4
diretto all’acquisto di terreni e alla creazione di infrastrutture per lo sviluppo
dell’agricoltura, mentre il resto era investito in istruzione, salute, lavori
socialmente utili, sicurezza e amministrazione generale2. Tale capitale era
distribuito fra i lavoratori tramite i leader dei partiti socialisti e i membri
dell’Histadrut3. Il capitale privato invece era destinato per metà al settore
dell’edilizia, il 19% nell’agricoltura, il 10% nell’acquisto di terreni e il 16% nel
settore manifatturiero-industriale4.
Tra marzo 1919 e dicembre 1947 il PIL crebbe del 13,7% all’anno, portando un
territorio estremamente sottosviluppato ad un’economia più moderna. A
questo periodo risale la fondazione di alcune delle più celebri istituzioni
israeliane: il kibbutz e il moshav5.
I primi anni (1948-1954) furono caratterizzati dal doppio onere
dell’assorbimento e dell’istruzione degli immigrati e dalle alte spese per la
difesa, oltre ai costi occulti della perdita di produzione civile causato
dall’impegno della forza lavoro nei combattimenti e dell’interruzione del
commercio con gli Stati vicini. Per poter far fronte a tali impegni, il governo
dovette ritirare tutti i beni in valuta estera dei cittadini ed emettere in cambio
bond indicizzati al dollaro e seguire un programma d’austerità, consistente nel
1
Aharoni (1991).
2
ibid.
3
Histadrut: la federazione generale del lavoro israeliana.
4
dati numerici da Aharoni (1991).
5
Il kibbutz è una struttura comunitaria fondata su un principio di totale cooperazione e attività
comune, dove la proprietà privata e il lavoro dipendente sono aboliti e vale l’idea marxista di
“da ognuno secondo le sue capacità; ad ognuno secondo le sue necessità”. Il moshav differisce
dal kibbutz perché in esso ogni singola unità famigliare è situata in un determinato terreno che
lavora separatamente (ma che non può comunque vendere senza l’approvazione di tutti i
membri del gruppo). Entrambi sono collocati su terreni del demanio e utilizzano un’unica
organizzazione valida per l’intera comunità per collocare i loro prodotti sul mercato, tramite cui
vengono fatti pervenire a tali gruppi i sussidi.
5
razionamento dei beni di prima necessità e di valuta estera6. Gran parte del
budget destinato allo sviluppo fu speso nel settore agricolo e in progetti di
sviluppo per una migliore gestione della risorsa idrica grazie ai finanziamenti
pervenuti da un prestito di una banca ExIm statunitense e dai profitti
dell’emissione di bond del governo israeliano negli USA. Inoltre lo Stato spese
molto per iniziare a creare le necessarie istituzioni amministrative, come la
banca centrale. Questa ingente spesa pubblica aumentò notevolmente
l’inflazione che il controllo sui prezzi non riuscì a ridurre. Aumentarono anche le
importazioni senza che le esportazioni aumentassero, portando così una severa
diminuzione delle scorte di valuta estera. Per far fronte a tali problemi, fu
svalutata la valuta a scaglioni da 0,36 a 1,8 rispetto al dollaro, operazione che
ebbe successo grazie all’effettiva riduzione del potere d’acquisto del pubblico in
eccesso da parte del governo (freno del credito ai privati e allentamento di
alcuni controlli sui prezzi) e ad un abbandono della politica di immigrazione di
massa.
Dalla metà degli anni ’50 fu chiaro che a causa della scarsità di territorio e
d’acqua non era più possibile spingere oltre lo sviluppo del settore agricolo.
Inoltre la domanda interna era quasi del tutto soddisfatta dalla produzione
nazionale. Venne quindi dato inizio all’incentivazione dell’industria secondo una
politica di sostituzione delle importazioni (ISI)7. Lo stato si attivò tramite
prestiti sussidiati e donazioni nei confronti dei privati, protezione per i prodotti
nazionali dalla concorrenza estera, estesa liberalizzazione delle materie prime e
6
Aharoni (1991).
7
ISI (Import Substituting Industrialization): politiche approntate per spingere le economie
tradizionalmente dipendenti dalle esportazioni di beni di prima necessità e di materie prime
verso la creazione di una base industriale interna che produca beni precedentemente importati
6
delle importazioni industriali (il blocco delle importazioni era quindi attivo solo
per i beni di consumo). Del 1959 è la “Encouragement of Capital Investment
Law” che iniziò ad attirare in Israele nuove fonti di capitale estero. Iniziarono
anche ad arrivare le riparazioni di guerra dalla Germania. A causa di esigenze
della bilancia dei pagamenti, il tasso di cambio effettivo venne
successivamente alzato8, aumentando le tasse sulle importazioni e attribuendo
sussidi per le esportazioni: questo aumentò il divario già esistente fra i diversi
tassi di cambio che si erano artificialmente sviluppati nel Paese per diverse
tipologie di beni, alterando l’efficienza delle decisioni di acquisto. L’inflazione
continuò a risultare più alta che negli altri Paesi. Nonostante tutto, questi
furono anni di grande crescita, in cui le esportazioni, specialmente quelle
industriali, aumentarono insieme alla produzione. Tutto questo portò negli anni
successivi ad una sempre maggiore accelerazione dell’attività economica con
rapidi aumenti sia del consumo sia degli investimenti che innalzarono i
quantitativi delle importazioni. Aumentarono anche costi di produzione e
prezzi, rendendo i prodotti israeliani meno competitivi all’estero (e da qui
minori esportazioni). Nel 1964 avvenne un apice nel deficit corrente nella
bilancia dei pagamenti che fu lenito con un nuovo deprezzamento del tasso di
cambio di due terzi. Tale svalutazione fu tuttavia meno efficace della
precedente, poiché il governo non l’allineò con una manovra atta a diminuire la
domanda interna. Da segnalare inoltre è che questi anni videro l’inizio di una
nuova era in cui il governo si indebitava presso il pubblico emettendo bond
e processi le materie prime del Paese in modo da diversificare l’economia e ridurre la
dipendenza dall’estero (Richards, Waterbury; 1996).
8
nel 1952 era già stata effettuata una svalutazione da 0,36 a 1,8 rispetto al dollaro
(Aharoni;1991).
7
indicizzati al costo della vita, ma dava in prestito senza indicizzazione con un
forte spreco di risorse per il futuro.
Di fronte al rapido aumento del consumo privato, degli investimenti e delle
importazioni, per il 1966 il governo decise di approntare una politica restrittiva
che accelerasse le esportazioni e al contempo riducesse gli investimenti
pubblici, aumentasse le tasse indirette per ridurre la domanda e perpetrasse
una politica monetaria restrittiva. L’annuncio di tale indirizzo del governo fu
fatto quando la domanda aveva già cominciato a ridursi per il termine di alcuni
grandi progetti di sviluppo. Le esportazioni non riuscirono tuttavia ad
aumentare in parte perché la riduzione della domanda reale non era stata
accompagnata da un deprezzamento parallelo. La recessione causò molte
bancarotte, anche di alcuni istituti finanziari.
Nell’ultimo trimestre del 1967 la crescita riprese, fenomeno intensificato dalla
vittoria della guerra dei sei giorni e che si protrae fino al 1972. I territori
occupati furono inoltre fonte di lavoro a basso costo. A causa del flusso di
ottimismo derivante dalla vittoria nel conflitto, vi fu una nuova ondata
migratoria che aumentò la domanda.
La spesa pubblica aumentò notevolmente, soprattutto in forma di investimenti
per lo sviluppo delle industrie legate al settore della difesa. Aumentarono
anche i trasferimenti e i sussidi sociali a favore degli israeliani sefarditi9, oltre
che l’offerta di impiego pubblico, in modo da placarne il risentimento. Uno degli
9
sefarditi: immigrati ebrei provenienti dall’Asia e dal Nord Africa, solitamente con un livello
economico e di istruzione inferiore agli ashkenaziti (immigrati provenienti dall’Europa e dagli
Stati Uniti) e quindi ad un livello sociale inferiore rispetto a questi ultimi (Margalit, 2001;
Aharoni, 1991).
8
effetti di questa alta spesa pubblica fu la riduzione della crescita nel lungo
periodo a causa della limitazione di risorse disponibili per le imprese private.
L’aumento delle importazioni venne coperto dai prestiti ottenuti dal governo
USA e dai trasferimenti unilaterali provenienti dai contributi delle associazioni
ebraiche nel mondo. In modo da evitare un ulteriore peggioramento della
bilancia dei pagamenti, vi fu un nuovo deprezzamento che tuttavia ebbe l’unico
effetto di aumentare l’inflazione.
Con la guerra del Kippur del 1973 si verificò in Israele il primo shock
dell’offerta aggregata di petrolio e dei beni di consumo dal lato dei prezzi che
subirono un notevole aumento, rafforzato da misure sulle tasse indirette e un
forte deprezzamento nel novembre del 1974 (da 4,5 a 6 IL/$) per far fronte al
grande deficit in conto corrente. Nel 1975 venne dato inizio ad un programma
di stabilizzazione ortodossa che durò fino al 1977 consistente in un sostanziale
taglio alla spesa pubblica e in una politica monetaria fortemente restrittiva per
diminuire la domanda aggregata e migliorare sia la bilancia dei pagamenti sia
l’inflazione, che aveva già raggiunto la quota del 40% all’anno alle spese di un
rallentamento dell’economia.
In collaborazione con l’Histadrut fu approntata un modello di tassazione dei
redditi più resistente alle dinamiche dell’inflazione.
Fu riformato anche il sistema di indicizzazione dei salari (sistema C.O.L.A.:
Cost Of Living Allowance), secondo cui tale indennità doveva essere pagata a
tutti i lavoratori dipendenti se l’inflazione eccedeva una soglia minima del 3%
su calcoli effettuati trimestralmente. Con la riforma la soglia venne alzata al
9
5%, i calcoli vennero effettuati in intervalli di sei mesi e tali pagamenti
divennero soggetti ad imposta.
Inoltre avvenne il passaggio da un regime del tasso di cambio a parità fissa ad
uno a parità mobile (con deprezzamento mensile del 2%10), fattore che risultò
fatale negli anni successivi per la situazione inflazionistica11.
Il 1977 fu l’anno del passaggio al governo del Likud, la destra israeliana.
Il nuovo governo dette subito inizio ad una liberalizzazione dell’economia
attraverso il tasso di cambio e una riforma del commercio estero. Questa
consistette in una svalutazione della valuta del 47%, abolizione delle tasse di
viaggio, allentamento dei controlli sugli scambi con l’estero, riduzione dei dazi
doganali e possibilità per i cittadini israeliani di acquistare titoli legati a monete
estere, e quindi protetti dai deprezzamenti (prima del 1977 solo coloro che
svolgevano attività di commercio con l’estero o attività bancarie, i nuovi
immigrati e i non residenti potevano possedere questo tipo di bene mobile).
Questa operazione, che aveva lo scopo di migliorare la bilancia dei pagamenti,
non fu tuttavia accompagnata da politiche di riduzione della domanda, tanto
che i miglioramenti raggiunti nel 1974 e nel 1975 furono cancellati12.
Altro effetto di tale politica fu un aumento continuo dell’inflazione che perdurò
fino al 1985. I prezzi al consumo aumentarono del 34,6% nel 1977 e del
78,3% nel 1978. Tale impennata è in parte dovuta al deprezzamento che ha
aumentato il costo delle importazioni, rialzo che si è riversato sui consumatori
finali per poi passare nuovamente ai produttori secondo il meccanismo
10
Rivlin (1992).
11
Bruno (1993).
12spesa pubblica: +1%; investimenti: +15%; consumo: +16,5%; esportazioni: +8%;
importazioni: +14%; dati riferiti al biennio 1978-1979 (Rivlin;1992).