Introduzione
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INTRODUZIONE
Affrontare lo studio dei destini dell’azione revocatoria fallimentare,
uno dei pilastri sui quali si reggeva la solida disciplina delle procedure
concorsuali del 1942, è certamente oltremodo interessante e stimolante, se
non altro perché, non appena ci si approssimi, non si può fare a meno di
notare il fragoroso silenzio che la circonda, dopo il fragore che l’aveva
accompagnata lungo tutti i trascorsi decenni sino alla riforma del
2005/2006.
Ancor più nel periodo storico ed economico attuale, nel quale le
vicende di crisi delle imprese sono di stretta attualità, come lo è il cantiere
aperto della riforma della legge fallimentare, al quale si è ora aggiunto
quello dell’insolvenza civile.
Quali fossero le motivazioni ed i presupposti che ne avevano
assicurata l’importanza passata, quali sono state le cause e i mutamenti
legislativi che hanno condotto alla situazione di disinteresse attuale e, su
queste basi, provare a comprendere quali saranno le possibili evoluzioni
future, se ci saranno, auspicate o meno, è uno dei temi di questa tesi.
L’altro, strettamente intrecciato e connesso al primo, è l’analisi
puntuale della normativa oggi in vigore, comparata, se dal caso, con la
normativa previgente.
L’analisi è stata condotta, con i limiti propri dell’autore e quelli
della documentazione reperita, sia su base dottrinaria che giurisprudenziale
e fattuale.
Compito non facile, che si spera di aver comunque adeguatamente
svolto.
La tesi si articola su cinque capitoli.
Nel primo capitolo si analizza l’evoluzione normativa che, a partire
dal d.l. 35/2005 e sino alla l. 134/2012, è intervenuta sul corpo della legge
fallimentare del 1942 innovandola profondamente, in particolare per quanto
riguarda la sez.III, capo III, tit.II, alla rubrica «Degli effetti del fallimento
sugli atti pregiudizievoli ai creditori», oggetto della presente tesi.
Introduzione
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Si introduce l’argomento esponendo la logica economico-giuridica
sottesa al r.d. 267/1942 e il cambiamento di prospettiva del legislatore della
riforma del 2006; a corredo una breve analisi comparativa.
Si passa quindi ad esaminare i profili generali dell’istituto
dell’azione revocatoria fallimentare, raffrontandoli in particolare con quelli
dell’azione revocatoria ordinaria.
Si conclude con l’esposizione sintetica dei risultati di un’indagine
dell’aprile 2012 sullo status quo dell’attuazione della legislazione di
riforma.
Con il secondo capitolo si inizia l’esame delle singole norme che
affrontano le fattispecie, di diversa natura e disciplina, riassunte nella
sintetica definizione di “azione revocatoria fallimentare”.
Il capitolo riguarda quindi le disposizioni, relative agli «Atti a titolo
gratuito ed ai pagamenti anticipati», contenute negli artt. 64 e 65 l. fall.
Si espongono i profili generali e gli elementi costitutivi di tali atti e
pagamenti e si tratta delle eccezioni, vale a dire dei casi di esenzione dalla
dichiarazione di inefficacia; segue una casistica esplicativa.
Il terzo capitolo tratta degli «Atti a titolo oneroso, dei pagamenti e
delle garanzie».
Si esanima la struttura della disciplina revocatoria contenuta
nell’art. 67 l. fall.; si tratta dei termini per l’esercizio dell’azione di cui
all’art. 69-bis l. fall. e della riduzione del c.d. “periodo sospetto”.
Si illustrano le quattro categorie di atti, definiti come “anomali” e
per ciò stesso sottoponibili ad azione revocatoria fallimentare, elencati
nell’art. 67, 1° co. l. fall.: gli atti sproporzionati, i pagamenti con mezzi
anormali, le garanzie per debiti preesistenti, scaduti e non scaduti. A
corredo casistica esplicativa.
Si tratta poi degli atti, dei pagamenti e delle garanzie revocabili ex
art. 67, 2° co. l. fall., con relativa casistica.
Sezioni a parte sono riservate alle fattispecie: dell’azione
revocatoria ordinaria in sede fallimentare ex art. 66; ai patrimoni destinati
ad uno specifico affare ex art. 67-bis; al pagamento di cambiale scaduta ex
art. 68; agli atti compiuti tra coniugi ex art. 69 l. fall.
Introduzione
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Il capitolo quarto tratta del fondamentale argomento delle
«Esenzioni dall’azione revocatoria», contenute nell’art. 67, 3° co., lett. da a)
a g) l. fall.
In particolare viene analizzato il problema dell’esenzione delle
rimesse in conto corrente bancario ex artt. 67, 3° co., lett. b) e 70, 3° co. l.
fall. ed i relativi precedenti storici, in quanto all’origine delle forte
pressione esercitata dalla lobby bancaria sul legislatore della riforma
affinché le norme riguardanti l’azione revocatoria fallimentare fossero
ricondotte entro gli angusti ambiti che oggi conosciamo.
Illustrando le fattispecie di cui alle lett. d) ed e) si riserva una
sezione particolare all’argomento de “Il ruolo del professionista
attestatore”.
Infine si espongono i casi di esenzione previsti dall’art. 67, 4° co. l.
fall., trasfusi pressoché integralmente dal previgente 3° co. l. fall.
Il quinto capitolo, intestato «Conclusioni», illustra in forma
riassuntiva, attraverso il pensiero di studiosi e professionisti, espresso in
saggi ed articoli, quella che è l’opinione dell’autore della presente
trattazione sulla situazione ad oggi dell’istituto dell’azione revocatoria
fallimentare, con alcune annotazioni personali sugli auspicabili sviluppi
futuri.
Cap. I – L’azione revocatoria fallimentare
5
CAP. I – L’AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE
1– L’evoluzione normativa
La Legge 7 agosto 2012, n. 134, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 11
agosto 2012, n. 187, di conversione con modifiche del Decreto Legge 22
giugno 2012, n. 83 “Decreto crescita e sviluppo”, riportante all’art. 33 la
rubrica “Revisione della legge fallimentare per favorire la continuità
aziendale”, rappresenta sin qui l’ultimo intervento modificativo del Regio
Decreto 16 marzo 1942, n. 267.
In precedenza c’era stata la Legge 30 luglio 2010, n. 122, pubblicata
in Gazzetta Ufficiale 30 luglio 2010, n. 176, di conversione con modifiche
del Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78 “Decreto stabilizzazione
finanziaria e competitività”, riportante all’art. 48 la rubrica “Disposizioni in
materia di procedure concorsuali”.
Ma in particolare, ancora prima, il Decreto Legislativo 12 settembre
2007, n. 169 «Disposizioni integrative e correttive al regio decreto 16 marzo
1942, n. 267, nonché al decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, in materia di
disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione
coatta amministrativa, ai sensi dell’articolo 1, commi 5, 5-bis e 6, della legge
14 maggio 2005, n. 80», pubblicato in Gazzetta Ufficiale 16 ottobre 2007,
n. 241, entrato in vigore il 1° gennaio 2008.
Per arrivare infine, con il Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. 5,
«Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma
dell’art. 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80», pubblicato in
Gazzetta ufficiale 16 gennaio 2006, n. 12, entrato in vigore il 16 luglio 2006,
alla prima riforma della legge fallimentare del 1942.
I due ultimi Decreti Legislativi citati costituivano il risultato
dell’attuazione dell’art. 1, commi 5 e 5-bis
1
, della legge 14 maggio 2005, n.
80, di conversione del Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35 “Decreto
competitività”, che delegava il Governo ad attuare la riforma della
disciplina delle procedure concorsuali, contenuta nel Regio Decreto 16
marzo 1942, n. 267.
1
Comma introdotto dall’art. 1, comma 3, Legge 12 luglio 2006, n. 228 al fine di consentire
l’adozione delle disposizioni correttive ed integrative contenute nel successivo D.Lgs. 169/2007.
Cap. I – L’azione revocatoria fallimentare
6
In realtà alcune disposizioni, in tema proprio di azione revocatoria,
(nonché di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione dei debiti),
erano già state anticipate con lo stesso Decreto Legge 14 marzo 2005, entrato
il vigore il 17 marzo 2005: l’art. 2, paragrafo 1, lett. a) e b) era infatti
intervenuto riscrivendo integralmente gli articoli 67 - Atti a titolo oneroso,
pagamenti, garanzie e 70 - Effetti della revocazione.
La relazione al decreto così giustificava la necessità ed urgenza:
«L’articolo in esame detta le prime urgenti disposizioni finalizzate
alla modifica della legge fallimentare in ordine all’istituto della revocatoria e
alle procedure di concordato preventivo.
In particolare, l’istituto della revocatoria fallimentare viene
rimodulato, attraverso un intervento che, da un lato, ridefinisce i presupposti
per l’esercizio dell’azione, (oggi sovente fonte di incertezze applicative e di
contrasti giurisprudenziali) e, dall’altro, inserisce una completa disciplina di
esenzioni dalla revocatoria, al fine di evitare che situazioni che appaiono
meritevoli di tutela siano invece travolte dall’esercizio, sovente strumentale,
delle azioni giudiziarie conseguenti all’accertata insolvenza.»
Nella pratica si trattava del primo sostanziale accoglimento delle
istanze del ceto creditorio bancario, che avevano negativamente condizionato
ogni tentativo di riforma delle varie Commissioni Parlamentari succedutesi
negli anni precedenti.
La legge delega 80/2005, all’art. 1, comma 6, conteneva le seguenti
prescrizioni:
«Nell’esercizio della delega di cui al comma 5, il Governo si attiene
ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) modificare la disciplina del fallimento, secondo i seguenti principi:
1) semplificare la disciplina attraverso l’estensione dei soggetti
esonerati dall’applicabilità dell’istituto e l’accelerazione delle procedure
applicabili alle controversie in materia;
2) ampliare le competenze del comitato dei creditori, consentendo una
maggiore partecipazione dell’organo alla gestione della crisi dell’impresa;
coordinare i poteri degli altri organi della procedura;
Cap. I – L’azione revocatoria fallimentare
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3) modificare la disciplina dei requisiti per la nomina a curatore,
annoverando tra i soggetti legittimati a ricoprire la carica gli studi
professionali associati, le società tra professionisti, nonché coloro che
abbiano comprovate capacità di gestione imprenditoriale;
4) modificare la disciplina delle conseguenze personali del fallimento,
eliminando le sanzioni personali e prevedendo che le limitazioni alla libertà
di residenza e di corrispondenza del fallito siano connesse alle sole esigenze
della procedura;
5) modificare la disciplina degli effetti della revocazione, prevedendo
che essi si rivolgano nei confronti dell’effettivo destinatario della
prestazione;
6) ridurre il termine di decadenza per l’esercizio dell’azione
revocatoria;
7) modificare la disciplina degli effetti del fallimento sui rapporti
giuridici pendenti, ampliando i termini entro i quali il curatore deve
manifestare la propria scelta in ordine allo scioglimento dei relativi contratti e
prevedendo una disciplina per i patrimoni destinati ad uno specifico affare e
per i contratti di locazione finanziaria;
8) modificare la disciplina della continuazione temporanea
dell’esercizio dell’impresa, ampliando i poteri del comitato dei creditori e
del curatore ed introducendo l’obbligo di informativa periodica da parte del
curatore al comitato dei creditori sulla gestione provvisoria;
9) modificare la disciplina dell’accertamento del passivo, abbreviando
i tempi della procedura, semplificando le modalità di presentazione delle
relative domande di ammissione e prevedendo che in sede di adunanza per
l’esame dello stato passivo i creditori possano, a maggioranza dei crediti
insinuati, confermare o effettuare nuove designazioni in ordine ai
componenti del comitato dei creditori, nonché confermare il curatore
ovvero richiederne la sostituzione indicando al giudice delegato un nuovo
nominativo;
10) prevedere che, entro sessanta giorni dalla redazione dell’inventario,
il curatore predisponga un programma di liquidazione da sottoporre, previa
approvazione del comitato dei creditori, all’autorizzazione del giudice
Cap. I – L’azione revocatoria fallimentare
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delegato contenente le modalità e i termini previsti per la realizzazione
dell’attivo, specificando:
10.1) se è opportuno disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa o di
singoli rami di azienda, anche tramite l’affitto a terzi;
10.2) la sussistenza di proposte di concordato;
10.3) le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare;
10.4) le possibilità di cessione unitaria dell’azienda, di singoli rami, di
beni o di rapporti giuridici individuabili in blocco;
10.5) le condizioni della vendita dei singoli cespiti, e che il comitato dei
creditori possa proporre al curatore modifiche al programma presentato,
prima di procedere alla sua votazione, e che l’approvazione del programma
sia subordinata all’esito favorevole della votazione, da parte del comitato
dei creditori;
11) modificare la disciplina della ripartizione dell’attivo, abbreviando i
tempi della procedura e semplificando gli adempimenti connessi;
12) modificare la disciplina del concordato fallimentare, accelerando i
tempi della procedura e prevedendo l’eventuale suddivisione dei creditori in
classi che tengano conto della posizione giuridica e degli interessi
omogenei delle varie categorie di creditori, nonché trattamenti differenziati
per i creditori appartenenti a classi diverse; disciplinare le modalità di voto
per classi, prevedendo che non abbiano diritto di voto i creditori muniti di
privilegio, pegno ed ipoteca, a meno che dichiarino di rinunciare al
privilegio; disciplinare le modalità di approvazione del concordato,
modificando altresì la disciplina delle impugnazioni al fine di garantire una
maggiore celerità dei relativi procedimenti;
13) introdurre la disciplina dell’esdebitazione e disciplinare il relativo
procedimento, prevedendo che essa consista nella liberazione del debitore
persona fisica dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non
soddisfatti qualora:
13.1) abbia cooperato con gli organi della procedura fornendo tutte le
informazioni e la documentazione utile all’accertamento del passivo e al
proficuo svolgimento delle operazioni;
Cap. I – L’azione revocatoria fallimentare
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13.2) non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare la
procedura;
13.3) non abbia violato le disposizioni di cui alla gestione della propria
corrispondenza;
13.4) non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni
precedenti la richiesta;
13.5) non abbia distratto l’attivo o esposto passività insussistenti,
cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la
ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso
abusivo al credito;
13.6) non sia stato condannato per bancarotta fraudolenta o per delitti
contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, e altri delitti
compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, salvo che
per tali reati sia intervenuta la riabilitazione.
14) abrogare la disciplina del procedimento sommario;
b) prevedere l’abrogazione dell’amministrazione controllata;
c) prevedere che i crediti di rivalsa verso il cessionario previsti dalle norme
relative all’imposta sul valore aggiunto, se relativi alla cessione di beni
mobili, abbiano privilegio sulla generalità dei mobili del debitore con lo
stesso grado del privilegio generale di cui agli articoli 2752 e 2753 del
codice civile, cui tuttavia è posposto.»
Con il Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, viene dunque emanata
la riforma della legge fallimentare. Si deve parlare di riforma e non di nuova
legge fallimentare, nonostante il profondo impatto modificativo sul precedente
contesto normativo, stante la tecnica usata della novellazione, cioè con modifiche
ed innesti attuati direttamente sul corpo del vecchio testo di legge
2
.
II D. Lgs. 5/2006 èe stato pubblicato sulla G. U. n. 12 del 16 gennaio 2006. Le
sue disposizioni sono entrate in vigore il 16 luglio 2006 (fatti salvi gli artt. 45, 46, 47,
151
e 152 che sono entrati in vigore il giorno della pubblicazione).
2
La relazione di accompagnamento al decreto spiega che questa era l’unica possibilità considerati
i limiti della pur amplissima delega ricevuta, che lasciava immutati alcuni ambiti della precedente
legge fallimentare, quali gli effetti del fallimento sui creditori, il concordato fallimentare ed i reati
fallimentari.
Cap. I – L’azione revocatoria fallimentare
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Il Regio Decreto aveva continuato, pressoché immutato, a regolare la
materia delle procedure concorsuali per oltre sessant’anni. Un periodo di tempo
assolutamente eccessivo per una disciplina fortemente legata al sistema
economico d’impresa, che negli stessi anni aveva subito modifiche tali da non
poter essere certamente più adeguatamente trattato alla stregua di quello
conosciuto nel 1942
3
.
La legge fallimentare trovava il proprio humus nella logica
economico-giuridica propria dello Stato autoritario, ed era fondata su una
visione patrimonialistica di favor creditoris
4
considerato quale interesse
pubblicistico supremo. L’intero procedimento fallimentare disciplinato dal
Regio Decreto, tendeva alla tutela dei creditori considerati collettivamente, (la
massa dei creditori), secondo il principio cardine della par condicio. Da
questo presupposto discendeva una finalità essenzialmente liquidatoria della
procedura, tendente allo smembramento dell’azienda fallita per garantire la
maggior soddisfazione possibile al ceto creditorio. Tale impostazione aveva
reso necessario prevedere un intervento penetrante
del tribunale e del giudice
delegato in ogni attività procedimentale: al giudice erano attribuiti compiti e
poteri di carattere strettamente gestorio, oltreché giurisdizionali.
Altro aspetto peculiare era la correlazione a livello concettuale, e conse-
guentemente normativo, tra insolvenza e colpevolezza dell’imprenditore. II
fallimento veniva perciò visto come una sanzione nei confronti dell’imprenditore
incapace che, in conseguenza dei suoi errati comportamenti, doveva essere
spossessato del patrimonio ed assoggettato a limitazioni di tipo personale
5
.
3
FONDAZIONE LUCA PACIOLI, Il fallimento: i presupposti ed il procedimento, documento n. 15,
Roma 2006, pp. 2-5.
4
Sul punto era stata esplicita la relazione di accompagnamento al R.D. 267/1942:
«Nelle sue linee generali la presente legge reagisce decisamente alla concezione troppo
liberalistica del codice del 1882, e sviluppa su un piano organico i principi affermati dalla legge
Rocco del 1930, nel senso di una più energica tutela degli interessi generali sugli interessi
individuali dei creditori e del debitore. Si suole a questo proposito parlare di una nuova con-
cezione pubblicistica del fallimento, contrapposto a una tradizionale concezione privatistica. Non é
pertanto importante né in materia di fallimento - né più in generale in materia di processo civile - la
definizione astratta dei sistemi. Ciò che importa é che la nuova legge assume la tutela dei creditori
come un altissimo interesse pubblico e pone in essere tutti i mezzi perché la realizzazione di questa
tutela non venga intralciata da alcun interesse particolaristico, sia del debitore sia dei singoli
creditori».
5
In merito la relazione di accompagnamento al R.D. 267/1942: