La causa di questo vero e proprio sconvolgimento può essere riassunta in una
lettera: e, cioè electronic.
Un modo quindi molto semplice per verificare l’impatto delle nuove
tecnologie, nel nostro caso nel mondo bancario, è vedere il gran numero di
parole che sono sorte e che sono precedute dal prefisso e: e-banking, e-
commerce, e-trade, e-business. Anzi, più che parole nuove sono stati utilizzati
termini comuni del mondo finanziario tradizionale a cui si aggiunto la lettera
e quasi per sottolineare un nuovo “modo di fare”, un nuovo mondo: il mondo
della New Economy.
Questi termini, a loro volta possono essere riassunti da una sola parola: e-
finance. Si può quindi ipoteticamente tracciare un sorta di e-line per
distinguere i due mondi. Al di qua dell’e-line abbiamo tipi di business
tradizionali, tipici dell’era industriale, in cui prevalgono i capitali, gli apporti
“fisici” e i processi (lenti e privi di flessibilità) e dove i prodotti sono proposti
con modalità di tipo push.
Oltre l’e-line invece abbiamo i business costituiti dalla rete telematica,
caratterizzati da un’innovazione accentuata, dalla rapidità e flessibilità dei
processi. Inoltre per la banca perdere o acquisire clienti è più veloce che in
passato, i prodotti sono proposti con modalità di tipo pull, e il settore
commerciale aumenta la sua importanza nella struttura organizzativa.
In questo nuovo modo di operare, quindi, il cliente è al centro della banca e
viene costantemente seguito da politiche di Customer Relationship Marketing.
E’ a questo nuovo orizzonte che le banche oggi devono guardare.
Naturalmente il passaggio dal vecchio al nuovo non avviene mai
improvvisamente, anzi la politica dei piccoli ma continui passi in avanti,
come spesso avviene, è la migliore (vedremo infatti che le banche totalmente
virtuali sono molto poche).
Quindi l’importante è innanzitutto capire le caratteristiche di questo nuovo
mondo finanziario e, di conseguenza, definire le politiche e le strategie per
adattare la struttura della banca nel suo complesso, facendo però attenzione a
non vedere questi cambiamenti come una moda del momento ma come le
fondamenta su cui costruire la banca del futuro.
La tesi si compone di due parti: dopo avere analizzato i fattori economico-
socio-tecnologici che hanno portato un forte cambiamento nel modo di
operare degli istituti bancari, l’obiettivo di questa tesi è quello di individuare
un modello di banca in grado di adattarsi e competere con successo in tale
mercato. Nella seconda parte di questo lavoro vengono quindi esaminati i vari
canali, sia fisici che virtuali, con cui oggi si può accedere ai servizi offerti
dagli istituti di credito, citando, per ognuno di essi, i casi pratici più
significativi.
Nella formazione di questo elaborato la difficoltà più consistente è stata
l’opera di collegamento ed interpretazione delle diverse fonti. Essendo, infatti,
l’argomento e-banking relativamente giovane e quindi in continua evoluzione,
spesso la bibliografia è risultata superata, in quanto a distanza di un solo anno
dalla pubblicazione si possono riscontrare cambiamenti significativi nei
contenuti. Questo si è evidenziato soprattutto nell’esposizione delle strategie e
delle strutture organizzative ritenute vincenti. Per ovviare a tale mancanza
della letteratura tradizionale è stato fatto ricorso alla consultazione di ricerche
e studi effettuati da società specializzate, che hanno appunto il vantaggio di
rappresentare con estrema attualità la situazione del mercato. Tali risultati
sono stati poi confrontati con articoli pubblicati su riviste specializzate, scritti
da esperti del settore, dalle relazioni esposte in alcuni convegni in cui sono
stati esposti casi pratici e, per ultimo ma non meno importante, dalla mia
esperienza personale, all’interno di un’istituti estremamente innovativo come
Banca Idea.
L’attività di ricerca si è quindi basata principalmente su tre tipologie di fonti:
• fonti bibliografiche: queste sono composte dalla letteratura
attualmente esistente, da studi condotti da primarie società di ricerca,
tra le quali la Kpmg, JP Morgan e McKinsey e da articoli di riviste e
giornali finanziari sia italiani che esteri. Importante inoltre sono stati
i contributi di vari studiosi ed esperti pubblicati su internet, primi tra
tutti quelli di Miran Pecenik, tra i primi in Italia ad interessarsi dei
rapporti tra banche e tecnologia;
• Convegni: sono stati un’occasione per confrontare le opinioni di vari
esperti del settore ed analizzare alcuni casi pratici;
• Esperienze di lavoro personali: ritengo questa la fonte più
interessante in quanto lavorando da dieci mesi in una realtà nuova
nel mondo bancario come Banca Idea, l’istituto multicanale del
Gruppo Banca Popolare di Vicenza, mi ha dato la possibilità di
verificare sul campo quanto studiato. Ciò mi ha permesso di
elaborare e sostenere alcune mie opinioni personali, che hanno poi
trovato puntuale conferma nella letteratura.
Capitolo 1 - Le cause del cambiamento e le nuove strategie
1.1 Le cause del cambiamento
Fino a non molti anni fa il settore bancario era visto come una specie di isola
felice: pochi concorrenti, alta redditività, clientela poco matura e poco istruita
in campo finanziario. Queste caratteristiche, presenti in tutta Europa ma
soprattutto in Italia, se da un lato sono state un vantaggio, dall’altro sono state
un forte freno alla ricerca di efficienza, innovazione, differenziazione. Inoltre
le performance finanziarie sono dipese per gran parte da un unico segmento di
attività: l’intermediazione creditizia.
Tale situazione è cominciata a mutare a partire dagli anni ’80, a causa:
• dell’evoluzione dei mercati dei capitali;
• di una crescente integrazione finanziaria e monetaria a livello europeo;
• dell’evoluzione della domanda e di una conseguente richiesta di
strumenti innovativi;
• della liberalizzazione dei movimenti di capitale che ha portato alla
nascita del Mercato Unico Europeo;
• dell’adeguamento agli accordi internazionali (Direttive CEE).
Le banche sono quindi state costrette a ricercare soluzioni organizzative più
efficienti, ad ampliare ed innovare la gamma di prodotti e servizi offerti, a
sfruttare maggiormente le economie di scala e ad utilizzare in modo più
massiccio la tecnologia. Possiamo raggruppare queste cause del cambiamento
in tre fattori
1
:
• normativo-istituzionali;
• economico-finanziari;
• tecnologici.
1
G. Bracchi, C. Francalanci, M. Giorgino, Internet banking, Egea, Milano, 2000, pag.19.
1.1.1 Fattori normativo-istituzionali
A seguito della costituzione dell’Unione Europea i paesi membri hanno
gradualmente attuato un processo di armonizzazione delle varie
regolamentazioni allo scopo di raggiungere l’integrazione finanziaria. Gli
interventi legislativi hanno avuto due direzioni:
1. riduzioni delle barriere all’entrata;
2. despecializzazione.
Per quanto riguarda il primo punto, con il recepimento nel 1985 della Prima
Direttiva Comunitaria è stata stabilita la libertà d’accesso all’attività bancaria,
subordinata però dalla presenza di requisiti oggettivi riguardanti il capitale
minimo e ai requisiti di onorabilità e professionalità di amministratori e
dirigenti. Questi principi sono andati a sostituire le precedenti modalità di
accesso di tipo discrezionali e restrittive, in quanto basate sul cosiddetto
bisogno economico del mercato, e che affidavano alla Banca d’Italia un ruolo
normativo oltre che di vigilanza
2
.
Un altro elemento che ha favorito l’abbattimento delle barriere all’entrata nel
mercato bancario, a vantaggio della concorrenza, è stata la liberalizzazione
dell’apertura degli sportelli, anch’essa precedentemente affidata
all’autorizzazione della Banca d’Italia.
Riguardo, invece, la despecializzazione, che in Italia è stata più lunga e
problematica da raggiungere rispetto agli altri paesi europei, essa può essere
vista sotto due aspetti:
• despecializzazione funzionale: partendo dagli anni ’70 in poi si è
andata progressivamente attenuando la distinzione degli interventi tipici
di ciascuna categoria di aziende di credito. Per gli istituti di credito
2
G. Gandolfi, L’evoluzione della raccolta bancaria diretta in Italia, in “Banche e Banchieri”, 2000, num.4,
pag.320.
speciale, invece, la specializzazione funzionale si è attenuata solo dopo
la legge Amato-Carli.
• despecializzazione temporale: parallelamente al processo di
despecializzazione funzionale si è andato manifestando anche un
processo di despecializzazione temporale, perchè si è progressivamente
attenuata la specializzazione per quanto riguarda il credito a breve e a
medio-lungo, nettamente separata dalla legge del ’36. Di conseguenza
la raccolta a breve non si concilia solo con l’attività di impiego con pari
scadenza, così come l’erogazione del credito a medio-lungo termine
non è più appannaggio esclusivo degli istituti con raccolta a medio-
lungo termine.
Comunque è stato solo con il recepimento della Direttiva CEE 15.12.1989
n.646, e con il successivo Testo Unico bancario del 1993 che si è giunti alla
definitiva scomparsa della specializzazione nelle sue varie forme,
determinando una situazione di piena concorrenza tra le banche
3
.
Un altro obiettivo di questa direttiva è il mutuo riconoscimento delle aziende
bancarie e delle loro attività tra i paesi comunitari. In Italia è stata recepita dal
decreto legge 481/1992 che ha rappresentato una vera e propria svolta rispetto
la legislazione precedente, divenendo, inoltre, l’ossatura portante del futuro
Testo Unico
4
. E’ infatti stato introdotto nel nostro ordinamento il modello di
banca universale in grado di offrire un’ampia gamma diversificata di prodotti
e servizi che in passato potevano essere offerti solo attraverso un’azione di
gruppo. I due principi fondamentali della Seconda Direttiva comunitaria sono:
• il mutuo riconoscimento: ogni ente creditizio con sede legale in uno dei
paesi comunitari può operare in qualsiasi altro paese membro, sulla
3
M. Onado, La banca come impresa, il Mulino, Bologna,1996, pag.94.
4
M. Onado, op. cit., pag.97.
base delle disposizioni vigenti nel suo paese di origine. Le attività
ammesse al mutuo riconoscimento sono indicate nella tab.1.1;
• il controllo del paese di origine: ogni ente creditizio che opera in un
paese membro diverso da quello dove ha sede legale, è sottoposto al
controllo delle autorità di vigilanza del paese di origine.
Si è quindi voluto attuare un processo di liberalizzazione e despecializzazione
dell’attività delle banche, coerente con le politiche economiche dell’Unione
Europea, volte a favorire la costituzione di un mercato unico finanziario in
cui fossero le forze di mercato a regolare la competizione.
Tab.1.1
Attività ammesse al mutuo riconoscimento (art.1, lettera f del T.U.)
1. raccolta di depositi e di altri fondi con obbligo di restituzione;
2. operazioni di prestito (compreso in particolare il credito al consumo, il credito con
garanzia ipotecaria, il factoring, le cessioni di credito pro soluto e pro solvendo, il
credito commerciale incluso il forfaiting);
3. leasing finanziario;
4. servizi di pagamento;
5. emissione e gestione di mezzi di pagamento (carte di credito, travellers cheque,
lettere di credito);
6. rilascio di garanzia e impegno di firma;
7. operazioni per proprio conto e per conto della clientela in:
- strumenti di mercato monetario (assegni, cambiali, certificati di deposito,
ecc.);
- strumenti finanziari a termine e opzioni;
- cambi, contratti su tassi di cambio e tassi di interesse;
- valori mobiliari;
8. partecipazioni alle emissioni di titoli e prestazioni di servizi connessi;
9. consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, di strategia industriale e
di questioni connesse, nonché consulenza e servizi nel campo delle concentrazioni
e del rilievo di imprese;
10. servizi di intermediazione finanziaria del tipo “money broking”;
11. gestione o consulenza nella gestione di patrimoni;
12. custodia e amministrazione di valori mobiliari;
13. sevizi di informazione commerciale;
14. locazione di cassette di sicurezza;
15. altre attività aggiunte in virtù di adattamento assunte dalle autorità comunitarie
Questo processo di riforma del quadro normativo è poi proseguito nel 1994
con l’entrata in vigore del Testo Unico, consentendo alle banche italiane di
operare con le altre banche europee su un livello di parità concorrenziale,
attraverso un’opera di semplificazione, riordino, razionalizzazione e
armonizzazione della normativa precedente. Il Testo Unico delle leggi in
materia bancaria e creditizia è cioè un’aggregazione organica e sistematica di
tutti i provvedimenti legislativi che negli anni precedenti erano stati emanati
per l’adattamento normativo alla mutata realtà bancaria e creditizia. Oltre al
recepimento del principio del mutuo riconoscimento contiene:
• norme che disciplinano il gruppo bancario;
• l’individuazione di tutti i soggetti che possono operare nel settore
finanziario e i loro requisiti;
• norme sulla trasparenza delle condizioni contrattuali;
• la normativa relativa al credito al consumo;
• norme riguardanti la vigilanza sulle banche.
Da sottolineare che l’art.10, riferendosi all’attività bancaria, recita: “Le
banche esercitano, oltre all’attività bancaria, ogni altra attività finanziaria,
secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o
strumentali”. Viene cioè ulteriormente ribadito il concetto di
despecializzazione.
Un ultimo intervento normativo che ha favorito l’ampliamento dell’attività
delle banche è stato il decreto legge n.415 del 23/07/1996 detto Eurosim.
Questo, infatti, consente alle banche di negoziare direttamente sui mercati
mobiliari, evitando di ricorrere a società controllate.
Si può quindi comprendere come, con questi provvedimenti legislativi, sia
radicalmente mutata la filosofia di fondo del legislatore: dall’indicare
minuziosamente cosa si poteva e cosa non si poteva fare, si è passati a una
legislazione più liberista che consente alle banche di svolgere tutte le attività
non esplicitamente vietate
5
.
1.1.2 Fattori economico-finanziari
Negli ultimi anni la redditività bancaria è stata caratterizzata da un trend
decrescente, fino a fare registrare a metà degli anni novanta, nel caso italiano,
un ROE prossimo allo zero (tab.2). Solo nel 1998 si ha una ripresa dovuta
soprattutto a una crescita generale a livello di sistema
6
.
Tab.2. Profittabilità delle banche italiane
Mld di lire;
%
1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992
Utile netto
4.556
6.349
5.678
6.824
6.627
8.290
8.789
6.751
Patrimonio
60.028
71.501
83.863
90.792
113.732
123.992
162.499
189.993
ROE
7,59%
8,88%
6,77%
7,52%
5,83%
6,69%
5,41%
3,55%
Mld di lire;
%
1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000
Utile netto
5.043
1.188
629
4.527
1.151
12.962
17.613
27.454
Patrimonio
206.017
219.387
232.439
250.188
257.052
283.092
313.433
399.466
ROE
2,45%
0,54%
0,27%
1,81%
0,45%
4,58%
5,62%
6,87%
Fonte: Relazione annuale della Banca d’Italia, anni vari.
La causa di questo andamento è stata la riduzione della profittabilità
nell’attività di intermediazione creditizia dovuta da un lato dalla restrizione
5
G. Bracchi, C. Francalanci, M. Giorgino, op. cit., pag.23.
6
G. Bracchi, C. Francalanci, M. Giorgino, op. cit., pag.23.
dello spread tra tassi attivi e passivi e dall’altro alla riduzione dei volumi
intermediati (tab.3).
Tab.3. Profittabilità dell’attività di intermediazione creditizia delle
banche italiane.
Mld di lire;
%
1985 1986 1987 1988 1989 1990
Spread tassi
n.d
7,04%
6,57%
6,88%
7,29%
7,29%
Margine
interesse (A)
30.400
34.857
36.208
40.190
44.380
49.743
F. di interm.
(B)
950.276
1.030.245
1.120.358
1.277.913
1.428.923
1.573.611
A/B
3,20%
3,38%
3,23%
3,14%
3,11%
3,16%
Mld di lire;
%
1991 1992 1993 1994 1995
Spread tassi
6,51%
7,31%
6,24%
5,24%
6,02%
Margine
interesse (A)
54.986
65.089
64.864
60.164
64.893
F. di interm.
(B)
1.705.641
2.032.740
2.250.183
2.365.680
2.410.102
A/B
3,22%
3,20%
2,88%
2,54%
2,69%
Mld di lire;
%
1996 1997 1998 1999 2000
Spread tassi
5,57%
4,92%
4,72%
4,41%
4,49%
Margine
interesse (A)
63.621
60.179
59.168
61.741
66.448
F. di interm.
(B)
2.538.141
2.685.298
2.819.345
3.162.052
3.458.339
A/B
2,51%
2,24%
2,10%
1,95%
1,92%
Fonte: relazione annuale della Banca d’Italia, anni vari.
Per contrastare questo andamento, soprattutto le banche maggiori, hanno
cercato di incrementare i volumi attraverso una maggiore presenza sul
territorio, aprendo un numero eccessivo di sportelli (soluzione favorita dalla
liberalizzazione del 1990) ed entrando in una sorta di circolo vizioso da cui
oggi hanno grosse difficoltà ad uscire (fenomeno dell’overbranching) (tab.4).
Infatti uno sportello comporta un investimento molto elevato che ha un break
even point raggiungibile in diversi anni, soprattutto se si considera il fatto che
il contemporaneo aumento della concorrenza ha creato situazioni in cui gli
sportelli sono letteralmente affiancati l’uno all’altro e si contendono un
mercato che è sempre più insoddisfatto dei servizi ricevuti e che cerca forme
alternative di impiego. Questa insoddisfazione è uno dei principali motivi per
cui i clienti sono disposti ad utilizzare i canali virtuali.
Dal 1990 ad oggi il numero di sportelli è cresciuto del 70% e, solo nel corso
del 1999, ne sono stati aperti circa 1200
7
. L’elevato numero di investimenti
fissi ha quindi causato una forte pesantezza e rigidità delle strutture bancarie;
situazione che si è ulteriormente accentuata a seguito delle varie operazioni di
fusione che hanno creato casi di duplicazione e ridondanza delle strutture
7
R. Benincampi, Industria bancaria e concorrenza: le tendenze recenti, in “Bancaria”, 2000, num.7-8,
pag.36.
all’interno di uno stesso gruppo e un forte esubero di personale, il cui costo
incide pesantemente sui bilanci delle banche, specialmente in Italia.
Tab.4. Numero di banche e di sportelli.
1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993
Banche 1.109 1.100 1.085 1.156 1.108 1.073 1.037
Sportelli 15.447 15.447 15.577 17.721 19.080 20.909 22.133
Sportelli
per banca
13,85 14,04 14,36 15,33 17.22 19,49 21,34
1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000
Banche 994 970 937 935 921 885 861
Sportelli 22.459 23.440 24.406 25.250 26.258 28.042 30.203
Sportelli per
banca
22,59 24,16 26,05 27,01 28,51 31,68 28,51%
Fonte: relazione annuale della Banca d’Italia, anni vari.
L’Italia è al primo posto in Europa per il costo del lavoro. Prima del nuovo
contratto di lavoro per i dipendenti delle aziende di credito
8
del luglio del
1999 l’incidenza del costo del lavoro sul margine di intermediazione era del
43,4% contro il 37,1% della Germania, il 37,7% della Francia e il 32,5% della
Gran Bretagna. Ciò si traduceva in un costo del personale per addetto pari a
120,8 milioni di lire per il sistema bancario italiano, rispetto ai 110,7 milioni
per la Francia, ai 86 milioni per la Germania, ai 84,4 milioni per la Spagna e
ai 80,7 milioni di lire per la Gran Bretagna. In pratica, ad eccezione della
Francia, le aziende di credito italiane pagano circa 30 milioni per addetto in
più rispetto ai partner europei. La punta massima è stata raggiunta nel 1996,
quando il costo unitario del lavoro in Italia mediamente superava del 31%
quello registrato in Francia, Germania e Spagna
9
.
8
R. Boc., Banche, costo del lavoro record, in “Il Sole 24 Ore”, 16/12/1999, num.342, pag.17.
Anche con il nuovo contratto, comunque, il negativo primato dovrebbe essere
ancora dell’Italia in quanto si prevede che l’incidenza verrà ridotta di solo 3-4
punti percentuali.
Il costo del lavoro italiano per le posizioni non direttive è il più alto per un
addetto ai servizi di sportello, mentre è secondo solo a quello francese per i
servizi di back office. Quanto al personale direttivo c’è una grosso
differenziale tra funzionario di livello minimo e massimo che, sia per la
retribuzione elevata e sia per il numero rilevante di soggetti che rivestono tali
qualifiche, comporta per le aziende di credito oneri elevati (tab.5 e 6).
Tab.5. Costo del lavoro pro capite (milioni di lire).
Paese Front-
office
Back-
office
Operatore
di borsa
Funzionario
livello min.
Funzionario
livello max.
Dirigente
livello min
Austria 47,1 51,9 61,6 85,5 142,2 149,8
Finlandia 65,2 64,2 Nd Nd 139,1 Nd
Francia 65,2 84,8 78,9 118,5 174,5 241,8
Germania 69,6 73,1 93,4 120,5 Nd Nd
Olanda 42,6 51,4 Nd 116,3 Nd 250,5
Portogallo 36,1 47,4 64,4 93,6 131,5 212,8
Spagna 51,4 45,7 62,9 80,7 190 268,1
Italia 69,0 67,1 77,8 131,8 233,1 301,5
Fonte: R. Boc., Banche, costo del lavoro record, in “Il Sole 24 Ore”,
16/12/1999, pag.17, da dati ABI.
9
Banca d’Italia, Relazione annuale 1999, pag.229.
Tab.6. Confronto europeo (milioni di lire).
Paesi Costo del
lavoro
Retribuzione
netta
Italia 137,7 73,1
Austria 129,6 73,2
Danimarca 122,2 61,8
Finlandia 131,1 65,8
Francia 146,5 77,8
Gran
Bretagna
111,2 79,0
Germania 131,2 71,1
Grecia 144,7 84,5
Olanda 125,8 78,8
Portogallo 131,8 82,1
Spagna 130,8 86,4
Svezia 133,3 67,6
Svizzera 123,5 86,5
Fonte: R. Boc., Banche, costo del lavoro record, in “Il Sole 24 Ore”,
16/12/1999, pag.17, da dati ABI.
Una situazione che oggi non è più sostenibile in un’economia che fa della
flessibilità e della velocità due elementi imprescindibili per essere competitivi
su un mercato estremamente concorrenziale. Di conseguenza sembrano
inevitabili azioni di ristrutturazione organizzativa volte alla virtualizzazione
(ma non solo), che da un lato porteranno alla dismissione di strutture fisiche, e
dall’altro alla riconversione delle risorse umane. Basta ricordare che, a parità
di produzione, le banche italiane potrebbero operare con circa il 10% in meno
di personale
10
.
Un’altra causa della diminuzione della profittabilità delle banche è stata il
peggioramento della qualità del credito, con il conseguente aumento delle
sofferenze (tab.7).
10
G. Zadra, I principali svantaggi competitivi delle banche italiane nel confronto europeo, in “Bancaria”,
2000, num.1,
Tab.7. Sofferenze bancarie.
Mld di lire 1985 1986 1987 1988 1989 1990
Sofferenze
(A)
23.863 27.285 32.441 34.560 36.301 39.322
Impieghi
(B)
381.808 413.409 456.915 531.692 635.744 736.367
A/B 6,25% 6,6% 7,1% 6,5% 5,71% 5,34%
Mld di lire 1991 1992 1993 1994 1995
Sofferenze
(A)
46.472 54.079 69.620 90.190 114.050
Impieghi
(B)
947.310 1.056.689 1.100.966 1.127.046 1.261.644
A/B 4,91% 5,12% 6,32% 8% 9,04%
Mld di lire 1996 1997 1998 1999 2000
Sofferenze
(A)
127.868 124.880 128.027 116.648 100.405
Impieghi
(B)
1.283.269 1.364.251 1.446.691 1.576.934 1.667.909
A/B 9,96% 9,15% 8,85% 7,4% 6,02%
Fonte: Relazione annuale della Banca d’Italia, anni vari.
Allargando queste considerazioni a livello europeo, nei prossimi anni sul
settore bancario incideranno diversi fattori. Il primo, di breve periodo, vedrà
una ripresa economica che aumenterà il margine di interesse, cioè migliorerà
il profitto derivante dall’attività bancaria tradizionale. Questo perché,
migliorando la congiuntura, si instaura un circolo virtuoso che porta
all’aumento dei consumi, dei prezzi, all’aumento dell’attività creditizia e, di
conseguenza, del volume dei prestiti. Inoltre in queste fasi la forbice tra tassi
attivi e passivi tende ad allargarsi (tab.3). Infatti, per evitare il pericolo
inflazionistico, dovuto all’aumento dei prezzi, le autorità monetarie
aumentano i tassi e, di conseguenza, la forbice si allarga. Questa, quindi si
riduce nelle fasi di recessione e si allarga in quelle di espansione economica.