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INTRODUZIONE
Nel susseguirsi degli anni, molti economisti si sono concentrati sul definire una
definizione comune di economia sommersa e il metodo corretto per poterla misurarla.
Tra tutte le definizioni proposte, si è affermata la principale che afferma che:
“concorrono alla definizione dell’Economia Non Osservata tutte quelle attività
economiche e produttive che partecipano alla formazione del PIL di uno Stato, ma non
sono ufficialmente registrate.
Il PIL è l’indicatore dello stato di salute di un sistema economico, ed è la variabile
principale per verificare l’andamento delle politiche economiche sia i loro effetti sul
passato sia sulle stime future.
L’Unione Europea ha stabilito dei criteri per i Paesi membri, chiedendo agli stessi di
fornire una misura esauriente dell’indicatore, in modo tale da poterlo confrontare a
livello internazionale. L’obiettivo dell’Unione Europea è rendere il Pil dei diversi paesi
utile a stabilire i criteri per l’erogazione dei contributi che gli Stati Membri versano
all’UE di tale aggregato è Secondo i criteri dell’Unione Europea, i paesi membri devono
fornire una misura esaustiva del Pil per rendere tale aggregato confrontabile a livello
internazionale e utilizzabile come uno degli elementi per il calcolo dei contributi che gli
Stati membri versano all’Unione; una delle misure di riferimento per il controllo dei
parametri di Mastricht; uno degli indicatori per l’attribuzione dei fondi strutturali.
In Italia il PIL viene stimato dall’Istat che, attraverso indagini statistiche, raccoglie
tutti i dati relativi alla produzione nazionale per l’elaborazione degli aggregati che
costituiscono le voci del bilancio economico nazionale. La suddetta elaborazione deve
essere effettuata con criteri standardizzati al fine di rendere il sistema dei conti interno
comparabile a livello internazionale.
Fornire una stima esaustiva del Pil significa valutare non soltanto l’economia
direttamente osservata attraverso le indagini statistiche sulle imprese e gli archivi
fiscali e amministrativi, ma anche quella non direttamente osservata.
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L’Istat elabora e pubblica correntemente le stime del Pil e dell’occupazione attribuibili
alla parte di economia non osservata costituita dal sommerso economico. Quest’ultimo
deriva dall’attività di produzione di beni e servizi che, pur essendo legale, sfugge
all’osservazione diretta in quanto connessa al fenomeno della frode fiscale e
contributiva.
A causa della natura non osservabile dell’economia sommersa e della varietà di casi in
cui può manifestarsi, non è possibile conseguire un’unica descrizione del problema;
infatti, nella letteratura economica internazionale è presente una moltitudine di
definizioni del fenomeno.
La definizione più comune, recepita anche dall’Istat (istituto nazionale di statistica),
dell’economia sommersa è l’insieme di tutte le attività economiche non registrate, che
sfuggono ad ogni rilevazione statistica e ai controlli fiscali; tuttavia, queste attività
irregolari nascoste rientrano nel calcolo ufficiale del Prodotto Interno Lordo.
Dal punto di vista dei dati l’economia non osservata ha generato nel 20181 un valore
aggiunto di poco superiore a 211 miliardi di euro, 2,2 miliardi in meno rispetto all'anno
precedente. L’incidenza dell’economia non osservata sul PIL si è quindi ridotta di 0,4
punti percentuali, portandosi all’11,9%, confermando una tendenza alla discesa in atto
dal 2014, quando si era registrato un picco del 13,0%. Nel 2018, il complesso
dell’economia sommersa vale 191,8 miliardi, il 12,0% del valore aggiunto prodotto dal
sistema economico, con una riduzione di 3,2 miliardi rispetto all’anno precedente.
L’impiego di lavoro irregolare ha un peso particolarmente rilevante, pari al 22,5% del
valore aggiunto. Il suo contributo risulta, invece, molto limitato nei tre comparti
dell’industria in senso stretto (tra l’1,2% e il 3,0%) e negli altri servizi alle imprese
(1,6%). Nel settore primario il valore aggiunto sommerso è generato solo dall’impiego di
lavoro irregolare e rappresenta il 17,1% del totale prodotto dal settore. Circa il lavoro
irregolare, sono 3 milioni e 652 mila le unità di lavoro a tempo pieno in condizione di
non regolarità, occupate in prevalenza come dipendenti (2 milioni e 656 mila unità). La
riduzione della componente non regolare (-1,3% rispetto al 2017) segnala un
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Report Istat 14/10/2020 L’economia non osservata nei conti nazionali anni 2015-2018
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ridimensionamento di un fenomeno che nel 2017 si era invece esteso. Per quanto
riguarda l'economia illegale, nel 2018, le attività illegali hanno generato un valore
aggiunto pari a 19,2 miliardi di euro, pari all’1,1% del PIL, con un incremento dell'1,8%
rispetto all'anno precedente.
Il seguente lavoro, prendendo spunto da molti approfondimenti già in circolazione, si
incentra in un filone di studi effettuati ed è organizzato in 3 capitoli.
Nel primo, si procederà con una semplice definizione del fenomeno per poi
successivamente descriverne in maniera esaustiva tutti i sui elementi; in seguito si
rappresenteranno i vari approcci che possono essere usati per attuare una stima, in
termini quantitativi, di tale fenomeno e si concluderà con una comparazione tra
l’economia sommersa e evasione fiscale.
Nel secondo capitolo si entrerà nel focus del lavoro, andando ad analizzare la struttura
dell’Economia sommersa utilizzando come strumento la metodologia Istat, in seguito si
procederà ad analizzare il fenomeno sul territorio Italiano, andando a approfondire temi
come il lavoro nero, il PIL e gli Interventi e politiche per l’emersione.
Infine a titolo di approfondimento si andranno ad analizzare lo scenario internazionale
ed in particolare quello europeo e le cause della pandemia da Covid-19 sul fenomeno
stesso.
Nel terzo ed ultimo capitolo si procederà ad esaminare empiricamente il rapporto che
intercorre tra l’Economia Sommersa ed alcune variabili esplicative.
Dapprima si è proceduto alla ricerca delle banche dati che ci hanno portato alla raccolta
di circa 300 osservazioni; sono stati raccolti dati di tipo panel relativi ai venti territori
regionali italiani per un arco temporale di 15 anni, relativo al periodo 2005-2019.
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CAPITOLO 1: L’ECONOMIA SOMMERSA:
UN APPROCCIO TEORICO
1.1 L’economia non direttamente osservata (ENO)
Il complesso delle attività economiche che non riescono ad essere tracciate dalla
statistica costituisce l’Economia non osservata (o NOE, acronimo inglese di Non-
Observed Economy). Al fine di rendere esaustiva la rappresentazione dei flussi
economici, come stabilito nei manuali internazionali SNA e SEC15, l’ENO viene inserita
nei Conti Nazionali, in questo modo diviene fattibile una comparazione al livello
internazionale dei dati sul prodotto interno lordo e il reddito nazionale lordo
2
.
L’ENO, pone problemi all’osservazione statistica, viene anche definita come l’insieme
delle attività economiche, di produzione e di scambio di beni e servizi, che non riescono
ad essere misurate in quanto non rilevate dalla statistica.
L’assenza delle attività sommerse all’interno delle misurazioni statistiche è dovuta
principalmente al mancato rispetto delle leggi (e norme amministrative, fiscali
contributive) alla mancata o volutamente errata compilazione dei moduli statistici e dei
questionari, di conseguenza si rileva nella maggioranza dei casi un’elevata evasione
fiscale e contributiva.
L’economia non osservata comprende il sommerso economico, l’economia illegale, il
sommerso statistico e l’economia informale.
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Ministero dell’Economia e delle Finanze - Documento di Economia e Finanza 2020: Relazione sull’economia non
osservata e sull’evasione fiscale e contributiva anno 2020 - (art. 10-bis.1 c. 3 Legge 31 dicembre 2009, n. 196)
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La caratteristica comune di queste attività rimane l’assenza del rispetto della
normativa, possiamo trovare attività che vengono esercitate senza rispettare le
normative fiscali, per ridurre i costi di produzione come nel sommerso economico, o
attività svolte in luoghi di lavoro non adeguati e non autorizzati.
La “statistica” distingue:
1. L’economia sommersa: comprende l’insieme delle attività legali (economia legale) che
non riescono ad essere rilevate e controllate della pubblica amministrazione in quanto
esercitate in evasione fiscale (c.d. “sommerso d’impresa”), e il c.d. “sommerso di lavoro”
conseguenza di attività esercitate nella totale assenza del rispetto della normativa
previdenziale;
2. L’economia illegale e criminale comprende le attività di produzione, vendita e
scambio di beni e proibite dalla legge e/o dalle norme penali o svolte da personale senza
autorizzazione, possono comprendere anche delle attività legali ma svolte senza
permessi ;
3. L’economia informale comprende piccole attività gestite con impiego di lavoro di
familiari o gestite con rapporti personali a volte svolte senza essere inquadrate in
attività imprenditoriali, a volte senza avere un’organizzazione del ciclo produttivo.
Ai fini statistici secondo quando indicato dall’Istat, queste attività definite con il termine
“economia non direttamente osservata” devono essere incluse nella stima del PIL, anche
se non sono dichiarate nei questionari statistici inviati alle imprese e alle famiglie;
quindi, anche non registrate ai fini fiscali e amministrativi, non calcolabili direttamente.
All’interno del calcolo del PIL viene imposto dai sistemi di contabilità nazionale di
inserire anche l’economia non osservata, oltre alle attività legali che vengono definite
produttive.
Dagli ultimi dati pubblicati dall’Istat, nell’ultimo rapporto pubblicato nel 2018, l’ENO
ha un peso del 12,1% sul Pil circa 211 miliardi di euro, con la distinzione tra economia
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sommersa pari a poco meno di 192 miliardi di euro e a circa 19 miliardi di euro per le
attività illegali. Rispetto al 2014 che aveva un peso di 13,0% la tendenza è di riduzione
dell'incidenza sul Pil della componente non osservata.
1.1.1 L’economia illegale o criminale
Le attività di produzione di beni e servizi illegali o legali ma svolte in assenza di
autorizzazione, permessi o titolo formano l’economia illegale o criminale.
Le attività criminali e illegali sono un fenomeno che richiede un enorme sforzo di
quantificazione, attraverso i pochi dati disponibili si tenta di misurare economicamente
l’ipotetico volume di affari che viene realizzato con attività criminali nelle quali
rientrano la vendita e distribuzione di droga, la prostituzione, l’usura, l’estorsione, il
traffico d’armi, traffico di esseri umani, e l’ipotetico introito che deriva dalla
contraffazione, o con attività di agro-mafia, dalla vendita illegale del tabacco, dalla
gestione dei rifiuti, o nel caso dell’abusivismo edilizio e del gioco d’azzardo che formano
le attività economiche illegali.
Le relazioni fra criminalità ed economia legale sono molte, e dipendono anche dal fatto
di quanto l’economia illegale si avvale di imprese ed organizzazioni legali per ottenere
beni e servizi complementari e produrre beni e servizi illegali, e per investire in titoli e
in proprietà legali risparmi derivanti dall’attività criminale. Un tema difficile da
quantificare, perché non necessariamente gli introiti del circuito illegale danno luogo a
una redistribuzione della ricchezza nel circuito legale.
Dal 2014, con il recepimento del sistema Sec2010 i dati all’interno della contabilità
nazionale di ciascun Paese europeo, vengono inseriti i redditi prodotti con il commercio
di sostanze stupefacenti, con le attività di prostituzione e delle attività di contrabbando
di tabacco e alcool
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.
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Si tratta del recepimento dei nuovi schemi di Contabilità nazionale SEC 2010
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Al fine di dare un valore del Pil che sia esaustivo di tutte le transazioni presente
all’interno di un economia, quindi il più possibile realistico, le attività illegali vengono
incluse nella Contabilità Nazionale.
Le caratteristiche che devono possedere tali attività per rientrare nell’economia illegale
sono le seguenti:
- produzione, vendita, distribuzione e commercio di beni e servizi proibito dalla legge o
non autorizzato;
- tali attività vengono realizzate attraverso un accordo tra le parti coinvolte nella
transazione, essenziale il consenso. In tal senso, quindi, vi è l’esistenza di un accordo,
per la Contabilità Nazionale non ne fanno parte, i redditi prodotti con furti e rapine,
attività per cui non è possibile avere un consenso della controparte, quindi attività con
assenza del consenso volontario l’elemento, questo è necessario per avere una misura
del prezzo della transazione;
Nella definizione di attività illegali ci sono due elementi essenziali, questi sono
riconducibili all’illecito nella produzione distribuzione e vendita di beni e servizi; e
l’illiceità di chi attua l’operazione.
Nel primo caso ai fini della quantificazione e valorizzazione del gettito evaso, e quindi
del loro inserimento nel Pil, se si portassero all’emersione e quindi alla repressione delle
attività illegali, la conseguenza difficilmente si presume possa portare ad un maggior
gettito fisale, ma si ipotizza che si potrebbe avere una quantificazione della parte
relativa al consumo dei beni e servizi, che si collocherebbe dal mercato illegale a quello
legale.
La maggiore difficoltà, oltre al lavoro di contrasto all’illecito, risiede nell’includere tali
attività nella quantificazione del Tax Gap che viene calcolato come differenza tra gettito
teorico e gettito effettivo, e dell’ipotetico gettito fiscale che ne potrebbe derivare.
La stima delle imposte evase, che sarebbe un’evasione e non corrisponderebbe al tax gap
effettivo, in questo caso non sarebbe affidabile in quanto solo una parte si potrebbe
riversare nel mercato legale.