6
☼ PREMESSA
Nel 1400 in Italia si assiste ad una rinascita degli studi filosofici, in particolare del
platonismo, inserita in specifiche realtà cittadine, il cui fulcro è la cultura di corte. In questa
nuova dimensione filosofica la figura dell'intellettuale si caratterizza per una maggiore
attenzione alla vita contemplativa, correlata ad un impegno professionale finanziato dalla
corte. L'esempio piø caratteristico in questo senso è Marsilio Ficino (1433-1499), le cui idee
godono di una mirabile fortuna su scala europea, nonostante la sua attività si svolga tutta in
ambito fiorentino. Egli mantiene per tutta la vita uno stretto rapporto con la famiglia de'
Medici, il cui appoggio gli permette, tra le altre cose, di dare vita ad un'accademia platonica.
Il percorso conoscitivo intrapreso da Ficino abbraccia diverse tradizioni filosofiche, religiose
e letterarie che lo portano ad occuparsi non solo di filosofia, ma anche di medicina, musica,
religione ed astrologia. Dai diversi campi del sapere a cui si dedica scaturisce l'incredibile
versatilità dei suoi scritti, che ottengono vasti riconoscimenti in epoca rinascimentale ed oltre.
A Ficino si deve primariamente la persecuzione ed il rinnovamento del lavoro di recupero e
commento di testi platonici e neoplatonici iniziato dagli umanisti a lui antecedenti. Allo stesso
tempo, però, servendosi di concetti legati a fonti antiche, paleocristiane e medioevali, Ficino
arricchisce il suo lavoro di un'innovativa dimensione platonico-cristiana che gli conferirà
notevole originalità.
Il suo percorso di studi inizia alla fine degli anni quaranta a Pisa, per poi svilupparsi a
Firenze, dove Ficino acquisisce una solida formazione universitaria, approfondendo lo studio
della filosofia, della teologia, della grammatica, della musica ed in seguito della medicina.
Nel periodo di apprendistato filosofico egli studia gli scritti di Cicerone, di Seneca, il De
rerum natura di Lucrezio, e le Vite dei filosofi di Laerzio, opere che lo avvicinano
all'epicureismo, allo stoicismo ed all'accademismo. In particolare l'influsso epicureo è
attestato da un'importante composizione giovanile, il De Voluptate, scritta nel 1457 e dedicata
all'amico Antonio Canigiani. Qui Ficino accoglie la visione atomistica della realtà, nell'idea
che Lucrezio sia una fonte autorevole tanto quanto Platone, convinzione poi abbandonata
radicalmente negli anni della maturità. Al periodo giovanile risale anche un primo approccio
al pensiero di Aristotele, soprattutto attraverso le opere dei suoi commentatori, in particolare
Tommaso d'Aquino ed Averroè. Nel '400 gli scritti aristotelici tornano infatti al centro
dell'interesse sia dei dotti maestri delle scuole universitarie, sia degli umanisti, desiderosi di
porre rimedio all'insufficienza delle traduzioni medioevali ed alle molte opere ancora non
tradotte. Ficino approfondisce lo studio di testi non solo di Aristotele, ma anche di opere
7
scritte dai suoi commentatori tardo antichi, come la Parafrasi di Temistio, o i diversi scritti
sul De anima in circolazione. Nel pensiero ficiniano la dottrina aristotelica è vista in stretta
relazione con quella platonica, secondo la convinzione che le riflessioni di Aristotele
contengano una funzione propedeutica alle teorie platoniche. Seguendo le consuetudini
dell'epoca tali studi filosofici sono affiancati a quelli teologici, sull'onda di un continuo serrato
confronto tra dottrina filosofica e religione cristiana. Secondo la visione antropocentrica della
cultura umanistica infatti l'ideale della dignità dell'uomo è connesso alla spiritualità umana,
considerata affine a quella divina, e la stessa bellezza dell'uomo si deve al suo essere
manifestazione dello splendore divino. Di conseguenza per gli umanisti l'interesse verso le
“opere umane”, quali la filosofia, risulta sempre associato a quello verso le “opere divine”,
dunque gli studi teologici. Ficino possiede diversi testi religiosi, sia cristiani, quali i codici del
Nuovo Testamento in latino e le Epistole paoline in greco, sia non cristiani, come un
manoscritto del Corano. Alla lettura di questi scritti si affianca quella di varie opere
patristiche, come i codici del De Principiis di Origene e della Historia ecclesiastica di
Eusebio di Cesarea. Tra gli antichi padri della Chiesa la figura piø rilevante è senza dubbio S.
Agostino, le cui opere circolano a Firenze già dalla prima metà del '400. L'attenzione per le
questioni religiose si riflette sugli scritti giovanili di Ficino, ma soprattutto sulle opere della
maturità, dal De Amore (1474) alla Teologia platonica (1482), dal De Christiana religione
(1474), al De raptu Pauli (1476). Un punto di riferimento costante lungo tutto il percorso
formativo di Ficino saranno anche i testi della tradizione ermetica medioevale, al cui studio si
dedica dalla metà degli anni cinquanta. A Firenze circolano infatti numerosi codici contenenti
testimonianze su Ermete Trismegisto da parte di Cicerone, Lattanzio ed Agostino, ai quali si
affiancano vari scritti di Boezio; ma l'opera che può essere considerata vera e propria summa
della dottrina ermetica è l'Asclepius (IV sec.). L'influenza di questo antico testo arabo si
riflette su molti aspetti del pensiero ficiniano: la visione magica e sacerdotale del sapere,
inteso come dono divino, l'idea di un'unione tra sapienza e pietà religiosa, il considerare la
volontà divina come supremo principio creatore, e la convinzione della centralità dell'uomo
nell'ordine cosmico. L'autorità che Ficino riconosce ad Ermete poggia sulle testimonianze di
antichi pensatori, come Lattanzio, che nei suoi scritti lo definisce “una sorta di profeta
dell'avvento del cristo”, ma essa si fonda anche sull'antichità della sua figura, documentata
nelle opere di Cicerone, e di Agostino, oltre che di Lattanzio stesso. Così nel proemio al
Corpus hermeticum Ficino definisce Trismegisto “primo auctore della teologia”, in quanto
capostipite di un'antica sapienza confluita nel platonismo e perfettamente coerente con la
dottrina cristiana. Tutte queste suggestioni, che stimolano ed attraversano le teorie di Ficino,
8
sono implicitamente presenti nell'epistola Si ragiona de la Musica scritta all'amico Antonio
Canigiani. Questa lettera familiare rappresenta non solo una delle piø autorevoli
testimonianze sui rapporti tra musica e medicina nel Rinascimento, ma una vera e propria
“summa” del pensiero stesso di Ficino. In essa fluiscono suggestioni legate all'astrologia, alla
medicina, alla musica, che s'intrecciano in un tutto armonico ed unitario, avendo come
stimolo e fondamento le profonde credenze religiose. Scomporre il testo della lettera diventa
quindi un mezzo per potersi districare tra le fonti a cui Ficino attinge nel corso di tutta la sua
vita, ed identificare le linee di pensiero che ne nutrono le teorie. In questo modo l'intento di
dare risposta al quesito posto dall'amico Canigiani si traduce in un'esposizione dell'intero
pensiero ficiniano e dei procedimenti logici che lo alimentano.
9
☼ CAP.1 Musica e medicina
“Mi domandate, Canisiano mio, perchØ cagione con tan-
ta sollecitudine io mescoli gli studii de la Medicina
con quelli de la Musica, dicendo, che ha da fare la cetera
con le medicine. (...)”
Marsilio Ficino (1433-1499) mostra un profondo interesse per la musica, oggetto di molte
riflessioni nelle correnti neoplatoniche dell'umanesimo. Nel suo pensiero, come si evince
chiaramente dal Commentarium in Platonis Convivium de amore (1468), il bello dell'arte, ed
in particolare della musica, deriva da proporzioni legate non solo all'uomo ed alle sue attività,
ma all'universo intero. Queste considerazioni sono impregnate d' influssi pitagorico-platonici
derivati dallo studio e dalla traduzione di Pitagora (Aurea Verba, prima del 1464) e di Platone
(Opera Omnia, 1482) ed hanno come nodo centrale l'idea che l'uomo e l'universo siano
costituiti dalle stesse proporzioni armoniche. Secondo questa concezione esiste dunque una
musica divina, prodotta dalla consonanza tra le sfere del cielo, ed una musica umana, potenza
immaginativa in grado di portare l'anima verso l'armonia celeste e, grazie all'influsso della
poesia, direttamente a Dio. [1] Per i pitagorici, in particolare, la musica produce virtø e bene,
poichØ essa stessa è bene in quanto armonia, intesa come mescolanza e sintesi di contrari, e la
sua proporzione richiama ed imita l'armonia e l'unità del cosmo. La scoperta degli intervalli
basilari della musica dimostra l'esistenza di un ordine armonico intrinseco alla natura del
suono musicale, rivelazione di un linguaggio matematico, a sua volta espressione del divino.
L'ottava, la serie ordinata e proporzionata di suoni, diventa il riflesso dei rapporti matematici
presenti nel cosmo e la musica si mostra come forza universale in grado di equilibrare i
contrari e generare unità e concordia. Questo parallelismo tra armonia dell'uomo ed armonia
del cosmo viene sviluppato ed approfondito nel pensiero filosofico di Platone; nel Timeo
(365-347 a.C.) viene esposta una cosmologia che vede gli intervalli musicali consonanti come
pure traduzioni, nel mondo fisico dei suoni, di relazioni matematiche che vanno al di là
dell'esperienza sensoriale e che esprimono l'ordine cosmico. Tra il mondo delle forme
intellegibili e quello della realtà fenomenica si trova l'Anima del Mondo, la cui concordanza è
costituita da una serie in progressione aritmetica e geometrica, e rappresenta la legge
dell'universo a cui contribuiscono in modo coordinato tutte le discipline matematiche, quindi
anche la musica. [2] L'approccio matematico e cosmologico del pensiero pitagorico-platonico
trovano sintesi ed approfondimento nella figura di Severino Boezio e nei cinque trattati del De
institutione musica (500-507). Qui Boezio pone il numero alla base dell'ordine cosmico,