L’economia dei videogame
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tivo, o stringendo accordi con sviluppatori di strumenti software, produttori indipendenti di
videogiochi e tradizionali operatori della gaming industry.
Uno dei più importanti ingressi in questo settore coronato da uno straordinario successo è sta-
to quello del colosso nipponico Sony che alla fine del 1994 ha lanciato sul mercato la console
PlayStation, imponendosi in pochi anni come leader mondiale nel segmento delle piattaforme
elettroniche dedicate al gioco.
Contestualmente, dal lato della domanda, si è assistito, a partire dalle seconda metà degli anni
’90, ad un sensibile ampliamento del numero degli utenti di videogiochi per personal compu-
ter e console e ad una modificazione della composizione qualitativa del pubblico di consuma-
tori di software di intrattenimento interattivo.
Conseguentemente i videogiochi hanno acquisito una rinnovata è più matura identità, sottra-
endosi all’etichetta di mero passatempo per bambini e configurandosi, anche tra un pubblico
più adulto, come forma di intrattenimento alternativa ai tradizionali prodotti e servizi dedicati
alla piacevole occupazione del tempo libero. Anche i media hanno riconosciuto una maggiore
dignità ai videogiochi tanto che, sempre più spesso, ad esempio, su quotidiani e periodici non
specializzati, compaiono accanto alle recensioni di libri, pellicole cinematografiche e film in
videocassetta, quelle di giochi per personal computer e console.
Obiettivo di questa relazione è quindi quello di definire la struttura del mercato videoludico,
ed analizzare le strategie competitive delle più importanti aziende di questo settore.
Nel primo capitolo viene introdotta la nozione di videogioco, analizzandone la storia e map-
pandone gli essenziali concetti. L’obiettivo del secondo capitolo è quello di circoscrivere il
mercato dell’intrattenimento interattivo, esaminandone la struttura e i principali attori che vi
agiscono. Il terzo capitolo si propone di evidenziare gli aspetti basilari delle strategie competi-
tive dei principali player del settore, anche dal punto di vista delle leve di marketing. Il quarto
capitolo, infine, descrive il caso delle due più importanti aziende produttrici di console (Sony
e Microsoft), spiegando le strategie che hanno portato all’introduzione nel mercato dei loro
prodotti.
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CAPITOLO 1
I VIDEOGIOCHI: STORIA, MODELLI E PRODOTTI
1. CHE COS’È UN VIDEOGIOCO
Il videogioco è ormai diventato un prodotto di massa: è sempre più difficile, oggi, riuscire a
trovare una persona che non abbia mai sentito parlare di videogame, che non sia a conoscenza
dell’esistenza di un oggetto chiamato PlayStation, che non abbia visto almeno una volta su
qualche giornale o in televisione l’immagine di Lara Croft o di qualche sua collega eroina vi-
deoludica.
Diventa allora difficile riassumere in una sola definizione cosa sia un videogioco, e che cosa
questa forma di intrattenimento relativamente giovane rappresenti per la società odierna.
Partiamo proprio dal dire che il videogame è una forma di intrattenimento, fruibile attraverso
il monitor di un computer o lo schermo di un televisore, che presuppone una certa interattività
tra l’utilizzatore del videogioco e l’apparecchiatura elettronica che fa funzionare il videogioco
stesso.
Ma la definizione precedente non basta per capire a fondo cosa sia un videogioco. Figlio del
progresso tecnologico, il videogame vede espandere costantemente il proprio raggio d’azione
e il proprio bacino d’utenza, raggiungendo luoghi impensabili fino a qualche mese prima. I
primi videogame erano relegati soltanto alle sale giochi, poi hanno invaso le case dei giocatori
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incalliti prima e della gente comune dopo, fino ad arrivare (alcuni di essi) a esistere solo in
Rete o a essere contenuti nella piccola memoria di un telefono cellulare1.
Trent’anni fa i primi videogiocatori erano come dei pionieri tecnologici, mentre ora capita che
anche l’uomo più refrattario alle nuove tecnologie si ritrovi a giocare a Snake sul suo telefoni-
no mentre aspetta un aereo o mentre è in coda per andare dal dentista.
Riuscire a prevedere dove vadano i videogiochi è estremamente difficile, e comunque una
previsione quantomeno plausibile non può andare oltre i due o tre anni: al di là di questa so-
glia si entra nel mondo dei visionari, e gli scenari descritti possono realizzarsi o essere clamo-
rosamente smentiti anche senza una spiegazione accettabile, anche in tempi brevissimi, come
è già successo troppo spesso nella storia dell’Information & Communication Technology.
1
Carlà, 1996.
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2. BREVE STORIA DEI VIDEOGIOCHI
È nel 1971 che nasce il primo videogioco di successo. Si tratta di Pong, una simulazione di
tennis da tavolo che sullo schermo mostrava solo tre cose: sui due lati opposti c’erano due li-
nee bianche, mentre al centro si muoveva un quadratino; rappresentavano, nella maniera più
stilizzata possibile, due racchette e una pallina. A inventarlo fu un signore di nome Nolan Bu-
shnell, che qualche anno più tardi diventerà molto ricco fondando la Atari, la prima grande
società di videogiochi della storia.
Per la verità già una decina d’anni prima, nel 1962, uno studente del Massachusetts Institute
of Technology di Boston, Steve Russell, aveva programmato quello che a tutti gli effetti è sta-
to il primo videogioco della storia: Spacewar. Ma si trattava di un gioco in grado di funziona-
re solo sui mainframe, dei costosissimi e voluminosissimi elaboratori che in quegli anni sol-
tanto pochissime persone al mondo erano in grado far funzionare2.
Pong, invece, è stato il primo videogioco ad avere un successo di massa. Questo perché intro-
duceva delle novità sostanziali rispetto a Spacewar: la prima è che era un videogioco “da sa-
la”, ospitato cioè da una macchinetta di dimensioni non eccessive, quindi trasportabile, appo-
sitamente progettata per quel videogioco. Se a ciò si aggiunge il fatto che i costi di realizza-
zione e di gestione delle varie macchinette che facevano girare Pong erano enormemente infe-
riori rispetto a quelli dei mainframe di dieci anni prima, si può spiegare come una sua diffu-
sione su larga scala sia stata possibile. Inoltre, Pong presentava una maggiore facilità di con-
trollo su quello che succedeva sullo schermo.
Diventa facilmente intuibile come non fosse più necessario essere degli studenti universitari
di ingegneria in grado di avere accesso ai mainframe trasformati in rudimentali macchine da
gioco né dei maghi di computer per riuscire a manovrare i personaggi dei videogame. Bastava
avere a disposizione pochi spiccioli per immergersi nel nuovo mondo del divertimento interat-
tivo. E questa è l’ultima, importantissima, novità di Pong: per far funzionare quel nuovo mar-
chingegno c’era bisogno di introdurre al suo interno delle monete; solo così si acquisiva il di-
ritto ad avere delle “vite” da poter utilizzare per tentare di battere l’avversario.
Questo modo di trarre guadagno attraverso i videogiochi è stato il primo modello di sviluppo
dell’intera industria videoludica e ne ha condizionato pesantemente i prodotti. La necessità di
indurre il giocatore a spendere più denaro nel minor tempo possibile ha reso i primi videogio-
2
Herz, 1998.
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chi successivi a Pong molto frenetici nell’azione, con le varie vite consumate in fretta e co-
munque destinate a esaurirsi. Tant’è che Pong e i suoi cloni verranno chiamati “arcade”, il
termine con cui gli inglesi chiamano le sale giochi e che poi ha cominciato a identificare pro-
prio quel genere di videogame ricchi di azione e di frenesia, in cui le vite possono essere perse
in qualsiasi momento se non si usano riflessi e concentrazione in dosi massicce.
La stessa persona che aveva inventato Pong fondò, come detto, la Atari, che in pochi anni di-
venne un vero fenomeno del mercato, sia per il successo di pubblico che per quello economi-
co. Addirittura Bushnell vide quotata in Borsa la sua Atari e per un bel po’ di tempo dominò
incontrastato il mercato nascente dei videogame. Anche perché tra il 1976 e il 1978 succede
qualcosa che modifica lo scenario videoludico: nascono le prime console per uso domestico e
la Atari, con l’introduzione della sua console “VCS–2600”, la fa da padrona.
Proprio nel 1978 esce Space Invaders, il primo videogioco di fantasia, che mette il giocatore
nei panni di un difensore della Terra chiamato a fronteggiare l’invasione degli alieni. Space
Invaders diventa subito un classico, insieme a un altro gioco che per primo introduce la grafi-
ca vettoriale nei videogiochi: Asteroids. Anche qui si comanda una navicella, ma in questo ca-
so si rimane sempre fermi al centro dello schermo ruotando in continuazione su se stessi per
cercare di frantumare i meteoriti che girano intorno. Asteroids è un gioco minimalista, con gli
oggetti sullo schermo estremamente stilizzati, ma il suo merito sta nell’aver esteso l’area di
gioco oltre i confini dello schermo, poiché i meteoriti che escono a un lato dello schermo ri-
compaiono dal lato opposto.
Intanto, però, cominciano ad affacciarsi sul mercato i primi concorrenti, che in un primo mo-
mento non preoccupano molto, ma che negli anni ’80 spodestano la Atari dal trono di regina
del mercato.
L’attacco all’impero di Bushnell arriva da direzioni diverse, ma i risultati sono di eguale effi-
cacia. Il mercato dei videogame, infatti, si frammenta in tre grossi settori, che per tutti gli anni
‘80 conoscono sviluppi paralleli. Oltre al mercato dei videogame da sala giochi, irrompono
sulla scena gli home computer e le console domestiche di nuova generazione.
I primi, guidati da Commodore e Spectrum, hanno come punti di forza la tastiera e la conse-
guente estrema duttilità dei comandi e delle modalità di gioco.
Le seconde, capitanate da Nintendo e Sega, puntano su una qualità grafica decisamente mi-
gliorata e su titoli di indubbio valore, tra cui spicca Super Mario Bros, il cui protagonista, Ma-
rio, è ancora oggi uno dei personaggi videoludici più famosi al mondo.
Home computer e console offrono ai giocatori quello che i giochi da sala non possono offrire:
la possibilità di giocare a proprio piacimento senza l’assillo del tempo che passa. Inoltre la
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grafica diventa sempre più bella e paragonabile a quella che si vede sugli schermi delle mac-
chine da sala, con i sistemi di controllo ormai identici. E così, gradualmente e fino agli inizi
degli anni ‘90, le sale giochi perdono lentamente il loro fascino e i videogiocatori di tutto il
mondo preferiscono giocare a casa loro, per tutto il tempo che vogliono, a tutti i giochi che
vogliono.
Si registra in questo periodo il secondo, grande ampliamento del mercato videoludico, che di-
venta davvero internazionale. Ai videogiochi cominciano ad accostarsi anche le fasce di ra-
gazzi che non frequentano le sale giochi, mentre le società che producono e distribuiscono vi-
deogiochi si fanno sempre più numerose e agguerrite.
C’è, però, un altro fenomeno che nasce negli anni ‘80 e assume proporzioni notevoli: la pira-
teria, che da allora diventa sinonimo di videogioco. Non tanto gli utenti delle console, ma
quelli dei Commodore e degli Spectrum possono facilmente copiarsi tutti i giochi che capita-
no sotto tiro, contando comunque sulla identicità tra il gioco originale e quello copiato. Per
questo motivo proprio questi home computer e le software house che da questo hardware di-
pendevano vanno in crisi, incalzati anche dall’avvento dei Macintosh e dei personal computer
equipaggiati con il sistema operativo Windows di Bill Gates.
Sono proprio i PC a sostituire nel mercato degli anni ‘90 gli home computer con cui erano
cresciuti i giovani del decennio precedente. La pirateria continua a essere un ingente problema
per i produttori di videogiochi, ma le vendite hardware sono così elevate che i fatturati delle
società più grandi raggiungono ugualmente cifre esorbitanti.
Le console, intanto, continuano a mietere successi e a migliorare la loro potenza grafica, men-
tre le sale giochi si svuotano sempre di più.
Questa tendenza del mercato ad ampliarsi in maniera esponenziale subisce un’ulteriore acce-
lerazione a partire dal periodo compreso tra il 1993 e il 1995, quando irrompono sul mercato
due fenomeni che faranno fare il salto di qualità ai videogame e li proietteranno definitiva-
mente verso il mercato di massa: i fenomeni si chiamano Doom e PlayStation e a inventarli
sono, rispettivamente, gli americani della ID Software e i giapponesi della Sony. Doom è stata
una killer application tra i videogiochi, mentre la PlayStation è diventata in pochi anni la regi-
na delle console.
Concludiamo la nostra brevissima storia dei videogiochi cercando di tracciare una fotografia
della situazione attuale del mercato: fortemente ridimensionato il settore delle sale giochi (al-
meno in termini economici e di cifre assolute, salvo qualche importante eccezione) ormai la
torta delle vendite dei videogiochi si divide in due grosse fette: i videogiochi per PC e quelli
per console, con Internet a fare da sfondo per una ulteriore esplosione. Nuovi mercati stanno
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nascendo e non è detto che tra qualche anno lo scenario non venga di nuovo, improvvisamen-
te, stravolto.