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C a p i t o l o 1
Sintesi sulla situazione del mercato del vino in Europa
La viticoltura europea si colloca al primo posto nella classifica mondiale. A livello di produzione la
superficie vitata in Europa costituisce quasi il 45% del totale a livello mondiale e fornisce in media il
59% della produzione mondiale di vino (dato del 2005), corrispondente ad una media, riferita al
periodo 2000-2005, di 170 milioni di ettolitri per l’UE-15 e di 176 milioni di ettolitri per l’UE-25.
L’allargamento non ha modificato molto la situazione dal momento che la produzione vinificata
complessiva di tutti i nuovi Stati membri produttori rappresenta solo il 5% del totale dell’UE-25
registrato nel 2004.
Il consumo di vino nell’UE-25 viene stimato a 132 milioni di ettolitri (campagna 2004/2005), che
rappresenta quasi il 54% del consumo mondiale del 2005.
Per quanto riguarda il commercio internazionale di vino, l’UE è sia il primo esportatore sia il maggiore
mercato di importazione a livello mondiale. Le esportazioni di vino ammontano in media (periodo
2002-2004) a 4,5 miliardi di euro e a 13 milioni di ettolitri, e rappresentano il 34% delle esportazioni di
bevande e lo 0,4% del totale dei ricavi delle esportazioni UE. Sempre nello stesso periodo, le
importazioni ammontano in media a 2,3 miliardi di euro e a 10 milioni di ettolitri, il che significa un
saldo commerciale attivo di 2 miliardi di euro.
Per meglio comprendere il mercato del vino e inquadrare l’eccedenza produttiva è indispensabile
analizzare le tendenze delle diverse componenti del mercato: produzione, domanda (consumo),
esportazione e importazione dell’UE e dei suoi concorrenti.
La superficie vitata
L’evoluzione della superficie vitata complessiva a livello mondiale è un indicatore dell’andamento del
potenziale produttivo. Si tratta di un indicatore empirico ma si presta ad una corretta valutazione dei
mutamenti strutturali. Infatti le rese dei vigneti estirpati in via definitiva e riconvertiti sono molto
variabili. Per una valutazione precisa di tale potenziale occorrerebbe tenere conto dei mutamenti
naturali dei vigneti (vitigni, modalità di gestione, orientamento qualitativo) e dell’andamento specifico
delle rese per ogni categoria di vino o per ogni regione.
Dall’inizio degli anni Ottanta si registra una diminuzione significativa della superficie vitata a livello
mondiale imputabile principalmente al continente europeo e, al suo interno, all’UE a 6, poi a 9 e poi a
15. Tale evoluzione è il frutto della volontà politica di risolvere la crisi rappresentata dalla
superproduzione di vini da tavola tramite l’estirpazione sovvenzionata dei vigneti, completata a partire
dall’accordo di Dublino del 1984 con un’applicazione draconiana della distillazione obbligatoria.
Così, nel corso di una trentina d’anni, la superficie vitata è diminuita del 25% a livello mondiale, del
30% a livello europeo e del 34% a livello di UE. La superficie vitata mondiale si attesta a poco meno di
7,5 milioni di ettari mentre quella dell’UE a 3,5 milioni di ettari. Dopo cinque anni l’UE-25 ha subito
un’erosione di circa 150 000 ettari (1) mentre il resto del mondo continua a crescere, determinando
un’espansione della superficie vitata a livello mondiale.
1 OIV, Organizzazione internazionale della vigna e del vino, Statistiques mondiales, Logroño, 4ª assemblea generale dell’OIV, luglio 2006, pagine
69.
I dati forniti dall’OIV (Organizzazione internazionale della vigna e del vino) vanno interpretati con cautela in quanto comprendono le
superfici vitate per la produzione di uve da tavola e uve secche, produzioni importanti per paesi come gli Stati Uniti, la Turchia e la Grecia.
Occorre altresì considerare con attenzione l’imperfetta separazione in categorie in quanto una parte di tali produzioni può essere vinificata in
base alle condizioni del mercato.
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Evoluzione della superficie vitata mondiale
La riduzione della superficie vitata europea ha interessato i tre maggiori paesi produttori, con il 91% di
estirpazioni distribuito nel corso di 17 anni (1998-2004) ma con andamento variabile durante questo
periodo. Dopo l’istituzione dell’OCM del vino nel 1999, solo la Francia e, in parte, la Germania hanno
seguito una politica di estirpazione, anche se a livello molto contenuto. La distribuzione dei nuovi diritti
ha consentito un leggero aumento della superficie vitata nei tre anni successivi alla riforma, dopodiché
le difficoltà del mercato hanno arrestato tale progressione. Durante questo periodo (1999-2004) è stata
la Spagna, che ha la superficie viticola più estesa del mondo (1,2 milioni di ettari), ad aumentare la
superficie di 61 000 ettari (con un aumento quindi del 5,4% rispetto al 1999).
Con l’allargamento dell’UE-25 la superficie vitata è aumentata di appena 150 000 ettari (corrispondenti
al 4% del totale delle viticolture dell’UE). L’Ungheria da sola comprende 93 000 ettari, che equivalgono
al 62% della superficie vitata complessiva dei nuovi Stati membri. In questi paesi si osserva un’erosione
della superficie vitata. Si tratta di una tendenza che interessa tutti i paesi dell’Europa centrale e orientale
(PECO) dagli anni Ottanta ma che è accelerata con la transizione: l’Ungheria aveva perduto il 35%
della superficie vitata tra il 1985 e il 2000. La prospettiva di un ingresso nell’UE ha costituito un
incentivo al reimpianto, ma la crisi del 2004-2005 ha prodotto nuove estirpazioni.
Dopo la stabilizzazione della viticoltura europea, una nuova ondata di estirpazioni è stata avviata
durante la campagna 2005-2006 a causa della crisi economica del settore. Così la Francia procede
all’estirpazione (dati provvisori) di 15 000 ettari di vigneto di cui 12 500 in Linguadoca (pari al 4,5%
della superficie viticola) e l’Ungheria 4 000 ettari.
I paesi del Nuovo Mondo e dell’emisfero sud, in particolare Australia e Cile, hanno istituito programmi
di sviluppo delle viticolture nazionali orientati all’esportazione. L’Australia ha favorito gli impianti
tramite una serie di agevolazioni fiscali (2). Tali programmi sono stati confortati dalla crescita dei mercati
obiettivo, ovvero Regno Unito, Europa del nord, Stati Uniti, Giappone, cioè paesi non produttori ad
elevato tenore di vita.
In Argentina la quasi stabilità della viticoltura nasconde un fenomeno di riconversione qualitativa
condotta sul modello della Linguadoca, con la sostituzione dei vigneti vecchi e dei vitigni vecchi con
vigneti moderni: vitigni internazionali, piante selezionate, palizzamento, irrigazione a goccia. Lo stesso
fenomeno si registra in Sudafrica.
2
Wahlquist, A., ‘Tax break is threat to wine’, The Weekend Australian, 27 aprile 2006.
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Superfici vitate dei paesi del mondo (tranne UE)
In Cina la crescita della coltivazione a vite è sorprendente, raggiungendo nel 2005 i 450 000 ettari, di cui
però solo 60 000 sono per le uve da vino e una produzione di 3,9 milioni di ettolitri, corrispondenti ad
una resa di 80 ettolitri per ettaro. La Cina ha quindi già superato gli Stati Uniti per superficie vitata.
Attualmente le colture cinesi destinate alla produzione di vino aumentano di 38 000 ettari ogni anno. La
Cina ha puntato ad arrivare a 5 milioni di ettolitri nel 2005. La produzione vinicola è incoraggiata dal
governo cinese, che preferisce una crescita del vino a scapito dei superalcolici, prodotti con cereali.
Inoltre gli effetti sulla salute legati al consumo di vino vengono presi molto seriamente.
La produzione
La vite è una pianta perenne e il terreno sul quale cresce ha un’evoluzione lenta; inoltre, l’alta variabilità
della resa viticola comporta un andamento della produzione altrettanto variabile. La caduta della
produzione europea ha coinciso con la diminuzione della produzione mondiale, tuttavia dalla metà degli
anni Novanta le tendenze sono divergenti, a vantaggio dei paesi del Nuovo Mondo.
Negli ultimi anni la produzione europea va dai 165 milioni (vendemmia scarsa nel 2002) ai 194 milioni
di ettolitri (vendemmia abbondante nel 2004) (3). Occorre aggiungere un concatenarsi di circostanze
difficilmente prevedibili: vendemmie molto abbondanti nel 1999 e nel 2000 seguite da tre vendemmie
più scarse, poi di nuovo una vendemmia abbondante nel 2004 e una media nel 2005.
L’assenza di continuità porta ad una reale difficoltà nello stabilizzare l’offerta su più anni. Tali fatti
sono importanti per spiegare il risanamento "naturale" del mercato. Se si osservano le medie su base
triennale si può constatare che la vendemmia media degli ultimi tre anni nell’UE-25 si attesta allo stesso
livello dell’inizio del periodo di osservazione (1998-2000). La produzione di quest’ultimo periodo non è
quindi da considerarsi anomala.
3
Tale stima è stata elaborata in base ai dati della FAO espressi in tonnellate di raccolto, assumendo 6,5 ettolitri di vino per tonnellata di raccolto.
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Produzione di vino nella UE in volume
L’abbondante vendemmia del 2004 e il ritorno alla normalità del 2005 hanno prodotto un nuovo
squilibrio nel mercato che ha interessato i maggiori produttori di vino come Italia, Spagna e Francia e
hanno determinato l’attivazione delle misure di distillazione.
Italia e Spagna ne sono uscite in qualche modo, mentre la Francia patisce la crisi in quanto la
stabilizzazione del mercato non è stata abbastanza efficace. Per la gestione della crisi, il fatto che le rese
dei vini DOC siano fortemente limitate ha avuto un effetto piuttosto negativo in quanto, con il crollo
dei prezzi, la scarsità delle rese comporta un aumento dei costi di produzione, penalizzando la
redditività. In Italia i limiti sulle rese sono più flessibili e consentono ai produttori di compensare una
parte delle perdite. Inoltre le distillazioni (ad un prezzo stabilito) svolgono efficacemente la funzione di
limitare il calo dei redditi (i ricavi non aumentano ma le misure evitano una caduta troppo brusca).
Produzione di vino nel resto del Mondo
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Tra i paesi del Nuovo Mondo, Stati Uniti e Australia hanno registrato vendemmie record per due anni
consecutivi (2004 e 2005). Nel 2005 si osserva una flessione della produzione europea e andamenti
contrastanti fuori dell’UE-25: Stati Uniti, Cile e Australia hanno registrato una produzione record di
vino mentre sono calati i raccolti in Nuova Zelanda e Sudafrica. In Argentina la produzione resta
stabile. La produzione mondiale di vino (277 milioni di ettolitri) rimane da media a sostenuta, prossima
ai valori registrati nel 1999 e 2000.
Anche nei paesi PECO la produzione di vino si va stabilizzando dopo la flessione registrata nel periodo
della transizione post-comunista, la perdita dei mercati, la privatizzazione, il calo della domanda, la
liberalizzazione del mercato e l’aumento dei costi di produzione.
In tutti i paesi le oscillazioni della vendemmia sono molto marcate a causa dell’imprevedibilità del
fattore climatico, che è all’origine delle crisi congiunturali. Affacciandoci alle risultanze probabili
nell’Europa a 27 possiamo verificare che in Romania la produzione oscilla attorno a 1,1 milioni di
tonnellate di uva, mentre la Bulgaria ha registrato un calo della produzione nel periodo 2000-2005.
La resa
Analizzando le rese, occorre sottolineare le differenze tra livelli e tendenze. I livelli di resa sono legati,
da una parte, alle condizioni climatiche e agronomiche e, dall’altra, alla tipologia dei vini prodotti. La
produzione di vini bianchi nei paesi del Nord (Germania, Ungheria), con terreni fertili, favorisce rese
elevate; viceversa la produzione che si ottiene nelle zone aride delle regioni meridionali porta a rese più
modeste (Spagna). Negli altri paesi la resa media è il risultato sia della collocazione del vigneto sia degli
orientamenti in termini di qualità: i v.q.p.r.d. e i vini a indicazione geografica hanno rese più basse
rispetto ai vini da tavola. Nei paesi del Nuovo Mondo il livello elevato della resa è ottenuto con il
controllo dello stress idrico tramite irrigazione.
L’osservazione dell’andamento delle rese nel tempo tiene evidentemente conto delle fluttuazioni
climatiche ma anche dei mutamenti nel sistema di produzione. In tale contesto, è possibile evidenziare
l’andamento divergente tra UE e resto del mondo. Il caso più indicativo è quello della Spagna, dove la
riconversione qualitativa della coltivazione viticola in Castiglia e nella Mancia ha prodotto un
miglioramento delle rese medie di oltre il 50% rispetto agli ultimi dieci anni. Lo stesso fenomeno è
riscontrabile nell’Italia meridionale. Ungheria e Austria mostrano una netta tendenza al rialzo.
La resa media nei paesi del Nuovo Mondo supera in tutti i casi le 10 tonnellate per ettaro. Sul medio
periodo si evidenziano poche tendenze nette. L’abbondante vendemmia del 2004 è stata
particolarmente forte in Australia. Tra i nuovi paesi concorrenti, il Sudafrica e la Cina registrano dal
2000 un aumento delle rese. Gli altri grandi produttori hanno stabilizzato le rese nazionali.
Il consumo
Vedremo ora alcune tendenze dei consumi (4) di cui tener conto per adeguare il potenziale produttivo
europeo. Sul lungo periodo è possibile distinguere varie fasi a livello mondiale: un aumento fino al 1975,
dovuto in particolare dall’apertura degli scambi europei, una stagnazione durata sei anni (1975-1985)
con un massimo di 290 milioni di ettolitri, poi un periodo di flessione di dieci anni (1985-1995) fino a
raggiungere i 220 milioni di ettolitri (-20%). Dal 1995 si osserva un assestamento o una lenta ripresa del
consumo, che nel periodo 2003-2005, secondo le stime dell’OIV, si colloca su una media di 235 milioni
di ettolitri.
Il consumo europeo nell’UE-15 rappresenta oltre il 55% del mercato mondiale e mostra un andamento
leggermente diverso, con un calo che inizia alla fine degli anni Settanta per arrivare a metà degli anni
4
Vale la pena ricordare che il consumo rappresenta il principale uso commerciale della produzione (anche se non unico se si pensa ad acquavite,
aceto, alcolici, ecc.). Le informazioni si basano sulle statistiche dell’OIV, che possono essere eterogenee: il consumo può comprendere
l’autoconsumo o solamente i volumi commercializzati sul mercato interno.
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Novanta. Tuttavia dopo dieci anni sembra essersi stabilizzato entro una forbice di 126-
130 milioni di ettolitri; secondo le stime dell’OIV per il 2006, il consumo dell’UE-25 si attesta a
132 milioni di ettolitri .
Per spiegare tale andamento occorre tener conto che il comportamento del consumatore si differenzia a
seconda del paese, nonostante una certa uniformazione delle abitudini nei paesi consumatori.
La domanda per il prodotto vino è particolare in quanto non si tratta di una bevanda di sussistenza. Si
tratta di una bevanda tradizionale e radicata nella cultura dei grandi paesi produttori, come i paesi latini,
e di una bevanda di moda e di distinzione sociale per alcune categorie di cittadini nei nuovi paesi
consumatori. Le tendenze e i meccanismi che determinano l’andamento di questi mercati vanno quindi
distinti a seconda che ci si riferisca ai paesi tradizionali (Francia, Italia), dove il consumo è comunque in
calo, o ai paesi nuovi consumatori dove, in generale, la tendenza è piuttosto di crescita (Regno Unito).
Occorre ugualmente sottolineare che solo una fetta limitata della popolazione mondiale ha la possibilità
di bere vino, dato che il consumo rimane concentrato per il 90% nei paesi che rappresentano circa 1/4
della popolazione mondiale e che una quindicina di paesi avanzati rappresenta da sola oltre l’80% del
mercato.
Il consumo di vino, trattandosi di bevanda alcolica, è soggetto a notevoli limitazioni: da un lato le
limitazioni direttamente collegate al modo di vivere, all’urbanizzazione, alla sedentarizzazione, all’uso
dell’automobile e allo stress riducono la tolleranza all’alcol; dall’altra le limitazioni legate al livello di
tolleranza presente nelle varie società nei confronti dell’alcol. È quindi all’interno di un mercato
socialmente controllato (tramite la politica dei prezzi, la regolamentazione della pubblicità, le campagne
di prevenzione, ecc.) che va valutato anche l’andamento del consumo di vino.
Nei paesi di tradizione viticola in cui il vino costituiva, con l’acqua, la bevanda che accompagnava i
pasti, il consumo ha registrato un netto calo causato dall’evoluzione dei modi di vivere e dalla
concorrenza da parte di altre bevande la cui commercializzazione è sostenuta da mezzi di
comunicazione molto forti. La Francia e l’Italia offrono un buon esempio per valutare l’evoluzione del
comportamento nei paesi di tradizione viticola.
L’evoluzione del consumo può essere spiegata con l’evoluzione delle percentuali relative di consumatori
regolari o occasionali e di non consumatori. Il consumatore regolare beve mediamente (valore riferito al
2000) una quantità di vino quasi quintupla rispetto al consumatore occasionale (190 contro 35 litri
all’anno). Il consumatore occasionale beve soprattutto vini di qualità. Il consumo di vini DOC è
aumentato con regolarità fino al 2000, raddoppiandosi in venticinque anni e attestandosi sui 16-
17 milioni di ettolitri, dopodichè questo mercato ha raggiunto il suo massimo, con una parte dell’offerta
che si è ormai banalizzata (si trovano DOC in tutte le fasce di prezzo), con la concorrenza da parte dei
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vini di paesi saliti di livello, in particolare i vini in purezza. Tuttavia se a livello mondiale il mercato ha
perso in volume, ha guadagnato in valore. Il vino rimane la bevanda preferita per i momenti di
convivialità: il vino passa dall’ambito dell’alimentazione (da bevanda che accompagna i pasti di ogni
giorno) al consumo edonistico (bevanda per il mangiar bene).
Il motivo di tale evoluzione risiede nel fatto che, con il progressivo rinnovamento delle generazioni, si
assiste ad un mutamento delle modalità di consumo: le giovani generazioni consumano bevande
rinfrescanti analcoliche, anche durante i pasti, e gli alcolici piuttosto occasionalmente, durante il
weekend, fuori pasto, come la birra e i superalcolici, due mercati in forte crescita. In questi paesi
l’offerta è strutturata in base alla produzione (v.q.p.r.d., vini DOC, vini IGP, vino da tavola) e permane
elevato il consumo di vini di basso prezzo. Nel 2003 sia in Francia ed anche in Italia oltre il 60% del
vino (escludendo quelli frizzanti) acquistato per essere consumato a casa era stato pagato meno di 2,5
euro al litro e quasi il 20% a meno di 1 euro al litro. Anche l’avvento dell’euro e la spinta inflazionistica
conseguente ne è in parte responsabile.
Per quanto attiene al mercato italiano c’è da specificare che spesso le stime elaborate da organismi come
OIV od Eurostat possono subire dei perturbamenti dovuti all’utilizzo di valori stabiliti con metodologie
statistiche invece che le risultanze dei rilevamenti amministrativi. ISTAT si ostina a produrre dati con
metodologie probabilmente obsolete dalle quali appare, specialmente negli ultimi anni, un’inversione di
tendenza tra le quantità prodotte e rilevate statisticamente e quelle rilevate su base dichiarativa e
elaborate da AGEA. Mentre sino al 2002 la rilevazione statistica forniva dati di produzione sempre
maggiori rispetto ai dati amministrativi, dalla campagna di produzione 2003 il dato amministrativo è
superiore a quello statistico. Con ciò anche i dati sul consumo possono non essere completamente
corrispondenti alla realtà. A tal proposito c’è da sottolineare lo sforzo compiuto dall’AGEA che ha
radicalmente modificato il sistema di acquisizione delle dichiarazioni di produzione, introducendo una
massiccia informatizzazione che consente una più celere fruizione delle informazioni ed un peculiare
controllo delle stesse.
I vini del Nuovo Mondo sono poco presenti sui mercati di antica tradizione. Tra i paesi
tradizionalmente produttori vanno considerati a parte quelli dell’ex Europa dell’est, dove il crollo della
produzione ha causato il calo del consumo.
In altri paesi, che non hanno una grande cultura viticola e in cui dominano altre bevande più industriali,
il vino ha preso piede in genere a seguito degli scambi commerciali, ponendosi in competizione con
quelle bevande, soprattutto per il consumo fuori pasto. Complessivamente però la crescita del consumo
nei nuovi paesi consumatori non ha sempre compensato il calo del consumo registrato nei paesi
tradizionalmente produttori.
Il Regno Unito rappresenta il grande mercato europeo in crescita; se il consumo del 2005 si confermerà
vicino ai 12 milioni di ettolitri, esso risulterà raddoppiato nel corso di dieci anni, raggiungendo un
consumo medio pro capite di quasi 20 litri, avvicinandosi quindi in volume al livello spagnolo. È questo
il mercato, così come quello degli Stati Uniti, in cui si confrontano le diverse offerte mondiali. Quello
americano è uno dei mercati che registrano una progressione molto dinamica. Le previsioni dicono che,
nel 2008, sarà questo il primo mercato mondiale per consumo di vino.
In questi paesi il vino è allo stesso tempo una bevanda di moda e di distinzione sociale. La crescita del
consumo di vino come bevanda di moda, in particolare dopo gli accordi di Marrakech dell’aprile 1994, è
stata sostenuta, se non prodotta, da una forte industria, per lo più del Nuovo Mondo, che ha messo la
componente produttiva che sta a monte della filiera (viticoltura) al servizio del marketing della domanda
(vini "facili", marchi, monovarietà). Si tratta dei vini premium il cui prezzo medio dipende dalle accise
(nel Regno Unito non esistono vini a meno di tre sterline, circa cinque euro). Ma in questi paesi, con la
crescita del consumo tende a diminuire il prezzo medio. Il vino è altresì una bevanda di distinzione
sociale per alcune categorie di cittadini portate ad un consumo elitario di vini super, d’immagine, che
fondamentalmente provengono ancora dai grandi territori europei.
Tra i nuovi Stati membri troviamo paesi consumatori per tradizione come l’Ungheria e la Slovenia dove
il consumo medio di vino è relativamente elevato e vicino alla media europea. La Cecoslovacchia è un
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grande consumatore di birra ma dal 1999 il mercato di vino è praticamente triplicato. In Polonia il
consumo di vino è molto basso ma dal 1999 cresce significativamente. In questi paesi il vino è diventato
di moda.
Gli scambi internazionali (5)
Esportazioni
I dieci maggiori esportatori mondiali di vino esportano, da soli, l’87% del volume scambiato a livello
mondiale; i 2/3 di tale volume sono esportati dai primi tre paesi - Francia, Italia e Spagna. Il fenomeno
maggiore di questi ultimi dieci anni riguarda il raddoppio delle esportazioni spagnole. Nel 2004 la
Spagna ha in pratica raggiunto il livello delle esportazioni di Italia e Francia.
La seconda tendenza significativa riguarda la crescita esponenziale delle esportazioni dei paesi del
Nuovo Mondo.
Esportazioni dei principali paesi UE
Esportazioni dei principali paesi extra UE
5
Per analizzare le tendenze globali del commercio del vino abbiamo usato la base di dati Comtrade, le cui statistiche pubblicate arrivano fino al
2004. Per completare l’analisi delle tendenze abbiamo anche usato le statistiche di Ubifrance relative al 2005. L’uso della base di dati
Comtrade richiede alcune precauzioni in quanto i valori relativi alle esportazioni e alle importazioni sono indicati in dollari statunitensi, valuta
che ha subito una forte svalutazione nel periodo 2003-2005: il tasso di cambio euro contro dollaro americano è passato da 1,157 a 1,245.
Nell’analisi dei valori delle esportazioni e delle importazioni dei paesi europei, va notato che i forti aumenti osservati si spiegano in parte con
il forte deprezzamento del dollaro.
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Questi paesi non posizionano i prodotti sugli stessi prezzi anche se, nel caso della Francia, il prezzo
elevato degli champagne fa alzare la media. Nel 2004, con il dollaro debole, il prezzo medio del vino
esportato dalla Francia era il doppio di quello dell’Italia, della Grecia e della Germania e il quadruplo del
prezzo dell’Ungheria e della Spagna.
Questo aspetto della politica per la qualità (v.q.p.r.d. a prezzo elevato) va tenuto presente quando si
parla di volumi. Per i vini tedeschi è osservabile la tendenza ad un degrado relativo del prezzo.
Divari identici si riscontrano nel Nuovo Mondo, con i vini australiani a prezzi molto più elevati, in
media, rispetto ai vini americani e cileni. Il prezzo dei vini sudafricani, collocato tra i prezzi medi di Stati
Uniti e Cile, ha superato questi ultimi per effetto del cambio.
In Italia dopo un periodo di calo (1999-2003), nel 2004 le esportazioni sono tornate a crescere.
Tuttavia a livello di valore la crescita si osserva a partire dal 2002, soprattutto sul mercato tedesco, ma la
crescita è ancor più sostenuta negli Stati Uniti. I prezzi unitari dei vini italiani sono i più elevati sul
mercato giapponese (4,5 USD/litro), negli Stati Uniti (4,5 USD/litro), in Svizzera (3,8 USD/litro) e in
Canada (3,6 USD/litro). I prezzi sono in crescita anche nel Regno Unito e in Germania dove però
partivano da un livello molto più basso, collocandosi a 1,7 USD/litro a grande distanza dai prezzi dei
vini francesi. L’Italia esporta verso la Francia vini a basso prezzo (meno di 1 USD/litro) in quanto
quest’ultima ha abbandonato una parte della produzione di vini da tavola e soddisfa la domanda interna
con i vini da tavola italiani e spagnoli in base al loro prezzo corrente.
Per la Francia i mercati più importanti sono, in termini di valore, il Regno Unito, gli Stati Uniti, la
Germania, il Belgio e l’Olanda. A partire dal 2001 la Francia ha registrato una diminuzione del volume
delle esportazioni verso questi mercati che per il resto sono in crescita.
Il volume delle esportazioni spagnole è raddoppiato tra il 1995 e il 2004, tuttavia si osserva una flessione
nel 2005. I partner più importanti della Spagna sono Francia, Germania, Regno Unito, Portogallo e Stati
Uniti. Il caso spagnolo è un esempio di competitività basata sul prezzo. La Spagna ha raddoppiato il
volume delle esportazioni nel giro di pochi anni. Per la prima volta nel 2005 il volume delle esportazioni
di vino ha superato il consumo interno, a causa del forte aumento delle vendite verso l’estero dei vini da
tavola sfusi iniziato nel 2003, essenzialmente con destinazione Francia e Portogallo. L’elasticità della
domanda in rapporto al prezzo è stato determinante per la penetrazione dei mercati esteri. D’altro canto
il volume delle esportazioni spagnole ha superato per la prima volta il volume delle esportazioni
francesi, collocandosi al secondo posto nella classifica mondiale dei paesi esportatori di vino dopo
l’Italia.
La Germania, paese tradizionalmente produttore di vino, rientra tra i paesi europei esportatori ma per
volume e valore si posiziona a grande distanza dai maggiori esportatori. I clienti più importanti della
Germania sono il Regno Unito, l’Olanda e gli Stati Uniti.
Tra i nuovi Stati membri l’Ungheria è il maggiore esportatore di vino, mentre gli altri paesi produttori
soddisfano fondamentalmente la domanda interna. L’esportazione resta marginale e costituisce uno
sbocco limitato alle specialità e ai prodotti di nicchia.
Nel 2005 i paesi del Nuovo Mondo e dell’emisfero sud (principalmente Stati Uniti, Argentina, Nuova
Zelanda e Sudafrica) rappresentavano il 23% del volume degli scambi mondiali, contro il 14% del 1998,
l’8% del periodo 1991-1995 e solo il 3% medio dei cinque anni precedenti (1986-1990).
Tra i grandi esportatori del Nuovo Mondo, l’Australia è riuscita ad aumentare sia il volume sia il valore
delle esportazioni ininterrottamente dal 1996. Anche il Cile è riuscito ad aumentare i prezzi a partire dal
2001, tuttavia il prezzo medio rimane inferiore a quello degli Stati Uniti.
Le esportazioni americane di vino sono destinate essenzialmente al mercato britannico nel quale il
volume e il valore sono praticamente raddoppiati tra il 1999 e il 2004. Per quanto riguarda le altre
destinazioni, come Canada, Olanda e Germania, le esportazioni degli Stati Uniti crescono dal 2002 sia
in volume che in valore, mentre sono calate le esportazioni verso il Giappone.
I due mercati più importanti per volume e valore delle esportazioni australiane sono il Regno Unito e gli
Stati Uniti che in termini di valore si collocano allo stesso livello, mentre in termini di volume il Regno