4
Solo con un’indagine serena si può comprendere come il
naturalismo, che sta a base di tutto l’Empirismo e di tutto
l’Illuminismo, assume in Rousseau una forma nuova.
La sua celebrazione della natura, infatti, deve intendersi come
glorificazione della innocente natura originaria aspirazione a tornare
alla natura, se non nel senso di un irrealizzabile ripristino della vita
naturale sana ed ingenua, quale era prima che la vita sociale la
corrompesse con la sua cultura, almeno nel senso di purificare e
redimere la degenere vita sociale, col coltivare di nuovo, in essa,
sentimenti di sana semplicità e spontaneità, quali costituiscono
l’originaria e genuina “natura” umana.
Il più grave limite della pedagogia a lui precedente e della prassi
educativa del suo tempo è che entrambe non partono dalla concreta
esperienza della specificità dell’infanzia. Il bambino è considerato solo
un piccolo uomo. Al contrario Rousseau insegna- sulla base
dell’osservazione- che l’infanzia ha tratti psicologici, fisici, logici
diversi da quelli dell’adulto e scientificamente identificabili. Allo stesso
tempo sottolinea che non è corretto pensare all’infanzia solo come età
di preparazione al mondo degli adulti. La vita ha le sue stagioni e
nessuna ha diritti sulle altre. L’educazione e la vita cominciano dalla
nascita.
L’Emilio parla di educazione naturale, intesa nel senso di
educazione negativa, cioè come processo spontaneo e autonomo
regolato dall’interiorità dell’educando: scopo dell’educazione è quello
di preparare la persona a vivere nella società, anche se questa può
corromperlo. L’azione della società è positiva, nel momento in cui in
essa interviene l’educazione per formare prima l’uomo, poi il cittadino,
per i quali l’arte più necessaria è quella di vivere con i propri
simili.
1
Emilio verrà a conoscenza della società, attraverso lo studio
della storia, e mediante i viaggi, che permettono la conoscenza dei
popoli nei loro costumi; e dopo essere stato educato come cittadino,
1
J.J.Rousseau, Emilio,(a cura di), P. Massimi, Armando Editore, RRoma 2002, p.329
5
Emilio ha conosciuto il bene più prezioso dell’uomo: la libertà, che
secondo Roussesau, è l’unica virtù che forma uomini eccellenti.
2
Questa filosofia e poesia del Rousseau, che nel ritorno alla natura
predica, in realtà, l’elevarsi dell’uomo dalla dispersione della sua vita
sensibile alla purezza di una vita sanamente morale, è ciò che noi ci
proponiamo di dimostrare nel corso del nostro lavoro.
2
J.J. Rousseau, Meditazioni di un viandante solitario, in Opere, (a cura di), P.Rossi,
Sansoni, Firenze 1972, p. 1011
6
CAPITOLO I
IL SETTECENTO
1.1 – CARATTERI GENERALI DELL’ILLUMINISMO
Il secolo XVIII è caratterizzato da un vasto movimento di pensiero che prende
in gran parte il nome di “Illuminismo”, termine derivato dalla generale pretesa di
“illuminare”, mediante i “lumi” della ragione, tutti i problemi della vita, in
contrapposizione, quasi sempre, al sapere tradizionale o storico.
Non si tratta, quindi, di una corrente di pensiero unitaria, di una particolare
filosofia o di una nuova concezione di vita sviluppatasi da una elaborazione
organica di idee; ma è piuttosto un fermento di motivi svariatissimi, che
concorrono a delineare un atteggiamento revisionistico delle istituzioni giuridico –
politico- economiche- sociali e, perciò stesso, della tradizione e della storia.
È insomma, un movimento di cultura militante, teso a lottare contro ogni forma
di oscurantismo medievale, cioè contro la cieca e oppressiva autorità di tradizioni
ormai spente nel cuore degli uomini, contro il privilegio e le superstizioni, contro i
pregiudizi e gli abusi, in altre parole, contro la cristallizzazione delle forme della
vita sociale.
In un certo senso, l’Illuminismo rappresenta la continuazione del
Rinascimento, da una parte, e lo sbocco naturale del Razionalismo e
dell’Empirismo, dall’altra; tanto più se pensiamo che sia l’uno che gli altri due
movimenti culturali avevano quasi sistematicamente reagito contro il sapere
tradizionale.
7
La filosofia di Cartesio, in particolare, col suo dubbio metodico aveva destato
una più attenta riflessione. La filosofia di Bacone aveva aperto nuove vie al
pensiero; la nuova fisica di Newton aveva rovesciato la concezione cosmologica,
la Riforma, inoltre, aveva sollecitato un senso di indipendenza religiosa.
Già, dunque, nei pensatori del Seicento si manifesta l’esigenza di
rinnovamento, che era stata ereditata dall’intuizione rinascimentale della vita: ma
solo verso la metà del Settecento, quando le idee si collocano nel contesto socio
culturale della Francia, il movimento illuministico si manifesta come fenomeno di
portata storica considerevole, come atteggiamento dello spirito decisamente volto
a riformare criticamente le istituzioni giuridiche, politiche e sociali, cioè in altri
termini, tutto il mondo della tradizione e della storia.
Relativamente a questo atteggiamento critico, gli illuministi, come già gli antichi
sofisti
1
, esagerarono, cadendo spesso in gravi inesattezze, avendo considerato la
tradizione storica come un insieme di pregiudizi e di errori e come tale, indegno di
essere accettato.
Con ciò essi dimenticarono che gran parte della cultura del presente è figlia del
passato e che sarebbe impresa tutt’altro che semplice voler ricostruire tutto lo
scibile senza tener conto del sapere delle generazioni passate.
Nel Settecento, il sorgere e lo svolgersi di queste idee antistoricistiche si
avvertì un po’ dovunque in Europa, ma dove esse raggiunsero la loro massima
espressione e diffusione fu in Francia; qui infatti, in particolare, aveva chiamato
innanzi al tribunale della ragione tutto l’ordinamento sociale, politico, economico
e morale di quel mondo, che precipitava incautamente verso gli abissi della
Rivoluzione.
Il processo al secolo, cioè al mondo della storia nel suo ordinamento
istituzionale e nel suo disordine morale e sociale, costituiva l’aspetto più esteriore
e quindi apparentemente più rilevante, di questo atteggiamento del pensiero
che procedeva direttamente dal razionalismo cartesiano.
1
Spesso si suole fare un parallelo tra illuminismo e sofistica. Invero i sofisti esprimono un periodo
“illuministico” della filosofia greca; un periodo, cioè, rivolto a problemi essenzialmente umani,
che si succede a un periodo di grandi speculazioni cosmologiche e metafisiche. A distanza di quasi
due millenni, l’Illuminismo esprime le medesime esigenze.
Sacheli, Rousseau, ed. D’Anna, Messina 1941, pag.10.
8
L’esigenza delle idee “ chiare e distinte”, incontrandosi infatti con lo schema
newtoniano della scienza esatta, aveva potentemente riaffermata la funzione
dell’intelletto come misura e soggetto di tutti i valori della storia e del processo
cosmico universale.
Siccome la vita del secolo in Francia, ove aveva le sue più caratteristiche e
notevoli espressioni, gravitava e spingeva alla critica di quella società, che
appariva ingiusta, oppressiva, disfatta, così l’Illuminismo si dispiegò in un vasto
movimento di cultura diretto ad “illuminare” le coscienze e a rischiarare, al lume
della ragione, il baconiano “regnum hominis”.
Questo movimento di pensiero era tuttavia nato da una esigenza metafisica, che
consisteva nella liberazione della filosofia dall’”ésprit de système” e nel suo
inveramento quale processo di attuazione dello spirito, che si realizza nella
molteplicità delle sue ricerche e procedimenti.
Perciò i concetti, i problemi, i sistemi definiti in forme fisse e comunemente
accettate dal passato vennero ripensati, vagliati, discussi, mutati e infine, alla luce
della ragione, riportati a significati nuovi.
Nello spirito del secolo è la filosofia che incalza e investe tutta la complessa
problematica sociale, che assume il compito di ordinare il “regnum hominis”
secondo principi razionalmente desunti e definiti.
Come scrive Kant, l’Illuminismo significa “l’uscita dell’uomo della sua
colpevole minorità.” Minorità è l’impotenza a servirsi della propria ragione senza
la guida di un altro. Ed essa è colpevole quando non è causata da deficienza di
capacità intellettuale, ma da mancanza di decisione e coraggio a servirsene senza
la guida di un altro. “Saper aude”: abbi il coraggio di servirti della ragione; questo
è il motto dell’Illuminismo”.
2
Il D’Alembert, che fu tra i maggiori rappresentanti dell’epoca, così parla di
questo possente moto del pensiero: “Questo fermento che agisce in tutte le
direzioni ha afferrato tutto quanto gli si presentava, con violenza, come un
2
E. Kant, Scritti politici e di filosofia della storia del diritto, Torino, Utet 1956, pag. 141.
9
torrente che rompe gli argini. Dai principi della scienza ai fondamenti della
religione rivelata, dai problemi della metafisica a quelli del gusto, dalla musica
alla morale, dalle controversie teologiche alle questioni dell’economia e del
commercio, dalla politica al diritto dei popoli e alla giurisprudenza civile, tutto fu
discusso, analizzato, agitato.
3
Una luce nuova che si stese sui molti argomenti, e le nuove oscurità che ne
derivarono, furono il frutto di quel generale fermento degli spiriti; “così come
l’effetto dell’alta e della bassa marea consiste nel portare a riva certe cose nuove e
nello staccarne altre”.
4
In questa esaltazione di pensiero, alla cui base era un furore di coscienze
nuove, irruppe, verso la metà del secolo, il ginevrino Jean-Jacques Rousseau, la
cui apparizione fu come uno di quei grandiosi fenomeni della natura, che mutano
il corso delle cose.
L’Illuminismo francese, infatti, ad onta del radicale rinnovamento che operava
nelle coscienze, sembrava piuttosto destinato a riflettersi in una struttura idillica
della vita, che non ad elaborare le premesse intellettuali della Rivoluzione: fu
Rousseau che al secolo dei lumi impresse l’ esasperata coscienza di quella
missione storica che Robespierre doveva portare a compimento.
3
E. Kant, scritti politici e di filosofia della storia del diritto, cit p.143.
4
D’Alembert, Elèments de Philosophie I : Mèlanges de Litt., d’Hist. E de Phil., Paris, 1758, IV .
10
1.2 – L’ILLUMINISMO IN EUROPA
Si nota, nella storia dell’Illuminismo, il suo svolgersi nelle varie nazioni sia per
la diversa genesi che per le particolarità nazionali.
Nel corso del XVII secolo la cultura inglese elabora una filosofia a prevalente
indirizzo empiristico, in cui ad una concezione della conoscenza e della realtà
basata prevalentemente sui sensi e sul materialismo si accompagna una specifica
attenzione ai problemi concreti del rapporto fra l’uomo, la natura ed i suoi simili.
L’iniziatore di questo movimento è stato Bacone con il suo richiamo al “sapere è
potere” e all’unificazione fra scienza e tecnica. A quasi un secolo di distanza sarà
John Locke che svilupperà una rigorosa gnoseologia empirista e teorizzerà una
visione del primato della società civile sul potere del monarca le cui conseguenze
sul secolo successivo saranno altrettanto feconde quanto quelle del pensiero di
Bacone sul proprio. In questo senso Locke può essere indicato come l’anticipatore
e il maestro di buona parte della cultura settecentesca dei “lumi”.
L’Illuminismo nasce dall’incontro tra l’empirismo inglese (Hume e Locke) e il
razionalismo francese (Cartesio).
L’incontro delle due ideologie produce un orientamento rivoluzionario radicale
così deciso come nessuna delle due ideologie aveva singolarmente manifestato in
origine. Padre dell’Illuminismo europeo è considerato più direttamente il Locke,
che per questo fu diffuso, conosciuto e ammirato in tutta Europa. All’Illuminismo
inglese si deve il deismo (religione naturale) mentre coeistono anche correnti
materialistiche. Inglese è pure la morale naturale cioè il prodotto della istintiva
simpatia umana: teoria opposta a quella dello Hobbes ma che deve appunto allo
Hobbes il metodo d’analisi della morale.
5
Al Locke ed allo Hume si devono un deciso indirizzo antimetafisico della
filosofia e lo sviluppo della filosofia politica, che in essi avviene in senso liberale.
Locke è introdotto in Francia da Voltaire che lo traduce e lo divulga. Qui
l’Illuminismo è più nettamente il prodotto dell’incontro con la mentalità
5
N. Abbagnano, G. Fornero, Protagonisti e testi della Filosofia, ed. Paravia, Milano 2000, p. 15.
11
cartesiana e con problemi politico-sociali insoluti, e dunque assumerà quella tinta
tanto radicale da costituire la premessa della Rivoluzione francese.
Ma la sua opera ha anche lasciato un frutto esemplare in campo pedagogico con
quel “Pensieri sull’educazione” che fu fra i testi più letti da coloro che si
occuparono di educazione nel Settecento e nella prima metà dell’Ottocento.
Locke delinea in quest’opera il nuovo modello formativo della classe dirigente in
relazione alle nuove necessità sociali e sulla base di una concezione pedagogica in
cui l’educatore deve avere una profonda conoscenza dell’allievo, del suo carattere,
ma anche dei processi psichici su cui impostare il rapporto reciproco e organizzare
la didattica. I Pensieri sull’educazione sono un’opera occasionale che ha per
scopo di delineare il progetto dell’educazione di un giovane appartenente
all’aristocrazia inglese. Ma questo progetto non ha semplicemente di mira la
formazione delle belle maniere o in generale di una cultura che metta il giovane a
suo agio e gli consenta di brillare nell’ambiente cui è destinato. L’educazione
deve anche avere di mira l’ambiente o il gruppo sociale cui l’individuo appartiene:
non può essere secondo Locke l’educazione di in individuo astratto dai suoi
legami con la società. Ma ciò non dice che essa non debba mettere l’individuo in
grado di giudicare e criticare le opinioni, i costumi, le superstizioni dello stesso
ambiente cui egli appartiene. Sotto questo aspetto, il compito fondamentale
dell’educazione è quello di addestrare l’individuo a far prevalere, nei suoi
comportamenti, le esigenze della ragione. Le virtù, il carattere, la saggezza, sono
gli aspetti con cui si configura in Locke il fine dell’educazione; ma questo fine
può essere riassunto nella prevalenza della ragione.
Conformemente al concetto che Locke ha della ragione, la prevalenza della
ragione nell’uomo si può ottenere soltanto addestrando l’uomo a esercitare la
ragione stessa sui contenuti particolari che gli sono offerti dall’esperienza. La
ragione non chiude l’uomo in se stesso ma lo apre al mondo. Questo fa si che
l’educazione possa formare, mediante l’esercizio, un insieme di abilità o di
capacità intelligenti che consentono all’uomo di affrontare e dominare i più
diversi casi della vita.
12
Sarà questa attenzione ai diversi aspetti del processo educativo che farà del testo
di Locke un riferimento fondamentale anche per coloro che non ne
condivideranno le posizioni.
Fra gli avversari di Locke c’è Roussesau, il cui Emilio può essere considerato, in
parte, una replica alla concezione della formazione dell’individuo esposta nei
Pensieri . La lettura di queste due opere diventa così indispensabile per capire
come due concezioni politiche e due temperamenti molto diversi abbiano potuto
approdare a soluzioni alternative per un identico problema, quello della
formazione del nuovo soggetto politico richiesto dal mutare dei tempi.
In Italia l’Illuminismo pedagogico è rappresentato principalmente da Antonio
Genovesi (1712-1769) e da Gaetano Filangieri (1752-1788).
In Germania, infine, L’Illuminismo trovò nella filosofia di Cristiano
Wolff (1679-1754) continuatore del pensiero leibniziano, la propria affermazione
sistematica ed entrò, con esso, in lotta contro l’ortodossia religiosa, conquistando
quasi completamente la cultura.
Il problema religioso domina qui sugli altri, ed è proprio su questo problema che il
Lessing (1729-1781) aprirà la nuova strada della cultura tedesca.
13
1.3 – LA PEDAGOGIA DELL’ILLUMINISMO
La continua ascesa della borghesia, resa ancora più solida dalle conquiste
coloniali e dall’affermarsi della prima rivoluzione industriale, specialmente in
Francia ed in Inghilterra, pone in crisi quello stesso assolutismo statale che aveva
abbattuto molte strutture feudali, ma che era diventato esso stesso un impedimento
più che un elemento propulsore della comunità, sia favorendo la costituzione di
giganteschi monopoli, sia coinvolgendo tutta la comunità in imprese rischiose e
costosissime, a vantaggio di piccoli gruppi privilegiati.
Si afferma così la ideologia della libertà individuale, ritenuta un diritto naturale,
e le simpatie della borghesia vanno ad una monarchia temperata, la quale sia
capace di darsi una struttura politico-amministrativa atta a preservarla dagli
eccessi e dagli errori, di rispettare la volontà popolare fissata in alcune leggi
fondamentali e di non violare i diritti naturali, primo fra tutti appunto quello della
libertà individuale.
6
Accanto a quella della libertà si afferma l’ideologia del progresso e della
scienza.
L’uomo, affermano gli illuministi, si rivela un demiurgo dalle illimitate
possibilità, essendo compito della scienza ridurre sempre più l’influenza del caso
nella soluzione dei problemi della vita individuale e sociale, per cui l’uomo si
sente capace di sostituire alla natura un mondo nuovo e migliore.
Così si afferma quel vasto movimento culturale che si suole denominare
“Illuminismo”, che da una parte accentua ed esaspera la critica contro
l’umanesimo letterario ed aristocratico e dall’altra afferma il valore
dell’educazione scientifica e popolare, come il solo mezzo che libererà l’uomo
dalla schiavitù dell’ingiustizia sociale, dall’ignoranza e dai pregiudizi
dell’”oscurantismo”, per portarlo nel regno della libera ragione.
6
E. Baraldi- S. Neri, Pensiero Pedagogico, C.D.E., Bologna, 1971, p. 117.