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Quella che é stata appena delineata é la moderna visione di ambiente cosí come viene
proposta oggi dalla comunitá scientifica e che fornisce suggerimenti e linee guida per le
agenzie e gli uffici di protezione dell’ambiente a tutti i livelli, dal pubblico al privato, non
proponendo nostalgicamente un mero ritorno alla natura, ma bensí un modello di gestione
integrata dell’ambiente in cui tutte le varie componenti – economiche, sociali, di protezione
ambientale, culturali – vengono prese in considerazione e si armonizzano, al fine che
Natura e Cultura trovino nuovi e migliori equilibri.
1.2 Evoluzione della politica ambientale europea
Come visto nel precedente paragrafo, nel corso degli ultimi anni é mutata quindi la visione
dell’ambiente: un tempo veniva considerato come una fonte pressoché illimitata di risorse
da poter sfruttare liberamente, mentre in seguito é maturata una visione piú “ambientalista”
in cui la natura é vista come una risorsa limitata da dover, proprio per questa ragione,
essere conservata e tutelata.
Questa mutata attenzione e sensibilitá nei confronti dell’ambiente, portata alla luce dalla
comunitá scientifica prima e dall’opinione pubblica e mass media poi, ha spinto molti
governi e per prima proprio la Comunitá Europea ad emanare tutta una serie di direttive,
regolamenti e raccomandazioni per incentivare politiche di protezione ambientale.
Ripercorrendo brevemente quella che é stata l’evoluzione di questi processi, si puó
identificare un momento fondamentale nel passaggio da un approccio di tipo “command
and control” ad uno basato sugli “strumenti volontari”.
Il primo comincia a svilupparsi a partire dagli anni ’70 tramite l’emanazione di norme e
relativi strumenti di controllo della loro osservanza, improntando la legislazione comunitaria
e degli stati membri per quanto concerne le politiche ambientali; tuttavia questo sistema,
basato principalmente sulla coercizione e sulla punizione, col tempo si dimostra poco
efficace, nel senso che gli enti soggetti alla regolamentazione guardavano quasi
esclusivamente al puro rispetto dei limiti di legge, senza interiorizzare altri concetti
fondamentali propri di una gestione ambientale piú responsabile, come: il miglioramento
continuo, il coinvolgimento di tutto il personale, i benefici a breve e a lungo termine sulla
societá e sull’ambiente e in ultima analisi anche i vantaggi economici per l’ente stesso. Per
questi motivi, a decorrere dai primi anni ’90, si modificano gli strumenti adottati dagli
organismi di legislazione, passando dai divieti e dalle sanzioni alla:
• formulazione di Accordi Volontari
• creazione di Sistemi di Gestione Ambientali ispirati a precise norme internazionali
(ISO 14001 ed EMAS)
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• comunicazione ambientale (Report e Dichiarazioni ambientali)
Il denominatore comune a questi strumenti é che l’impresa/ente che vi aderisce si impegna
volontariamente a migliorare le proprie prestazioni ambientali in un’ottica di miglioramento
dei rapporti con gli stakeholders (intendendo con questo termine letteralmente i “portatori di
interesse”, i.e. tutti quei soggetti che influenzano l’organizzazione o ne sono influenzati, e
dunque, per esempio, le associazioni, i mass media, gli enti di protezione e controllo del
territorio, ma ovviamente anche i clienti, i fornitori, gli azionisti, ect). Un’ulteriore
precisazione si ritiene di fare a proposito dei sopracitati ISO 14001 ed EMAS.
a) EMAS é l’acronimo di Eco-Management and Audit Scheme e si tratta,
appunto, di uno schema comunitario di ecogestione ed audit, definito dal
Regolamento CEE n. 1836/93 del giugno 1993 e consiste nell’adesione
volontaria delle imprese del settore industriale o di qualunque altro settore
(pubblico e privato) ad un sistema comunitario di ecogestione ed audit. Il
Regolamento, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee
(GUCE del 10.7.1993), è entrato in vigore nel luglio 1993 e divenuto
applicabile nell’aprile1995. L’obiettivo dell’EMAS consiste nel promuovere la
valutazione e il miglioramento continuo dell’efficienza ambientale delle
attività svolte dall’organizzazione attraverso:
l’adozione di politiche, programmi e sistemi di gestione ambientale
la valutazione sistematica, oggettiva e periodica dell’efficienza di tali
elementi
la comunicazione al pubblico degli strumenti adottati e dei risultati
ottenuti
b) La norma ISO 14001 definisce anzitutto i requisiti di un Sistema di Gestione
Ambientale (SGA) ai fini della certificazione. Fornisce inoltre una guida con
lo scopo di assistere un’organizzazione nell’introduzione e miglioramento
del proprio SGA. La norma non stabilisce alcun requisito specifico in
materia di prestazione ambientale, volendo piuttosto indicare le linee guida
fondamentali per implementare un efficace SGA e ponendo l’attenzione al
miglioramento continuo.
1.3 Lo sviluppo sostenibile
Nel rapporto Brundtland (dal nome del primo ministro norvegese, Gro Harlem Bruntland e
intitolato “Our Common Future”), prodotto dalla Commissione Mondiale sull’Ambiente e lo
Sviluppo istituita presso le Nazioni Unite nel 1987, si legge quanto segue:
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“Lo sviluppo è sostenibile se soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza
compromettere le possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri bisogni”.
Lo sviluppo sostenibile é dunque una grande sfida per l’uomo e per il nostro pianeta in
campo economico, ambientale e sociale. Si prefigge infatti lo scopo di dare vita ad una
società che sia in grado di conciliare la tutela dell’ambiente con lo sviluppo sociale ed
economico ed ottenere, come principale effetto benefico, una più equa distribuzione delle
ricchezze tra i popoli della Terra da un lato e tra l’attuale e le future generazioni dall’altro. Si
tratta della cosiddetta regola dell’equilibrio delle “tre E”: ecologia, equitá ed economia;
tuttavia la definizione data sopra risente di una visione troppo antropocentrica, giacché il
polo della questione non é tanto l’ecosistema, e dunque la sopravvivenza e il benessere di
tutte le specie viventi assieme alla tutela dell’intero patrimonio naturale che lo costituisce,
ma bensí lo sviluppo delle generazioni umane.
Una successiva definizione di sviluppo sostenibile, in cui è inclusa invece una visione più
globale, è stata fornita nel 1991 dalla World Conservation Union, che lo identifica come:
“[...] un miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli
ecosistemi di supporto, dai quali essa dipende”.
Nello stesso anno Hermann Daly (economista ambientale ed uno dei padri della
sostenibilitá) ricondusse lo sviluppo sostenibile a tre condizioni generali per quanto
riguarda l’uso delle risorse naturali da parte dell’uomo:
i) il tasso di utilizzazione delle risorse rinnovabili non deve essere superiore al loro
tasso di rigenerazione;
ii) l'immissione di sostanze inquinanti e di scorie nell'ambiente non deve superare la
capacità di carico dell'ambiente stesso;
iii) lo stock di risorse non rinnovabili deve restare costante nel tempo.
In pratica viene introdotto anche un concetto di “equilibrio” auspicabile tra uomo ed
ecosistema, in linea con quanto si diceva in precedenza a proposito della moderna visione
di Ambiente.
Nel 1994, l'ICLEI (International Council for Local Environmental Initiatives) ha fornito
un'ulteriore definizione di sviluppo sostenibile:
“Sviluppo che offre servizi ambientali, sociali ed economici di base a tutti i membri di una
comunità, senza minacciare l'operabilità dei sistemi naturali, edificato e sociale da cui
dipende la fornitura di tali servizi”.
In altre parole si sottolinea il fatto che le tre dimensioni economiche, sociali ed ambientali
sono strettamente correlate tra loro e che lo sviluppo, per poter essere sostenibile, deve
fornire elementi ecologici, sociali ed opportunità economiche a tutti gli abitanti di una
comunità, senza per questo creare una minaccia all’integritá del sistema naturale, urbano e
sociale che ne é alla base.
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In sintesi dunque si puó dire che, grazie al modello di sviluppo tradizionale (quello
dell’economia classica, per intendersi), l’umanitá ha goduto di notevoli conquiste nel campo
della conoscenza scientifica e tecnologica che hanno caratterizzato il secolo appena
trascorso e che hanno permesso di risolvere molti problemi e garantire migliori condizioni di
vita e di salute per molte persone; diversamente, il modello suggerito dallo sviluppo
sostenibile non si basa tanto sulla crescita (espansione quantitativa) quanto piuttosto sullo
sviluppo (miglioramento quantitativo).
1.4 La dimensione ambientale nelle imprese
Per molti anni le aziende hanno tenuto comportamenti profondamente irrispettosi
dell’ambiente, considerando come una prassi normale lo smaltimento incontrollato e
fraudolento dei propri rifiuti ed emissioni nei fiumi, in mare o in atmosfera, approfittando
dell’assenza (o quasi) di regolamentazioni e soprattutto di controlli severi. L’ambiente, in
pratica, era visto da una parte come uno spazio recettore in cui riversare i propri rifiuti e
dall’altra come una fonte pressochè inesauribile da cui attingere materie prime, energia e
quant’altro si ritenesse opportuno; le conseguenze, come giá menzionato, sono i gravi
problemi che il nostro pianeta sta vivendo (effetto serra, smog, surriscaldamento globale,
inasprimento dei fenomeni meteorologici, ect).
Fortunatamente peró il mutamento delle condizioni e della sensibilitá in materia ambientale
ha portato enti ed istituzioni preposte a correre ai ripari, emanando nel corso delle ultime
decadi norme piú restrittive sulla tutela ambientale. Questo fatto ha comportato per le
aziende un forte incremento dei costi per potersi adeguare e non andare incontro a pesanti
sanzioni; esse, infatti, si trovarono impreparate difronte al cambiamento e per questo
dovettero subire anche notevoli danni economici. Il risvolto positivo di questa situazione fu
peró l’input dato all’ideazione di nuovi sistemi per poter efficacemente ridurre gli impatti
ambientali legati alle attivitá delle imprese stesse.
A completare il quadro va poi aggiunta la crescente pressione da parte degli stakeholder
esterni che col tempo chiedevano maggior rispetto dei vincoli ambientali, prodotti piú puliti
e in generale una maggiore presa di coscienza delle proprie responsabilitá nei confronti
dell’ecosistema: fattori che contribuivano cosí a determinare il grado di competitivitá
dell’impresa stessa. Inoltre si diffondeva la consapevolezza che mancanze, negligenze ed
errori in questa materia avrebbero pericolosamente messo a repentaglio l’immagine
dell’azienda, con relative perdite di quote di mercato e di introiti. Questi elementi,
naturalmente, fecero da catalizzatore per l’esigenza di nuove ed efficaci soluzioni volte a
migliorare il rapporto tra natura e imprese.
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Un primo tentativo fu quello di istituire dei team di persone impegnate nel prevedere quali
sarebbero state le tendenze e gli sviluppi della legislazione ambientale, in modo da
anticipare i tempi ed agire di conseguenza. Purtroppo peró questa pratica da sola creava
soprattutto costi addizionali e non apportava sufficienti miglioramenti nelle performance
ambientali (o almeno non paragonabili ai costi sostenuti). Ci si rese conto, in altri termini,
che non potevano bastare semplici strumenti di prevenzione e che non era piú possibile
rimanere passivi su questo tema, pena la sopravvivenza economica dell’azienda stessa.
Trovandosi difronte ad un bivio, le imprese cominciarono a capire, volenti o nolenti, la vera
importanza dell’ambiente e misero perció in moto l’ingegno e la volontá per architettare le
necessarie contromisure. La svolta quindi venne con lo sviluppo dei Sistemi di Gestione
Ambientale e delle Etichettature di Prodotto che attestano la compatibilitá ambientale degli
stessi. Sfortunatamente peró molte aziende non hanno ancora assimilato gli enormi e reali
benefici che possono derivare da una corretta politica ambientale: ecco, dunque, una delle
ragioni che hanno portato al recente affermarsi in ambito internazionale della Contabilitá
Ambientale e di EMA – l’oggetto di questa tesi –, di cui si parlerà nei capitoli successivi.
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Cap. 2 Contabilitá ambientale
2.1 Premessa
Una necessaria premessa da fare é che con il termine “contabilitá ambientale” si intende
un’ampia gamma di significati e applicazioni; nel corso di questo capitolo si cercherá di
inquadrare l’argomento, delineandone la fisionomia e le peculiaritá, nell’intento di illustrare
la famiglia di strumenti da cui si dirama quello che é piú specificatamente l’oggetto di
questa tesi.
Per evidenziare l’importanza che questo approccio ha avuto negli ultimi anni (si consideri
come periodo di nascita e diffusione i primi anni ’90), si citano due riferimenti, uno a livello
comunitario e riguardante il settore delle amministrazioni pubbliche, e l’altro a livello globale.
Il primo é la Raccomandazione del Consiglio d’Europa fatta ai 45 paesi membri nel marzo
2004, in cui si suggerisce l’adozione da parte di tutti i governi di strumenti di contabilitá
ambientale, e in particolare di “bilanci verdi”; mentre il secondo consiste, nell’ambito
dell’applicazione dello sviluppo sostenibile, nell’adozione dell’Agenda 211 da parte di molti
paesi nel mondo, la quale sottolinea l’importanza di usare la contabilitá ambientale come
tecnica per attuare le migliori politiche ambientali.
Piú avanti nel capitolo verrá affrontata la questione dei “costi ambientali” e della necessitá
di una loro definizione e individuazione chiara per poter procedere in modo corretto,
organico ed efficace all’applicazione di taluni strumenti di contabilitá ambientale.
Fatte queste premesse, il testo che segue andrá ad approfondire il tema della contabilitá
ambientale, con tutte le articolazioni che questo implica.
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L’Agenda 21 è un documento di intenti ed obiettivi programmatici riguardante i tre poli dello
Sviluppo Sostenibile: ambiente, economia e società, sottoscritto da oltre 170 paesi di tutto il
mondo, in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCED)
svoltasi a Rio de Janeiro nel 1992.
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2.2 Cos’é la contabilitá ambientale?
Prima di ogni cosa é opportuno fornire una definizione per capire che cosa si intende con
questo termine: si tratta di un sistema che sia in grado di rilevare, registrare, gestire e
comunicare dati ed informazioni ambientali, espressi nella forma fisica e monetaria.
Si parlerá poi di contabilitá ambientale d’impresa o pubblica a seconda della natura privata
o non dell’utilizzatore; gli scopi, inoltre, possono essere indirizzati sia alla comunicazione
interna – e dunque come valido supporto per i manager nel compiere scelte piú razionali –
che agli stakeholder esterni.
Un altro criterio di classificazione che é doveroso introdurre si desume dalla seguente
tabella:
Figura 2.1: classificazione della contabilitá ambientale
Si individuano qui tre livelli di applicabilitá della contabilitá ambientale:
a) National income accounting. Il contesto in questo caso é esteso ad un’intera
nazione e puó riferirsi, per esempio, alla contabilitá delle risorse naturali del paese
(in questo senso si parla anche di “natural resources accounting”), sia in termini
fisici che monetari. Un tipico indicatore usato in questo campo é il PIL, che misura il
valore complessivo dei beni e servizi finali prodotti all'interno di un paese in un
certo intervallo di tempo (solitamente l'anno) e considerato la misura della
ricchezza prodotta in un paese
b) Financial accounting. Qui la dimensione si restringe ad un’organizzazione e tale
strumento si prefigge lo scopo principale di supportare nella formulazione dei report
finanziari ad uso di potenziali investitori, azionisti ed enti fiscali. Solitamente la
struttura é quella di report trimestrali od annuali e il riferimento piú importante sono i
GAAP (Generally Accepted Accounting Principles), un insieme di procedure,
standard e principi utili per la loro compilazione e molto diffusi tra le imprese. Tra gli
output tipici di questi report vi sono la stima e la comunicazione delle passivitá
ambientali (environmental liabilities) e dei costi ambientali
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c) Management accounting. Anche in questo caso il contesto rimane confinato
all’organizzazione, potendosi peraltro restringere ad una sua sottoparte (divisione,
linea di prodotto, stabilimento, ect). Una delle definizioni piú ampie e generali che si
possono dare di questo sistema é: “il processo di identificazione, misurazione,
raccolta, analisi, preparazione, interpretazione e comunicazione delle informazioni
economico-finanziarie usate dal management per pianificare, valutare e controllare
le attivitá di un’organizzazione e per assicurare un uso appropriato della contabilitá
per le proprie risorse...” (Institute of Management Accountants Statement on
Management Accounting).
Come si evince dalla definizione lo scopo primario é di supportare i decision-maker
nelle loro decisioni che coinvolgono l’azienda nella sua vita futura. Molteplici sono
le tipologie di dati che il management accounting puó riguardare: dati sui costi, sulle
giacenze, sulle performance attuali e desiderate e tutti quelli che toccano gli altri
aspetti vitali dell’organizzazione. A differenza del financial accounting, che abbiamo
visto essere regolato per lo piú dai cosiddetti GAAP, le pratiche e i sistemi di
management accounting non sono standardizzati e possono notevolmente variare,
in complessitá e struttura, a seconda delle esigenze (e possibilitá) dell’impresa.
Nell’ambito dell’environmental accounting tale sistema si declina quindi nell’impiego
di dati su costi e performance ambientali per compiere decisioni corrette. Quelle
che sono state appena fatte sono solo alcune considerazioni di massima, dacché la
contabilitá ambientale trattata a questo livello é giusto l’argomento che viene
affrontato in questo lavoro e dunque sará oggetto di maggiori e ulteriori
approfondimenti in seguito.
A ció va aggiunta la peculiare duplice natura di tali sistemi nella trattazione dei dati;
tipicamente vi sono, infatti, sia strutture atte a raccogliere dati di tipo economico-finanziario
(aventi come oggetto i costi ambientali) che strutture adatte per svolgere misurazioni di
carattere fisico e materiale (aventi come oggetto i flussi di materia ed energia).
Come si puó ben vedere, in pratica, la contabilitá ambientale é uno strumento che ha una
natura molto eterogenea e un campo di applicabilitá vastissimo, da cui, tra l’altro,
discendono da un lato le difficoltá di trattazione teorica e dall’altro le grandi potenzialitá nel
suo impiego.
Infine, avendo finora parlato giá diverse volte di dati ed essendo ancora in una fase iniziale
del lavoro, una considerazione importante prima di proseguire é giusto fare a proposito
della necessitá di avere informazioni orientate all’obiettivo al fine di poter formulare
decisioni razionali e poter gestire in modo organizzato e coerente le varie attivitá
dell’azienda. Il problema fondamentale, infatti, sta nel fatto che chi deve decidere (e spesso
in tempi brevi e in concomitanza con svariate altre attivitá) si trova in mano una mole
ingente di dati, raccolti da fonti diverse, con modalitá diverse (per cui il formato con cui si
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presentano puó variare da caso a caso) e con diverso grado di dettaglio e di utilitá, e da
questo “magma” devono essere capaci di sintetizzare e di estrapolare ció che serve. Per
questo motivo, al fine di agevolare tale processo di comprensione, selezione,
interpretazione ed uso dei dati per ricavarne informazioni utili, é necessario porre un filtro in
ingresso e riuscire a strutturare i dati, cosí da poter essere manipolati e trattati in modo piú
efficace e funzionale agli obiettivi dell’organizzazione. Il concetto di “informazioni
necessarie” é correlato proprio con questa azione di filtraggio da parte di tecnici ed
operatori dei sistemi informativi; la raccolta di informazioni, infatti, ha generalmente un
costo elevato e dunque é fondamentale concentrare gli sforzi solo su quelle variabili che
risultano decisive e direttamente collegate con le prioritá dell’azienda in quel determinato
frangente, senza cadere nella tentazione fuorviante – pensando di fare cosa giusta – di
raccogliere il maggior numero possibile di dati, producendo in ultima analisi confusione e
rallentamento della capacitá decisionale.
Queste appena accennate possono essere considerate, in sintesi, come delle indicazioni
utili per poter raggiungere in modo sistematico delle informazioni orientate all’obiettivo.
2.3 Perché la contabilitá ambientale?
2.3.1 Benefici ed obiettivi principali
E’ ormai consolidato il fatto che le performance ambientali di un’organizzazione ricoprono
un’importanza strategica e quindi sono critiche nel determinare il successo del suo
businesss.
La contabilitá ambientale é uno strumento che nasce e si evolve in seno al gruppo dei
sistemi di contabilitá tradizionali che, a differenza dell’altra famiglia di sistemi che guarda
agli aspetti fisici, sono sempre rintracciabili all’interno delle aziende. Il problema, peró, é
che i consueti sistemi contabili non tengono conto in modo sufficiente delle questioni
ambientali ed é questo semplice fatto il seme da cui derivano gli errori che molte imprese
fanno nel formulare le loro strategie ambientali. Di qui il senso e la genesi della contabilitá
ambientale, volta a portare un nuovo approccio nella gestione ordinaria delle
organizzazioni.
In prima battuta si puó sintetizzare lo scopo primario di questo sistema nel fatto di garantire
che le valutazioni di tipo economico-finanziarie siano ponderate anche dal punto di vista
ambientale, in modo da non incorrere in costi ambientali “nascosti” che, magari non subito,
potrebbero generare gravi ricadute economiche all’azienda; in altre parole si tratta di
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realizzare una gestione sostenibile dell’impresa, nel senso esplicitato in precedenza, i.e.
come convergenza degli ambiti economico, ambientale e sociale. Al lato pratico tutto
questo vuol dire, come ha affermato la Divisione per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni
Unite, semplicemente fare un migliore e piú comprensivo management accounting.
Venendo quindi agli obiettivi ed ai benefici che la contabilitá ambientale si prefigge, piú o
meno tangibili, si possono annoverare:
Scorporazione e conseguente messa in luce dei costi ambientali (e perció anche
dei relativi risparmi potenziali) a partire dal “magma” dei costi generali (overhead
cost) nei quali sono normalmente oscurati (e trascurati). Ció si traduce in ultima
analisi in un miglior decision making, visto che si tengono in considerazione nuove
informazioni importanti prima ignorate
Possibilitá di ridurre o eliminare alcune categorie di costi ambientali che non danno
valore aggiunto al prodotto/processo grazie a mirati interventi, tra i quali si citano, in
primis:
i) cambiamenti a livello di operation (una migliore manutenzione, per esempio)
ii) redesign di prodotti/processi
iii) investimenti in tecnologie “verdi”
Nuove opportunitá per controbilanciare i costi ambientali con entrate provenienti,
per esempio, dalla vendita o dall’uso alternativo dei sottoprodotti di scarto, da
attivitá di riciclaggio, dalla compravendita di diritti di emissione e/o di licenze per
tecnologie verdi
Miglior attivitá di costing e pricing dei prodotti nei quali verrá quindi inglobata anche
la componente di impatto ambientale
Supporto per il processo di design di nuovi prodotti, processi e servizi in modo che
siano maggiormente eco-compatibili
Impatto positivo sulla competitivitá e sull’immagine dell’organizzazione derivante
dall’offerta sul mercato di prodotti piú “verdi”
Le migliori performance ambientali apportano alla fine una ricaduta benefica
all’ambiente e alla societá in generale, oltre che in termini di successo economico
per l’azienda; é la comunitá intera che gode dei benefici generati da un piú retto
comportamento in campo ambientale
Maggior capacitá di attrarre nuovo personale e di mantenere quello giá presente
grazie alla motivazione e al morale piú alto che seguono ad una manifesta presa di
coscienza dell’organizzazione delle problematiche ambientali
Supporto alla realizzazione di report interni ed esterni grazie alla quantitá e qualitá
dei dati che vengono raccolti per gli scopi della contabilitá ambientale; questa infatti
puó diventare mezzo di comunicazione verso gli enti esterni cosí come fungere da
strumento di trasparenza interno