¬ Se nel periodo legale di concepimento che va da trecento a centot-
tanta giorni prima della nascita, i genitori non hanno coabitato;
¬ Se nello stesso periodo il marito era affetto da impotenza a generare;
¬ Se nel predetto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha celato
la propria gravidanza e la nascita del figlio.
Questi casi operano come limitazione probatoria all’ammissibilità
dell’azione, che si configura solamente al verificarsi di uno di essi.
La prima ipotesi, supportata dall’articolo 233 c.c., prevede che, nel silenzio
della parti, operi la presunzione di paternità a favore del figlio nato prima
che siano trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio,
senza bisogno, quindi, che il marito dichiari con atto formale ex articolo
250
5
del codice civile la sua volontà di riconoscerlo. In caso contrario, la
legge prescrive un’attività di parte volta a scardinare la presunzione, il di-
sconoscimento, che è ammesso in ogni caso. L’assenza di limitazioni pro-
batorie, che si incontrano invece nel 235 c.c., è volta ad assicurare il pre-
valere della verità biologica tutelando il marito non padre, al fine di evitare
che un figlio non proprio possa rivendicare diritti e doveri che spetterebbe-
ro esclusivamente ai genitori naturali (o a coloro che lo hanno riconosciu-
to). Per contro, il non subordinare ad un’attività di parte il riconoscimento,
che opera ipso iure, è del tutto a vantaggio del figlio, che non si vede pre-
giudicare indebitamente il suo diritto ad una identità familiare (cfr. articolo
30 cost.
6
).
L’azione di disconoscimento può essere esercitata anche dalla madre o dal figlio che ha raggiunto la maggiore
età in tutti i casi in cui può essere esercitata dal padre.
5
Articolo 250 c.c. Riconoscimento.
Il figlio naturale può essere riconosciuto, nei modi previsti dall'art. 254, dal padre e dalla madre, anche se già uniti
in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiunta-
mente quanto separatamente.
Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i sedici anni non produce effetto senza il suo assenso.
Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i sedici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genito-
re che abbia già effettuato il riconoscimento.
Il consenso non può essere rifiutato ove il riconoscimento risponda all'interesse del figlio. Se vi è opposizione, su
ricorso del genitore che vuole effettuare il riconoscimento, sentito il minore in contraddittorio con il genitore che
si oppone e con l'intervento del pubblico ministero, decide il tribunale con sentenza che, in caso di accoglimen-
to della domanda, tiene luogo del consenso mancante.
Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età.
6
Articolo 30 Cost. È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del ma-
trimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei
membri della famiglia legittima.
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.
3
La seconda ipotesi invece, dato che mira a rimuovere uno status,
quello di figlio legittimo, che si acquista automaticamente in base alla pre-
sunzione dell’articolo 232 c.c., necessita di forti limitazioni; proprio per il fat-
to che attraverso questa azione si incide direttamente sulla sfera giuridica
altrui, estirpando la posizione soggettiva che assicura i diritti al manteni-
mento, all’istruzione e all’educazione da parte degli ascendenti.
b. Segue articolo 235 c.c. (comma 2 e 3).
L’azione può essere esperita non solo dal presunto padre, ma anche dalla
madre o dal figlio che ha raggiunto la maggiore età in tutti i casi in cui può
essere esercitata dal padre (vedi “legittimazione attiva”).
La legge impedisce che la sola dichiarazione della madre possa e-
scludere la paternità, poiché anch’essa deve sottostare alle limitazioni del
comma 1. Chiaro è che “mater semper certa est, pater umquam”, ed è
innegabile che la dichiarazione della madre abbia una forza maggiore ri-
spetto a quella del presunto padre, ma la ratio è orientata verso la prote-
zione incondizionata dei diritti del discendente.
2. Legittimazione ad agire.
a. Legittimazione attiva.
Come anticipa l’articolo in commento agli ultimi commi, i soggetti titolari
del potere di proporre l’azione sono, in primis, il padre ope legis, la madre e
da ultimo il figlio divenuto maggiorenne (articolo 244
7
c.c.). La rosa dei le-
gittimati si amplia sensibilmente nell’articolo 247 c.c., che disciplina la legit-
timazione passiva.
7
Articolo 244 c.c. Termini dell’azione di disconoscimento.
L’azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi
dalla nascita del figlio.
Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si tro-
vava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; dal giorno del suo ritorno nel luogo in cui è nato il figlio o
in cui è la residenza familiare (144) se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia
della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia.
L’azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio, entro un anno dal compimento della
maggiore età o dal momento in cui viene successivamente a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il
disconoscimento.
L’azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informa-
zioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i sedici anni, o del pubblico ministero quando si tratta di minore
di età inferiore.
4
Il marito può proporre l’azione rispettando il termine di un anno, che
decorre dal giorno della nascita se egli si trovava al tempo di questa nel
luogo in cui è nato il figlio; dal giorno del suo ritorno presso la casa familiare
se egli ne era lontano; ovvero al momento in cui è venuto a conoscenza
della propria impotenza (sentenza della Corte Costituzionale n. 170 del 14
maggio 1999
8
) o dell’adulterio della moglie (sentenza della Corte Costitu-
zionale del 2 maggio 1985, n. 134
9
). Nel caso gli sia stata celata la nascita,
allora il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia.
La novità introdotta dalla riforma del diritto di famiglia del 1975 consi-
ste nell’aver promosso l'attuazione della regola paritaria anche là dove il
costume sociale appariva ancora legato ai tradizionali schemi autoritari;
ha consentito la realizzazione del principio di uguaglianza e di pari dignità
fra coniugi, prevedendo la madre come secondo titolare dell’azione di di-
sconoscimento; inoltre, con la previsione del figlio come terzo soggetto, ha
determinato una maggiore tutela dell’interesse di quest’ultimo, poiché è,
comunque, il suo ruolo all’interno della famiglia che subirà modifiche, per-
mettendo a questo di valutare se e quanto possa essere vantaggioso per-
dere lo status di figlio legittimo ed ottenere quello di figlio naturale nei con-
fronti di chi e' padre biologico.
La madre decade dal potere di proporre l’azione nel breve termine
dei sei mesi che decorrono dalla nascita del figlio; brevità introdotta per e-
sigenze di certezza del diritto, volte a sollevare le questioni di paternità pro-
8
Corte Costituzionale, sentenza n. 170 del 14 maggio 1999. Il termine per l’azione di disconoscimento della pa-
ternità, nel caso in cui il marito sia affetto da impotenza di generare decorre dal momento dell’accertamento
dell’impotenza.
La Corte Costituzionale:
dichiara l’illegittimità costituzionale dell'art. 244, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui
non prevede che il termine per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternità, nell'ipotesi di im-
potenza solo di generare, contemplata dal numero 2) dell'art. 235 dello stesso codice, decorra per il marito dal
giorno in cui esso sia venuto a conoscenza della propria impotenza di generare;
dichiara, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art.
244, primo comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede che il termine per la proposizione dell'azione
di disconoscimento della paternità, nell'ipotesi di impotenza solo di generare di cui al numero 2) dell'art. 235 dello
stesso codice, decorra per la moglie dal giorno in cui essa sia venuta a conoscenza dell'impotenza di generare
del marito.
9
Corte Costituzionale, sentenza n. 134 del 2 maggio 1985. Il termine per l’azione di disconoscimento della pater-
nità, nel caso in cui il marito abbia scoperto l’adulterio della moglie.
La Corte Costituzionale:
dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 244, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui
non dispone, per il caso previsto dal n. 3 dell'art. 235 dello stesso codice, che il termine dell'azione di disconosci-
mento decorra dal giorno in cui il marito sia venuto a conoscenza dell'adulterio della moglie;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 263 del codice civile, sollevata
dal tribunale di Genova con le due ordinanze di cui in epigrafe in riferimento all'art. 30, secondo capoverso, del-
la Costituzione.
5
venienti dalla generatrice, che indubbiamente ha una conoscenza “più
approfondita” della situazione, in un periodo più ristretto rispetto agli altri
legittimati. E’ rimasto lo stesso termine anche nel caso in cui venga a cono-
scenza dell’impotenza del marito, termine che decorre dalla notizia stessa
(sentenza della Corte Costituzionale n. 170 del 14 maggio 1999, cit.).
Il figlio maggiorenne, invece, conserva lo stesso termine del padre,
che decorre dal raggiungimento della maggiore età o dal momento in cui
viene successivamente a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il
disconoscimento. (articolo 244 c.c. cit.).
Dottrina e giurisprudenza ritengono che i termini stabiliti dall’articolo di
che trattasi siano termini di decadenza e non di prescrizione. Tale deca-
denza, pertanto, può essere rilevata d’ufficio ai sensi dell’articolo 2969
c.c.
10
, trattandosi di materia sottratta alla disponibilità della parti, per la
preminenza dell’interesse pubblico delle questioni sullo stato delle perso-
ne
11
.
Merita ricordare che si è di fronte ad un’azione plurisoggettiva, che
determina la decadenza dal potere solamente nei confronti del soggetto
per il quale il termine è decorso; è sempre possibile l’esperimento
dell’azione da parte di quello non ancora decaduto.
b. Legittimazione passiva.
Con la legge n. 184 del 1983
12
, l’ordinamento attribuisce una parziale ca-
pacità di agire al minore, di età compresa tra i sedici e i diciotto anni; egli
10
Articolo 2969 c.c. Rilievo d’ufficio.
La decadenza non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, salvo che trattandosi di materia sottratta alla dispo-
nibilità delle parti, il giudice debba rilevare le cause di inoppugnabilità dell’azione (art. 112 c.p.c.).
11
Cfr. Corte di Cassazione, n. 572 del 25 febbraio 1955, in Foro It. Mass. 1955, pag. 115.
12
Legge n. 184 del 4 maggio 1983, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 17 maggio 1983 n. 133 S.O. Diritto del
minore ad avere una famiglia. Le finalità della presente legge sono introdotte dal TITOLO I all’articolo 1:
1. Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia.
2. Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di
ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti
interventi di sostegno e di aiuto.
3. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie competenze, sostengono, con idonei interventi,
nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine
di prevenire l'abbandono e di consentire al minore di essere educato nell'ambito della propria famiglia. Essi
promuovono altresì iniziative di formazione dell'opinione pubblica sull'affidamento e l'adozione e di sostegno
all'attività delle comunità di tipo familiare, organizzano corsi di preparazione ed aggiornamento professiona-
le degli operatori sociali nonché incontri di formazione e preparazione per le famiglie e le persone che in-
tendono avere in affidamento o in adozione minori. I medesimi enti possono stipulare convenzioni con enti o
associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie per la realizza-
zione delle attività di cui al presente comma.
6
infatti può personalmente richiedere al Tribunale la nomina di un curatore
speciale che lo rappresenti nella promovenda azione. Per il minore infrase-
dicenne l’articolo 244, comma 4, c.c. (cit.) prevede, invece, la nomina di
un curatore speciale, su richiesta del P.M. Il pubblico ministero nel promuo-
vere la domanda ed il tribunale nell'accoglierla dovranno valutare l'interes-
se del minore al mutamento di status
13
nonché « assumere sommarie infor-
mazioni » a fondamento della loro decisione. I termini per l’azione riman-
gono quelli previsti per il soggetto che propone l’istanza. (articolo 247
14
c.c.).
A parte una lontana decisione di merito
15
, non è invece legittimato ad
agire in disconoscimento il vero padre naturale, il quale non può neppure
agire in contestazione
16
in quanto quest’ultima azione mira a mettere in di-
scussione gli altri presupposti della filiazione legittima, ma non la paternità
17
.
c. Evento morte
4. Quando la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all'educazione del minore, si applicano gli
istituti di cui alla presente legge.
5. Il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell'ambito di una famiglia è assicurato senza distin-
zione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e co-
munque non in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento.
(…)
13
Cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 429 del 27 novembre 1991.
14
Articolo 247 c.c. Legittimazione passiva.
Il presunto padre, la madre ed il figlio sono litisconsorti (Cod. Proc. Civ. 102) necessari nel giudizio di disconosci-
mento. Se una delle parti è minore o interdetta, l’azione è proposta in contraddittorio con un curatore nominato
dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso. Se una delle parti è un minore emancipato o un
maggiore inabilitato, l`’azione è proposta contro la stessa assistita da un curatore parimenti nominato dal giudi-
ce.
15
Tribunale di Trani, 3 marzo 1983, in Giur. It., 1984, I, 2, 166, con nota di CARBONE, in Giust. Civ., 1984, I, 2255, con
nota di FINOCCHIARO, in Stato civile it., 1984, 655. si ritiene che tra i soggetti cui spetta l’azione di disconoscimen-
to di paternità deve comprendersi, in quanto portatore di un interesse proprio all’accertamento dell’effettiva
paternità, il vero padre naturale in senso biologico. Sull’interesse ad agire del padre biologico e di terzi estranei
alla famiglia legittima. Sull’interesse ad agire del padre biologico e di terzi estranei alla famiglia legittima, COSSU,
Filiazione legittima e naturale, in La famiglia, vol.III, Torino 2000, 218.
16
L’azione di contestazione della legittimità è volta ottenere uno status diverso da quello che si possiede. I legit-
timati sono, il figlio ex articolo 239 c.c. (Supposizione di parto o sostituzione di neonato. Qualora si tratti di supposi-
zione di parto o di sostituzione di neonato, ancorché vi sia un atto di nascita conforme al possesso di stato, il figlio
può reclamare uno stato diverso, dando prova della filiazione anche a mezzo di testimoni nei limiti e secondo le
regole dell’articolo 241 c.c. Parimenti si può contestare la legittimità del figlio dando anche prova della filiazione
anche a mezzo di testimoni, nei limiti e secondo le regole sopra indicati, la prova della supposizione o della sosti-
tuzione predette.) e a chi risulti nell’atto di nascita suo genitore o da chiunque ne abbia interesse, ex articolo 248
(Legittimazione all’azione di contestazione di legittimità. Imprescrittibilità. L’azione per contestare la legittimità
spetta a chi dall’atto di nascita del figlio risulti suo genitore e a chiunque ne abbia interesse. L’azione è impre-
scrittibile. Quando l’azione è proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si osser-
vano le disposizioni dell’articolo precedente. Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori.
17
Corte di Cassazione, sentenza n. 5661 del 18 settembre 1986, Giust. Civ., 1986, I, 2068. Filiazione - azione di con-
testazione della legittimità ex art. 248 c.c.: non è esperibile da parte dal padre naturale per contestare lo stato
di figlio legittimo attribuito al bambino nato da madre coniugata.
7