2
In questa prospettiva si pone la questione della reale efficacia
della legge n. 153 del 1994. Questa legge, infatti, è emanata in modifica
della n. 1213 del 1965, con l’intento dichiarato d’incentivare la
produzione cinematografica nazionale e di favorire la nascita di una
solida industria di settore.
Purtroppo, però, nonostante la puntuale applicazione della norma
in oggetto, le disposizioni non sembrano raggiungere l’effetto preposto.
Inoltre, soprattutto in seguito all’introduzione del Fondo di Garanzia,
istituito come sostegno ai film d’interesse culturale e di produzione
nazionale, si crea una particolare situazione di disagio che rafforza i
dubbi sull’efficacia della legge n. 153.
L’argomento in oggetto, di conseguenza, è strettamente collegato
alle teorie relative all’efficacia, alla progettazione normativa razionale
sino ad eventuali questioni relative alla delegittimazione della norma in
oggetto.
Si deve considerare, infatti, che l’efficacia di una legge, intesa
come la capacità delle disposizioni di raggiungere gli obiettivi prefissati,
presuppone che il legislatore agisca razionalmente, progettando la norma
secondo i fini che vuole raggiungere. Inoltre, il legislatore stesso deve
predisporre un apparato in grado di consentire l’azione normativa e di
controllarne gli effetti. L’esame dell’efficacia della legge 153/94 diviene
così un’indagine sull’azione del legislatore in relazione agli scopi che si è
proposto.
Ogni azione del legislatore disorganica o che non appare
conforme ai fini della legge, individua un sintomo dell’impossibilità della
norma in oggetto di raggiungere gli obiettivi e conferma le ipotesi
d’inefficacia della l. 153 del 1994.
Questa tesi si propone quindi l’analisi dell’efficacia della legge
cinema. Così è definita la legge n. 153 del 1 marzo del 1994, che regola il
sostegno pubblico all’industria cinematografica e modifica la legge n.
1213 del 4 novembre del 1963.
3
Lo studio della legge del 1994 si fonda, in primo luogo, sulla
definizione della normativa del 1965, dalla quale la legge n. 153 trae
origine, e sull’esame del Fondo Unico dello Spettacolo, che è la struttura
che, dal 1985, regola l’apporto dei finanziamenti ai diversi settori dello
spettacolo. Inoltre, l’analisi della legge in oggetto è effettuata attraverso
l’esame dei dati relativi ad alcuni indici che rilevano la situazione della
produzione cinematografica nazionale, quali: i film prodotti in Italia,
l’importazione delle opere straniere, la quota di mercato del cinema
nazionale in Europa, i biglietti venduti ed i finanziamenti relativi alle
politiche di sostegno pubblico all’industria cinematografica.
Purtroppo, tale ricerca, che si basa sulla raccolta di dati forniti dal
Dipartimento dello Spettacolo, dall’Eurispes, dall’ANICA, dalla SIAE e
dall’Osservatorio europeo del cinema e dell’audiovisivo, soffre dei limiti
tipici dell’assenza di una legge razionalmente progettata. Tali limiti
rafforzano le ipotesi di partenza che la legge cinema sia inefficace o
addirittura possa essere considerata una “legge manifesto”
2
.
In primo luogo si deve evidenziare la difficoltà nel reperire questi
dati, in quanto non esiste un sistema completo di monitoraggio degli
effetti della l. 153 del 1994. I dati disponibili sono parziali e si devono
rintracciare tra i diversi soggetti che operano nel settore della produzione
cinematografica. L’attività dello Stato, infatti, è controllata parzialmente
e solo in alcuni anni, senza un preciso ordine logico e cronologico.
Si aggiunga che il Dipartimento dello Spettacolo non possiede
dati relativi alla produzione antecedenti alla sua istituzione. Inoltre, non
sembra che esista un preciso e completo rendiconto dei film che hanno
ottenuto finanziamenti statali prima del 1994 e quale sia stato il loro
andamento sul mercato. In proposito, si deve osservare che il
Dipartimento dello Spettacolo, per mezzo dell’Osservatorio dello
Spettacolo, non ha ancora realizzato un’indagine relativa all’efficacia
delle misure pubbliche in sostegno al cinema o altra opera di
2
In proposito si veda il prossimo capitolo.
4
osservazione statistica sui dati relativi alla situazione della produzione
cinematografica.
Si deve annotare un ulteriore limite della ricerca derivante dalla
scelta precisa di circoscrivere l’oggetto dell’indagine alla produzione, per
non cadere in una critica generica al cinema italiano e ai suoi
meccanismi. Si consideri, infatti, che la produzione non è l’unico aspetto
su cui si fonda la situazione dell’industria cinematografica italiana,
esistono anche aspetti ulteriori, quali l’ideazione, la scrittura della
sceneggiatura, l’edizione, la distribuzione, la promozione, la diffusione
nelle sale, la formazione di nuove figure professionali, etc.
Questi elementi, però, sono considerati solo parzialmente e
limitatamente dalla normativa in vigore, in quanto sembrano essere
ritenuti dal legislatore aspetti secondari nella vita di un film, come tali
difficilmente misurabili attraverso l’analisi dei dati. Se lo studio
dell’efficacia di una legge, infatti, si fonda sul raffronto tra i dati concreti
e gli obiettivi del legislatore, per ciò che riguarda la legge cinema, tale
operazione è possibile unicamente rispetto all’aspetto della produzione.
Un’eventuale analisi sull’efficacia della legge 153/94 in merito
alla distribuzione non può essere supportata da dati concreti.
Un’ultima considerazione da sottoporre all’attenzione del lettore è
conseguente alla questione relativa al concetto di efficacia. In
quest’elaborato, infatti, il termine è stato connotato di un significato
sociologico–giuridico inconsueto che comporta anche conseguenze
concrete per il legislatore.
Si deve sottolineare, infatti, che una legge è efficace quando
raggiunge gli scopi prefissati e non solamente quando è applicata. Di
conseguenza, il legislatore deve agire in modo tale da far sì che gli
obiettivi siano colti. In questa prospettiva si consideri, che una norma
attuata, ma non efficace, può essere considerata illegittima.
In conclusione, si affronti quest’elaborato considerando i limiti
descritti con la consapevolezza di leggere un’indagine sull’efficacia di
una legge che si propone di regolare un’industria che richiede molti
5
capitali, apporta ingenti guadagni ed opera in un mercato atipico ed
irregolare.
6
Capitolo I
L’EFFICACIA DELLA LEGGE
1. Premessa
In questo capitolo, attraverso l’esposizione delle teorie
sociologiche di riferimento, si vuole definire il percorso da affrontare
lungo il cammino dell’analisi dell’efficacia della c.d. “Legge Cinema”
3
.
In primo luogo è opportuno definire il contesto in cui è utilizzato
il concetto di efficacia di una norma, termine che racchiude un insieme di
significati e corollari che devono essere esplicitati prima di procedere
allo studio della legge in oggetto.
Durante la vita di una legge emanata insorgono spesso difficoltà
collegate alla realtà dei cittadini destinatari della legge stessa. Le cause
possono essere di natura economica, politica, sociale e morale. Queste
difficoltà abbassano, talvolta fino ad annullare, il livello di efficacia ed
effettività della legge. In alcuni casi tali eventi diventano tappe di un
lento processo di delegittimazione del legislatore o dell’amministratore
statale.
All’interno di un tale ambito, le conseguenze dell’inefficacia si
possono inquadrare sotto un molteplice profilo: concreto, dell’ingegneria
del law making e teorico. Il primo e più immediato suggerisce che, ad un
mancato raggiungimento degli obiettivi da parte del legislatore, consegue
una reazione sociale a riguardo. Secondo il piano dell’ingegneria del law
making, tali conseguenze hanno attivato studi sulle tecniche legislative e
sui fattori e le condizioni che provocano tale fenomeno. Il profilo teorico,
invece, conduce a prospettare un modello di «modernizzazione
3
Legge 4 novembre 1965 n. 1213 modificata ed integrata dalla legge 1 marzo 1994 n.
153 e successive modifiche. Legge sull’ordinamento generale della cinematografia.
7
imperfetta»
4
così come definita da Bettini. Essa si caratterizza per
un’eccessiva enfasi sui nuovi e più avanzati fini in relazione alle risorse
economiche, organizzative e culturali disponibili. A tal proposito non
sono mancati riferimenti al ruolo delegittimante dell’inefficacia delle
norme, per questo «la delegittimazione dell’ordinamento sarebbe
funzione dell’inefficacia delle norme che lo compongono»
5
.
Per evitare il rischio di delegittimazione dell’Ordinamento, che
segue all’inefficacia normativa, lo Stato deve creare nuove forme ed
istituti giuridici per il controllo sociale. Col venire meno del supporto
sociale alla produzione normativa, sorge il bisogno di attuare una
tempestiva ed accurata «prognosi di effettività»
6
. Da qui nasce la
necessità per lo Stato di definire più chiaramente gli scopi delle leggi e
procedere all’istituzione di organi parlamentari, magari aperti anche al
reclamo dei cittadini, per la realizzazione del “controllo di risultato” delle
leggi. Il controllo sociale esterno ed i tradizionali canali della
partecipazione politica non sono più sufficienti, si deve aprire la strada
verso un “monitoraggio” della legge.
L’abbandono delle concezioni tradizionali del diritto ed il
passaggio alle concezioni strumentali è un evento fondamentale e di gran
portata. Al fine di chiarire le modalità della transizione, in questo
capitolo, accanto alla definizione d’efficacia ed effettività, è opportuno
illustrare le teorie di Bettini, Weber e Friedman, in merito alla
progettazione legislativa, alla razionalizzazione del diritto secondo lo
scopo e la strumentalità e legittimazione del diritto
7
.
4
Bettini definisce “modernizzazione imperfetta”: «modernizzazione di facciata, senza
adeguata riforma di struttura ed efficaci strumentazioni implementative». R. Bettini,
Legislazione e politiche in Italia: razionalità, efficacia, modernizzazione imperfetta,
Franco Angeli, Milano 1990, p. 85.
5
R. Bettini e S. Bobotov, Processi legislativi e teoria generale della funzione del
diritto, Bentham editrice, Roma 1994, p. 45.
6
R. Bettini, Legislazione e politiche in Italia, cit., p. 72.
7
Per un’approfondimento delle teorie in proposito e i riferimenti bibliografici si veda il
paragrafo 5 di questo capitolo.
8
2. Il concetto di efficacia in sociologia
Per procedere all’analisi dell’efficacia di una legge, prima di tutto
è necessario chiarire il concetto nel suo significato sociologico.
Tale termine, comunemente adottato in un’accezione giuridico-
normativa, essenzialmente, coincide con l’attitudine potenziale della
norma a produrre i suoi effetti naturali. «Una legge per i giuristi è
efficace se, essendo in vigore, deve essere rispettata; un contratto è
efficace se, essendo stato validamente stipulato, produce i suoi effetti»
8
.
Si deve aggiungere tuttavia che alcuni autori, specialmente nel
campo della sociologia del diritto o della scienza dell’amministrazione,
utilizzano il concetto in un’accezione differente, connotandolo di un
significato “sociologico-funzionale”. In quest’ambito «la comune
nozione sociologica d’efficacia del diritto si distacca da quella giuridica.
Si designano, infatti, con questo termine quegli effetti reali che una
normativa consegue in corrispondenza con i fini di chi l’ha emanata. Il
giudizio di comparazione muove dunque in senso inverso, da un prius
che, latamente possiamo definire deontologico – gli effetti voluti e
disposti – ad un posterius che certamente è fattuale, coincidendo con gli
effetti concretamente ottenuti»
9
.
«Criterio di valutazione dell’efficacia giuridica è la misura della
corrispondenza dei comportamenti alla norma, mentre criterio di
valutazione dell’efficacia sociale non è il comportamento in quanto tale
ma lo scopo, collocato all’esterno della sfera diretta della regolazione
giuridica»
10
.
In questa versione il concetto si tinge di una connotazione
finalistica: l’efficacia di una legge viene a coincidere con la realizzazione
8
A. Falzea, Voci di teoria generale del diritto: prolegomeni a una dottrina del diritto;
accertamento; apparenza; capacita; efficacia giuridica; fatto giuridico; fatto naturale;
fatto vitale; fatto di sentimento; fatto di conoscenza; comportamento, 3. ed. accresciuta,
Giuffrè, Milano 1985, cit., p. 25.
9
V. Ferrari, Funzioni del diritto: saggio critico-ricostruttivo, Laterza, Roma 1993, p.
14.
9
della funzione ad essa assegnata. La nozione d’efficacia come
funzionalità s’identifica con l’idoneità della norma a realizzare la sua
ratio; perché una legge sia definita efficace non è sufficiente che produca
i suoi effetti, ma è necessario che raggiunga realmente e socialmente i
fini preposti. «L’atto normativo capace di raggiungere i risultati
propostisi è certamente da definirsi efficace»
11
.
In relazione a ciò che si è appena detto, va operata una scissione
fra due concetti comunemente collegati, «quello di efficacia-effettività e
quello di efficacia-funzionalità. Il primo indica la semplice conformità
alla norma da parte dei destinatari della medesima, il secondo le
conseguenze sociali di tale conformità»
12
.
La conformità del comportamento alla norma, o meglio
l’effettività, non coincide con l’efficacia della norma stessa. Non si vuole
negare che, nella gran parte dei casi, il comportamento conforme alle
norme assicuri l’efficacia secondo le intenzioni di chi le ha emanate. Ma
per un quadro complessivo dell’efficacia non si può trascurare che
esistono norme che diventano inefficaci se sono applicate, e dunque, per
essere efficaci, devono essere trasgredite. Del resto, se l’effettività è
condizione necessaria per il raggiungimento dei fini della norma, non
sempre i fini della norma s’identificano nella sua effettività.
Si deve segnalare che non sempre lo scopo di chi emana o attua
una norma è il rispetto della norma stessa da parte dei destinatari
13
. In
alcune situazioni il legislatore o un altro soggetto, anche spinto da forze
esterne, s’indirizza al conseguimento di effetti persino divergenti da
quelli che sembrano emergere dal testo della norma. In altri casi, seppure
le intenzioni sembrino chiare, sono espresse in modo oscuro o addirittura
taciute.
10
R. Bettini e S. Bobotov, Processi legislativi e teoria generale della funzione del
diritto, cit., pp. 28-29.
11
Ivi, p. 30.
12
R. Bettini e S. Bobotov, op. cit., p. 43.
13
Questo è il caso delle c.d. “leggi manifesto” teorizzate da R. Bettini, Il circolo vizioso
legislativo, Franco Angeli, Milano 1983.
10
In tale prospettiva si deve adottare, anche per l’efficacia, una
nozione elastica. Se il concetto va riferito alle finalità e le finalità sono
variabili, anche l’efficacia deve variare di conseguenza. «Lo spazio di
variabilità interpretativa è notevole. Ma al di là di quello, è altresì certo
che una norma, e tanto più un complesso di norme o addirittura un
complesso di leggi, non sono suscettibili di conseguire un solo effetto,
ma una moltitudine d’effetti, eventualmente diversificati. Da ciò deriva
che le intenzioni con cui i diversi soggetti si accingono a formulare ed
emanare norme sono teoricamente molteplici e, di fatto, difficilmente
leggibili»
14
.
«In questa luce è dunque evidente che il giudizio d’efficacia delle
norme giuridiche va relativizzato sia rispetto alle diverse interpretazioni
possibili delle norme interessate, sia rispetto alle diverse percezioni
soggettive e ai diversi progetti d’azione che sulle norme si sviluppano,
spesso cambiando radicalmente, dalla fase di progettazione sino alla fase
d’applicazione»
15
. In proposito «si potrebbe dire che l’inefficacia della
regolazione si fa scarto tra la legge e i suoi risultati, tra parole e fatti, tra
progetti e realtà»
16
.
Proprio perché il concetto d’efficacia tocca un complesso di
fattori variabili e variamente pianificati è necessario un approccio
interdisciplinare della materia. In un’accezione elastica d’efficacia, si
richiede un sistema legislativo elastico. Il legislatore dev’essere in grado
d’inserirsi nella situazione ambientale in cui dev’essere applicata la
legge, di analizzarne le risorse necessarie per lo sviluppo ed indicare
chiaramente gli obiettivi ed i mezzi. Il problema dell’efficacia e
dell’effettività si pone anzitutto come lo studio dei fattori che permettono
la trasformazione di una legge in rapporti sociali reali in grado di
garantire il raggiungimento degli scopi che la legge si propone. Al fine di
ottenere tale risultato lo Stato deve scegliere tra un insieme di soluzioni,
14
V. Ferrari, Lineamenti di sociologia del diritto, I. Azione giuridica e sistema
normativo, Laterza, Roma 1993, p. 266.
15
Ibidem.
16
R. Bettini, Legislazione e politiche in Italia, cit., p. 22.
11
la più razionale, tenendo conto dei mezzi disponibili e della realtà
sociale esistente. Solo percorrendo questa strada si raggiunge
«l’oggettiva capacità delle norme di produrre, di fatto, gli effetti cui le
leggi s’indirizzano»
17
: l’efficacia.
3. L’effettività della norma
Negli anni ’70 alcuni sociologi sovietici dell’Istituto pan-
nazionale (Vsesojuznij) di ricerche scientifiche sulla legislazione
sovietica e l’Istituto Stato e Diritto dell’Accademia delle Scienze
dell’URSS giungevano alla conclusione di dover distinguere due livelli
d’efficacia in senso lato, uno giuridico, vale a dire normativo (effettività),
ed uno sociale (o efficacia in senso stretto).
Dopo aver descritto gli aspetti della c.d. efficacia in senso stretto
ed il rapporto efficacia-effettività, è necessario soffermarsi sugli aspetti
caratterizzanti quello che si può definire il livello giuridico-normativo di
tale concetto: l’effettività.
Nel precedente paragrafo si è utilizzato tale termine per indicare
la conformità del comportamento dei destinatari della legge ai dettami
della legge stessa. Sintomo primario dell’ineffettività delle norme è
quindi la non corrispondenza della stabile pratica sociale. L’effettività è
«indicatore di funzionalità della norma»
18
e, «condizione necessaria
dell’efficacia»
19
.
Oltre che dalla disponibilità dei cittadini a darle attuazione,
l’effettività della legislazione è strettamente condizionata dall’attività di
tutti i livelli dell’apparato amministrativo. Per tanto si devono distinguere
due tipi d’effettività: un primo tipo collegato ai rapporti sociali rispetto
all’intervento legislativo, e un secondo legato alle capacità operative
17
Ferrari, op. cit., p. 261.
18
R. Bettini, Il circolo vizioso legislativo, cit., p. 148.
19
Ibidem.
12
degli organi pubblici, all’inderogabilità e precisione dei loro interventi
in esecuzione delle norme.
Molte volte, la ragione di un'imperfetta applicazione della legge
va ravvisata nella storia della legge stessa, e nelle forze, ad essa esterne,
che operano nella società. Sovente accade che una legge sia il risultato di
un accordo tra chi la sostiene e vuole e chi no. Tramite il compromesso si
riesce ad ottenere, con la legge, il suo effetto simbolo, ma non una
formulazione piena, in grado di dare consistenza ed incisività. In tali casi
la legge nasce impotente e destinata a non trovare applicazione, né
effettività ed efficacia
20
.
Inoltre, si deve aggiungere che «l’effettività della legge è
strettamente connessa all’effettività di tutto il sistema normativo»
21
. Per
questo motivo il legislatore deve agire con prudenza e parsimonia
nell’elaborare delle leggi, non dimenticando la continuità del diritto e
l’esistenza d’altre forme di regolazione sociale, tenendo presente che
l’insieme di norme, non inserite in un sistema e non ispirate a principi
generali, porta inevitabilmente a contraddizioni, oscurità, ambiguità
interpretative, nonché ad un’instabilità di tutto l’ordinamento.
«Montesquieu, nel suo Spirito delle leggi osserva che “colui che vuole
cambiare costumi e tradizioni non li deve cambiare ricorrendo a leggi,
meglio cambiarli attraverso l’introduzione di altri costumi ed altre
tradizioni”. [L’attuazione di una legge da parte dei suoi destinatari, è il
frutto di una scelta legislativa che risponde ad esigenze già presenti nella
società]. Marx scrive: “il legislatore non crea, non inventa leggi, ma da’
solo forma; egli esprime nelle coscienti leggi positive le leggi sottostanti
dei rapporti spirituali”»
22
. Conseguenza di ciò è che ogni novella
legislativa perde d’efficacia se si limita ad introdurre nuovi modelli di
comportamento, trascurando gli usi, le tradizioni e la prassi.
20
L. M. Friedman, Il sistema giuridico nella prospettiva delle scienze sociali, Il Mulino,
Bologna 1983.
21
R. Bettini e S. Bobotov, op. cit., p. 14.
22
R. Bettini, op. cit., p. 150.
13
La conformità del comportamento alla norma individua un
giudizio di valore espresso dalla società nei confronti dello stesso
legislatore, il quale ha saputo rispondere ai bisogni e alle esigenze.
Solamente un tale giudizio, che si può tradurre come positivo, permette
alla norma di raggiungere i propri scopi. Una legge non attuata, o attuata
parzialmente, è destinata ad essere inefficace.
In base alla teoria espressa da Santi Romano, l’ineffettività è
segno di uno Stato instabile, non in grado d’interpretare l’esigenza
sociale, per questo non necessario. «l’effettività, alla fine, risulta l’unica
prova possibile della necessità giuridica costituente»
23
. Con
quest’affermazione si sostiene che l’effettività é la testimonianza della
presenza di tutti gli elementi necessari perché una comunità sia
veramente Stato. In tal modo, di conseguenza, si propone una relazione
indissolubile tra lo Stato ed il comportamento dei destinatari delle norme.
Non esiste veramente una comunità organizzata, se le leggi non hanno
attuazione.
Piovani
24
approfondisce il pensiero di Romano, mostrando il
rapporto Stato-effettività, in modo tale da porre le fondamenta delle
teorie sulla delegittimazione causata dall’inefficacia normativa. L’autore
sostiene che lo Stato, creato dall’incontro delle volontà, sia un complesso
di attività in cui, in un continuo divenire, tutte le azioni accomunate da
ideali, passioni, interessi comuni confluiscono. Il tutto non si esaurisce in
un dato momento, ma è in perenne evoluzione. In questa «mobile
complessità»
25
, l’effettività si pone come conferma del riconoscimento
che la comunità statale ha ottenuto dai suoi stessi soci. Citando
nuovamente Piovani: «In base all’effettività, legittimo non è più il potere
che sia stato instaurato in questo o quel modo, cioè da questo o quel fatto,
bensì il potere che, nel fatto, è saldamente instaurato»
26
. L’unica garanzia
23
S. Romano, Scritti minori, Giuffre, Milano 1980, p. 297.
24
P. Piovani, Il significato del principio di effettività, Giuffré, Milano 1953, p. 180.
25
Ivi, p. 183.
26
Ivi, p. 181.
14
che chiede il criterio d’effettività è la stabilità dell’ordinamento. Si può
sostenere che l’effettività legittimi l’esistenza dell’Ordinamento stabile.
4. La “legge manifesto”
Lo scopo di questo paragrafo è di insinuare nell’elaborato un
“sospetto”, che accompagni l’analisi dell’argomento in questione, in
modo da dissipare o confermare i dubbi in proposito alla legge 153/94.
La teoria della c.d. «legge manifesto»
27
è stata introdotta da
Bettini durante i suoi studi sulla crisi del diritto in Italia. Benché tale
ipotesi non trovi pieno riscontro nella legge argomento di studio, molti
sono gli aspetti della disposizione stessa che richiamano i caratteri della
“legge sulla carta”, in questa prospettiva si vuole lasciare al lettore il
compito di dissipare il sospetto.
Bettini apre l’analisi del fenomeno delle leggi manifesto, che da
anni inflaziona la legislazione statale e regionale, durante la
partecipazione ad alcuni seminari, tenutisi all’Università di Roma nel
1976 e nel 1977, sulla “inapplicabilità amministrativa del diritto”. In tale
ambito si attribuisce al sistema statale la colpa di creare aspettative di
nuovi diritti per i cittadini, senza prima stabilire i limiti finanziari entro i
quali é in grado di operare. Ciò comporta l’impossibilità materiale di
rendere efficace la legge.
Nei settori esaminati, si osserva che il Parlamento destina solo
una parte marginale delle risorse necessarie per garantire l’attuazione
delle leggi. La restante quota é utilizzata per creare nuove sedi
amministrative rappresentanti centri di negoziazione di benefici politici.
Si crea così, una situazione in cui «è con il potere amministrativo che si
fa politica, perché è con esso che si maneggiano ed in concreto si
erogano le risorse reali su cui il gioco politico è imperniato. La
27
R. Bettini, Il circolo vizioso legislativo, cit., p. 14.
15
deliberazione parlamentare interessa soltanto in quanto preliminare e
propedeutica alla gestione amministrativa delle risorse»
28
.
Il fenomeno delle leggi manifesto «si presenta in netto contrasto
con la stessa Costituzione»
29
, in quanto si rischia una «banalizzazione
dell’articolo 97, 1° comma
30
, [alla quale] non solo il legislatore, ma
anche la giurisprudenza e la dottrina giuridica sembrano finora aver
cospirato»
31
. In relazione a quanto sostenuto, ne deriva che, con tale
articolo, il Costituente abbia voluto vincolare all’efficienza, non solo la
pubblica amministrazione, ma anche il legislatore, che è
responsabilizzato anche all’attuabilità amministrativa delle leggi. In
questa prospettiva le leggi manifesto si pongono, sia come sintomo
d’inefficienza legislativa, sia come segnale di un’attività incostituzionale
del Parlamento.
In tale ambito s’inserisce con forza quella che si può definire
come la “questione politica”; infatti, è necessario sottolineare, come si è
sottolineato anche nei paragrafi precedenti, che in molti casi le scelte
legislative sono frutto di mediazioni d’opposti interessi sociali. Nel
“gioco della politica” é quindi possibile individuare situazioni in cui le
leggi sono destinate a rimanere sulla carta senza trovare applicazione,
deludendo le attese dei destinatari.
In proposito, limitando la descrizione ad una semplice cronaca, si
possono citare i fatti che hanno condotto alla nascita della legge 1 marzo
1994 n. 153 (la c.d. nuova legge del cinema)
32
.
28
Ivi, p. 16.
29
Ivi, p. 17.
30
L’art. 97, co.I statuisce:«I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di
legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità
dell’amministrazione».
31
Ivi, p. 18. L’autore ricorda la decisione n. 703 del 7 giugno 1978 della I sezione Tar
del Lazio che accoglieva il ricorso di un gruppo di funzionari della Regioneria generale
dello Stato sull’illegittimità del rifiuto di apprestamento di corsi dirigenziali da Parte
della presidenza del Consiglio dei ministri, rifiuto motivato con riferimento a difficoltà
organizzative.
32
L’utilizzo del termine “nuova legge sul cinema” è improprio, in quanto la legge
153/94 si limita semplicemente ad apportare una serie di correzioni alla precedente
legge del 1965 n. 1213.