2
Si considerano quindi ionizzanti quelle radiazioni elettromagnetiche che siano in
grado di ionizzare gli atomi presenti in maggiore quantità nelle molecole biologiche
(Idrogeno, Ossigeno, Carbonio, Azoto).
Poiché il potenziale medio di ionizzazione di tali atomi è di circa 12eV, la soglia
tra radiazioni ionizzanti e non è stata fissata a 12eV.
Considerando lo spettro elettromagnetico si evince che i raggi gamma e X sono
radiazioni ionizzanti, ricadono nella categoria di radiazioni non ionizzanti i campi
elettromagnetici a radiofrequenza e microonde, la luce visibile, i raggi infrarossi e
parte dello spettro ultravioletto
[1]
.
II. Effetti sulle persone
Numerose attività lavorative possono comportare esposizioni a campi
elettromagnetici non ionizzanti, specie nella sanità, peraltro a livelli di campo
sensibilmente più elevati di quelli in gioco nelle tipiche esposizioni della
popolazione.
L’esposizione a campi elettromagnetici all’interno dei luoghi di lavoro dipende,
oltre che dalle sorgenti, anche da una complessa serie di fattori, quali le
caratteristiche di installazione degli apparati, il loro stato di manutenzione, le
procedure di utilizzo, le caratteristiche degli ambienti, la disposizione delle
postazioni di lavoro, le modalità operative adottate dagli addetti.
E’ quindi in linea di principio possibile che si riscontrino esposizioni
completamente differenti in luoghi di lavoro ove siano impiegate simili tipologie di
sorgente.
Le apparecchiature sorgenti di radiazioni non ionizzanti ELF, RF, di comune
impiego in ambito sanitario, che presentano aspetti di interesse ai fini della tutela
della salute di pazienti e lavoratori sono riportate in Tabella 1, in relazione ai
rispettivi settori di impiego
[2].
3
Tabella 1 : Sorgenti di radiazioni ionizzanti
[2].
Apparecchiatura
Settore di impiego
Magnetoterapia Terapia riabilitativa
Marconiterapia Terapia riabilitativa
Radarterapia Terapia riabilitativa
Elettrobisturi Chirurgia
Tomografia RMN diagnostica
Attualmente l’organizzazione che costituisce il principale riferimento mondiale in
materia di protezione dai campi elettromagnetici non ionizzanti è l’ICNIRP
(International Commission on Non Ionizing Radiation Protection). Nella Tabella 2 e
nella Tabella 3 si riportano le limitazioni alle esposizioni ai campi magnetici
[2].
Tabella 2: Livelli di riferimento ICNIRP per l’esposizione lavorativa a campi elettrici e magnetici
variabili nel tempo
[2].
Intervallo di
frequenza
Intensità del
campo elettrico
(V/m)
Intensità del
campo magnetico
(A/m)
Induzione
magnetica
(µT)
fino a 1 Hz
1-8 Hz
8-25 Hz
0,025-0,82 Hz
0,82-65kHz
0,065-1MHz
1-10 MHz
10-400 MHz
400-2000 MHz
2-300 GHz
-
20.000
20.000
500/f
610
610
610/f
61
3f1/2
137
1,63 × 105
1,63 × 105/f2
2 × 105/f
20/f
24,4
1,6/f
1,6/f
0,16
0,008f1/2
0,36
2 × 105
2 × 105/f2
2,5 × 104/f
25/f
30,7
2,0/f
2,0/f
0,2
0,01//f1/2
0,45
4
Tabella 3: Livelli di riferimento ICNIRP per l’esposizione della popolazione a campi elettrici e
magnetici variabili nel tempo
[2].
III. Effetti sui dispositivi
L’elettrobisturi è caratterizzato dalla generazione di correnti variabili nel tempo
con frequenza compresa tra 300kHz e 3MHz, quindi emette un campo
elettromagnetico variabile nel tempo in grado di interagire con altri componenti
elettrici nelle vicinanze, data la correlazione tra campo elettrico e magnetico,
variabili nel tempo, precedentemente descritta.
In particolar modo, in vicinanza di un elettrobisturi, sono stati misurati campi
elettrici e magnetici (riferendosi alle frequenze fra 500kHz e 2,4GHz) aventi
intensità comprese, rispettivamente, fra 200 e 1.000 V/m e fra 0,1 e 0,35 A/m.
Intervallo di
frequenza
Intensità del
campo elettrico
(V/m)
Intensità del
campo magnetico
(A/m)
Induzione
magnetica
(µT)
fino a 1 Hz
1-8 Hz
8-25 Hz
0,025-0,8 Hz
0,8-3 kHz
3-150 kHz
0,15-1 MHz
1-10 MHz
10-400 MHz
400-2000 MHz
2-300 GHz
-
10.000
10.000
250/f
250/f
87
87
87/f1/2
28
1,375f1/2
61
3,2 × 104
3,2 × 104/f2
4000/f
4/f
5
5
0,73/f
0,73/f
0,073
0,0037f1/2
0,61
4 × 104
4 × 104/f2
5000/f
5/f
6,25
6,25
0,92/f
0,92/f
0,092
0,0046f1/2
0,20
5
Per quanto concerne l’utilizzo dell’elettrobisturi, assume quindi una particolare
rilevanza la compatibilità elettromagnetica (EMC) con altri dispositivi elettrici
presenti in ambiente ospedaliero.
Con il termine compatibilità elettromagnetica si intende la capacità di un apparato
elettrico (o elettronico) di generare disturbi elettromagnetici che permettano il
funzionamento in modo conforme alla loro destinazione di altri apparati posti nelle
vicinanze e, viceversa, l’idoneità dell’apparato a funzionare in presenza di disturbi
elettromagnetici senza pregiudizio per le sue prestazioni (immunità).
Per esempio si può generare un’interferenza, dovuta al campo magnetico
dell’elettrobisturi, per i monitor di rilevamento della concentrazione di gas anestetici
all’interno della sala operatoria, oppure tale campo magnetico può far perdere la
traccia ad un ECG.
L’interferenza è infatti il fenomeno che può verificarsi quando un dispositivo è
immerso in un campo elettromagnetico, fenomeno che causa evidentemente
malfunzionamenti permanenti o temporanei
Nell’ottica della sicurezza negli ambienti di lavoro e di vita, la questione assume
rilievo in tre ambiti:
1. l’immunità di apparati diagnostici o terapici, dal cui corretto funzionamento
dipende la qualità della prestazione, qualità che in taluni casi può rivestire un
ruolo critico (es. apparati di supporto vitale);
2. l’immunità di apparati elettronici preposti alla segnalazione di allarme per eventi
ad alto rischio
3. l’immunità di protesi biomedicali (es. pacemaker) direttamente indossate dal
soggetto interessato, sia lavoratore sia paziente.
Proprio il pacemaker (PM) ed il defibrillatore impiantabile (ICD) sono di
particolare interesse dal punto di vista della sicurezza elettromagnetica essendo
direttamente indossati ed avendo una funzione vitale; bisogna quindi considerare
l’interazione tra il loro funzionamento e quello dell’elettrobisturi in termini di
immunità del PM e ICD al campo elettromagnetico connesso con l’uso
dell’elettrobisturi.
Nel caso di paziente con defibrillatore impiantato deve essere disattivato il
dispositivo o temporaneamente con magnete o tramite programmazione per evitare
6
shock inappropriati. Ovviamente, occorre essere provvisti di defibrillatore esterno
qualora il paziente necessiti di intervento proprio durante la procedura.
I pacemaker sono dispositivi impiantabili in grado di rilevare l'attività elettrica del
cuore (sensing) e di stimolarla (pacing) quando questa è insufficiente. La funzione di
sensing, che permette di evitare una competizione tra il pacing del pacemaker e la
regolare attività cardiaca, rende più vulnerabile il pacemaker alle interferenze
elettromagnetiche.
I pacemaker sono costituiti da:
ξ un generatore, a sua volta fornito di una fonte di energia (pile al litio);
ξ circuiti di sensing in grado di riconoscere gli stimoli spontanei provenienti
dal cuore del paziente;
ξ elettrocateteri che consentono allo stimolo elettrico di essere condotto alle
cavità cardiache.
La possibilità di interferenze elettromagnetiche con pacemaker impiantati dipende
da molti fattori tra cui, di primaria importanza, il modello dello stimolatore, la
frequenza, l'intensità e il tipo di segnale al quale il portatore del dispositivo è esposto.
I pacemaker presentano una maggiore sensibilità ai segnali elettromagnetici
pulsati e/o con modulazione di ampiezza.
In generale i possibili malfunzionamenti sono limitati alla durata dell’interferenza.
I rischi legati all’uso dell’elettrobisturi monopolare sono simili a quelli della
defibrillazione: se si tocca il PM l’energia elettrica viene convogliata nel catetere e si
può causare ablazione cardiaca nel punto di contatto degli elettrodi impiantati.
Inoltre l’elettrobisturi può provocare inibizione o stimolazione asincrona, in
quest’ultimo caso, se il paziente ha un ritmo proprio, si può verificare una pericolosa
stimolazione proaritmica nelle fasi vulnerabili del ciclo cardiaco.
L’elettrobisturi bipolare, invece, non causa mai problemi quali l’ablazione
cardiaca nel punto di contatto dell’elettrodo. Gli unici effetti collaterali possono
essere l’inibizione momentanea o la stimolazione asincrona.
In generale, nel caso di utilizzo dell’elettrobisturi è bene mantenerlo ad almeno
15cm dagli elettrodi impiantati, ridurre l’applicazione a tempi continuativi non
superiori a qualche secondo, assicurarsi della presenza di defibrillatori esterni,
7
monitorare continuativamente l’attività cardiaca, valutare il sistema di stimolazione
prima dell’intervento e verificare il dispositivo dopo la procedura
[3].
IV. Modellizzazione
Nell’ottica della necessità di valutazioni EMC, per l’utilizzo dell’elettrobisturi in
sala operatoria, si inserisce lo studio delle sorgenti di campi elettromagnetici, che
sono costituite dalle correnti in radiofrequenza erogate dal dispositivo e presenti
anche al suo interno.
A questo fine si vuole sviluppare un primo modello equivalente del dispositivo
che deve essere in grado di simularne il funzionamento, possibilmente per il maggior
numero di applicazioni in cui tale strumento è utilizzato, tramite l’opportunità di
variare i valori dei parametri caratteristici del dispositivo e utilizzare i più congrui
alle varie modalità di funzionamento.
Alla base dello studio del modello si pone l’obiettivo di poter valutare, per
ciascuna simulazione di funzionamento, gli ordini di grandezza e gli andamenti nel
tempo di quelle correnti che rappresentano le sorgenti di campi elettromagnetici
Ciò porterà alle prime considerazioni sulle emissioni elettromagnetiche del
dispositivo e porrà le basi concrete per un successivo e complementare studio
(eventualmente basato su modelli anche più complessi), che tramite il calcolo dei
campi elettromagnetici, permetterà la valutazione della compatibilità
elettromagnetica dell’elettrobisturi.