
bancario, le anticipazioni sugli ordini, sui contratti, sugli effetti
commerciali, gli affidamenti di conto corrente e i finanziamenti
concessi con durata inferiore ai diciotto mesi. Includiamo, tra i
10
BANDETTINI A., 1987, Finanza aziendale. Le fonti, Cedam, Padova.
11
www.business-plan.it .
12
finanziamenti, anche il credito di firma: fideiussioni, lettere di credito,
eccetera.
Sotto il secondo profilo, invece, troviamo il ricorso ai finanziamenti a
medio e a lungo termine (il cui discriminante è fissato, rispettivamente,
oltre 18 e fino a 60 mesi ed oltre i 60 mesi), sia ipotecari che
chirografari.
Non dobbiamo, però, commettere l'errore di credere che, per
approvvigionarsi di mezzi finanziari, esista solo il canale bancario.
Infatti, possono essere reperiti fondi anche a titolo di capitale di rischio
mediante aumenti a pagamento del capitale sociale.
Oppure si possono reperire fonti finanziarie a scadenza protratta
mediante l'accensione di prestiti ottenuti da soggetti terzi, diversi dagli
intermediari creditizi. Anche il credito di firma può essere ottenuto
accedendo a fonti extra bancarie. I soci di una s.r.l. che prestano
fideiussione per un affidamento bancario non fanno altro che fornire
indirettamente mezzi finanziari alla società che garantiscono,
impegnando il loro patrimonio personale e facendola beneficiare di un
vero e proprio credito di firma, da loro concesso e rappresentato dalla
fideiussione rilasciata
12
.
Sorge spontanea una domanda. Se le banche si fanno pagare per le
fideiussioni che rilasciano, per esempio, in favore dei Comuni per il
pagamento degli oneri di urbanizzazione, perché i garanti di una s.r.l.
non dovrebbero fare altrettanto, chiedendo un compenso per la loro
garanzia di firma?
12
CAPALDO P., 1967, Capitale proprio e capitale di credito nel finanziamento d’impresa, Giuffrè,
pag. 54.
13