10
Capitolo 1
INTRODUZIONE AL PROBLEMA RIFIUTI
1.1 Sviluppo sostenibile: utopia o realtà
Nell’ambito di un discorso globale in cui convergono tutti i fattori di crescita
economica e sociale, ci si accorge che spesso i problemi economici dei grandi paesi
industrializzati soffocano ogni altra iniziativa per avviare una gestione ambientale
mondiale, mirata a reintegrare e conservare equilibri importanti per la sopravvivenza
della specie umana, e per tutte le altre specie animali e vegetali. Si arriva così, nel
tentativo di coordinare gli sforzi internazionali, a stipulare accordi, impegnarsi col
mondo intero, siglando concordati o quant’altro serva, per allearsi in una lotta
comune combattuta su diversi fronti: realizzare un controllo globale sull’ecosistema
terrestre al fine di preservare gli equilibri esistenti in natura e reintegrare quelli
compromessi da decenni di sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, da
“disastri ecologici” voluti (vedi esperimenti atomici) o provocati da imperizia e
mancanza di controlli (vedi esplosioni di reattori nucleari o affondamenti di
petroliere).
Tutto ciò si traduce in un termine oramai molto noto, sostenibilità. Questo
termine, fa confluire in se tutta una serie di fattori che dipendono direttamente dal
potere di sviluppo economico che ogni paese del mondo possiede: la Word
Commission on Environment and Developement definisce lo sviluppo sostenibile
come la “condizione necessaria per cui la soddisfazione dei bisogni delle generazioni
attuali non debba compromettere il benessere delle generazioni future”. Ma è sul
serio possibile uno sviluppo gestito in modo razionale compatibilmente con
l’ecosistema naturale, oppure la società degli uomini porterà ad un ecosistema
artificiale gestito solo in subordinazione ad esigenze di economie di mercato?
La verità, fino ad ora, è che l’uomo è l’unico essere sul nostro pianeta a non
assecondare i cicli naturali esistenti. Egli, infatti, può modificare l’ambiente secondo
le proprie esigenze, ogni qual volta ne ha bisogno, senza dover assoggettarsi alle
regole dei cicli biologici dell’ecosistema naturale. Tutto ciò si è sempre tradotto in
problemi ecologici di varia entità: inaridimento di zone sempre più vaste, sfruttamento
11
incontrollato delle riserve energetiche mondiali, scioglimento dei ghiacciai,
deturpamento pericoloso d’intere aree naturali importanti per il mantenimento
dell’equilibrio dinamico dell’ecosistema terrestre. Per non parlare delle forme più
disparate d’inquinamento,con conseguenti sconvolgimenti del clima, che
danneggiano ulteriormente i paesi con più disagi economici.
Oggi si parla di sviluppo economico sostenibile, di ricerca sostenibile, di crescita
sostenibile della popolazione ecc, etc. Oggi si danno i limiti, s’inventano i sistemi
legislativi di controllo per cercare di individuare gli obiettivi di sostenibilità, si cerca di
acquistar cognizioni dallo studio dell’ecosistema naturale, attraverso i principi
dell’autolimitazione. Oggi forse ci sono le basi per rendere sostenibile l’attività umana
all’interno di un sistema integrato di gestione di tutte le discipline che si occupano di
uno sviluppo globale durevole in tutte le sue variabili. Si utilizza lo studio
dell’ecosistema naturale per formulare i principi dell’autolimitazione (feedback positivi
e negativi)per il controllo dello sviluppo industriale, si confronta “l’ecosistema urbano”
con l’ecosistema naturale apprezzando le qualità intrinseche di quest’ultimo e
cercando di rendere il primo più simile al secondo.
Da questi studi è innescato il processo per l’individuazione degli indicatori di
sostenibilità per l’ambiente urbano, e una delle aree soggetto, nella quale vengono a
collocarsi alcuni indicatori di stato e di pressione per la valutazione delle condizioni
ambientali, è lo smaltimento dei rifiuti.
12
1.2 Strategie d’azione ambientale
All’interno dei piani di sviluppo mondiali sono messe a punto delle strategie di
azione ambientale con caratteristiche simili allo studio di valutazione di impatto
ambientale, ma con la caratteristica peculiare di essere costruite sulla prevenzione e
sulla programmazione degli interventi a medio e lungo termine.
Un esempio in questo frangente temporale è la programmazione dei Fondi
Strutturali 2000 – 2006 a supporto dei quali sono state predisposte le linee guida
della Valutazione Ambientale Strategica, a cura della Direzione Generale Via –
servizio per la valutazione dell’impatto ambientale, del Ministero dell’Ambiente, del
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e dell’Anpa – Agenzia Nazionale per la
Protezione Dell’Ambiente
1
.
Nell’ambito di questo progetto sono stati delineati gli indicatori di pressione e
stato per una misura della sostenibilità ambientale, partendo dalla condizione
necessaria che affinché ci sia una risposta all’impatto generato da un elemento di
pressione all’interno di una categoria presente nell’ambiente, si debba agire in
maniera dualistica partendo contemporaneamente da documenti di programmazione
globali come il Piano di Azione Ambientale approvato a Johannesburg nel 2002 in
seno al Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile, o il Sesto Programma
Comunitario di Azione per l’Ambiente
,
quest’ultimo nato con lo scopo di dare come
obiettivo generale il perseguimento delle linee per “garantire una maggiore efficienza
delle risorse con un miglioramento della gestione dei rifiuti al fine di stabilire un
equilibrio sostenibile all’interno dell’ecosistema urbano”, e da documenti di
programmazione locali (Agenda 21locale).
Con un impegno di questo tipo, anche l’adozione di piani locali di
programmazione per la gestione dei rifiuti, diventa un indicatore di sostenibilità e gli
obiettivi prefissati diventano Target di qualità ambientale.
Gli indicatori di sostenibilità costituiscono, all’interno delle Agende 21 locali un
sistema di misura dei dati raccolti e unità costitutiva primaria per la costruzione dei
piani di intervento.
1
Supplemento al mensile del Ministero dell’Ambiente” l’ambiente informa” n.9 - 1999
13
Figura 1.2.1 – passaggi del piano d’intervento
Attivazione
di agenda
Individuazione
e
coinvolgimento
del pubblico e
delle aziende
Predisposizion
e del quadro di
intervento
Adozione
del piano
Costruzione
del piano
d’Azione
Ambientale
Definizione
degli obiettivi
e delle priorità
di intervento
Valutazioni, monitoraggio, modifiche in opera, sistemi di controllo
e disciplina sulle attività economiche connesse all’erogazione
14
1.3 - L’ecosistema urbano e lo smaltimento dei rifiuti
Nell’accezione del termine, il concetto di sostenibilità viene a coincidere con il
concetto di “Carryng Capacity”, vale a dire la capacità di un ecosistema di poter
gestire il complesso dei meccanismi che lo compone, senza entrare in quella fase di
sovraccarico che porterebbe i processi naturali, che rendono unico il sistema
ecologico, a squilibrio biologico.
Ai nostri giorni, il concetto di ecosistema è trasferito alla città, allargando il
concetto di metropolitano, tipico della città, al sistema biologico naturale. L’idea
d’ecosistema urbano entra nello studio dello sviluppo, teorico e pratico
dell’evoluzione delle città metropolitane, che da essere oggetto d’indagini di tipo
sociologico e statistico e urbanistico, diventa oggetto di studio di carattere biologico.
Dalla trasformazione ideale del sistema metropolitano in sistema ecologico
metropolitano, nasce l’esigenza di approfondire lo studio dei meccanismi che ne
regolano l’attività, relazionandoli all’attività umana in tutte le sfumature presenti. Si
scopre così una differenza fondamentale tra i due sistemi: - il sistema naturale è
dotato di sistemi di controllo (feedback) che impediscono ad ogni organismo
appartenente all’ecosistema di prevalere a discapito di un altro in maniera tale da
preservare gli equilibri o, in presenza di emergenze ambientali, di poter superare le
crisi; - il sistema antropizzato non possiede meccanismi di regolazione integrati, ma è
l’attività umana che deve gestire, arginare e ripristinare le condizioni di vita ottimali
del sistema attraverso sistemi di controllo coattivi -.
In questa sede si analizzerà uno dei processi fondamentali che caratterizzano
l’ecosistema urbano: lo smaltimento dei rifiuti.
Lo schema di seguito riportato rende subito esplicito l’argomento in esame,
mostrando come l’ambiente urbano sia un sistema dissipativo
2
.
La città quindi è un sistema dissipativo e, dal punto di vista termodinamico, si
comporta come un “hot spot”, un punto caldo che assorbe energia pregiata
trasformandola in massima parte in calore e rifiuti; è quindi un sistema
termodinamico aperto in grado di assorbire energia, trasformarla, ma non reintegrarla
autonomamente. Infatti, mentre un sistema naturale produce e rielabora al proprio
interno i rifiuti delle attività biologiche, la città utilizza forme d’energia provenienti
dall’esterno, le trasforma, ne utilizza una minima parte per la sopravvivenza delle
2
Virgilio Bettini – ELEMENTI DI ECOLOGIA URBANA
15
attività umane e la maggior parte è trasformata in calore e rifiuti che saranno smaltiti
al di fuori del sistema urbano.
Figura 1.3.1 – sistema energetico dissipativo
In tal modo il ciclo energetico resta aperto con le ben note conseguenze dal
punto di vista ambientale.
Per risolvere le problematiche legate allo smaltimento dei rifiuti sono allo studio
sistemi di gestione integrati delle risorse che prevedono un riutilizzo in tempi brevi
delle materie che, normalmente intese come rifiuti, sono invece d’interesse principale
se considerate alla stregua delle materie prime d’estrazione industriale. L’attività di
recupero dei prodotti di scarto, diventa così il sistema di controllo (feedback positivo)
integrato con le attività produttive, in grado di ridurre il valore degli stress ambientali
e di portare i valori del bilancio energetico della città entro i valori limite consentiti per
un costituente anomalo di un ambiente naturale più vasto, quale può essere
considerato l’ambiente urbano. Fermo restando che lo smaltimento dei rifiuti va
pensato fin dalla produzione del prodotto che poi andrà a costituire lo scarto, l’attività
di recupero, può diventare un mezzo efficace di riconversione energetica solo se si
producono materie facilmente recuperabili.
ECOSISTEMA
URBANO
PRODUZIONI
INDUSTRIALI
SCAMBI CON
ALTRI
ECOSISTEMI
URBANI
SCAMBI CON
ECOSISTEMI
NATURALI
COMBUSTIBILI
FOSSILI
PRODOTTI PER IL
SOSTENTAMENTO
DELL’ECOSISTEMA
RIFIUTI
CALORE
ENERGIA PER
DISINQUINARE
INQUINAMENTO
16
Ian Douglas in The Urban Environment sostiene che la città può essere
considerata un ecosistema solo pervenendo dal ruolo parassitario che essa occupa
nei confronti dell’ambiente circostante
3
,questa formulazione diventa parte integrante
della condizione di ecosistema urbano considerato in tutte le sue variabili. Esso,
infatti, attinge, in ogni istante energia dall’ambiente circostante senza dare nessun
tipo di contropartita.
3
Virgilio Bettini – ELEMENTI DI ECOLOGIA URBANA
17
1.4 - Una risorsa chiamata rifiuti
E’ ben chiaro sino ad ora che il problema della gestione dei rifiuti si pone in
modo da coinvolgere tutte le discipline che reggono in piedi la società, il quesito è di
tutti, perciò l’incombenza è di tipo economico, politica, ingegneristica, naturalistica
ecc. In quest’ottica sono stati fissati dei principi fondamentali per definire le linee
d’intervento complessivo:
1. La prevenzione: è importante partire dal concetto che la riduzione delle
quantità e della pericolosità dei rifiuti avviati allo smaltimento sia obbiettivo
fondamentale di una politica ambientale orientata verso un’autogestione delle
risorse.
2. Il riciclaggio e il riuso si collocano come meccanismo per il reintegro
d’energia, all’interno del ciclo energetico dell’ecosistema città, attraverso una fase di
recupero delle materie prime.
3. Lo smaltimento, in discarica o in termovalorizzatore, diventa una
condizione finale alla quale arrivano solo quelle frazioni merceologiche di rifiuti che
non possono essere riportati alla verginità dei loro elementi iniziali.
In un ciclo integrato di gestione dei rifiuti, per una politica gestionale della
risorsa rifiuti, le imprese dovranno adeguarsi provvedendo all’introduzione di sistemi
di gestione rispettosi dell’ambiente e adeguando i processi di produzione a quelli di
riciclaggio: nello specifico le condizioni ottimali si ottengono per mezzo di un controllo
dualistico tra aziende e governo utilizzando sistemi di certificazione ambientale
(Emas, Iso 14000). In questo senso anche le procedure di valutazione utilizzate dalla
VIA e dalla VAS rientrano tra i sistemi per l’ottenimento della certificazione
ambientale.
La gestione attraverso Direttive Europee, leggi nazionali e regionali, concorre
allo sviluppo della ricerca di dati per l’individuazione d’indicatori di pressione
ambientali nella sfera del sostenibile.
ModificazionI delle tecnologie per la riduzione dell’inquinamento, abbattimento
delle emissioni, miglioramento dell’efficienza energetica, progettazione di prodotti
ecocompatibili, sono tutte azioni che diventano, indicatori di sostenibilità. I rifiuti si
trasformano da onere in risorsa e, nello stesso tempo si alleggerisce la pressione
dell’attività umana sull’ambiente.
18
La produzione di rifiuti si tramuta, a seguito di queste considerazioni, da
processo lineare semplice, produzione – raccolta – smaltimento, in un processo
ciclico ramificato che utilizza diverse metodologie d’intervento secondo i diversi
ambiti.
In quest’ottica, il ciclo di recupero energetico associato ai rifiuti, diventa un
metro per il prelievo delle risorse naturali: più si recupera e si riutilizza, meno si
prelevano risorse dall’ambiente.
Con ciò, sì dà rilevanza alla progettazione dei processi produttivi industriali,
soprattutto in fase di precostituzione, come viene individuato dal Ministero
dell’Ambiente nell’ambito che ad esso compete. Il riorientamento produttivo, diventa
necessario affinché allo stadio produttivo ne possa essere affiancato uno per il
trattamento del prodotto una volta esausto (non importa se questa fase sia eseguita
o meno dalla medesima industria), senza ulteriori sprechi energetici.
Da ciò nascono i prodotti ecocompatibili, cioè facilmente riciclabili, materiali che
possono essere ricondizionati o scissi facilmente nelle loro componenti principali
senza uscire dal contesto industriale che li ha generati inizialmente. L’avvio di questi
processi produttivi consente, inoltre, alle industrie di poter accedere ai finanziamenti
comunitari in conformità dei piani d’azione regionali imposti dalla comunità europea,
perseguendo il principio della sostenibilità.
I vantaggi che ne derivano sono intuitivi: minori consumi energetici, minor
consumo di materie prime, minore produzione di rifiuti da smaltire, minori emissioni
inquinanti, miglioramento della qualità ambientale, produzione di prodotti a minor
impatto ambientale, incremento delle attività produttive con maggior competitività
delle imprese
4
.
Da qui si evince la necessità di una certificazione ambientale obbligatoria,
almeno per quelle imprese che operano in diretto contatto con l’ambiente.
4
Dal sito del Ministero dell’Ambiente, www.Minambiente.it
19
Figura 1.4.1 - Schema di sviluppo del ciclo di produzione e reintegro dei rifiuti
solidi
Recupero
materie prime
Recupero
energetico
Carta e
cellulosa
Vetro
Materiali ferrosi
Plastica
Alluminio
Legno Biogas
Energia
termica
Energia
elettrica
CDR
Combustibile
da rifiuto
Compost e
biofertilizzanti
Discarica per i rifiuti
inutilizzabili
Cicli produttivi primari
(prodotti di prima necessità,
semilavorati destinati ad
altre industrie, produzioni
per i consumatori finali
RIGENERAZIONE REIMPIEGO
Esercizi commerciali
PRODUZIONE RIFIUTI IMBALLAGGI E UMIDO
Recupero organico
Cicli secondari (lavorazione
semilavorati, produzione
d’imballaggi, smistamento,
collocazione sul mercato
all’ingrosso
Scarti di
lavorazione
SMALTIMENTO
RIFIUTI
INDUSTRIALI
Prodotti finiti destinati alla
piccola e grande distribuzione
Consumatori finali
20
Capitolo 2
I RIFIUTI COME INDICATORI DI SOSTENIBILITA’
2.1 Categorie d’indicatori
A questo punto diventa indispensabile capire come i rifiuti, intesi come soggetto
ambientale, possono diventare elementi necessari o semplicemente indicatori di
pressione ambientale, di stato dell’ambiente o semplicemente indicatori di
sostenibilità ambientale.
È subito necessario fare un discernimento dei diversi tipi di indicatori in base
alla loro funzione, anche per capire cosa sia un indicatore:
ξ Indicatori descrittivi
ξ Indicatori prestazionali
ξ Indicatori aggregati
ξ Indici compositi
2.1.1 Indicatori descrittivi
Gli indicatori rappresentano singole misurazioni che dovrebbero consentire di
valutare l’andamento e la posizione nel tempo, di fenomeni misurabili
sperimentalmente, come per esempio, presenza di un inquinante, concentrazione di
Co2. Possono essere anche di carattere economico e quindi possono rappresentare
una voce di spesa o di produzione.
Gli indicatori vengono configurati in modo da esprimere un’intensità, oppure un
valore di eco-efficienza, facilmente rapportabili ad un peso economico preciso come
un valore aggiunto o un fattore di incidenza nella voce spese.
21
2.1.2 Indicatori prestazionali
Sono strumenti di comparazione che esprimono l’efficienza di un valore
rapportato ad un obiettivo imposto, predeterminato da normative. In molti casi gli
indicatori prestazionali coincidono con quelli descrittivi. In altre parole si può
affermare che sono indicatori i quali assommano un valore misurabile ed uno di
riferimento.
2.1.3 Indicatori aggregati e indici compositi
In questo caso si assommano i due termini per la medesima risonanza che essi
hanno e perché sono il frutto di unione di diversi indicatori o indici.
In generale sono indicatori complessi che sono sviluppati facendo confluire
diverse variabili.un esempio di indice economico alla portata di tutti può essere il PIL
(Prodotto Interno Lordo) che esprime in un solo numero il fatturato interno lordo di
uno stato, valutato attraverso variabili di tipo monetario. Costituiscono in sostanza,
una sintesi , un esempio di esemplificazione di un insieme di fattori che
caratterizzano un certo ambito (economico, ecologico, politico, statistico ecc.) con i
vantaggi e i svantaggi che ne conseguono, facilità di utilizzo e margine di errori più
elevati.
22
2.2 Modalità di selezione degli indicatori
Esistono naturalmente dei criteri di valutazione per la selezione degli indicatori
nelle diverse aree d’intervento, nel nostro caso, cioè l’ambiente, l’OCSE ha stabilito
tre condizioni fondamentali per la scelta degli indicatori: misurabilità, rilevanza
nell’ambito d’intervento, consistenza analitica.
Questi tre criteri ci portano, attraverso una ulteriore discretizzazione, ad una
serie di possibilità facilmente interpretabili:
ξ Affinché un indicatore abbia validità deve essere rilevante per
l’attuazione delle politiche sulla sostenibilità,perciò deve avere coerenza
tecnica riferita ad obbiettivi già prefissati in ambiti internazionali; deve
essere rappresentativo delle realtà locali e nazionali per le condizioni
ambientali ; deve inoltre essere un mezzo di diagnosi per l’attivazione
dei piani di intervento locali (Agenda 21) rappresentati dei piani di
intervento internazionali e avere attinenza con le politiche di sviluppo a
tutti i livelli di intervento.
ξ Deve essere d’immediata comunicatività e deve avere la capacità di
restituire efficacemente valori facilmente interpretabili.
ξ Deve avere, per ottenere validità scientifica, comparabilità con altri
parametri, misurabilità nel tempo, sensibilità ai mutamenti e ai
cambiamenti di ambito di utilizzo, affidabilità dei dati contenuti.
ξ Deve avere un’applicabilità dimostrabile nei diversi ambiti di utilizzo,
quindi deve essere rapportato al costo e al tempo necessario per la
reperibilità dei dati e per la riproposizione nel tempo.
2.3 Il modello utilizzato e la raccolta degli indicatori
Importante a questo punto sapere in base a quale criterio vengono organizzate
le informazioni (gli indicatori) necessarie alla valutazione ambientale nelle sue
discriminanti.
La raccolta degli indicatori viene effettuata tenendo presente le seguenti
categorie di integrazione : le tematiche ambientali, che comprendono anche le
matrici ambientali
;i settori di intervento a cui si fa riferimento per la scelta degli
23
indicatori (ambientale, socio – politico, statistico ecc.); categorie di indicatori di stato
e di pressione; obbiettivi da raggiungere.
5
Il modello utilizzato per l’organizzazione degli elementi e per la valutazione dei
dati nel campo d’intervento specifico, si avvale di un metodo sviluppato inizialmente
dall’OCSE come un modello Pressione – Stato – Risposta (PSR) successivamente
modificato. Il modello in questione è il DPSIR (Driving forces, Pressures, States,
Impacts, Responses). Il DPSIR rispetto al PSR offre un sistema di relazioni che và
5
da Linee guida per la valutazione ambientale strategica – Supplemento al mensile del Ministero dell’Ambiente
“l’ambiente informa n.9 1999 modificato.
MODELLO DPSIR
(categorie e relazioni
di casualità)
Driving forces
Cause generatrici
primarie: agricoltura
Industrie
Trasporti
Pesca
Turismo
Domestico/consumatori
Energia
Ecc.
Responses
Leggi
Piani di azione
Prescrizioni
Pressures
Emissioni
atmosferiche
Scarichi industriali
Rifiuti
Attività estrattive
Uso del suolo
Ecc.
Impacts
Ambientale
Economico
Politico
Sulla salute
Ecc.
States
Qualità dell’acqua, dell’aria, morfologia del
territorio,aree a rischio sismico, numero
impianti di trattamento acque reflue, ecc.