CAPITOLO 1
INTRODUZIONE
1.1 CONSIDERAZIONI GENERALI
Negli ultimi decenni le tematiche ambientali hanno, nel mondo
intero, conquistato progressivamente l‟interesse della collettività.
Le strutture istituzionali, politiche ed economiche hanno
mostrato una crescente attenzione ai problemi dell‟inquinamento e
della gestione delle risorse ambientali, influenzando l‟ordinamento
giuridico.
Il diritto ambientale si pone oggi specifiche finalità legate alla
protezione e alla salvaguardia della qualità della vita, alla gestione
razionale delle risorse, alla messa in atto di strategie di prevenzione,
finalità che tentano di conciliare, soprattutto, aspetti considerati tra
loro parzialmente divergenti: la protezione ed il risanamento
ambientale e lo sviluppo economico.
“L‟espansione economica non deve essere fine a se stante, ma
deve tradursi in un miglioramento della qualità e del tenore di vita”.
È necessario, dunque, avviare un processo nel quale lo
sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti,
l‟orientamento dello sviluppo tecnologico ed il cambiamento
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istituzionale siano tutti in armonia ed accrescano le potenzialità
presenti e future per soddisfare le aspirazioni e i bisogni umani.
Particolare attenzione è ovviamente dedicata al comparto dei
rifiuti.
Negli ultimi anni si è assistito all‟incremento esponenziale della
produzione di rifiuti, dovuto all‟aumento dei consumi, conseguenza
prima dell‟accresciuto benessere economico. Questo fenomeno ha
fatto sì che la politica di gestione dei rifiuti, da semplice
allontanamento degli stessi dalle strade mutasse in problema all‟ordine
del giorno, creando grossi dilemmi organizzativi e aspre conflittualità
sociali.
Il problema della gestione e dello smaltimento dei rifiuti ha,
dunque, cominciato ad assumere una certa rilevanza, balzando sempre
più spesso agli onori della cronaca e causando delle vere e proprie
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emergenze socio-ambientali ed igienico-sanitarie .
Questo spiega perchè la disciplina dei rifiuti, sia in ambito
comunitario, sia in ambito nazionale, ha subito una notevole
evoluzione ed importanti modifiche di regolamentazione rispetto
all‟originaria formulazione. In Italia e nell‟Europa tutta sono, ormai da
anni, in atto importanti processi di mutamento delle “vecchie
politiche”.
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In particolare in Campania, dal 1994, passando per periodi di maggiore o minore criticità, la crisi
dei rifiuti ha raggiunto livelli allarmanti. Numerose ne sono le cause: i rifiuti non sono raccolti
regolarmente, manca una politica di riduzione degli stessi e si assiste al sistematico e continuo
sabotaggio della raccolta differenziata e degli impianti di combustibile derivato dai rifiuti (C.D.R.)
(alcuni dei quali, peraltro, sequestrati dalla magistratura perché non a norma, e quindi mai
effettivamente utilizzati). Il risultato è la presenza nelle strade della regione, e soprattutto delle
province di Napoli e Caserta, di cumuli disordinati e malsani di rifiuti che creano gravi rischi per
la salute dei cittadini, oltre a diversi problemi di ordine pubblico.
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Il presente lavoro è così improntato ad analizzare il modo in cui
le istituzioni europee hanno affrontato l‟emergenza rifiuti,
inizialmente soffermandosi su un‟analisi dettagliata della politica
ambientale comunitaria per poi concentrarsi sui principi cardine del
diritto ambientale sia a livello comunitario, sia a livello nazionale.
Una seconda fase del lavoro è stata dedicata ad esaminare
l‟evoluzione della normativa comunitaria, nazionale e regionale in
materia a partire dagli anni „40.
La terza fase del lavoro è, infine, stata orientata ad analizzare il
rapporto Europa-Italia in tema di emergenza rifiuti: si sono così
esaminati gli strumenti tramite i quali la Comunità europea ha reagito
al problema italiano, in particolar modo attraverso la procedura
d‟infrazione, sostanzialmente diretta a porre termine alla violazione
del diritto comunitario e ad assicurare che il comportamento dello
Stato membro sia conforme al dettato delle norme comunitarie, sono
stati esposti alcuni casi di inquinamento ambientale in Italia ed infine
è stata trattata, dettagliatamente, la situazione creatasi nella città di
Napoli.
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1.2 POLITICA AMBIENTALE COMUNITARIA
Nella sua versione originale, firmata a Roma nel 1957, il
Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea (CEE), non
disciplinava le tematiche ambientali, sia per motivi temporali (si
consideri che negli anni „50-„60, malgrado il verificarsi di alcuni
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gravissimi episodi, quali il disastro della Torrey Canyon o il morbo di
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Minamata, il problema ambientale si poneva in termini soprattutto
teorici e la maggioranza dei Paesi avvertiva solo in linea molto
generale l‟esigenza di azioni volte a contenere l‟inquinamento), sia per
ragioni legate all‟impostazione che la Comunità aveva, ancora
“economica” e dedicata quasi esclusivamente alla creazione di un
mercato unico tra gli Stati membri.
Mancavano, pertanto, in una prima fase, principi, politiche,
azioni e norme ambientali comunitarie.
Dalla fine degli anni „60, la Comunità iniziò, però, ad emanare
direttive e regolamenti aventi ad oggetto la disciplina delle attività
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La Torrey Canyon era una petroliera (liberiana) capace di trasportare 120.000 tonnellate di
petrolio greggio, che si arenò al largo della Cornovaglia nel 1967, causando un disastro
ambientale. Per evitare altri danni alle coste francesi e inglesi, dato che il mare mosso impediva un
intervento adeguato, il governo inglese ordinò alla RAF (Royal Air Force) di bombardare la nave
ed incendiare il petrolio fuoriuscito.
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Il morbo di Minamata (水俣病 Minamata-byō), a volte chiamata sindrome di Minamata o
malattia di Chisso-Minamata (チッソ水俣病 Chisso-Minamata-byō), è una sindrome neurologica
causata da intossicazione acuta da mercurio. La malattia di Minamata è stata scoperta per la prima
volta a Minamata, città della Prefettura di Kumamoto in Giappone, nel 1956, ed ebbe origine dal
rilascio di metilmercurio nelle acque reflue dell‟industria chimica Chisso Corporation. Questo
composto chimico altamente tossico si accumulò nei molluschi, nei crostacei e nei pesci della baia
di Minamata e del mare di Shiranui, entrando nella catena alimentare e causando così
l‟avvelenamento da mercurio degli abitanti del luogo. A dispetto dei continuati decessi (inclusi
quelli di cani, gatti e maiali) per più di trenta anni, il governo e l‟industria chimica fecero ben poco
per prevenire il disastro ambientale. Circa 2.265 vittime sono state ufficialmente riconosciute fino
al marzo 2001 (1.784 delle quali sono morte) e più di 10.000 hanno ricevuto risarcimenti dalla
Chisso. Le cause e le richieste di risarcimento continuano tutt'ora.
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inquinanti, la gestione delle risorse naturali, la salvaguardia
dell‟habitat naturale, lo smaltimento dei rifiuti, la protezione della
biodiversità e negli anni „70 il diritto comunitario dell‟ambiente subì
un‟accelerazione sostanziale.
Nel 1970 un Memorandum dichiarò come i bisogni ambientali
erano stati fino a quel momento sottovalutati, nel 1971, in una
comunicazione, si affermò che sarebbe stato più corretto ed efficiente
affrontare i problemi ambientali a livello comunitario anziché a livello
di accordi tra singoli Stati e finalmente, nel 1972, a seguito della
Conferenza delle Nazioni Unite sull‟ambiente, svoltasi a Stoccolma, la
Comunità europea, nella riunione dei Capi di Stato e di Governo
tenutasi a Parigi nell‟ottobre dello stesso anno, sottolineò la necessità
di creare una politica comunitaria dell‟ambiente. In quel Vertice,
dunque, i Capi di Stato e di Governo degli allora nove Stati membri
dichiararono:
“La crescita economica non è fine a se stessa. Il suo obiettivo
principale deve essere quello di ridurre le disparità nelle condizioni di
vita, essa deve aver luogo con la partecipazione di tutte le parti sociali
e deve tradursi in un miglioramento nella qualità della vita e del
benessere generale. In conformità con i tratti fondamentali della
cultura europea, attenzione particolare deve essere data ai valori
intangibili ed alla protezione dell‟ambiente, in modo che il progresso
possa veramente essere messo al servizio dell‟umanità”.
Le istituzioni della Comunità furono così incaricate, da quello
stesso Vertice, di elaborare una politica ecologica comunitaria sulla
base di Programmi di azione ambientale ad emanazione periodica
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(inizialmente quadriennale), che avevano un duplice scopo: quello di
stimolare il dibattito comunitario con cicli di seminari e forum di
confronto tra gli Stati membri e quello, più operativo, di tradurre i
risultati del confronto in atti normativi da proporre e far adottare dalle
istituzioni preposte.
Premesso che la definizione di ambiente adottata sin dall‟inizio
dalla Comunità comprendeva sia l‟ambiente naturale (flora, fauna,
mare, atmosfera, ecc.), sia l‟ambiente creato dall‟uomo (aree urbane,
patrimonio architettonico, ecc.), il primo Programma di azione in
materia ambientale (22 novembre 1973) fissò gli obiettivi principali
della nuova politica comunitaria: proteggere la salute umana;
prevenire, ridurre e, se possibile, sopprimere l‟inquinamento ed i
fattori nocivi; mantenere un equilibrio ecologico soddisfacente ed
assicurare la protezione della biosfera; realizzare una buona gestione
delle risorse naturali, evitando un grado di sfruttamento elevato e
dannoso per l‟equilibrio ecologico; orientare lo sviluppo in funzione
delle esigenze di qualità, in particolare attraverso il miglioramento
delle condizioni di lavoro e del livello di vita; fare in modo di tenere
nei piani di urbanizzazione e nella pianificazione del territorio sempre
più conto degli aspetti ambientali; ricercare, con gli Stati situati fuori
della Comunità, delle soluzioni comuni ai problemi ambientali, in
particolare nell‟ambito delle organizzazioni internazionali.
Il primo Programma d‟azione si concentrò, in particolare, sulla
riduzione dell‟inquinamento e dei fattori nocivi. L‟accento fu,
pertanto, posto sulle azioni riparatrici più che sul fattore
“prevenzione”, verso cui si sposterà negli anni successivi l‟attenzione
comunitaria.
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Il 17 maggio 1977 fu adottato il secondo Programma d‟azione
che, pur confermando le priorità assunte, allargò la sua sfera di
intervento al problema dell‟esaurimento delle risorse naturali.
Fu dal terzo Programma (7 febbraio 1983), tuttavia, che
l‟orientamento della Comunità si modificò in modo significativo,
spostandosi verso il nuovo approccio cd. preventivo. In base ad esso i
rischi dovevano essere previsti e controllati in anticipo sulla base di
una stretta concertazione tra governi, industria e pubblico ed era
stabilita la trasmissione, da parte del produttore o dell‟importatore allo
Stato membro interessato, di un complesso di informazioni sulle
caratteristiche fisico-chimiche dei prodotti. Inoltre, nell‟ambito di tale
Programma, vide la luce, nel 1985, dopo cinque lunghissimi anni di
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trattative, la direttiva 85/337 concernente la valutazione di impatto
ambientale relativa a determinati progetti pubblici e privati, reale
strumento chiave del nuovo approccio preventivo.
Tale direttiva mirò a far sì che nelle procedure di autorizzazione
concernenti importanti progetti pubblici e privati si tenesse conto degli
effetti diretti ed indiretti sull‟uomo, la flora e la fauna, il suolo,
l‟acqua, il clima, il paesaggio. Essa ebbe come obiettivo primario
quello di dare ai pubblici poteri gli elementi conoscitivi necessari per
autorizzare o meno la realizzazione di progetti che potevano avere un
impatto ambientale importante.
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Direttiva 85/337/Cee del Consiglio del 27 giugno 1985 concernente la valutazione dell'impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GUCE 5 luglio 1985 n. L175).
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La direttiva 85/337 fu poi modificata dalla direttiva 97/11, che
ne ampliò il campo di applicazione.
Il quarto Programma di azione, adottato il 7 dicembre 1987,
mise l‟accento su un nuovo scenario: la protezione ambientale doveva
esser vista come fattore fondamentale di tutte le decisioni in campo
economico.
Le linee di forza che emergevano da tale programma erano le
seguenti:
- una sempre maggiore integrazione dei requisiti di tipo
ambientale nelle politiche e nelle azioni proprie della Comunità:
agricoltura, industria, concorrenza, energia, mercato interno,
trasporti, turismo, protezione del consumatore;
- un‟efficace attuazione della legislazione ambientale da parte di
tutti gli Stati membri, attraverso strumenti di controllo,
pubblicità, cooperazione con le competenti amministrazioni;
- l‟incremento degli investimenti per migliorare le condizioni
ambientali;
- il miglioramento dell‟informazione e della formazione a livello
ambientale;
- un uso adeguato di strumenti economici come possibile veicolo
di realizzazione di alcuni aspetti della politica ambientale;
- una particolare attenzione agli effetti economici ed
occupazionali risultanti dagli interventi ambientali.
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Direttiva 97/11/CE del Consiglio del 3 marzo 1997 che modifica la direttiva 85/337/CEE
concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati
(GUCE 14 marzo 1997 n. L073).
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Nell‟ambito del quarto Programma si previde, peraltro,
l‟intensificazione della collaborazione con i Paesi terzi, con
un‟attenzione particolare verso i problemi di natura planetaria quali,
ad esempio, il cambiamento climatico, la riduzione dello strato di
ozono, ecc..
Pochi mesi prima dell‟adozione del quarto Programma di azione
in materia ambientale entrò in vigore, il 1° luglio 1987, l‟Atto Unico
Europeo (AUE), che introdusse, nel Trattato CEE, un nuovo titolo
sull‟ambiente, individuando una competenza esplicita della Comunità
in materia. È con l‟AUE, quindi, che la politica dell‟ambiente acquistò
una sua collocazione nel Trattato e una sua dignità formale.
Con il Trattato di Maastricht (entrato in vigore il 1° novembre
1993), l‟ambiente diventò oggetto di una specifica ed articolata
politica comunitaria. Politica significava disciplina di un numero
coerente e consistente di azioni facenti parte di un orientamento
generale e aventi lo scopo di raggiungere certi obiettivi.
L‟individuazione di una politica comunitaria in campo
ambientale avvenne nel momento in cui la Comunità perse, nella sua
denominazione, il riferimento economico ed il fatto che si parlasse,
dal 1993 in poi, di Comunità europea e non più di Comunità
“economica” europea, stava ad evidenziare la rivalutazione di altri
aspetti, sociali, ma anche ambientali che dovevano caratterizzare
l‟integrazione europea.
Nel 1993 fu emanato anche il quinto Programma di azione
ambientale, la cui impostazione differiva dai precedenti. Esso
considerava tutte le possibili cause di inquinamento e se da un lato
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