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INTRODUZIONE
Nel corso degli ultimi anni l’attenzione sul perseguimento di uno sviluppo
sostenibile, sullo sfruttamento razionale delle risorse presenti sul territorio e sul
risparmio energetico ha subito un incremento esponenziale, catturando
l’interesse dei media e dei governi.
La necessità di un maggiore ricorso alle fonti rinnovabili per
l’approvvigionamento energetico è stata dapprima colta in chiave comunitaria
e susseguentemente recepita dalle politiche dei singoli Stati Membri.
Gli obblighi presi in ambito comunitario costringono ogni singolo Stato ad
implementare le misure necessarie alla promozione delle fonti rinnovabili per il
raggiungimento di obiettivi ambiziosi, ma anche necessari.
Sebbene l’utilizzo della fonte idraulica per la produzione di energia elettrica
non goda del medesimo interesse ed attenzione degli organi di informazione e
delle autorità, questa rimane l’energia rinnovabile predominante sul territorio
italiano, con una storia che risale agli inizi del settore elettrico.
Lo scopo della tesi è di individuare gli aspetti fondamentali delle politiche
comunitarie e nazionali e di valutarne l’impatto passato sullo sviluppo
dell’idroelettrico e quello futuro.
Il presente elaborato viene suddiviso in quattro parti distinte, ognuna delle
quali può essere letta separatamente dalle altre, poiché tratta di aspetti
differenti che caratterizzano l’energia idroelettrica.
Il primo capitolo è dedicato ad una panoramica del settore elettrico italiano,
evidenziando il ruolo della produzione idroelettrica nello sviluppo industriale
del paese da fine XIX secolo sino alla nazionalizzazione del settore degli anni
sessanta e di come essa ha impattato da un punto di vista di migrazione
demografica nei territori del Nord Italia. Segue una breve sintesi
dell’evoluzione del sistema elettrico e come questo sia stato e sarà influenzato
dagli orientamenti comunitari in materia energetica.
La seconda sezione del primo capitolo è volta ad inquadrare il ruolo
dell’idroelettrico nel sistema energetico italiano, procedendo ad una semplice
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ma necessaria classificazione delle tipologie di impianti e di come essi sono
suddivisi sul territorio.
I restanti tre capitolo si occupano individualmente di analizzare le tre tematiche
fondamentali che influenzano o limitano lo sviluppo dell’idroelettrico in Italia,
nelle quali si cercherà di individuare gli elementi di debolezza che affliggono il
settore e gli elementi che potrebbero tracciarne e condizionarne lo sviluppo
futuro.
Il secondo capitolo è rivolto ad un’analisi della regolazione amministrativa e
legislativa che disciplina il settore idroelettrico. Viene suddiviso in tre macro
sezioni rivolte ad una trattazione delle normative inerenti alle concessioni, alla
disciplina dei canoni e dei sovracanoni di concessione e alle procedure
amministrative di autorizzazione degli impianti rinnovabili alimentati da fonte
idraulica.
Per la stesura del capitolo si è proceduto ad un’attenta analisi di materiale
pressoché totalmente di fonte legislativa, integrato dalla partecipazione a
convegni di esperti del settore.
Elemento comune dei tre aspetti citati è l’influenza delle problematiche
generate con l’introduzione da parte del legislatore con l’art.117, c.3 della
Costituzione del tema energia tra le materia a competenza concorrente tra
Regioni e Stato. In ogni sezione verranno quindi evidenziati gli elementi di
incertezza e le complicazioni causate dal decentramento delle competenze, che
paiono minare e limitare lo sviluppo delle rinnovabili e dell’idroelettrico, in
contrasto quindi con il dettato comunitario e le esigenze nazionali.
Il terzo capitolo è incentrato sui regimi di sostegno erogati dal Governo alla
produzione idroelettrica per promuoverne e sostenerne lo sviluppo.
La parte inziale, basata sulla lettura delle principali direttive comunitarie e sul
recepimento di esse nell’ordinamento giuridico italiano, fornisce un quadro
sull’indirizzo che verrà preso in tema di politiche energetiche.
Viene eseguita una trattazione effettuata grazie all’ausilio di rapporti statistici
dei differenti meccanismi di incentivazione e del loro funzionamento, erogati
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alla produzione idroelettrica dagli inizi degli anni novanta fino alla regolazione
attuale.
Segue un’analisi comparativa dei sistemi di incentivazione erogati dallo Stato
italiano alla produzione idroelettrica con i meccanismi utilizzati dai principali
produttori europei, individuandone le peculiarità e cercando di comprendere gli
eventuali elementi di divergenza, utilizzando i dati forniti da associazioni di
categoria, rapporti tecnici pubblicati da istituzioni e università e dal database
Hydi del progetto Stream Map finanziato dalla Commissione Europea.
Infine viene eseguita un’attenta lettura degli ultimi interventi normativi e su
come essi intervengano a modificare l’assetto dei regimi di sostegno,
valutandone anche il possibile impatto sullo sviluppo del settore.
Il capitolo conclusivo si suddivide in due differenti sezioni. Nella prima parte
vengono illustrati i temi della perseguibilità di uno sviluppo sostenibile, che
sappia combinare equamente tutela ambientale e sviluppo industriale e delle
fonti rinnovabili.
Viene quindi esaminata la direttiva 2001/60/CE, che promuove il buon
mantenimento delle acque nei territori dell’Unione e vengono messi in luce gli
elementi di contrasto e di contraddizione con le principali direttive comunitarie
rivolte alla promozione delle FER.
Viene quindi analizzato l’impatto potenziale e le limitazioni all’espansione
produttiva dell’idroelettrico nel caso la direttiva fosse recepita rigidamente
dall’ordinamento nazionale.
L’ultima sezione è dedicata ad un’analisi competitiva dell’idroelettrico,
cercando di comprendere se la predominanza di tale tecnologia sul resto delle
fonti rinnovabili sia motivata da una efficienza energetica superiore o sia
imputabile unicamente ad una tecnologia più semplice disponibile oramai da
più di un secolo. Un confronto con le altre fonti rinnovabili avvalendosi di
studi tecnici e dell’ausilio degli indici più diffusi permetterà di dare una
risposta il più possibile attendibile ed oggettiva.
Infine la parte conclusiva fornisce un resoconto dei risultati che sono emersi
nell’analisi delle singole tematiche e valutando le più recenti politiche
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implementate a favore di una riduzione delle barriere allo sviluppo della fonte
idraulica, già evidenziate e descritte dal rapporto OPTRES 2007, indicando
quali possano essere gli sviluppi futuri e le possibili limitazioni.
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1 L’ENERGIA IDROELETTRICA IN ITALIA TRA
SVILUPPO INDUSTRIALE ED ENERGIE RINNOVABILI
1.1 Premessa storica del settore idroelettrico
1.1.1 Gli esordi del settore elettrico
Nel 1882 il Comitato per l’applicazione dell’elettricità sistema Edison realizzò
un esperimento dimostrativo al teatro Scala di Milano alimentando tramite
dinamo novantadue lampadine: questo episodio sancisce simbolicamente
l’inizio dell’industria elettrica italiana.
Un anno più tardi, sempre a Milano, fu messo in azione il primo impianto
termoelettrico di illuminazione in Europa, brevettato dalla nascente Società
generale italiana di elettricità sistema Edison.
Sebbene fino ai primi anni novanta del XIX secolo la produzione elettrica
crebbe a ritmi piuttosto blandi, fu l’introduzione della corrente elettrica
alternata trifase nel 1891 a rappresentare l’innovazione tecnologica decisiva,
che aprì la strada dello sviluppo all’intero settore elettrico. Tale invenzione
avrebbe consentito l’estensione della lunghezza della rete di trasmissione e la
costruzione di impianti di maggior potenza e dimensione.
Grazie al progresso tecnologico consentito dalle trasmissioni a grande distanza,
furono costruiti in Italia tra il 1898 e il 1900 i primi grandi impianti idroelettrici
di Paderno d’Adda e di Vizzola Ticino. L’impegno finanziario richiesto per la
costruzione dei nuovi impianti e la possibilità di conseguire notevoli economie
di scala concentrando la produzione portarono il settore ad auto configurarsi
oligopolisticamente.
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Le forti immobilizzazioni e la crescente necessità nel ricorrere a finanziamenti
esterni portarono gli istituti bancari ad entrare progressivamente nel capitale
sociale delle imprese elettriche, arrivando anche a detenerne quote rilevanti.
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Pavese, 1986
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I primi anni dell’avvio del settore furono quindi caratterizzati da un intervento
pubblico molto limitato, mentre svolgeva il ruolo di protagonista
l’imprenditoria privata, grazie al sostegno degli istituti bancari e finanziari. Tra
gli operatori principali che si spartirono il mercato italiano agli esordi si
possono citare: la Edison, fondata a Milano nel 1883, si sviluppò
principalmente dopo la prima guerra mondiale grazie al sostegno
dell’imprenditoria lombarda, del Credito Italiano e della Banca italiana di
sconto. Manterrà la leadership fino al 1962 operando prevalentemente in
Lombardia e nell’Italia settentrionale.
- La Società meridionale di elettricità (SME), nacque a Napoli nel 1899,
diventando in pochi anni il primo operatore del Mezzogiorno.
- La Società adriatica di elettricità (SADE), venne costituita a Venezia nel
1905, fu sostenuta dalla Banca commerciale italiana
- La Società idroelettrica Piemonte (SIP) nacque nel 1918 dalla
trasformazione in società elettrica della Società elettrochimica di Pont
Saint Martin. Dopo la Grande Guerra il controllo passò alla Banca
commerciale italiana e ad industriali piemontesi.
- La Centrale, grazie all’aiuto della Banca commerciale italiana venne
fondata come holding finanziaria operante prevalentemente nell’Italia
centrale.
- La Unes nacque nel 1905 dal raggruppamento di molte piccole imprese
operanti localmente nell’area centro-adriatica
- La Bastogi, venne costituita come Società italiana per le strade ferrate
meridionali e successivamente alla nazionalizzazione del sistema
ferroviario impiegò ingenti mezzi finanziari diversificando soprattutto nel
settore elettrico.
Le società sopra nominate possedevano partecipazioni anche in altri settori e si
caratterizzarono per i numerosi incroci azionari, costituendo una rete di
imprese direttamente o indirettamente collegate che si spartirono i diversi
mercati elettrici. Essendo localizzate in zone geograficamente distinte, esse
operavano nei confini regionali in posizione monopolistica. In ogni caso la
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concorrenza tra questi gruppi non avvenne sui prodotti offerti, quanto sul
controllo delle società stesse. Le società sopracitate rappresentano i principali
operatori affacciatisi sul mercato italiano dell’elettricità, tuttavia erano assai
numerose le imprese e i consorzi di dimensioni più contenute diffuse a livello
strettamente locale, che comunque verranno trattate parzialmente nei paragrafi
dedicati ai casi piemontese, lombardo e trentino.
Nonostante i progressi tecnologici avrebbero favorito un ricorso ad impianti di
generazione termoelettrica, in Italia iniziò ad affermarsi la produzione
idroelettrica, prevalentemente di tipo fluente.
La mancanza di una dotazione sufficiente al fabbisogno nazionale della risorsa
fossile rappresentava un forte ostacolo allo sviluppo industriale dell’Italia,
portando a considerare come un valido sostituto la fonte idraulica.
Con l’avvicinarsi e il susseguente scoppio della prima guerra mondiale furono
messi in risalto i problemi di approvvigionamento del sistema italiano,
determinati da un eccessiva dipendenza estera dalle importazioni di fonti
energetiche tradizionali.
Inoltre la produzione termoelettrica subì un forte rallentamento causato
dall’aumento del prezzo del carbone, il quale prevalentemente importato,
costava fino a cinque-sei volte il corrispettivo pagato nei paesi produttori.
Le varie teorie che promuovevano un maggiore diffusione della risorsa
idraulica sostenevano che essa avrebbe permesso di ridurre la dipendenza
nazionale dalle importazioni estere e di ridurre i costi di produzione utilizzando
una materia prima abbondante sul territorio e meno costosa del carbone. Le
possibilità di sostituzione del combustibile fossile con la risorsa idrica furono
però sopravvalutate, non tenendo conto delle differenze qualitative delle
diverse fonti. Considerando l’aspetto produttivo, si rileva come le nuove
invenzioni e le tecniche relative alla costruzioni di impianti e macchinari
fossero oggetto di una rapidissima evoluzione e conseguente diffusione
internazionale.
Nonostante il ritardo cronico nazionale a livello industriale nel periodo
prebellico, proprio la facilità nell’ottenere forniture di componentistica
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all’avanguardia e la facilità di circolazione del know-how produttivo e
gestionale, consentirono all’Italia di non risentire eccessivamente del gap con i
principali paesi europei in termini di produzione elettrica.
Grazie all’iniziale e totale dipendenza dalle importazioni di macchinari
elettromeccanici e dei materiali impiegati dai paesi più avanzati, lo sviluppo
del settore elettrico nazionale risultava essere in linea con gli altri paesi
europei, a dispetto dell’arretratezza industriale globale dell’economia italiana.
Secondo rilevazioni effettuate prima del conflitto bellico emerse che nel 1914,
considerando la potenza installata, la produzione idroelettrica superava il 90%
della potenza installata complessiva, ponendo l’Italia, in condivisione con la
Francia, al primo posto in Europa nella produzione elettrica da fonte idraulica.
Inoltre va evidenziata nel caso italiano una netta prevalenza degli impianti
installati da imprese commerciali, con una limitata presenza degli impianti
autonomi. La dinamicità dell’imprenditoria e lo scarso peso degli impianti
autonomi consentì di raggiungere una migliore allocazione delle risorse e della
potenza installata, con la produzione che andava concentrandosi negli impianti
a bacino di maggiori dimensioni.
Sebbene la dimensione della potenza installata sul territorio posizionava l’Italia
al quinto posto a livello mondiale, risulta necessario evidenziare la totale
mancanza di un’industria produttrice di materiale elettrico. L’assenza di
un’industria produttiva nazionale faceva sì che l’Italia risultasse essere un
mercato altamente attrattivo per le imprese elettrotecniche ed
elettromeccaniche operanti a livello internazionale, in particolare tedesche. Va
rilevato a tal proposito che metà degli investimenti effettuati fino al 1914
nell’industria elettrica italiana e nel capitale delle imprese fossero di
provenienza tedesca, con il fine di collocare sul mercato macchinari, materiali
ed utensili.
La Germania, che si contende il ruolo di partner principale per importazioni di
macchinari e materiale elettrico con Svizzera fino a fine ‘800, diventò il
principale fornitore con il nuovo secolo, arrivando a detenere una quota
dell’80% delle importazioni italiane.
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Questi fattori spiegano il perché molti storici parlino, riferendosi all’industria
elettrica italiana, di una terra soggetta al <<colonialismo tecnologico
tedesco>>.
Se la prevalenza degli investimenti stranieri
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risultava evidente fino ai primi
anni del novecento, a partire dal 1904 si deve registrare la presenza sempre più
consistente delle iniziative a capitale italiano, che competevano per
l’accaparramento delle concessioni di derivazione più redditizie.
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È proprio la maggior presenza degli investimenti italiani, spinti anche dalla
statalizzazione delle ferrovie e dall’impegno finanziario profuso della Bastogi,
che consentirono di ridurre, pur marginalmente, la dipendenza italiana dalla
tecnologia tedesca, favorendo lo sviluppo di componentistica italiana.
Inoltre la totale prevalenza della produzione idroelettrica, permise di sviluppare
una sorta di specializzazione, raggiungendo un ottimo livello di capacità nella
gestione dei corsi d’acqua e nella costruzione degli impianti idrici.
Il comparto elettrico si configurò ben presto come uno dei settori trainanti
dell’intero sistema economico e finanziario italiano fino agli anni’50.
La specializzazione della produzione nell’idroelettrico consentì infatti di
acquisire un elevato know-how nella trasmissione e nella costruzione di tali
impianti, portando ad affermarsi, seppur lentamente, la produzione interna
delle componenti elettriche utilizzate sia nelle infrastrutture di trasmissione sia
nella installazione degli impianti.
La spiccata prevalenza dell’idro sul termoelettrico, già avviata nei primi del
novecento, avrebbe trovato conferma per decenni nella storia dell’industria
elettrica italiana alimentata inoltre dalla nuova tendenza nella costruzione degli
impianti idroelettrici a bacino, più potenti di quelli a tecnologia fluente fino ad
allora maggiormente diffusi.
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Si ricorda la prevalenza degli investimenti effettuati negli ultimi anni del XIX dalle società
finanziarie tedesche Aeg e Siemens & Halske e Schuckert.
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Sono considerati più redditizi gli impianti che non necessitano di opere idrauliche
onerosissime come i serbatoi di regolazione.