6
consumo futuro. L'idea è che la banca operi come pura intermediatrice di fondi
tra domanda e offerta di liquidità. Il suo compito, nell'ottica di tale teoria, è
quello di raccogliere le quote di reddito non consumate per prestarle a coloro che
desiderano indebitarsi. Il sistema bancario quindi, al pari della moneta, agisce da
facilitatore degli scambi semplicemente trasmettendo moneta da un operatore
all'altro
1
.
Ma la funzione della banca di credito, nell'allocare risorse finanziarie e nel
creare contestualmente moneta, non è affatto esogena o neutrale, bensì essenziale
nell'indirizzare lo sviluppo dell'economia capitalistica reale.
Pur non essendo direttamente partecipe delle decisioni imprenditoriali, la
banca di credito, nel momento in cui decide i propri finanziamenti, valuta progetti
alternativi di investimento, scegliendo l'imprenditore che ritiene più promettente,
in una prospettiva dinamica propria dello sviluppo capitalistico.
In ciò consiste l'imprenditorialità stessa della banca, un’ impresa diversa e
separata dalle altre imprese a motivo della specificità della propria funzione
allocativa e dei vincoli a cui sono sottoposte le risorse finanziarie di cui si avvale,
ma che non può assolvere al meglio la propria attività creatrice di surplus
economico se privata della propria autonomia imprenditoriale
2
.
L'imprenditorialità della banca è stata compressa negli schemi rigidi della
regolamentazione che si sono sostituiti alle regole di corporate governance a
carattere della specialità della banca. La nostra idea è che l'efficienza di un
sistema finanziario va ricercata attraverso il ristabilimento di regole di corporate
governance in particolar modo per il nostro paese che, attraverso la
pubblicizzazione degli istituti di credito e la gestione dei rapporti banca impresa,
ha dimostrato un'inefficienza , se prendiamo modelli esteri di riferimento, che ha
compromesso lo stesso sviluppo economico in un contesto ove quasi nullo è la
presenza del mercato azionario.
Infatti, la scelta dell'ordinamento italiano di non consentire alle banche
interventi diretti sul capitale delle imprese ha avuto come conseguenza, la
1
G. Morelli (1996) "Informazione ed efficienza nella teoria dell'intermediazione finanziaria" in
Banca Impresa e Società n.1
7
realizzazione di un modello di finanziamento di queste ultime basato sulla logica
assicurativa del pluriaffidamento, che ha concorso a deresponsabilizzare il
sistema bancario e a rendere inefficiente la gestione del rischio al loro interno
3
.
Non potendo convertire la loro posizione da quella di creditori a quella di
azionisti, le banche italiane hanno infatti, per lungo tempo, disatteso l'esigenza di
esercitare un'efficace azione nel governo societario delle imprese finanziate. Ne è
derivata una sostanziale deresponsabilizzazione del sistema bancario nei
confronti delle sorti delle imprese, che è venuto, così, meno a quella funzione di
governo che la teoria economica e organizzativa oggi riconosce ai finanziatori
esterni ed alle banche in particolare, attraverso l'azione di monitoraggio.( Gli
intermediari svolgono una funzione di controllo tesa ad assicurare che la
realizzazione degli investimenti selezionati segua le linee definite ex-ante. Il
controllo ex-post dovrebbe invece forzare l'impresa finanziata a perseguire il
livello ottimale di efficienza tecnica
4
)
D'altra parte, questa limitata azione esercitata dalle banche nei meccanismi
di governo delle imprese può essere ricondotta, in buona parte, all'assenza di tali
meccanismi nell'ambito della gestione aziendale delle banche stesse. Ciò è dipeso
fondamentalmente dal modello di proprietà pubblica così diffusa e così a lungo
presente nel sistema bancario, nonché dagli assetti organizzativi e dai livelli di
efficienza che ne sono derivati
5
; non a caso, nel momento in cui si è manifestata
la necessità di una profonda ristrutturazione del sistema, la privatizzazione delle
banche è apparsa condizione imprescindibile, a causa della debolezza dei
meccanismi di responsabilizzazione dei soggetti politici che rappresentano la
proprietà pubblica
6
.
2
Corigliano (1991) op. cit Ciocca (1991) op. cit, Forestieri (1994A) op. cit., Ciampi (1993) op.
cit
3
Sarcinelli M. (1996) "Il futuro della banca: più servizi o più rischi?" in Studi e Note di Economia
- Quaderni 1 1996
4
G. Forestieri (1993) "Sitema finanziario e criteri allocativi" Note Economiche del Monte dei
Paschi di Siena" n 1,
5
Forestieri e Onado M. (1998) " Governo societario e imprese bancarie" in Banca Impresa e
Società n.1 1998
6
M. Sarcinelli (1999) " Quali rapporti tra industria e intermediari finanziari"
8
INTRODUZIONE
Corporate governance
Il tema della corporate governance è stato analizzato per diverso tempo in
un'ottica strettamente specialistica di carattere tecnico istituzionale.
La crescente attenzione alla complessità del funzionamento delle imprese e
soprattutto i danni prodotti da molteplici crisi aziendali, hanno ampliato la portata
del dibattito fino ad investire il problema generale dell'efficienza sia micro che
macroeconomica : l'efficienza delle imprese , del sistema finanziario e dell'intero
processo di allocazione delle risorse. Le istituzioni finanziarie e le banche
risentono particolarmente delle regole di corporate governance in quanto da un
lato , al pari di tutte le altre imprese sono soggette a regole di comportamento e di
funzionamento (corporate governance nelle banche), dall'altro,in quanto perno
della distribuzione dei flussi finanziari , hanno un ruolo attivo e decisivo
nell'allocazione delle risorse alle imprese.
Queste due dimensioni non sono disgiunte fra loro se consideriamo che
l'efficienza delle imprese è legata ad una relazione biunivoca a quella delle banche
(corporate governance delle banche)
7
. L'attività bancaria infatti ha bisogno di un
continuo rapporto dialettico con il sistema industriale e commerciale al fine di
contribuire al suo sviluppo e trarre da quest'ultimo per la crescita delle stesse
istituzioni creditizie.
Analogo convincimento fu espresso da Einaudi secondo il quale "le banche
sono fatte per servire il pubblico e non viceversa " evidenziando lo stesso legame
che unisce gli interessi dei risparmiatori, delle istituzioni creditizie e delle imprese
produttive alla migliore e più sicura allocazione del credito. Questo nesso è stato
per lungo tempo considerato secondario, poiche’si anteponeva la caratteristica di
specialità della banca in quanto impresa soggetta a regolamentazione ,e tale
7
Forestieri G. e Onado M. (1998) "Governo societario e imprese bancarie" in Banca Impresa e
Società n.1
9
regolamentazione era una valida alternativa ( a seconda dei momenti storici presi
in esame) alla corporate governance valida per le imprese in generale.
Una definizione della corporate governance in assoluto non è corretta da un
punto di vista esplicativo. Infatti diverse sono le definizioni nella letteratura, ma
tutte identificano la duplice posizione: corporate governance gestionale ,
manageriale, tecnico istituzionale e infine finanziaria.
- La definizione "gestionale" ci indica l'insieme delle regole, delle
norme, delle azioni, delle funzioni e dei controlli per cui ,nella concreta
gestione di un'impresa, sono tutelati e conciliati gli interessi di tutti gli
stakheolders . La salvaguardia e l'armonizzazione di tali interessi possono
anche subire delle restrizioni o delle modifiche a favore dell'uno o dell'altro,
per effetto di regolamentazioni ispirate a criteri di politica economica o
politica tout cour, in base alla funzione istituzionale attribuita alle banche e di
obbiettivi giudicati prioritari nel contesto di date politiche monetarie.
8
Non
dobbiamo dimenticare che il credito è moneta in quanto i saldi a disposizione
presso una banca possono essere utilizzati nel sistema dei pagamenti, e una
sua espansione può determinare effetti inflazionistici. Tra gli stakheolders va
quindi annoverato lo stato in duplice veste di percettore d' imposte sui redditi
prodotti dall'impresa banca, e come beneficiario delle ripercussioni sulla
variabilità del valore interno e esterno della moneta. Per lo stesso motivo va
annoverata la comunità nazionale che percepisce nella stabilità, ovvero
nell'oscillazione del potere di acquisto della moneta, condizioni di corretta o
precaria vita economica, sociale e civile. Appare riduttivo annoverare tra gli
stakeolders solo i clienti, i prestatori d'opera e quanti altri vengano a contatto
diretto tramite rapporti giuridici con l'impresa in quanto tale, ma ci sono delle
ripercussioni anche in via indiretta che, in base a condizioni molteplici di
ambiente e di mercato, possono mutare la preminenza dei sopra citati interessi.
- La definizione manageriale di corporate governance indica il
sistema mediante il quale le imprese sono dirette e controllate (Cadbury
Report 1995). Sempre secondo tale rapporto, il consiglio è responsabile della
10
definizione degli indirizzi strategici, della identificazione dei massimi
dirigenti responsabili del raggiungimento degli obbiettivi prefissati della
supervisione del management nel suo complesso. Comportamenti del manager
non orientati alla ricerca del profitto possono tradursi, oltre che in
un'organizzazione inefficiente dell'impresa, in una ridotta reattività agli
stimoli che provengono dal mercato e che alimentano la crescita del sistema e
in politiche difformi dagli interessi degli azionisti di riferimento. Inoltre essi
possono determinare criteri non di mercato nella scelta dei fornitori e nelle
condizioni praticate alla clientela , con evidenti distorsioni della concorrenza
nei mercati a monte e a valle di quelli in cui opera la banca.
9
- La definizione istituzionale che identifica la corporate governance
come l'insieme delle regole e di istituzioni rivolte alle imprese da un lato e al
mercato finanziario dall'altro.
- La definizione finanziaria che fa riferimento a chi possiede diritti
(residuali o no) sulle imprese e il rendimento di questi atteso. Alcuni fanno
riferimento all'insieme dei finanziatori : in questo senso la corporate
governance rinvia alle modalità con cui i finanziatori si assicurano di ottenere
un rendimento dal loro investimento (Schleifer e Vischni 1997). Per altri
assume rilievo la posizione degli azionisti e le modalità con cui costoro
possono indurre il managment ad adottare strategie che portino alla
massimizzazione del valore (Prowse 1995).
Queste definizioni assumono la massima valenza in tutti quei casi in cui si
ha una separazione tra proprietà e controllo e attribuiscono alle banche ed alle
istituzioni finanziarie un ruolo centrale.
Mentre la definizione gestionale e quella finanziaria mettono in rilievo le
responsabilità di chi è al centro dei flussi finanziari, la definizione istituzionale ,
in riferimento al conflitto di interessi tra i vari stakeolders , pone l'attenzione sulle
responsabilità dei detentori di una quota rilevante dei debiti di impresa.
8
Tancredi Bianchi (1999) "Il governo delle imprese nel passaggio da istituzione a impresa:
l'ottica economica aziendale"
9
Bruzzone G. (1997) "Assetti proprietari , governo delle banche e tutela della concorrenza" in
Quaderni di Moneta e Credito, Marzo
11
Ciò sottolinea come le regole della corporate governance coinvolgono tutti i
mercati in cui opera l'impresa: il mercato del lavoro, quello dei prodotti e quello
finanziario che per la nostra analisi assume la rilevanza maggiore dovuta al fatto
che il sistema della corporate governance in base all'insieme di regole che
uniscono l'impresa nei vari mercati in cui opera la indirizzano verso un uso
efficiente delle risorse e verso la massimizzazione del valore, pone la banca come
l'unica istituzione in grado di trasmettere verso le altre imprese, quegli impulsi
capaci di assicurare l'uso efficiente delle risorse.
Tale vantaggio deriva dalla posizione strategica che colloca la banca in una
posizione di rilievo rispetto ad altre categorie di creditori che, penalizzati sul
fronte della raccolta e della rielaborazione delle informazioni, sia per i costi molto
elevati sia per l' incapacità a compiere tali operazioni , si trovano maggiormente
esposti ai rischi di free riding.
Da questa impostazione emerge che le uniche istituzioni che hanno
convenienza a svolgere questo compito sono la banca, grazie alle economie di
scala ( o di scope) che sono caratteristiche del suo operare, e il mercato.
Nel caso della banca, tale vantaggio può essere sfruttato a seconda dei
rapporti tra quest'ultima e l'impresa finanziata e secondo il peso che la banca
esercita sul processo decisionale della stessa. A tal proposito si evidenziano vari
fattori (Onado 1999):
a) la concentrazione dei diritti finanziari , di credito e le
partecipazioni: in base alle asimmetrie informative che caratterizzano i
rapporti finanziari, il possesso di tali diritti può permettere alla banca di
pervenire allo stesso livello di conoscenza degli azionisti e dei manager,
stabilendo un rapporto che, nel limite dei casi, può portare ad un monopoly
power.
b) La possibilità di unire le informazione che derivano dalla posizione
di creditore a quelle dell'azionista con un quadro completo della situazione
generale
c) La possibilità di partecipare agli organi decisionali dell'impresa
attraverso la raccolta di deleghe di voto o in base ai diritti posseduti permette
al finanziatore di partecipare attivamente alle scelte aziendali.
12
d) L'intervento possibile per la ristrutturazione del debito -
prescindendo da casi di insolvenza e casi di illiquidità - assegnano alla banca
un peso determinate sia nella riallocazione dei diritti residuali , sia nelle scelte
di lungo periodo dell'azienda ristrutturata.
Ma per esercitare una valida corporate governance sulle imprese, è
necessario partire da un'analisi sulla corporate governance nelle banche. Infatti le
analisi del rapporto banca impresa considerano la banca come un entità astratta,
prescindendo dal fatto che, anche per la banca come per l'impresa, assumono
ampio rilievo i problemi di corporate governance.
Gli studi teorici e le analisi empiriche in tema di assetti proprietari mostrano
che la struttura della proprietà degli intermediari influisce in modo rilevante sui
loro processi decisionali e sulle loro performance. Il rapporto va quindi valutato
più concretamente tenendo conto dei possibili assetti proprietari degli intermediari
bancari
10
.
Ad esempio la funzione dell'azionista pubblico e quella del management
non sempre sono ispirate alla massima redditività dell'impresa ed alla
massimizzazione del valore : se non si pone la massimizzazione del valore come
obbiettivo principale, come si può pensare di imporla alle aziende che vengono
finanziate e che tale criterio venga considerato per l'allocazione delle risorse?
Quando più le banche sono state assoggettate ad una corporate governance non di
mercato, maggiori sono state le difficoltà incontrate nel vincolare le imprese alla
massimizzazione del valore.
10
A. Porta (1999) "Governo delle banche e rapporti banca-impresa"
13
La regolamentazione
Numerosi aspetti della regolamentazione determinano le modalità di
corporate governance esercitata nei confronti delle banche e si riflettono sui
rapporti fra queste e le imprese finanziate.
Quelli presi in considerazione dalla nostra analisi riguardano gli assetti
proprietari e gli effetti verso i rapporti banca-impresa.
Gli assetti proprietari
La presenza pubblica nell'attività produttiva trova giustificazioni quando si
verificano fenomeni di fallimento del mercato. Vari sono i fenomeni che possono
causare il cattivo funzionamento del mercato: esternalità, mancanza di
informazione , presenza di economie di scala che possono portare alla formazione
di monopoli e via discorrendo.
Altro motivo di intervento dello stato deriva da situazioni contingenti(come
nel caso italiano), che hanno portato ai salvataggi delle banche in crisi portando
nell'area pubblica istituti nati sotto forma di banche private.
I due motivi di intervento dello stato si differenziano in base alle finalità
perseguite:
- banche a proprietà pubblica con obbiettivi di rilevanza sociale ,con
l'obbiettivo di erogare credito ad alcuni settori che risulterebbero penalizzati
dalla logica di massimizzazione del profitto seguita da alcune istituzioni
- banche a proprietà pubblica con obbiettivi di carattere privato. La
caratteristica pubblica di tali istituti deriva solo dal loro assetto proprietario
non svolgendo alcuna funzione di carattere sociale.
Diversa è anche la valutazione dell'efficienza: nel primo caso va valutata in
base alle finalità pubbliche , nell'altro , essendo l'obbiettivo finale uguale a quello
delle banche private, la valutazione di efficienza va condotta sulle performance
dei vari assetti.
14
Aspetti negativi della proprietà pubblica derivano dalla separazione che si
realizza con tale forma di governo tra la proprietà ed il controllo.
Per comprendere da dove nasce il problema economico dell'attribuzione dei
diritti di proprietà, bisogna tener presente la separazione tra le due famiglie dei
diritti proprietari: i diritti di controllo ed i diritti finanziari. I primi consentono di
assumere decisioni circa la destinazione di un bene tra cui la decisione di venderlo
o di concederlo in uso; con i secondi ci si riferisce al fatto che la proprietà produce
introiti finanziari e richiede degli esborsi.
La sola vera struttura proprietaria efficiente è quella che consente di
concentrare nel medesimo operatore i due tipi di diritti sopra accennati. Di fatto
però nella grande impresa la separazione, con i diritti finanziari agli azionisti e
con il diritto di controllo agli amministratori, è quasi inevitabile. La soluzione
prospettata, che resta quindi un second best, è che gli azionisti debbano
congegnare strutture di incentivi per gli amministratori.
A determinare l'intensità del controllo degli azionisti concorrono anche le
condizioni del mercato dei beni in cui opera l'impresa : in un mercato competitivo,
la concorrenza sanziona le imprese gestite in modo inefficiente.
La stessa efficienza può essere condizionata da un buon funzionamento
della borsa vista come il mercato per il controllo delle imprese . Il mercato del
controllo è importante semplicemente perché riduce la vischiosità e rende più
agevole il trasferimento dei diritti di proprietà ogni qual volta si rende
necessario.
11
Questi meccanismi non operano nel caso dell'impresa pubblica quando,
come normalmente avviene, essa è quotata sul mercato azionario solo in minima
parte. È dubbio, infatti, che l'informazione in un sottoinsieme delle azioni possa
mantenere l'efficacia segnaletica riconosciuta normalmente al totale delle azioni.
Un altro problema molto importante, anche se di natura diversa, si pone
quando la proprietà pubblica si associa a meccanismi di scelta del management
che, anziché far riferimento a valutazioni di carattere economico, si basano su
criteri politici. In questi casi l'efficienza della banca , così come la sua capacità di
11
Macchiati (1995) "Le privatizzazioni: tra economia e politica"
15
allocare nel modo ottimale le risorse finanziarie, possono risultare seriamente
compromesse.
Una lacuna analoga, in tema di incentivi, si riscontra nel caso delle
fondazioni che , nonostante siano nate per scopi che successivamente andremo ad
analizzare, presentano un assenza di poteri gestionali e di indirizzo strategico sulle
controllate. Quando esse detengono una quota di maggioranza assoluta di capitale,
tali poteri sono demandati agli amministratori delle società per azioni, che restano
di fatto immuni alla pressione sulla gestione derivante dalla presenza di
un'azionista di rilievo o dalla disciplina del mercato per il controllo delle imprese.
È vero che non si può escludere del tutto che singoli amministratori operino
comunque efficacemente in modo orientato alla profittabilità, ma se ciò non
avviene è difficile correggerne i comportamenti.
Il rapporto banca-impresa.
La teoria economica tende oggi a spiegare i rapporti tra il mondo della
produzione e quello della finanza come necessaria conseguenza dell'esistenza di
problemi di agenzia. In un mondo in cui lo scambio di informazioni tra debitore e
creditore fosse perfetto, il capitale finanziario avrebbe un costo che riflette
esattamente il rischio dell'impresa o del progetto. Ma questa situazione di primo
ottimo richiede un'assenza di incertezza e una libera piena disponibilità di
informazioni che non è del mondo reale
12
.
L'asimmetria quindi delle conoscenze tra chi prende e chi dà prestito spinge
a forme di azzardo morale, a comportamenti opportunistici da parte dei debitori.
Ne segue che solo il valore di mercato tende a riflettere il rischio medio delle
varie iniziative invece di quello proprio di ciascuno di esse, ma si generano costi
ogni qualvolta si ricorre al finanziamento esterno o si determina una scissione tra
chi ha i poteri di gestione e chi ne è il proprietario. Vengono evidenziati in tal
modo i vantaggi degli intermediari finanziari connessi con le economie di scala e
12
Sarcinelli (1999) "Quali rapporti tra industria e intermediari finanziari?"
16
la funzione di monitoring che essi svolgono. Attraverso tali funzioni riescono a
fornire un contributo alla corretta allocazione delle risorse.
Riconosciuto il ruolo preminente degli intermediari, si va ad analizzare le
forme di disciplina a cui sono sottoposti dalle autorità pubbliche. I policy makers ,
attraverso la legislazione , la regolamentazione e la supervisione cercano di
promuovere asseti organizzativi in grado di accrescere lo sviluppo e migliorare il
benessere della collettività.
Quindi le soluzioni per diminuire le asimmetrie informative possono essere
schematizzate in due tipi: attraverso la separazione dei ruoli e la dialettica tra le
imprese e gli intermediari oppure attraverso la riunione dei due ruoli.
Il secondo aspetto , a dire il vero, risulta scarsamente perseguibile sia per la
mancanza di un'economia fortemente ispirata al principio cooperativo, sia per il
comportamento degli agenti economici che hanno piena libertà di esercitare le
proprie scelte di portafoglio.
La teoria economica vede nella confusione tra il capitale finanziario e quello
industriale un pericolo per la competizione economica, una deriva di tipo
monopolistico
13
e , in particolare , nel contributo di Adam Smith, l'enfasi è stata
posta sulla necessità di mantenere una "distanza di braccio" tra finanziato e
finanziatore.
Schumpeter afferma "in un mondo che non è caratterizzato dalla perfetta
concorrenza, ma è dominato dalle strutture oligopolistiche in competizione, la
separatezza tra chi domanda e chi offre credito diventa un presupposto
insostituibile per valutare la finanziabilità delle innovazioni". Ne segue che
"l'accesso alla finanza esterna costituisce condizione necessaria per esprimere le
potenzialità di cui è dotata un'impresa. Il credito assume i questo contesto
un'insostituibile valenza allocativa .., rappresenta una leva poderosa per sviluppare
gli investimenti, la produttività il reddito e l'occupazione
14
.
La letteratura ha dunque sottolineato due aspetti:
13
Ciocca P.(1991) "Banca, Finanza, Mercato: bilancio di un decennio e nuove prospettive"
14
Ciocca P. (1991) op cit.
17
a) il rischio di instabilità che si pone quando le sorti del debitore e del creditore
si mescolano in modo inscindibile, come è avvenuto in Italia negli anni venti e
trenta;
b) il rischio che un creditore, eccessivamente legato alle sorti di un'impresa, non
sia in grado di svolgere quelle funzioni di screening e di monitoring che sono
alla base di un'efficiente allocazione del credito;
i due aspetti richiamati vanno tenuti distinti in quanto il primo si riferisce
alla dimensione del singolo finanziamento rispetto al portafoglio dell'azienda di
credito (diversificazione), il secondo invece fa riferimento alla dimensione del
finanziamento rispetto alla dimensione dei mezzi finanziari di cui dispone
l'azienda (concentrazione)
15
.il primo aspetto assume rilevanza in ordine alla
stabilità del sistema finanziario, il secondo invece si può configurare come un
aspetto strutturale della funzione allocativa.
Tale distinzione non è stata presa in considerazione ed ha portato a forme di
regolamentazione tese alla stabilità che hanno penalizzato la funzione allocativa
della banca limitandone di fatto l'operatività attraverso la "specializzazione" e la
separatezza.
Alla luce della teoria dell'informazione asimmetrica e delle sue implicazioni
per l'efficienza del sistema economico nel suo insieme, l'imposizione della
specializzazione di attività tra istituti a medio e a lungo termine implica
inefficienza. In questo sistema , infatti, nello svolgimento delle loro attività, gli
intermediari soffrono degli svantaggi derivanti da un informazione incompleta.
Ciò incide negativamente sull'efficienza del monitoraggio e sulle relazioni di
lungo periodo tra banca e impresa e quindi sull'efficienza allocativa del sistema
finanziario
16
.
In pratica, attraverso questa forma di regolamentazione, viene meno il
carattere particolare che contraddistingue gli intermediari dal mercato finanziario
stante nella capacità di ricavare profitti attraverso relazioni di lungo termine con le
imprese.
15
Forestieri Onado (1998) op. cit.
16
R.S. Masera (1991) "Innovazione finanziaria e ruolo delle banche nella finanza di impresa" in
Note Economiche del Monte dei Paschi di Siena, Anno XXIV, n.2
18
L'acquisizione delle informazioni e il costante monitoraggio dell'impresa è
un'attività dispendiosa, in termini sia di tempo sia di oneri finanziari. Ciò è vero in
particolare per gli investimenti di lungo termine, che generano profitti solo dopo
un certo numero di anni. L'informazione riguardante l'impresa può essere ottenuta
soltanto attraverso una relazione continua, costruita e consolidata nel tempo. Gli
intermediari investiranno risorse nelle attività appena indicate soltanto se essi ne
potranno ricavare adeguato profitto.
Perché tale attività sia resa possibile, la banca deve avere la possibilità di
offrire alle imprese un pacchetto integrato di servizi come crediti a breve, medio e
lungo termine. È evidente che i vantaggi derivanti dalla delega alle banche
dell'attività di monitoraggio e dalle relazioni esclusive di lungo termine con le
imprese sono difficilmente conseguibili se le imprese si trovano a dover trattare
con banche distinte per ogni diverso tipo di servizio finanziario.
In quest'ottica si analizzano anche gli effetti della separatezza tra il capitale
finanziario e quello industriale realizzata dalla normativa del 36: sembra
problematico che le banche possano mantenere relazioni strette con le imprese
senza detenere una parte del capitale di queste ultime.
In più, gli effetti benefici di una integrazione fra la banca e l'impresa
possono essere sintetizzati in uno stimolo a perseguire condizioni di crescente
efficienza per entrambi i contraenti: l'impresa potrebbe godere di finanziamenti a
tassi inferiori come conseguenza dell'interesse della banca a migliorare le
performance della partecipata . Ciò si può anche coniugare con una riduzione dei
costi relativi all'informazione di cui potrebbe godere la banca stessa attraverso la
partecipazione nell'impresa , nonché di una maggiore cura degli obbiettivi
reddituali, scaturiti da un più puntuale controllo sull'attività e sugli obbiettivi dei
menagers in presenza di eccessiva separazione tra proprietà e controllo
dell'impresa.
La banca, dal canto suo, potrebbe ridurre i costi operativi ( per la quota
collegata alla gestione del rapporto con l'impresa partecipata nell'ipotesi che ciò
19
possa tradursi in minori costi dell'informazione) e dunque acquisire un vantaggio
competitivo sostanziale
17
.
Un ulteriore aspetto benefico che deriva dalla partecipazione della banca
nel capitale delle imprese risiede nella funzione di controllo: con questo termine si
fa riferimento alla attività di monitoraggio e soprattutto alla possibilità di incidere
sul processo decisionale dell'azienda.
Come noto Stiglitz (1985)
18
, facendo ricorso a relazioni del tipo multiple
principal/ single agent , ha osservato che: la possibilità per le banche di esercitare
una positiva azione di controllo sulle grandi corporations risiede nella modifica
del sistema di incentivi. In particolare si tratta di spostare l'interesse delle banche
dalla parte più bassa della curva di distribuzione dei rendimenti verso quella più
prossima alla media consentendo loro di detenere quote di capitale dell'impresa.
Esse cesserebbero così di essere interessate solo alla differenza (positiva) tra il
tasso di profitto conseguito dall'impresa e il tasso di interesse applicato sul
prestito, per concentrarsi sulla valorizzazione dell'impresa nel medio periodo
19
.
Goohdart
20
sottolinea il vantaggio che hanno gli intermediari nella
funzione di controllo esterno del potere manageriale. Il primo requisito per
esercitare qualunque tipo do controllo è la disponibilità di informazioni. Senza
informazioni sulla situazione reale dell'impresa, il principale (dall'esterno) non
può esercitare nessun controllo efficace. Le banche , in questo contesto, hanno un
vantaggio informativo rispetto ad altri operatori economici che trattano sul
mercato. Sul mercato primario dei capitali, la trasmissione dell'informazione a
tutti gli operatori è costosa, e l'informazione stessa perde di valore nel momento
stesso in cui diviene nota al pubblico. Invece il rapporto tra banche e imprese è un
rapporto bilaterale, in cui partecipano poche persone.
17
Corigliano R. (1991) "Le relazioni banca-impresa : assetto creditizio e finanziamento alle
imprese."
18
Stiglitz J, (1985) "Credit market and the control of capital" in Journal of Money, Credit and
Banking
19
Corsini D. (1994) "Per una teoria generale della banca: la sintesi di John Richard Hicks" in
Banca Impresa e Società a. XIII, n.2