6
inquadramento in un insieme finito, che non esiste più e che quindi è
inconoscibile sperimentalmente.
Tuttavia questa necessaria metodologia puntuale e scientifica non è sempre
seguita nei progetti di VA realizzati, sia per carenza di dati disponibili sia per
mancanza delle dovute conoscenze in materia archeologica da parte di chi
realizza il modello, o ancora più spesso per la necessità di costruire in tempi
brevi il prodotto multimediale, puntando esclusivamente sulle indubbie
potenzialità visive e spettacolari della nuova tecnologia.
In questo progetto ho cercato di raggiungere due obbiettivi: uno a carattere
più tradizionale, di studio dell’edilizia residenziale di Alba Pompeia; il
secondo obbiettivo è quello tecnologico, con la predisposizione di una
metodologia puntuale utile alla ricostruzione tridimensionale dell’ambiente B
della domus di via Acqui, la quale ha restituito uno dei più importanti reperti
di decorazione parietale d’area cisalpina.
Al fine di analizzare correttamente i dati necessari a raggiungere il primo
obbiettivo, si è svolto un sistematico studio delle monografie dedicate alla
città romana di Alba Pompeia, all’archeologia romana nella Cisalpina, con
particolare attenzione alle abitazioni private e alle tecniche edilizie.
Il riconoscimento di murature realizzate in crudo nelle domus mi ha
indirizzato verso una ricerca più approfondita sulla tecnica edilizia
genericamente definita opus craticium, un tempo nominata “tecnica povera”,
che grazie alle sempre più numerose attestazioni nella Cisalpina, è stata
ampiamente rivalutata e considerata ormai come la tecnica più utilizzata, sia
in ambito urbano che rurale. In questo caso sono stati fondamentali gli studi
sull’utilizzo dei materiali deperibili nelle abitazioni romane in ambito
transalpino, come i contributi di De Chazelles
1
e gli atti del convegno
Architectures de la terre et de bois svolto nel 1983 a Lione
2
.
1
DE CHAZELLES GAZZAL, Les maisons en terre de la Gaule meridionale, Montagnac,
1997.
2
J. LASFARGUES (a cura di), Architectures de la terre et de bois: actes du II congres
archeologique de Gaule meridionale: Lyon, 2-6 novembre 1983, Parigi, 1985.
7
Per la parte tecnologica invece sono stati particolarmente utili i dati presenti
sul web; per questo motivo è presente una estesa sitografia. Infatti esistono
relativamente poche pubblicazioni cartacee riguardanti la virtual archaeology,
forse proprio per il suo carattere “tecnologico” ed estremamente mutevole,
non al passo con i tempi di stampa di un testo.
Eccezioni possono essere, in ambito italiano, “Ut Natura Ars”
3
e “Archeologia
e Calcolatori”
4
. Il primo è la pubblicazione degli atti dell’omonimo convegno
svoltosi nel 2002 a Bologna, con tema la virtual archaeology e l’esposizione
di importanti lavori. Il secondo testo è invece un periodico a cadenza annuale
edito dal CNR, dal 1990, con preziosi contributi nel campo delle nuove
tecnologie applicate ai beni culturali, tra i quali non mancano esperienze di
VA.
È interessante evidenziare come “Ut Natura Ars” sia stato pubblicato nel
2007, ovvero ben 5 anni dopo il relativo convegno; tuttavia esso non
presenta alcun segno del tempo trascorso, se non per il miglioramento delle
tecnologie impiegabili in ambito archeologico. Infatti i contributi presenti nel
testo mantengono la loro validità per il metodo scientifico seguito nello
sviluppo dei lavori, e possono essere punti di riferimento anche per lavori di
VA futuri.
3
CORALINI ANTONELLA - SCAGLIARINI CORLAITA DANIELA (a cura di), Ut natura ars: virtual
reality e archeologia: atti della giornata di studi, Bologna, 22 aprile 2002, Imola, 2007.
4
Archeologia e calcolatori, Rivista pubblicata dall'Istituto per l'Archeologia etrusco-
italica del consiglio Nazionale delle Ricerche e dal Dipartimento di Archeologia e Storia delle
Arti dell'Università degli Studi di Siena e diretta da Paola Moscati.
8
Il presente studio si articola in quattro capitoli.
Il primo capitolo, dal titolo “Il territorio di Alba prima della conquista romana”,
tratta in principio gli aspetti geomorfologici del territorio albese, un aspetto
fondamentale perché le caratteristiche idrogeologiche caratterizzeranno ogni
aspetto della città dall’epoca romana fino a quella moderna, condizionandone
anche le tecniche edilizie. Successivamente il capitolo si concentra sugli
aspetti storici e d’insediamento delle popolazioni di tribù liguri e celtiche nel
territorio albese fino alla conquista romana. Ogni aspetto è trattato in uno
specifico sottocapitolo e sviluppa cronologicamente le vicende nate dalla
penetrazione romana nel corso del II secolo a.C.
Stessa sequenza cronologica è seguita per il secondo capitolo intitolato “Alba
Pompeia. Evoluzione urbanistica di una nuova civitas“; come si evince dal
titolo, questa parte della tesi si sofferma sull’urbanistica della città romana di
Alba Pompeia, a partire dalle conosciute problematiche legate all’appellativo
Pompeia e sul relativo stato giuridico-amministrativo della città. I diversi
sottocapitoli affronteranno successivamente l’evoluzione urbanistica, nello
specifico le strutture pubbliche, precedute dalla storia degli studi sulla città
romana a partire dai primi anni del ‘900. Spazio è dedicato alle recenti
scoperte nell’area del Foro e all’ipotesi di riconoscimento di altre strutture
pubbliche quali le terme ed il macellum. Il capitolo si chiude con l’ultima fase
di vita e trasformazione delle strutture cittadine in periodo tardo imperiale e
altomedievale.
Il terzo capitolo si sofferma invece su ”L’edilizia privata in Alba Pompeia”.
Preceduti da un’analisi generale delle domus emerse ad Alba, si susseguono
sottocapitoli dedicati ognuno ad una struttura abitativa, con particolare
attenzione alla domus di via Acqui, oggetto della ipotesi di ricostruzione
virtuale; le caratteristiche planimetriche, le tecniche edilizie e le decorazioni
parietali e pavimentali individuate nelle domus di Alba sono oggetto di un
sistematico confronto con altre abitazioni urbane della Cisalpina (sintesi di
questo lavoro è il contributo sviluppato nella Tavole in allegato, con un
confronto “planimetrico” tra le domus albesi e quelle cisalpine inserite nelle
analisi di questo capitolo).
9
Il quarto ed ultimo capitolo tratta il secondo obbiettivo della tesi. In
“Ricostruire l'ambiente B della domus di via Acqui” si affrontano le
problematiche della virtual archaeology. In un sottocapitolo si tratta la
problematica relativa allo sviluppo di questa nuova tecnologia, al suo utilizzo
con basi scientifiche e la possibile divulgazione a carattere
didattico/informativo. Sono così esposti alcuni lavori di ricostruzione virtuale,
scelti per la loro importanza “storica”, perché protagonisti di un particolare
momento di diffusione della VA (ossia quello della nascita dei CD-Rom
divulgativi con ricostruzioni tridimensionali, come l’Ancient Rome Tour
realizzato da Altair4), oppure perché i software utilizzati sono significativi per
questa tecnologia (Desktop Virtual Reality Pompei: la Casa dei Vettii,
dell’ITABC-CNR). Altri lavori sono esposti per la loro attualità (come il
progetto Rome Reborn presente ormai da settembre 2008 su Google Earth e
realizzato dal gruppo di ricerca CVRLAB dell’Università di Los Angeles e di
Virginia), o perché oggetto di dibattito sul valore del metodo scientifico
seguito nel realizzare l’ipotesi ricostruttiva (ad esempio il progetto “Casa del
Centenario” a Pompei, a cura del Dipartimento di Archeologia dell’Università
di Bologna in collaborazione con il consorzio CINECA).
A queste analisi seguono dei sottocapitoli che trattano in maniera più
approfondita quattro lavori di virtual archaeology, dedicati a strutture abitative
private urbane; in questa parte del lavoro si è cercato soprattutto di porre in
evidenza i dati archeologici sfruttati per le ricostruzioni, il gruppo di lavoro
che ha realizzato la ricostruzione ed infine l’analisi sull’affidabilità delle ipotesi
ricostruttive.
Così, mentre i tre capitoli precedenti fanno da “base dati” per la ricostruzione
dell’ambiente B della domus di via Acqui, le analisi di altri progetti di VA
possono costituire un punto di riferimento per l’ipotesi ricostruttiva. Proprio
nell’ultima parte del quarto capitolo è presentato un “catalogo dati” e la
metodologia da seguire nella realizzazione del modello tridimensionale
dell’ambiente in questione con un ottimo grado di affidabilità.
10
CAPITOLO 1
IL TERRITORIO DI ALBA PRIMA DELLA
CONQUISTA ROMANA
1.1 IL QUADRO GEOMORFOLOGICO DEL
TERRITORIO
Il territorio dove sorge la città di Alba si colloca presso la confluenza tra il
fiume Tanaro e il torrente Cherasca. Pertanto la geomorfologia dell’area è
stata caratterizzata da diverse dinamiche evolutive di erosione e di
esondazione dei due corsi d’acqua.
Il corso del Tanaro si sviluppa attraverso un largo fondovalle che collega
Alba a nord-est con Asti e ad ovest con Bra. In questo tratto il fiume si
presenta con ampi meandri, mostrando con evidenza il suo carattere
altamente erosivo e di deposito.
Il Cherasca ha caratteristiche dimensionali completamente diverse, legate al
suo regime torrentizio; in questo modo esso scorre senza una pesante
incisione valliva, arrivando a sfociare sulla destra del Tanaro dopo aver
percorso la zona collinare a sud della città.
La dinamica fluviale del Tanaro è legata all’area occidentale di Alba. A nord
di essa si estende un’area pianeggiante, delimitata ai margini da rilievi
collinari. Quest’area è una piana alluvionale intravalliva, dove scorre
attualmente il fiume
5
.
Nel suo bacino sono comprese le principali unità geologiche che
compongono l’arco alpino sud-occidentale a monte di Ceva
(prevalentemente rocce metamorfiche o carbonatiche), formazioni
appartenenti al Bacino Terziario Piemontese dei rilievi collinari fra Ceva e
5
PEROTTO 1995, p. 53.
11
Alba (sedimenti marini) con a margine depositi continentali quaternari di
origine fluviale tipici della pianura piemontese
6
.
Le più antiche tracce sulla conformazione naturale di questa parte di territorio
testimoniano come già nel Pleistocene superiore scorresse un corso
d’acqua, i cui meccanismi di deflusso lo portarono in posizione molto
prossima al corso del fiume Tanaro in età storica, che defluiva verso
Carmagnola per poi gettarsi nel Po.
La deviazione verso l’attuale corso avvenne al passaggio fra Pleistocene
superiore e Olocene; pertanto l’attuale assetto idrografico risale a circa
15000 anni
7
.
Durante questo periodo si sono verificati, alternandosi, fenomeni erosivi e
deposizionali, in una sequenza che alterna a corpi di granulometria
grossolana (ghiaie), intercalazioni sabbiose-limose-argillose, queste ultime
testimoniate dalla cartografia geologica ufficiale dove vengono descritte
sinteticamente come “alluvioni prevalentemente argillose”.
L’evoluzione geologica recente, ovvero quella che va dall’era preistorica
all’attuale, consiste in leggere variazioni della rete idrografica, con
approfondimento degli alvei ed alternanza di fenomeni alluvionali e di
migrazioni laterali del corso con nuovi meandri. Presso il margine
settentrionale della città è ben visibile la scarpata di terrazzo lasciata
dall’erosione di scavo del fiume. Essa è divisa in due settori terrazzati, di cui
quello altimetricamente superiore è anche quello più antico come
formazione
8
.
Grazie a scavi effettuati nelle aree comprese tra corso Europa e corso Piave
(zona ovest di Alba) è emerso che fenomeni alluvionali, alcuni anche di
grossa portata, hanno lasciato consistenti strati di sabbie, limi e argille. Sulla
base di reperti in essi contenuti, è stato possibile datare le sequenze dal
Neolitico medio-finale all’età del Bronzo.
Tutti gli scavi hanno così evidenziato come gli strati sabbiosi-limosi-argillosi
siano la diretta conseguenza di importanti esondazioni del Tanaro fino
6
MICHELETTO - PREACCO - GAMBARI 2006, p. 24.
7
Ibid.
8
PEROTTO 1995, p. 53.
12
all’inizio dell’età del Bronzo, con la presenza di un ramo secondario tra i
rilievi collinari e l’alveo del fiume, il quale si attivava in occasione dei maggiori
eventi di piena
9
.
Durante tutta l’età del Bronzo (2200 – 900 a.C.) e fino all’età del Ferro (900 –
125 a.C.) questo ramo fu sempre meno attivato e progressivamente colmato
da sedimenti, a causa di un abbassamento dell’alveo del Tanaro e di una
regolarizzazione della portata del fiume stesso (con l’esclusione della
continua erosione dell’alveo e dei meandri), consentendo una più stabile
presenza antropica nell’area ad ovest della città attuale
10
.
L’area ad est e a sud di Alba è invece caratterizzata dal ruolo dinamico del
torrente Cherasca.
Esso scorre in uno stretto alveo, inciso nelle formazioni rocciose di arenarie e
marne di periodo miocenico; prevalentemente rocce sedimentarie di origine
marina databili a circa 15-20 milioni di anni fa (“Formazione di Lequio”;
Bacino Terziario Piemontese)
11
.
Gli scavi archeologici hanno messo in evidenza come quest’area della città
sia stata sempre interessata da fenomeni alluvionali, anche importanti;
tuttavia questi presentano carattere diverso da quelli del Tanaro.
Si trovano in particolare depositi ghiaiosi, tipicamente arenacei, con elementi
di spessore variabile; essi furono depositati dal torrente in piena in maniera
caotica, anche se numerosi ciottoli si possono rinvenire disposti in modo da
intuire correnti provenienti da sud e sud-est. La presenza di reperti ceramici
del Bronzo medio in questi strati permette di datare tali alluvioni
12
.
Le ghiaie sono sovrastate da strati con depositi limosi-sabbiosi e presenza di
ceramiche, che mostrano fasi di antropizzazione intervallate ancora da
fenomeni alluvionali.
Altri saggi hanno mostrato come la presenza di strati ghiaiosi non sia dovuta
solo all’azione erosiva del Cherasca, ma dalla presenza certa di altri affluenti
laterali del torrente stesso.
9
MICHELETTO - PREACCO - GAMBARI 2006, p. 25.
10
PEROTTO 1995, pp. 54-55.
11
MICHELETTO - PREACCO - GAMBARI 2006, p. 24.
12
PEROTTO 1995, pp. 53-54.