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INTRODUZIONE
Il presente lavoro ha l’obiettivo di rispondere alle seguenti domande: è possibile
combattere l’attività di riciclaggio posta in essere dalla criminalità organizzata ?
Se si come? La risposta ovviamente non è né facile né univoca e soprattutto non
si pretende con questo lavoro di risolvere i problemi connessi alle sopraccitate
forme di criminalità che assillano il nostro paese e non solo. Nel prosieguo del
discorso si noterà che non è stato messo volutamente l’accento sull’aspetto
pratico dell’attività criminosa; quindi non si è parlato dei mezzi e delle maniere
in cui la malavita ricicla i propri proventi ma ci si è soffermati soprattutto
sull’aspetto deontologico, cioè come deve essere applicata la legge e i mezzi per
farlo.
Certamente con l’avvento della globalizzazione il fenomeno in esame ha
assunto una dimensione preoccupante ed è ormai opinione generale a livello
internazionale che occorra creare una task force sovranazionale per arginare con
maggior successo l’allargamento a macchia d’olio dell’economia illegale che si
inserisce ahimè sempre più spesso nella economia legale.
Il problema presenta aspetti di natura sia economica che giuridica i quali non
sempre si incontrano con successo. Spesso infatti le ragioni economiche
prevalgono su quelle giuridiche e l’esigenza concreta di puntare sulle entrate di
qualunque genere condiziona in negativo il rispetto delle regole.
Il presente lavoro non pretende di risolvere esaustivamente la materia del
riciclaggio e la normativa antiriciclaggio correlata ma ha l’obiettivo di
evidenziarne alcuni aspetti rilevanti. A riguardo di ciò sono stati citati solo
alcuni articoli salienti del decreto antiriciclaggio lasciando da parte quelle norme
troppo tecniche e di difficile interpretazione.
Il tema è senza dubbio di estrema attualità: molto di frequente compaiono fatti di
cronaca che riguardano tale argomento eppure il tema è ancora poco studiato e
anche la letteratura è abbastanza carente sebbene molti autori hanno affrontato
alcuni punti critici su diverse riviste con successo. Il mio lavoro risente della
complessità degli argomenti affrontati facendo ricorso ad inevitabili
semplificazioni ed omissioni. Altro difetto è la mancanza di dati statistici che
possano fornire un quadro riassuntivo dei risultati conseguiti in questi anni dalle
forze dell’ordine a causa della impossibilità pratica di accedere direttamente a
queste fonti.
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La conclusione alla quale si è giunti è che il fenomeno del riciclaggio e dei suoi
reati presupposto può essere arginato con successo se viene applicata con
raziocinio la legge e senza dover ricorrere ad inasprimenti dell’azione penale;
non solo ma un suggerimento pratico che da più parti viene indicato è la
redazione di un testo unico in materia che aiuti quantomeno a fare chiarezza
riguardo al coacervo di norme esistenti.
Infine si è volutamente sorvolato sull’aspetto sanzionatorio poco o nulla
scrivendo riguardo alle sanzioni penali e amministrative nella convinzione che un
elenco ancorchè dettagliato di tutte le norme relative del codice penale esuli dal
presente lavoro e che avrebbe appesantito inutilmente l’elaborato senza aver
presentato elementi interessanti da discutere.
Riassumendo velocemente il contenuto dei vari capitoli in questa sede si rileva
che nel primo capitolo ho posto l’accento sulla differenza tra banca onesta e
banca criminale nel diverso approccio con il problema del riciclaggio dandone
alcune caratteristiche di rilievo e riprendendo poi la definizione che ne da il
codice penale ,aggiungendo infine una definizione tra le tante di cosa si intenda
comunemente per antiriciclaggio. Nel secondo capitolo si è cercato di dare
un’impronta personale a tutta la normativa legislativa e regolamentare
(certamente non onnicomprensiva) facendo anche un breve excursus storico delle
norme in materia fino alle più recenti modifiche del decreto 231/2007 noto anche
come decreto antiriciclaggio. Nel terzo capitolo invece si è tentato di ricordare in
base ad alcuni articoli del decreto citato quali sono i soggetti destinatari delle
norme stesse e quali sono gli obblighi di legge che da esse ne derivano
sottolineando la specialità delle norme in questione. Questo aspetto è importante
perché essendo le norme antiriciclaggio norme speciali e quindi norme non
imperative, possono ammettere deroghe e quindi eccezioni ed è utile sapere
quali. Il quarto capitolo verte principalmente sull’attività dell’organo della Banca
d’Italia preposto al controllo, al rispetto delle norme e alla lotta contro il
riciclaggio e alla collaborazione con gli inquirenti; tale capitolo mette quindi in
luce i traguardi raggiunti in questi ultimi anni e la promozione della crescita di
una cultura antiriciclaggio. Nel quinto capitolo si è affrontato un caso peculiare
di diritto del lavoro che conferma la facilità con cui chi lavora presso
intermediari può cadere nella trappola del riciclaggio e come allettante sia il
ricorso a tale pratica e ,a volte, complicato anche soltanto accorgersene.
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CAPITOLO I ASPETTI DEFINITORI:I CONCETTI DI
RICICLAGGIO E DI ANTIRICICLAGGIO
1.1 Concetto di riciclaggio: definizione economica.
Il riciclaggio è l’attività economica mediante la quale le organizzazioni
criminali riescono, sempre più con successo, a penetrare nel mercato
mondiale con i proventi delle proprie pratiche illecite di varia natura
sfuggendo alle maglie della giustizia. Tale definizione generica rende bene il
concetto che è stato poi sviluppato da diversi autori.
Il riciclaggio bancario, per esempio, presenta tre specifiche caratteristiche
distintive:
a. L’illegalità: nel senso che l’attività di riciclaggio riguarda qualunque
provento originato da azioni criminali o illegali;
b. La specificità: nel senso che l’attività di riciclaggio viene posta in atto
utilizzando uno o più intermediari bancari il cui atteggiamento può
essere passivo o inconsapevole (banca onesta), ovvero attivo e
consapevole (banca criminale );
c. L’occultamento: nel senso che lo scopo primario di tale attività è quello
dell’occultamento della origine illecita di tali proventi.[1]
Secondo questa impostazione quindi il riciclaggio bancario rappresenta
senz’altro una attività economicamente rilevante (l’occultamento) di natura
produttiva in quanto crea attraverso un processo di trasformazione liquidità
fungibile per il consumo, il risparmio e l’investimento, di matrice illegale
(l’illegalità) la quale utilizza operatori sia legali che illegali(la specificità).Il
riciclaggio svolge una funzione essenziale nella crescita di tutti gli altri
mercati illegali, in quanto la separazione di fondi liquidi dalla loro matrice
illecita ne consente poi il reinvestimento. E’ così evidente l’esternalità
negativa che il riciclaggio provoca nel tessuto economico di un paese,
aumentandone il grado di inquinamento da soggetti criminali. Anche il
Laurini[2] si trova d’accordo con questa impostazione coniando il termine
di riciclaggio “latu sensu” che sarebbe la fase più pericolosa caratterizzata
dal reinvestimento delle risorse delle organizzazioni criminali nella
economia lecita. Le associazioni a delinquere in questo modo provocano un
vero e proprio inquinamento del tessuto economico finanziario degli Stati. I
mercati illegali assumono caratteristiche e contorni diversi per ciascun
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paese ma il fine è sempre lo stesso: arricchirsi facilmente ed in poco tempo
senza scrupoli. Viceversa se, e nella misura in cui, l’economia globale lecita
riesce a frenare la spinta illecita che alberga in tutti gli Stati del mondo
combattendola con tutti i mezzi legittimi possibili allora il fenomeno può
essere arginato e ridimensionato.
1.2 Il reato di riciclaggio
Più preciso è stato il legislatore ,il quale nel corso degli anni ha modificato più
volte la normativa penale sul riciclaggio dei proventi illeciti. Così infatti recita
l’art.648-bis del codice penale: “Chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o
altre utilità provenienti da delitto , ovvero compie in relazione ad essi altre
operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza
delittuosa, ovvero, fuori dei casi previsti dall’art.648 ,impiega in attività
economiche o finanziarie denaro , beni o altre utilità provenienti dai medesimi
delitti è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro
2.000 a euro 20.000. La pena è diminuita se il denaro ,i beni o le altre utilità
provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore
nel massimo a cinque anni. Nei confronti della persona che ha commesso ovvero
che ha concorso nel reato presupposto si applica la reclusione da due a sei anni
e la multa da euro 10.000 a euro 100.000. La pena è aumentata quando il fatto è
commesso nell’esercizio di una attività professionale .Si applica l’ultimo comma
dell’art.648”. Specularmente l’art.648-ter c.p. dispone che “Chiunque , fuori dei
casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648-bis, impiega
in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da
delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da
1.032 euro a 15.593 euro…” . Esula dal presente lavoro commentare le norme in
questione; va detto però che la caratteristica peculiare del reato di riciclaggio è
quella di prevedere, per la sua configurazione ,l’esistenza di un delitto a monte ,
di un presupposto costituito dal compimento di un diverso reato. Per esempio, un
operazione di occultamento di denaro che provenga da una inaspettata eredità
posta in essere per eludere “amicizie” interessate o anche “curiosità” da parte del
fisco ,non costituisce reato , non è certo riciclaggio. Ogni delitto non colposo
può essere il presupposto del reato di riciclaggio. Importante sottolineare che il
soggetto attivo del reato, cioè il riciclatore, è persona diversa da chi ha commesso
il reato presupposto, altrimenti si cade nell’ ipotesi di autoriciclaggio che non
costituisce reato. Spesso il riciclaggio è collegato ad altri reati (come ad esempio
la ricettazione[3] e il favoreggiamento[4]) e il loro confine è spesso labile.