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Introduzione
Il mio interesse per il problema della gestione dell’emergenza è sorto
in occasione della preparazione dell’esame di Diritto Amministrativo
I, in concomitanza, quasi per caso, con i tragici fatti del sisma in
Abruzzo del 6 aprile 2009 che causò 309 vittime. L’attenzione
mediatica dei giorni e dei mesi successivi all’evento si concentrò non
solo sulle misure di sicurezza che potevano essere adottate in via
preventiva e sulle eventuali responsabilità di alcuni costruttori, ma
soprattutto sulla gestione della situazione emergenziale venutasi a
creare dopo il terremoto.
A prescindere dalle considerazioni sulla “tragedia annunciata” da
precedenti scosse (i principali focolai sismici avevano interessato la
zona dell’aquilano e di Sulmona già il 14 dicembre 2008, il 16
gennaio 2009, fino al 17 e 29 marzo, con una magnitudo pari a 3,7 e
3,9 della scala Richter), telegiornali e quotidiani, nonché
amministratori locali e nazionali, denunciavano distorsioni
nell’affidamento dei lavori per la ricostruzione, la quale ovviamente
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seguiva procedure derogatorie rispetto a quelle utilizzate in
circostanze ordinarie.
Dunque, la curiosità suscitata dalle lezioni e dai testi studiati per la
preparazione dell’esame fu ulteriormente stimolata dalle immagini
televisive e dalle notizie che apprendevo sfogliando giornali e riviste.
Successivamente ho avuto modo di leggere un testo del professor
Angelo Chianale, ordinario di diritto privato e commerciale presso
l’Università degli Studi di Torino, dal titolo “Emergenza! Protezione
civile e democrazia”. In questo studio l’autore focalizza la sua
attenzione sulla straordinaria frequenza degli interventi della
Protezione civile, le cui competenze si sono notevolmente allargate
nel corso degli anni, passando dalla gestione dell’emergenza per
calamità naturali, alla successiva opera di ricostruzione. Tuttora,
infatti, si registra la presenza di questo organismo anche nella
realizzazione di grandi opere pubbliche, nonché nella tutela
dell’ordine pubblico.
Tramite questa lettura e la consultazione di altri testi e materiali
documentari, mi sono fatto una prima idea sulla condizione attuale
dell’amministrazione dell’emergenza. Ho anche avuto la fortuna di
incontrare e confrontarmi con l’ing. Pino Tedeschi, dirigente pugliese
7
della Protezione civile, che mi ha fornito prezioso materiale per il mio
lavoro, nonché utili indicazioni sul ruolo e sui poteri di
quest’organismo sia in contesti emergenziali, sia per eventi o
interventi di altro tipo.
Così ho scelto di affrontare questa tematica, avviando una prima
ricognizione sulla legislazione, sullo stato della dottrina e della
giurisprudenza, circa il procedimento ad evidenza pubblica – con le
varie sfaccettature relative alla diverse modalità di scelta del
contraente – e il modo in cui questo subisce deroghe in situazioni
emergenziali che vedono l’intervento della protezione civile. Mi sono
reso conto come da più parti si denunci l’utilizzo dilagante dello
strumento dell’ordinanza che, attribuendo poteri derogatori, consente
– tra le altre cose – un affidamento diretto dell’appalto per
l’esecuzione o la ricostruzione di una determinata opera o per la
prestazione di un determinato servizio o fornitura. Questo strumento,
se da una parte permette una scelta più immediata rispetto alle lunghe
procedure ordinarie di selezione del contraente, dall’altra parte
impedisce spesso alla pubblica amministrazione di assicurare le stesse
garanzie di efficienza, trasparenza e imparzialità, caratteristiche della
procedura ad evidenza pubblica.
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Dopo questo primo approfondimento, ho deciso di articolare il mio
lavoro in tre fasi. Una parte iniziale nella quale presentare il
procedimento “ordinario” previsto dalla legge italiana, in modo
particolare dal D. Lgs. 163/2006, per la conclusione dei contratti e
l’aggiudicazione degli appalti. In questa parte ho fatto anche
riferimento a due iter particolari (procedura negoziata e dialogo
competitivo) ammessi solo in situazioni eccezionali. Nella seconda
parte ho pensato di mettere a fuoco la nozione di “stato d’emergenza”
– e come essa si sia sviluppata nel tempo – e ho passato in rassegna gli
istituti dell’emergenza disciplinati dalla nostra Costituzione; mi sono
soffermato, inoltre, sullo strumento tipico con cui si esercita il potere
d’emergenza – l’ordinanza di necessità ed urgenza – e sui limiti che
esso incontra e che deve rispettare. Alla luce di questa analisi, nella
terza parte, ho concentrato la mia attenzione sull’organismo
“protagonista” degli interventi in situazioni calamitose o,
genericamente, di pericolo: la protezione civile. Ho tentato di
ricostruire il percorso normativo che ha condotto all’odierna
articolazione della struttura, di cui ho esaminato le funzioni e i
presupposti per l’intervento, illustrando il ruolo di una figura oggi
molto discussa: il commissario straordinario. Infine ho descritto come
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varia il procedimento amministrativo nei casi di urgenza ed entro quali
limiti le procedure di affidamento di lavori possono discostarsi e
derogare al normale iter previsto per le situazioni ordinarie. E’ stato
facile constatare quanto si sia ampliato il concetto di emergenza, che
oggi viene applicato alle situazioni più disparate, ma collegate da un
elemento comune: la possibilità di ricorrere a poteri straordinari che
alterano il normale funzionamento dell’amministrazione e il suo
rapporto con i cittadini.
E’ corretto, dunque, ammettere un intervento derogatorio, la cui
necessità nasce spesso dall’inefficacia e dall’inefficienza delle
amministrazioni pubbliche? Queste hanno a loro disposizione idonei
strumenti giuridici per garantire il buon funzionamento della macchina
statale in ogni circostanza?
In quale direzione dovrebbe andare un’eventuale riforma legislativa?
Rendere più snello il procedimento ad evidenza pubblica – affinché
sia utilizzabile anche in situazioni in cui occorre provvedere in tempi
brevissimi – oppure limitare l’indiscriminato ricorso ai poteri
straordinari?
E’ da questi quesiti che sono partito per l’elaborazione della mia tesi.
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Capitolo primo
IL PROCEDIMENTO AD EVIDENZA PUBBLICA
1. La definizione di appalto pubblico e il suo possibile oggetto
Come ogni altro soggetto dell’ordinamento giuridico, anche la
pubblica amministrazione può concludere contratti ed essere titolare di
numerose obbligazioni, che vengono definite da una parte della
dottrina “obbligazioni pubbliche”, ferma restando la disciplina
privatistica da cui sono regolate
1
.
La legislazione in materia di contratti dello Stato e di enti pubblici è
molto ricca e presenta un complesso intreccio di normative
comunitarie e nazionali, finalizzato a contemperare due principali
interessi: da una parte, quello dell’amministrazione finalizzato a
soddisfare il proprio obiettivo con il più conveniente assetto
contrattuale; dall’altra parte, quello del privato teso a stabilire
1
Cfr.; Alberto BARETTONI, voce Obbligazioni pubbliche, in Enc. dir., XXIX, Milano, 1979, p.
383; Guido ALPA, I contratti di utenza pubblica, in Nuova giur. civ., 1986, II, p. 107; Guido
GRECO, I contratti dell’amministrazione fra diritto pubblico e privato, Milano, 1986; Antonio
CIANFLONE – Giorgio GIOVANNINI, L’appalto di opere pubbliche, Giuffrè, Milano, 2003;
Auretta BENEDETTI, Il codice dei contratti pubblici e il diritto speciale delle amministrazioni
contraenti, in Servizi pubbl. e appalti, 2006, p. 543; Elio CASETTA, Manuale di diritto
amministrativo, Giuffrè, Milano, 2008, pp. 577 e ss.
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rapporti con la P.A. nel rispetto dei principi codicistici, costituzionali
e comunitari.
In tale ambito, il punto di riferimento fondamentale è oggi
rappresentato dal D. Lgs. 163/2006, c.d. Codice dei contratti pubblici,
approvato in attuazione di due direttive comunitarie (2004/17/CE e
2004/18/CE). Tale codice riunifica la disciplina relativa alle tre
diverse tipologie di contratti: lavori, servizi e forniture
2
.
Per quanto riguarda i lavori pubblici, l’art.53 stabilisce che essi
“possono essere realizzati esclusivamente mediante contratti di
appalto o di concessione, come definiti all’art.3”, salvo il caso dei
lavori in economia, ammessi sino all’importo di 200.000 euro
3
.
L’art. 3 qualifica gli appalti pubblici come “contratti a titolo oneroso,
stipulati per iscritto tra una stazione appaltante o un ente aggiudicatore
(pubbliche amministrazioni o soggetti privati ad esse equiparati) e uno
o più operatori economici, aventi per oggetto l'esecuzione di lavori, la
2
Cfr. Carmelo GIURDANELLA, Commento al codice dei contratti pubblici : come cambiano gli
appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi dopo il D. lgs. 12 aprile 2006 n. 163, Esselibri-
Simone, Napoli, 2006; Giangiacomo RUGGERI, Codice dei contratti pubblici: commento al D.
Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in
attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, Giuffrè, Milano, 2007; Paolo URBANI –
Lorenzo PASSERI, Guida al codice dei contratti pubblici: (D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, D.Lgs.
26 gennaio 2007, n. 6, D. Lgs. 31 luglio 2007, n. 113 e Corte cost. 23 novembre 2007, n. 401),
Giappichelli, Torino, 2008; Rosanna DE NICTOLIS, Manuale dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture: secondo il codice e il nuovo regolamento generale, EPC, Roma, 2010 .
3
Per i lavori in economia, vedi art. 125, D. Lgs. 163/2006. Cfr. anche Roberto GAROFOLI –
Maria Alessandra SANDULLI (a cura di), Il nuovo diritto degli appalti pubblici nella direttiva
2004/18/CE e nella Legge comunitaria n. 62/2005, Giuffrè, Milano, 2005.
12
fornitura di prodotti, la prestazione di servizi”. Tale contratto, dunque,
può avere un triplice oggetto e si distingue dalla concessione, poiché
quest’ultima prevede, accanto alla esecuzione di lavori o alla fornitura
di servizi, anche la loro gestione funzionale ed economica,
consistendo il corrispettivo “unicamente nel diritto di gestire
l'opera – o i servizi – o in tale diritto accompagnato da un prezzo”.
2. Evidenza pubblica
Ogni pubblica amministrazione gode di capacità giuridica di diritto
privato. Pertanto, per raggiungere i propri obiettivi di tipo
pubblicistico e rispondere a esigenze patrimoniali-organizzative, si
avvale non solo di atti amministrativi, ma anche degli strumenti di
diritto comune, ponendo in essere negozi giuridici
4
. A tal proposito, è
opportuno distinguere:
- i contratti dei tipi previsti dal codice civile, p.e. compravendita o
locazione, con le necessarie differenze legate alle finalità pubbliche
(formalità nella scelta del contraente mediante pubblica gara o
4
Cfr. Guido GRECO, Accordi amministrativi tra provvedimento e contratto, Giappichelli, Torino,
2003; Giuseppe CASSANO (a cura di), L’attività contrattuale della pubblica amministrazione,
Cedam, Padova, 2005.
13
limitazioni inerenti alla natura pubblica del contraente, come il divieto
di durata ultranovennale);
- i contratti ad evidenza pubblica
5
, cioè quelli che richiedono un
particolare procedimento amministrativo finalizzato ad esternare l’iter
seguito dall’amministrazione. L’ente procedente, infatti, attraverso
una serie di atti consecutivi, esplicita le ragioni di pubblico interesse
che giustificano la necessità di contrattare, la scelta del contraente e la
formazione del consenso
6
.
In realtà la dottrina è divisa sulla qualificazione strutturale di questa
procedura. Secondo la tesi tradizionale, che si deve a Massimo Severo
Giannini
7
, verrebbero uniti due procedimenti paralleli: il primo, volto
alla formazione della volontà contrattuale e retto dalle norme di diritto
privato; il secondo, disciplinato da norme di diritto pubblico, con il
quale l’amministrazione rende note le finalità pubbliche sottese alla
stipulazione di quel determinato contratto.
5
Cfr. Annamaria ANGIULI, Consenso e autorità nell’evidenza pubblica, in Dir. amm., 1998, pp.
167 e ss.; Aldo SGRO, Appalti di forniture: procedure di evidenza pubblica, Giuffrè, Milano,
2004, pp. 237 e ss.; Domenico CARBONARA, I contratti della P.A.: la fase dell'evidenza
pubblica nella giurisprudenza, Cacucci, Bari, 2005, pp. 14 e ss.
6
Maurizio ASPRONE, La procedura ad evidenza pubblica: caratteri generali, in Nuova Rassegna
di legislazione, dottrina, giurisprudenza, 2009, p. 416.
7
Recentemente tale orientamento è esposto in Diritto amministrativo, vol. II, Milano, 1993, p.
363.