80
3.2 Le difficoltà affrontate dai riciclatori di plastica nell’ambito del sistema
REACH
Il preambolo del regolamento sulla registrazione, valutazione, autorizzazione e
restrizione delle sostanze chimiche (REACH)
227
ne espone le ragioni per l’adozione,
ovvero la protezione della salute umana e dell’ambiente dai rischi posti dalle
menzionate sostanze, e al contempo promuovere la competitività delle industrie
chimiche europee. Sono indicati anche i destinatari delle norme, ossia le compagnie
europee che producono, importano e utilizzano le sostanze chimiche regolate. Tali
soggetti giuridici devono pertanto rispettare i relativi requisiti di registrazione,
valutazione, autorizzazione e restrizione e comunicare le misure di gestione dei rischi
all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA, istituita dal regolamento), pena il
divieto di produrre o commercializzare le sostanze all’interno dell’Unione europea
228
.
Pur applicandosi a tutte le sostanze chimiche, usate nelle produzioni industriali ma
anche nella vita quotidiana, il suo ambito non si estende alle sostanze, preparati o
articoli classificati come “rifiuti” (par. 11 preambolo) dalla normativa europea
esaminata nei precedenti paragrafi. Tuttavia la plastica rientra nella nozione di
“sostanza” ai sensi del REACH (art. 3, par. 1), nella qualità di “elemento chimico e i
suoi composti, allo stato naturale od ottenuti per mezzo di un procedimento di
fabbricazione, compresi gli additivi necessari a mantenerne la stabilità e le impurità
derivanti dal procedimento utilizzato”. Questa circostanza comporta, dunque, la
mancanza di adeguata distinzione fra gli obblighi normativi relativi alla composizione
chimica di prodotti di plastica vergine e riciclata, con notevoli conseguenze per i
riciclatori UE, che comunque sono tenuti a rispettare le disposizioni di registrazione
delle sostanze impiegate nelle procedure di riciclaggio industriale
229
.
Per quanto riguarda la produzione di plastica vergine, coloro che convertono materiale
grezzo in monomeri di idrocarburi tramite il processo di polimerizzazione sono da
227
Si veda la nota n. 213.
228
Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) “Comprendere il regolamento REACH”
https://echa.europa.eu/it/regulations/reach/understanding-reach (ultimo accesso il 31/05/2020).
229
de Römph TJ, Van Calster G “REACH in a circular economy: The obstacles for plastic recyclers and
regulators” (2018) 27 Review of European, Comparative and International Environmental Law 267.
81
ritenersi “produttori” ai sensi dell’art. 3, par. 9 REACH, così come anche gli addetti alla
formulazione dei prodotti di plastica, ossia il processo che ne altera la composizione
chimica per via dell’aggiunta di additivi. Coloro che importano o producono polimeri
plastici sono perciò tenuti a rispettare gli obblighi di registrazione previsti dall’art. 6,
par. 3 e provarne l’uso senza rischi in tutte le fasi di vita, attivandosi per l’inserimento
delle sostanze interessate che soddisfino precisi criteri di valutazione sulla sicurezza
(riportati nell’allegato I REACH) nella relazione sulla sicurezza chimica (art. 14),
documentazione da redigere per tutte le sostanze da registrare che siano pari o superino
la quantità di dieci tonnellate annue per dichiarante. Se le sostanze impiegate
contengono caratteristiche rischiose devono essere registrate anche nelle schede di dati
di sicurezza (artt. 31 e 32, allegato II), contenenti anch’esse informazioni sulla relativa
valutazione della sicurezza chimica. I produttori o importatori di articoli di plastica,
ossia gli “utilizzatori a valle” delle misture o sostanze prodotte nella prima fase, devono
registrare presso l’ECHA ciascuna di tali sostanze, secondo l’art. 7, par. 1, se queste
sono impiegate o importate in una quantità superiore alla tonnellata per produttore o
importatore di articoli. Questo tipo di operatore non è tenuto alla compilazione di
schede di dati di sicurezza, ma alla trasmissione di informazioni sulle sostanze
cancerogene o mutagene presenti negli articoli in quantità superiori allo 0,1% peso/peso
(art. 33).
In relazione invece al rispetto da parte dei riciclatori di plastica delle normative
REACH, una delle difficoltà principali è l’identificazione della composizione dei rifiuti
di plastica da riciclare
230
. A tal scopo esistono due possibilità per la raccolta delle
rilevanti informazioni, ossia l’accesso ai database dei fornitori di rifiuti specializzati in
plastica o l’analisi in laboratorio delle composizioni chimiche, processo che può
rivelarsi assai costoso. Un secondo ostacolo concerne gli obblighi di registrazione delle
sostanze, sia polimeri sia monomeri, dai quali i riciclatori sono esentati, secondo l’art. 2,
par. 7, lett. d, solo se le sostanze, anche presenti nelle misture o articoli,
precedentemente registrate rimangono inalterate dal processo di riciclaggio oppure
l’ECHA è già in possesso di informazioni ai sensi degli artt. 31 e 32. Se i criteri di
identità delle sostanze o del possesso delle relative informazioni non sussistono i
230
Ibidem, p. 271.
82
riciclatori sono da considerarsi come produttori ai sensi del REACH e quindi devono
soddisfare gli stessi obblighi predisposti per i produttori di plastica vergine. Una terza
difficoltà deriva dal fatto che i produttori di rifiuti, che riforniscono i riciclatori, non
sono obbligati a preparare schede di dati sulla sicurezza (non essendo i rifiuti regolati
dal sistema REACH). I riciclatori, infatti, dovranno affrontare l’arduo compito di
identificare la composizione dei rifiuti di plastica anche allo scopo di distinguerne
eventuali proprietà pericolose per le quali occorra richiedere le dovute autorizzazioni,
processo complicato oltretutto dal principio generale che regola questi permessi, per il
quale vige il divieto per tutti gli usi della sostanze cancerogene o mutagene tranne quelli
espressamente concessi. Se i riciclatori riescono a verificare nei rifiuti la presenza di
sostanze pericolose, e quindi la necessità di attenersi ai menzionati doveri, la richiesta
delle autorizzazioni è comunque un procedimento generalmente lungo e costoso
231
.
Inoltre, l’intento contenuto nel sistema REACH di promuovere la sostituzione delle
sostanze pericolose a favore di alternative più sostenibili per l’ambiente e per la salute
umana comporta che la durata nel tempo delle autorizzazioni ottenute sia ristretta e la
validità soggetta al ritiro o emendamento delle stesse da parte della Commissione, che si
adegua gradualmente ai progressi scientifici in materia di valutazione dei rischi. Il
continuo aggiornamento delle liste delle sostanze per l’uso delle quali è obbligatorio
richiedere l’autorizzazione, infine, determina in molti casi ostacoli burocratici per i
riciclatori di rifiuti contenenti sostanze divenute oggetto di restrizioni in tempi
successivi all’immissione sul mercato dei prodotti
232
.
L’obiettivo dichiarato del regolamento REACH è la protezione dell’ambiente e della
salute umana dai rischi delle sostanze chimiche prodotte, importate e commercializzate
nell’Unione europea, e non il trattamento dal punto di vista legislativo dei rifiuti.
Ciononostante, gli obblighi in esso contenuti di registrazione, valutazione,
autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche gravano maggiormente sui
produttori a monte della catena di produzione della plastica vergine, in contrasto con il
principio di responsabilità estesa del produttore per la tutela dell’ambiente, promosso, a
livello europeo, in particolare da normative come la direttiva 2008/98/CE sui rifiuti. La
231
Ibidem, p. 273.
232
Ibidem, p. 274.
83
mancanza, per quanto riguarda la catena di produzione di plastica riciclata, di
disposizioni in capo ai fornitori di rifiuti di plastica che ne regolino la trasmissione di
informazioni sulla composizione chimica, infatti, non corrisponde all’idea di
responsabilizzazione di tutti gli attori coinvolti in merito alla gestione del bene prodotto
nella fase post-consumo e si traduce, per i riciclatori, in difficoltà pratiche e
burocratiche tali da ostacolare la piena realizzazione di un’economia circolare che
consenta il prolungamento della vita della plastica e, pertanto, migliori condizioni di uso
sostenibile delle risorse ambientali.
4. La Plastic strategy e le misure di restrizione della produzione e consumo
di plastica e microplastica
A dicembre 2015 la Commissione europea ha presentato un piano d’azione per
l’economia circolare
233
e quattro proposte legislative con l’obiettivo di migliorare la
gestione dei rifiuti all’interno dell’Unione europea
234
. Sulla scia di questo ambizioso
progetto è stato annunciato, a gennaio 2018
235
, il lancio di una strategia europea
improntata sui rifiuti di plastica, la Plastic strategy, nell’ambito del nuovo piano
d’azione europeo per un’economia circolare
236
. L’introduzione di migliori misure sulla
gestione della plastica riguarderà il settore del riciclaggio della plastica, il cui sviluppo
sarà abbinato all’incremento degli sforzi normativi di riduzione della produzione e
233
Commissione europea “L’anello mancante – Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia
circolare”, comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato
economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 2 dicembre 2015 COM(2015) 614 final
reperibile alla pagina https://eur-lex.europa.eu. Si veda anche “Circular economy package – Four
legislative proposals on waste” alla pagina https://www.europarl.europa.eu (ultimo accesso il 2/06/2020).
234
Le quattro proposte riguardavano rispettivamente la modifica delle direttive 2008/98/CE sui rifiuti,
1999/31/CE sulle discariche dei rifiuti, 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio e
l’emendamento delle direttive 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e
accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed
elettroniche.
235
Commissione europea “Plastic waste: a European strategy to protect the planet, defend our citizens
and empower our industries”, comunicato stampa del 16 gennaio 2018 visitabile alla pagina
https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/IP_18_5 (ultimo accesso il 2/06/2020).
236
Commissione europea “EU circular economy action plan”, reperibile alla pagina
https://ec.europa.eu/environment (ultimo accesso il 2/06/2020).
84
dell’abbandono di rifiuti. Saranno inoltre promossi investimenti e innovazione che
favoriscano un’economia circolare, oltre che il supporto europeo alle convenzioni
internazionali e regionali in materia di inquinamento marino e di gestione dei rifiuti
237
.
Le azioni intraprese nell’ottica del rafforzamento economico e della qualità del
riciclaggio della plastica contribuiranno a migliorare il design dei prodotti e a tracciarne
le componenti chimiche, comprese quelle, il cui uso è ristretto, ancora presenti nei
rifiuti da recuperare. Attenzione sarà prestata alle leggi che regolano i materiali plastici
a contatto con gli alimenti e saranno incoraggiati il progresso degli standard di raccolta
differenziata e l’uso della plastica riciclata. Un primo risultato concreto in questo senso
è stato raggiunto con la modifica della direttiva 94/62/CE sulla gestione degli
imballaggi e dei rifiuti degli imballaggi. La nuova direttiva 2018/852/UE
238
, in vigore
da luglio 2018, infatti, prevede il riutilizzo, riciclaggio e altre forme di recupero degli
imballaggi in vista della riduzione del loro smaltimento finale (art. 1, par. 2). Il
riutilizzo, in particolare, deve essere regolato da misure adottate dagli Stati che
includano sistemi di restituzione con cauzione, il rispetto di precisi limiti di quantità o
qualità, incentivi di natura economica e percentuali minime di imballaggi immessi sul
mercato per il riuso (art. 5). Sono fissate scadenze per il conseguimento degli obiettivi
minimi di riciclaggio: entro il 2025 dovrà essere raggiunto un tasso del 50% per la
plastica, che si alzerà fino al 55% entro il 2030 (art. 6). La modifica della direttiva
quadro sui rifiuti 2008/98/CE ad opera della direttiva 2018/851/UE
239
ha inserito una
nuova disposizione (l’art. 8 bis) che rafforza l’applicazione di misure relative alla
responsabilità estesa del produttore fornendo dei requisiti generali minimi. Gli Stati
dovranno infatti definire “in maniera chiara i ruoli e le responsabilità di tutti i pertinenti
237
Commissione europea “A European strategy for plastics in a circular economy”, comunicazione
trasmessa dalla Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale
europeo e al Comitato delle regioni. COM(2018) 28 final (16 gennaio 2018), visitabile alla pagina
https://eur-lex.europa.eu
Si veda anche: Commissione europea “Annexes to the communication on a European strategy for plastics
in a circular economy” COM(2018) 28 final (16 gennaio 2018), reperibile alla pagina
https://ec.europa.eu/environment (ultimo accesso il 2/06/2020).
238
Direttiva (UE) 2018/852 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 che modifica la
direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggi. Pubblicata sulla Gazzetta ufficiale
dell’Unione europea il 14 giugno 2018 (L 150/141) è reperibile alla pagina https://eur-lex.europa.eu
(ultimo accesso il 2/06/2020).
239
Direttiva (UE) 2018/851 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018 che modifica la
direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti. Pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 14
giugno 2018 (L 150/109), è reperibile alla pagina https://eur-lex.europa.eu (ultimo accesso il 2/06/2020).
85
attori coinvolti” nella catena di produzione degli articoli, inclusi i “gestori pubblici o
privati di rifiuti” e le autorità nazionali, regionali e urbane. Fisseranno obiettivi in linea
con la gerarchia dei rifiuti che rispettino quanto disposto, inter alia, dalla direttiva sugli
imballaggi e i rifiuti di imballaggio e garantiranno procedure di trasmissione di rilevanti
informazioni riguardo ai prodotti immessi sul mercato che specifichino le modalità di
raccolta e trattamento post uso, e si asterranno da provvedimenti discriminatori dei
produttori in base alla loro origine o dimensione. I detentori dei rifiuti saranno informati
e incentivati alla prevenzione dei rifiuti, oltre che all’utilizzo degli impianti di riutilizzo,
ritiro e raccolta, mentre i produttori dovranno coprire i costi per i prodotti da loro
immessi relativi alla raccolta e il trattamento dei rifiuti e di informazione dei detentori.
Per quanto riguarda le emissioni di plastica e microplastica nell’ambiente marino,
invece, l’Unione ha intenzione di favorire l’attuazione dei piani d’azione degli Stati in
relazione allo stato ecologico delle aree considerate dalla direttiva quadro sulla strategia
per l’ambiente marino 2008/56/CE e il monitoraggio dei rifiuti presenti nelle acque
europee. Focus di eventuali future direttive sarà l’armonizzazione di standard di
etichettatura e marcatura della plastica compostabile e biodegradabile, oltre che la
riduzione del rilascio non intenzionale di microplastica proveniente dall’usura di
pneumatici, vistiti e pittura. Le fonti marine di emissione dei rifiuti, già contemplate
della direttiva 2000/59/CE concernente gli impianti portuali di raccolta per i rifiuti
prodotti dalle navi e i residui del carico, sono diventate oggetto della nuova direttiva
2019/883
240
, che ha abrogato la precedente. Le disposizioni in materia di recupero dei
costi degli impianti portuali sono state ampliate nel senso di includere la riscossione di
tariffe indirette, pagate dalle navi a prescindere dal conferimento da parte di queste di
rifiuti alle menzionate infrastrutture (art. 8). Le tariffe saranno dovute anche dai
pescherecci e imbarcazioni da diporto, in modo tale da impedire la dispersione in mare
degli scarti di attrezzatura da pesca e altri rifiuti ivi rimasti intrappolati. Gli oneri
economici variano proporzionalmente rispetto alla quantità di rifiuti rilasciati
nell’impianto e a seconda della categoria, traffico e dimensioni della nave, anche se
240
Direttiva (UE) 2019/883 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 relativa agli
impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi, che modifica la direttiva
2010/65/UE e abroga la direttiva 2000/59/CE. Pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 7
giugno 2019 (L 151/116) e visitabile alla pagina https://eur-lex.europa.eu (ultimo accesso il 31/05/2020).
86
sono concesse riduzioni alle imbarcazioni che mostrino una minore produzione di rifiuti
e una relativa gestione sensibile all’ambiente.
4.1 La direttiva 2019/904 sulla plastica monouso
È in vigore da luglio 2019 la direttiva (UE) 2019/904 sulla riduzione dell’incidenza di
determinati prodotti di plastica sull’ambiente
241
, che intende garantire una efficace
gestione dei rifiuti in vista della prevenzione e riduzione delle emissioni marine di
plastica e microplastica. L’alinea 4 del preambolo cita gli accordi internazionali, di cui
l’Unione è parte, che sono serviti come fonte di ispirazione per la direttiva, ovvero la
Convenzione ONU sul diritto del mare del 1982, quella di Londra sul dumping del 1972
e il relativo protocollo del 1996, l’allegato V MARPOL sull’inquinamento causato dalle
navi del 1973 e la Convenzione di Basilea del 1989. La normativa europea in materia di
tutela delle acque (le direttive quadro 2000/60/CE e 2008/56/CE) e sulla gestione dei
rifiuti (in particolare la direttiva quadro 2008/98/CE e la direttiva 94/62/CE sugli
imballaggi) fornisce già alcune definizioni in merito alla protezione dello stato
ecologico dell’ambiente marino e sulle misure di riduzione del consumo dei prodotti
nocivi, che dovranno essere usate per applicare soluzioni più drastiche in risposta
all’emergenza ambientale causata dalla plastica. L’obiettivo della direttiva del 2019 è
limitare la produzione e circolazione della plastica monouso, quindi non recuperabile o
riutilizzabile, il cui uso è responsabile ogni anno di sempre maggiori quantità di rifiuti
prodotti e dispersi nell’ambiente. L’art. 3, par. 2 definisce infatti “prodotto di plastica
monouso” quell’oggetto fabbricato interamente o in parte con polimeri sintetici “non
concepito, progettato o immesso sul mercato per compiere più spostamenti o rotazioni
durante la sua vita”. Nell’intento di promuovere un’economia circolare anche per la
plastica, dunque, l’art. 4 predispone la riduzione del consumo di prodotti di plastica
monouso (elencati nella parte A dell’allegato alla direttiva) quali tazze per bevande con
tappi e coperchi e contenitori per alimenti per il consumo immediato. Il successo delle
241
Direttiva (UE) 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019 sulla riduzione
dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente. Pubblicata sulla Gazzetta ufficiale
dell’Unione europea il 12/6/2019 (L 155/1) e visitabile alla pagina https://eur-lex.europa.eu (ultimo
accesso il 2/06/2020).
87
regolazioni che gli Stati dovranno adottare a questo scopo, ossia la “riduzione
quantificabile del consumo” entro il 2026 dei menzionati oggetti sarà misurato sulla
base delle quantità consumate nel 2022. Agli Stati è lasciata discrezione riguardo alla
natura delle dette regolazioni, che possono consistere in obiettivi nazionali di riduzione
del consumo o nella promozione di prodotti alternativi riutilizzabili. Ancora più
ambiziosa è la portata delle norme ai sensi dell’art. 5 sulle restrizioni all’immissione sul
mercato dei prodotti elencati nella parte B dell’allegato (bastoncini cotonati, posate,
piatti, cannucce, agitatori per bevande, aste per palloncini, contenitori e tazze in
polistirene espanso per bevande e alimenti destinati al consumo immediato). L’art. 6
predispone che siano avviate procedure di redesign delle bottiglie in polietilene
tereftalato fino ai tre litri di capacità tali da consentire, entro il 2025, l’impiego di
almeno il 25% di plastica riciclata nella loro produzione, tasso che dovrà arrivare al
30% entro il 2030. Se gli Stati riuscissero a conseguire questi obiettivi entro i limiti
temporali fissati, il conseguente avvicinamento dell’UE alla realizzazione di
un’economia circolare della plastica rappresenterebbe certamente un modello di
virtuosità per la comunità internazionale. Il richiamo al principio di “chi inquina paga” è
evidente negli artt. 7 e 8 della direttiva. I requisiti di marcatura dettati dall’art. 7, infatti,
obbligano alla etichettatura di prodotti di plastica monouso (elencati nella parte D
dell’allegato) quali assorbenti, tamponi igienici, salviette umidificate, prodotti del
tabacco con filtri e tazze per bevande così da informare i consumatori sulla loro
composizione e sugli effetti ambientali, oltre che sulle corrette modalità di gestione e
smaltimento dei rifiuti. I costi di tali operazioni e della raccolta, rimozione e trasporto
dei rifiuti fino agli impianti di trattamento devono essere coperti, in linea generale, dagli
stessi produttori (art. 8, che riprende gli schemi di responsabilità estesa del produttore
già previsti nel nuovo art. 8 bis della direttiva quadro sui rifiuti).
Ulteriori scadenze da rispettare concernono i tassi di raccolta differenziata per il
riciclaggio delle bottiglie di plastica monouso fino ai tre litri di capacità, che dovrà
essere pari al 77% del loro peso totale entro il 2025, fino ad arrivare al 90% nel 2029.
I consumatori di prodotti di plastica monouso, debitamente informati dalle autorità
nazionali, dovranno essere incentivati al rispetto delle leggi, adottate dagli Stati ai sensi
dell’art. 10, sulla riduzione della dispersione dei rifiuti. Gli Stati potranno stabilire
88
misure sanzionatorie “effettive, proporzionate e dissuasive” (art. 14) allo scopo di
assicurare il rispetto dei provvedimenti applicativi della direttiva. l’art. 17 sul
recepimento della direttiva in seno agli ordinamenti nazionali dispone che le restrizioni
di mercato e i requisiti di marcatura devono essere tradotti in legge entro luglio 2021,
mentre gli obblighi relativi al design delle bottiglie e agli schemi di responsabilità estesa
del produttore dovranno essere applicati entro il 2024.
Quanto disposto dalla direttiva 2019/904 concretizza l’intento, dichiarato nei trattati
istitutivi e di funzionamento dell’Unione europea, di adottare norme a protezione
dell’ambiente dall’alto livello di tutela e che consentano l’uso sostenibile delle risorse
ambientali. L’aver fissato precise scadenze per il rispetto degli obblighi di riduzione del
consumo, restrizione della produzione, redesign, marcatura e raccolta differenziata
dimostra la capacità normativa dell’Unione di fornire soluzioni all’emergenza
ambientale dei rifiuti di plastica, dovuta non in piccola parte alla sua particolare natura
di organizzazione internazionale dotata, nel settore che rileva, di competenze
concorrenti a quelle degli Stati membri che le consentono quindi maggiore libertà
legislativa rispetto ad altre istituzioni internazionali.
4.2 Le future restrizioni sull’uso della microplastica intenzionalmente aggiunta
Sulla base di una proposta della Commissione europea, l’Agenzia europea per le
sostanze chimiche (ECHA) ha cominciato, nel 2018, uno studio sulla possibilità di
adottare limitazioni in ambito REACH riguardanti la produzione e l’uso della
microplastica aggiunta intenzionalmente
242
. A gennaio 2019 ha presentato una proposta
di restrizione della produzione e dell’uso della microplastica intenzionalmente aggiunta
che, se approvata, potrebbe ridurne le emissioni nell’ambiente dell’85% e impedire, nel
corso dei due decenni successivi all’entrata in vigore, il rilascio di quantità pari a
400.000 tonnellate. Il percorso di adozione delle future disposizioni è cominciato con
l’apertura della proposta alla consultazione pubblica, conclusasi dopo sei mesi a
242
Aggiornamenti sullo status della futura restrizione sull’uso della microplastica aggiunta
intenzionalmente sono reperibili sul sito dell’ECHA, alla pagina: https://echa.europa.eu/it/hot-
topics/microplastics (ultimo accesso il 2/06/2020).