Dopo una panoramica sull’evoluzione della normativa in tema di
obbligazioni bancarie, si è proseguito con un’analisi sulle
caratteristiche tecniche delle obbligazioni. In seguito alle maggiori
opportunità consentite dalle nuove Istruzioni di vigilanza di Banca
d’Italia nell’ambito dell’attività di emissione di obbligazioni, si
sono potuti verificare i cambiamenti introdotti dalle banche negli
elementi tecnici delle obbligazioni più recenti. La situazione
congiunturale creata dalla riforma fiscale del 1996, che ha reso
sconvenienti per i risparmiatori i certificati di deposito a medio-
lungo termine, ha poi contribuito ad incentivare un utilizzo
generalizzato dello strumento, visto il consistente afflusso di
prestiti bancari sul mercato: le nuove forme tecniche dei prestiti
obbligazionari li rendono assimilabili ai certificati di deposito e ciò
ha certamente favorito l’effetto sostituzione fra i due strumenti.
Nella seconda parte del lavoro, l’analisi si è spostata sulle
emissioni quotate nel mercato regolamentato (MOT). Dopo una
sintetica presentazione dei regolamenti e delle modalità operative
del MOT, l’attenzione si è concentrata sul comparto
obbligazionario del mercato, del quale peraltro le obbligazioni
bancarie costituiscono la principale componente. Nonostante i
benefici effetti della negoziazione telematica e il consistente
afflusso di prestiti dal luglio 1996, il MOT continua a mostrare
elementi di problematicità: l’analisi, svolta a livello generale,
mostra che gli scambi sui titoli obbligazionari sono marginali se
confrontati con quelli relativi ai titoli di Stato e, in conseguenza di
ciò, che la maggioranza delle emissioni quotate presenta evidenti
problemi di liquidità, dovuti anche alla mancata standardizzazione
dei prestiti da parte degli emittenti. In seguito a quanto è emerso
nell’analisi, svolta anche a livello di microstruttura, si è cercato di
individuare quali potrebbero essere gli interventi idonei a fare del
MOT un mercato efficiente attraverso una verifica degli elementi di
criticità: sulla base di alcune proposte già presentate da importanti
associazioni, quali ad esempio ABI ed Assobat, si sono evidenziate
le cause di questo stato di crisi del mercato ipotizzandone poi le
relative soluzioni per giungere ad una sua rivitalizzazione.
Successivamente, si è cercato di individuare quali sono i fattori
rilevanti nella scelta da parte di una banca di portare o meno in
quotazione i propri titoli obbligazionari, al di là dei vincoli di
legge, sulla base di un’analisi del tipo “costi-benefici”; in secondo
luogo, é stato effettuato un confronto fra due gruppi di prestiti,
quotati e non quotati, per valutare quali sono i tassi di rendimento
applicati alle due tipologie di emissioni e soprattutto se sono
allineati rispetto ai rendimenti di mercato. Per fare ciò i rendimenti
delle emissioni del campione sono stati valutati rispetto ad un
benchmark di riferimento appositamente scelto; il confronto si è
poi svolto considerando i differenziali di rendimento percentuali.
Infine, si è cercato di dare risposta al quesito di scelta fra le due
opzioni (quotazione e non quotazione), non solo valutando
l’interesse della banca ma anche le esigenze degli investitori.
L’ultima parte della trattazione è invece dedicata ad una verifica
degli effetti portati dall’utilizzo delle obbligazioni quali strumento
di raccolta nell’ambito delle scelte relative all’attività di raccolta
delle banche. A questo proposito, dopo aver brevemente accennato
quali dovrebbero essere gli obiettivi e i vincoli delle politiche di
raccolta in una banca, si è analizzato come è variata la
composizione della raccolta bancaria nel corso degli anni Novanta,
prima considerando la generalità degli istituti di credito poi
soffermandosi in particolare sulle banche che svolgono raccolta
prevalentemente a breve termine. Per queste ultime si è notata con
maggiore evidenza una ricomposizione della raccolta verso gli
strumenti a medio-lungo termine (tra i quali le obbligazioni hanno
assunto un ruolo fondamentale), particolarmente accentuata nelle
banche di medie e piccole dimensioni. Quest’ultimo risultato è
emerso in seguito ad un’analisi svolta su un campione di banche
suddivise per categorie dimensionali, la quale ha mostrato anche un
costo medio dei vari strumenti di raccolta (nonché della raccolta nel
suo complesso, rappresentata dalle passività onerose) molto diverso
a seconda della categoria di appartenenza. Infine, si è cercato di
motivare l’effetto di sostituzione fra certificati di deposito ed
obbligazioni non come mera reazione al cambiamento di fattori
esogeni ma come esigenza di incremento della durata media delle
passività alla luce del progressivo allungamento della scadenza
media degli investimenti effettuati.
CAPITOLO PRIMO
EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA
IN TEMA DI OBBLIGAZIONI BANCARIE
Premessa
Prima di analizzare l’attuale quadro normativo e regolamentare
relativo all’emissione di obbligazioni da parte delle banche, è
opportuno fare un passo indietro e ripercorrere tappa dopo tappa le
modifiche che si sono susseguite nella normativa stessa, partendo dalla
Legge bancaria del 1936 fino ad oggi.
Contemporaneamente, si cercherà di dare una motivazione a tali
cambiamenti, inquadrando a tale scopo l’evoluzione nel tempo del
sistema bancario, degli operatori e degli strumenti nell’ambito dei
mercati mobiliari.
1.1 La Legge bancaria del 1936
Nell’ambito di questa legge, che raccoglie un insieme di norme per la
regolamentazione del sistema creditizio, si fa riferimento alle
obbligazioni in soli due articoli, precisamente all’art.2 quarto comma e
all’art.44. Tali norme sancivano sostanzialmente un generale divieto di
emissione di prestiti obbligazionari, valido in assoluto per le aziende
di credito. Per questa attività era invece prevista una riserva a favore
degli istituti di credito speciale (a medio-lungo termine) definiti
dall’art.41, che potevano dunque effettuare raccolta a medio-lungo
termine tramite questo strumento: l’emissione era comunque
subordinata ad una preventiva autorizzazione della Banca d’Italia (che
peraltro era necessario precedesse ciascuna emissione), fatta altresì
salva l’applicazione di tutte le altre limitazioni disposte dalle leggi o
dagli statuti.
La disciplina in tema di obbligazioni era dunque coerente con il
principio della “specializzazione bancaria”, fondato sulla durata delle
operazioni di raccolta: esisteva infatti una distinzione tra gli enti
raccoglitori di risparmio a breve termine, cioè le aziende di credito e
gli enti che raccoglievano a medio-lungo termine, cioè gli istituti di
credito. Queste diverse modalità operative a livello di raccolta si
ripercuotevano automaticamente anche sulle operazioni di impiego e
ciò comportava l’esistenza di una diversa disciplina generale per le
due categorie di imprese, specialmente per l’intensità della vigilanza
sulla gestione, allo scopo di impedire che le imprese bancarie che
raccoglievano risparmio a breve effettuassero operazioni di impiego
incompatibili con le caratteristiche della provvista. Alle aziende di
credito era dunque preclusa la raccolta attraverso i prestiti
obbligazionari e questo segnava una significativa limitazione alla loro
operatività. La legge bancaria dunque non aveva eliminato le varie
categorie di aziende ed istituti di credito, ma si limitava a
regolamentare gli operatori in modo differenziato mantenendo così un
sistema creditizio di tipo “pluralistico”
1
.
La situazione è rimasta pressoché inalterata per circa cinquant’anni:
negli anni successivi all’emanazione della Legge bancaria, infatti,
l’unico provvedimento degno di nota risale al 1963. La disciplina della
raccolta in titoli da parte delle banche era contenuta in una delibera del
Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio del 28 gennaio
1963, che peraltro non faceva che ribadire i limiti di operatività delle
aziende di credito rispetto agli istituti di credito. In base al
provvedimento, la raccolta di risparmio soggetta a vincolo non
inferiore a 18 mesi e non superiore ai 60 mesi era riservata agli istituti
di credito come definiti dalla allora vigente Legge bancaria e dal
1
Si veda in proposito R. Costi, L’ordinamento bancario, Il Mulino, Bologna, 1994,
successivo d.lgs. 23 agosto 1946 n.370. Per intravedere le prime
deroghe in questo ambito, dobbiamo attendere gli anni Ottanta.
1.2 I cambiamenti negli anni Ottanta e Novanta
Le esigenze di riforma dell’ordinamento bancario sono innanzitutto da
ricercarsi nelle modificazioni che si sono verificate all’interno del
mercato finanziario proprio nei primi anni Ottanta. Gli elementi nuovi
che hanno sollecitato un intervento a livello normativo sono stati
sostanzialmente due: una massiccia comparsa di nuovi prodotti
finanziari e l’ingresso sul mercato di nuovi intermediari finanziari, che
per la prima volta hanno fatto sorgere il problema della concorrenza.
La spinta per una riforma viene dunque dall’interno del sistema stesso,
in quanto gli operatori si rendono conto che è possibile raggiungere
maggiori livelli di efficienza offrendo alla clientela tutta la gamma dei
prodotti finanziari presenti sul mercato; infatti, aziende ed istituti di
credito ampliano sempre più il proprio ambito operativo riducendo
progressivamente le differenze fra le attività da ciascuno di essi
esercitate, dando così vita al fenomeno della “despecializzazione
bancaria”
2
.
A questo punto si impone un intervento delle autorità competenti sia
p. 45.
per rimuovere i vincoli giuridici che limitano gli ambiti operativi degli
enti creditizi sia per rendere più omogenea la normativa di vigilanza
sull’attività svolta, anche in vista del recepimento della Prima direttiva
comunitaria di coordinamento bancario approvata nel 1977. I primi
provvedimenti, infatti, riguardano proprio l’attività di vigilanza: nel
1981 vengono unificate le forme di controllo per aziende ed istituti di
credito. Nel 1985 viene recepita nel nostro ordinamento la Prima
direttiva comunitaria e ciò comporta l’introduzione di norme che
rendono l’ordinamento italiano coerente con quello degli altri paesi
della Comunità
3
.
Le prime riforme in materia di emissioni obbligazionarie sono
contenute in due decreti legislativi emanati negli anni Novanta: il
primo (d. lgs. del 20 novembre 1990 n.356) si limita a semplificare la
disciplina per tutte le società bancarie aventi per oggetto la raccolta del
risparmio a medio e lungo termine senza quindi innovare radicalmente
il sistema vigente (vengono previste solo alcune deroghe in caso di
operazioni di ristrutturazione e concentrazione, anche a seguito
dell’introduzione del modulo societario per le banche, in linea con le
leggi comunitarie); il secondo (d. lgs. del 10 settembre 1991 n.302)
2
Si veda R. Costi, op. cit., pagg. 51 e ss.
3
Si veda ABI, Dalla legge bancaria del 1936 al Testo Unico: profili operativi,
1995.
non fa che prendere atto dell’avvenuto processo di despecializzazione,
confermando per gli enti creditizi la possibilità di emettere
obbligazioni indipendentemente dal tipo e dalla natura giuridica degli
enti stessi previo benestare della Banca d’Italia (art.2 quarto comma).
Nonostante questi provvedimenti, il quadro normativo relativo
all’emissione di prestiti obbligazionari resta sostanzialmente
immutato; si deve attendere l’attuazione della Seconda direttiva
comunitaria in materia bancaria per vedere nuovamente ridisegnata la
disciplina in materia.
1.3 Il Testo Unico in materia bancaria e creditizia
La Seconda direttiva comunitaria è stata approvata nel 1989, ma è
stata recepita nel nostro paese solo nel 1992, precisamente con il
decreto attuativo n.481 del 14 dicembre. All’art.3 del suddetto decreto
si regolamenta la raccolta di fondi presso il pubblico dei risparmiatori,
attività per la quale è prevista una riserva a favore degli enti creditizi.
Il successivo art.4, invece, fa preciso riferimento all’emissione di
obbligazioni da parte degli enti creditizi: l’attività è disciplinata dalla
Banca d’Italia in conformità alle delibere del CICR e può essere svolta
da tutti gli enti creditizi quando lo statuto lo prevede. L’emissione
deve essere deliberata dal consiglio di amministrazione. In ogni caso,
ai prestiti ordinari non si applicano le norme previste dal Codice
Civile per le società per azioni (resta ferma la disciplina del C.C. per
le obbligazioni convertibili). E’ inoltre data possibilità di stanziare le
obbligazioni in anticipazione presso la Banca d’Italia.
Le norme previste dal decreto attuativo costituiscono i principi cardine
della “nuova legge bancaria”, un insieme di norme e regolamenti
contenuti nel d.lgs. 1 settembre 1993 n.385, meglio conosciuto con il
nome di Testo Unico in materia bancaria e creditizia.
Il Testo Unico tratta delle obbligazioni agli artt. 12 e 148;
quest’ultimo, in realtà, non fa che ribadire la possibilità di stanziare i
titoli in anticipazione presso Banca d’Italia. Il fatto che la norma
suddetta rientri fra le disposizioni transitorie e finali è giustificata dal
fatto che l’attività di rifinanziamento del sistema bancario non è al
momento oggetto di coordinamento legislativo
4
.
Fondamentali sono invece le norme sancite dall’art. 12 del TU, che
riprende il contenuto dell’art. 4 del d.lgs. 481/92 e razionalizza il
regime della provvista delle banche sotto forma di obbligazioni e titoli
di deposito. Nel primo comma, infatti, viene concessa a tutti gli enti
creditizi, in qualsiasi forma costituiti, la possibilità di emettere
obbligazioni anche convertibili, nominative o al portatore. La
gradualità con la quale si è giunti alla completa liberalizzazione rivela
4
Si veda ABI, op. cit., 1995.
che l’intento perseguito delle autorità di vigilanza era quello di
consentire alle banche di acquisire il necessario know-how in materia
di obbligazioni, per favorire la creazione di un mercato con
caratteristiche di ampiezza e spessore
5
. Ritengo comunque più
opportuno fare specifico riferimento alla normativa prevista per le
obbligazioni ordinarie, oggetto della mia analisi: verranno dunque
trascurate le precisazioni sulle altre tipologie di emissioni, quali ad
esempio convertibili, subordinate o irredimibili.
Nel comma 2 viene disposta l’ammissione di diritto alle quotazioni di
Borsa delle obbligazioni emesse da banche con azioni quotate,
procedura molto più snella con la quale si vorrebbe facilitare
l’ingresso sul mercato ai prestiti obbligazionari dei maggiori istituti
(disposizione che risulterà peraltro abrogata con effetto dall’entrata in
vigore del d.lgs. 23 luglio 1996 n.415 attuativo della direttiva
Eurosim). Nel terzo comma, invece, si sottraggono le emissioni delle
banche alla disciplina codicistica prevista per la generalità delle
imprese e viene fissato che le emissioni stesse siano deliberate
dall’organo amministrativo e non più dall’assemblea dei soci.
L’emissione di obbligazioni resta comunque disciplinata da Banca
d’Italia in conformità ai criteri stabiliti dal CICR: l’organo di vigilanza
5
Si veda in proposito A.Gersandi, Le obbligazioni delle banche dopo la “Manovra
può peraltro differire o vietare l’emissione o il collocamento di
obbligazioni che possano compromettere la stabilità del mercato dei
valori mobiliari. Questo “potere di veto” attribuito a Banca d’Italia le
consente di valutare le caratteristiche delle diverse emissioni e di
verificarne la congruità con quelle dei titoli già presenti sul mercato,
ora che per l’emissione non è più richiesta autorizzazione dell’organo
di vigilanza ma solo una comunicazione: questa disposizione è
contenuta nell’art.129, nel quale peraltro è specificato che essa è
necessaria solo qualora il valore nominale del prestito superi i 10
miliardi. Tale comunicazione può essere effettuata attraverso una delle
tre modalità previste:
- ordinaria, con la quale si forniscono informazioni su quantità ed
importo dei titoli, caratteristiche finanziarie e modalità e tempi di
attuazione dell’operazione; deve essere effettuata non meno di 20
giorni prima della data di inizio dell’operazione;
- cumulativa, che consente di effettuare un’unica comunicazione
relativa a tutte le operazioni da realizzare nell’arco di un semestre; non
sono richieste ulteriori formalità se i prestiti hanno caratteristiche
standard
6
o se l’importo della singola operazione non eccede i 300
Prodi”, in Banche e banchieri n.5-1996, pagg. 501-508.
6
Cedola semestrale o zero coupon, durata non inferiore a tre anni, rimborso
anticipato consentito trascorsi 18 mesi dall’emissione, rendimento coerente con i
tassi di mercato, parametri di indicizzazione del mercato monetario (Bot, Libor,
miliardi (in tutti gli altri casi, è necessaria una comunicazione
ordinaria); la comunicazione deve essere inviata a Banca d’Italia entro
il 30 novembre ed il 31 maggio rispettivamente per il primo ed il
secondo semestre;
- abbreviata, che può essere effettuata quando si tratti di prestiti emessi
o garantiti da soggetti qualificati (ad esempio, banche residenti in
paesi aderenti all’OCSE) ovvero per emissioni non eccedenti i 300
miliardi; l’operazione può essere realizzata trascorsi 5 giorni dal
ricevimento della comunicazione da parte di Banca d’Italia.
In ciascuno dei tre casi previsti, Banca d’Italia può richiedere
informazioni integrative: in tal caso l’operazione può essere effettuata
dopo 20 giorni dalla comunicazione integrativa.
Da questa sintesi emergono già gli elementi innovativi contenuti nel
TU: innanzitutto la possibilità per le banche di emettere obbligazioni
anche quando ciò non sia espressamente previsto a livello statutario.
E’ evidente la contrapposizione con la legge del 1936, che
sostanzialmente disincentivava l’utilizzo di tale strumento (o, in certi
casi, lo vietava)
7
.
Ribor) o a medio-lungo termine (Rendistato), tasso nominale minimo garantito sulla
base delle condizioni di mercato. Si veda in proposito M. Del Fante, Le emissioni
obbligazionarie in Italia: il quadro normativo, in Bancaria n.7-8/1996, pagg. 86-90.