6
Introduzione.
Quello dell’avviamento è un concetto molto
antico sulla cui natura in dottrina e in giurisprudenza si è
molto discusso.
Ciò che spinge a dare rilievo contabile a tale
concetto è la percezione dell'esistenza di un fenomeno
per il quale l'acquirente di un'azienda è disposto a pagare
un prezzo maggiore alla somma dei valori degli elementi
che compongono l'impresa stessa.
In passato l’avviamento d’azienda veniva
identificato con la sua clientela, che ne costituiva
l’elemento essenziale, al pari, secondo alcuni,
dell’organizzazione, che però ne era il presupposto.
L’avviamento, oggi, è considerato una “qualità”
dell’azienda stessa, un elemento sul quale incidono
numerosi fattori, dalla clientela all’organizzazione
aziendale, dall’ubicazione all’abilità gestoria
dell’imprenditore, e così via. L’avviamento viene definito
7
come la capacità dell’azienda di conseguire redditi nel
tempo, la sua attitudine ad ottenere utili.
La differenza tra un’azienda di nuova costituzione e
una avviata dipende dalla già collaudata combinazione dei
fattori che caratterizza l’azienda “avviata” rispetto alla
prima. L’azienda bene avviata, dunque, fa leva su un
aggregato di condizioni immateriali favorevoli che le
danno maggiore attitudine a raggiungere i propri obiettivi
ed a produrre utili. Di conseguenza, chi acquista
un’azienda funzionante riconosce al cedente un valore di
avviamento, volendo evitare i rischi di insuccesso e i costi
di impianto. L’avviamento comprende, quindi, una serie
di fattori (immateriali) che rendono possibile, per
l’imprenditore, il raggiungimento nel futuro di extra
profitti. Esso, come valore economico, assume quindi
particolare importanza tutte le volte che è necessario
stimare il valore di un’azienda o di un suo ramo,
particolarmente in occasione del trasferimento, ma anche
in occasione di altre operazioni, ordinarie o straordinarie,
che ne postulano la valorizzazione.
Il presente lavoro riassume dapprima le
innumerevoli definizioni di avviamento che la dottrina
economico-aziendale ha sviluppato nel tempo. Non è dato
riscontrare una sua nozione univoca, in effetti, sulla
quantificazione dell’avviamento, si registra
un’abbondante letteratura, sia con riferimento alla
disciplina economico-aziendale che a materie
complementari come il diritto commerciale, il diritto
tributario, e via di seguito. Il capitolo primo offre, quindi,
una panoramica dei principali autori che nel tempo hanno
8
cercato di definire l’avviamento e sul punto hanno
ampiamente discusso: dall’Amodeo all’Ardemani, dal
Villa al Besta, e ancora dallo Zappa, all’Onida,
all’Amaduzzi, fino ad arrivare agli studi piø recenti con
autori come il Guatri. Si procede cercando di inquadrare
civilisticamente l’avviamento ma pur mancando di una
definizione normativa, questo trova puntuale disciplina
nelle norme del codice civile ai fini della sua corretta
valutazione ed esposizione nel bilancio di esercizio (art.
2426). Inoltre, ci si sofferma anche su quanto ci precisano
i principi contabili nazionali, in particolare, l’OIC 24 dal
titolo “Le immobilizzazioni immateriali” che va ad
integrare quanto previsto dall’art. 2426 del c.c. e ci
definisce l’avviamento (anche chiamato goodwill) come :
“ L’attitudine di un’azienda a produrre utili in misura
superiore a quella ordinaria derivante da fattori specifici o
da incrementi di valori che il complesso dei beni aziendali
acquisisce rispetto alla somma dei valori dei singoli beni,
in virtø dell’organizzazione dei beni in un sistema
efficiente ed idoneo a produrre utili”.
Il capitolo secondo risulta, invece, essere
direttamente focalizzato sui metodi di valutazione
aziendali che utilizzano l’avviamento. Partendo dai
metodi patrimoniali semplici si è evidenziato come in
realtà essi siano metodi che ignorano del tutto
l’avviamento; si è proseguito facendo un passo in avanti
col metodo patrimoniale complesso che considera
l’avviamento solo indirettamente o parzialmente, tramite
la valutazione di alcuni assets immateriali trasferibili con
l’azienda; infine si è concentrata l’attenzione sull’utilizzo
9
dell’avviamento nei metodi misti patrimoniali-reddituali.
Si parlerà quindi del metodo del valore medio dove si
evidenza chiaramente che ai fini della valutazione
d’azienda il capitale netto rettificato (K) viene maggiorato
della differenza tra il valore reddituale e patrimoniale (R/i-
K) assunta, però, prudenzialmente al 50%, differenza che
è poi rappresentativa del goodwill (avviamento); si
prosegue col metodo misto con stima autonoma del
goodwill (considerato nelle sue tre varianti) che se da un
lato è fondato sulla valutazione analitica degli elementi
attivi e passivi del patrimonio, dall’altro, si fonda sulla
capitalizzazione della quota-parte dei redditi eccedenti la
misura ritenuta ‘normale’ (i c.d. sovraredditi).
Quest’ultima componente, in particolare, permette
di quantificare l’avviamento per poi giungere
all’estrinsecazione del valore d’impresa.
Per completare il discorso si affronterà il metodo
EVA. Il metodo EVA (Economic Value Added) è un
approccio basato sulla capacità dell’impresa di offrire una
extraremunerazione (valore aggiunto economico)
all’intero capitale investito in luogo che al solo capitale
netto, come invece nel metodo misto con evidenziazione
del goodwill; da questo punto di vista esso presenta
comunque una somiglianza concettuale. In effetti, il
concetto di goodwill equivale sostanzialmente al “valore
economico aggiunto” al patrimonio d’impresa.
Nel capitolo terzo, ancora, si è voluto focalizzare
l’attenzione sull’avviamento nei principi contabili
internazionali IAS/IFRS dove il goodwill costituisce un
pagamento effettuato dall’acquirente in previsione di
10
benefici economici futuri derivanti da attività che non
possono essere identificate, misurate e rilevate
separatamente e quando esso è presente, deve essere
iscritto come attività nell’ambito dello stato patrimoniale.
In particolare ci si concentra poi sulle novità
introdotte dall’IFRS 3 (revised 2008); sull’impairment test
dell’avviamento previsto dallo IAS 36, esso va cioè
sottoposto a verifica periodica di conservazione del valore
con cadenza almeno annuale e, qualora vi fossero “segnali
di impairment”, in misura piø frequente. Infatti, sempre
per espressa previsione dell’IFRS 3, il goodwill, in quanto
attività immateriale a vita indefinita, non è sottoposto ad
alcun processo di ammortamento; si discuterà poi del full
goodwill dove l’aspetto piø evidente è rappresentato dalla
rilevazione in bilancio consolidato della parte di
avviamento relativa alla quota di terzi.
Ulteriori aspetti rilevati sono le fondamentali
differenze nei due ordinamenti, nazionale ed
internazionale, in merito alla rilevazione iniziale
dell’avviamento positivo (goodwill) come anche della
rilevazione dell’avviamento negativo (babwill) riscontrate
al capitolo 4. In effetti, differentemente dalla disciplina
nazionale, che stabilisce la continuità dei valori contabili,
nelle operazioni di business combination, i principi
contabili internazionali prevedono l’applicazione del
purchase method o metodo del costo di acquisto delle
attività e passività acquisite.
Nel capitolo 5, ultimo capitolo, è stato, invece,
analizzato il bilancio consolidato 2009 della A2A s.p.a.,
una multiutility dell’energia nata dalla fusione tra AEM
11
SpA Milano e ASM SpA Brescia con l'apporto di Amsa
ed Ecodeco (le due società ambientali acquisite dal
Gruppo), attraverso la quale si è voluto affrontare un caso
pratico al fine di riscontrare concretamente quanto
previsto sul piano teorico in merito al trattamento
contabile dell’avviamento secondo i principi IAS/IFRS ed
al suo impairment test previsto dallo IAS 36.
12
Capitolo 1
L’avviamento nell’ambito delle risorse
immateriali.
1.1 Premessa.
Il concetto di avviamento è strettamente connesso
alla caratteristica dell’azienda in funzionamento di essere
un “sistema” di beni, persone e operazioni, nel quale i
singoli elementi trascendono la loro individualità,
stabiliscono rapporti di interdipendenza e diventano parte
costitutiva di una coordinazione piø ampia e complessa
1
.
L'avviamento dell'azienda è stato da sempre oggetto
di innumerevoli definizioni, analisi, ricerche e valutazioni
rivolte soprattutto alla possibilità di dargli una
collocazione ben precisa all'interno della vita aziendale.
La dottrina economico-aziendale ha sviluppato nel
tempo una pluralità di definizioni di avviamento,
seguendo un percorso evolutivo tortuoso. Non è dato
riscontrare una sua nozione univoca, in effetti, sulla
quantificazione dell’avviamento, si registra
un’abbondante letteratura, sia con riferimento alla
1
L’azienda è un sistema “aperto, finalizzato, eccessivamente
complesso, probabilistico, dotato di particolari forme di regolazione e
capace di influenzare l’ambiente” G.ZANDA, La grande impresa.
Caratteristiche strutturali e di comportamento, Giuffrè, Milano, 1974,
pag.222.
13
disciplina economico-aziendale che a materie
complementari come il diritto commerciale, il diritto
tributario, e via di seguito. L’unico dato di fatto
incontrovertibile è che trattasi di un quid, considerato
dalla dottrina prevalente come un vero e proprio bene
immateriale facente parte del complesso aziendale.
In Italia, il De Minico e l’Amodeo osservano: “ogni
autore ha attribuito alla parola ‘avviamento’ significato
del tutto personale, e si è accinto a confutare le
argomentazioni altrui, le piø volte senza chiarire le proprie
iniziali posizioni di pensiero”
2
.
Anche l’Ardemani a tal proposito sostiene che:
“pochi concetti hanno trovato nelle indagini di ragioneria
formulazioni piø varie di quella avuta dall’avviamento
d’impresa, tanto da legittimare, a prima vista, il dubbio
che i diversi autori abbiano dell’avviamento concetti
completamente differenti”
3
. Nello specifico egli avverte
che: “mentre per la generalità dei concetti di ragioneria si
hanno solamente definizioni dirette tendenti cioè a porre
in rilievo in modo immediato gli elementi essenziali dei
concetti stessi, per l’avviamento si hanno anche
definizioni indirette tendenti cioè a delineare la natura
economica dell’avviamento o mediante l’elencazione dei
suoi fattori, o per mezzo della sua misura espressa –
2
L. DE MINICO-D. AMODEO, Saggi di economia delle aziende,
Giuffrè, Milano, 1942.
3
E. ARDEMANI, L’avviamento d’impresa, Marzorati, Milano, 1957,
pag.9.
14
generalmente – in termini di valori, o ancora, con la
rassegna degli effetti economico-finanziari che esso
produce o, infine, mediante le condizioni per le quali
un’impresa possiede l’avviamento. Le definizioni dirette
senza dubbio sono le meno numerose”.
Diventa, pertanto, opportuno cercare di fare
chiarezza sul tema, al fine di addivenire ad una piø chiara
determinazione del concetto di avviamento.
1.2 L’avviamento: definizioni piø
diffuse .
¨ fin dagli albori della Ragioneria che gli studiosi si
sono soprattutto concentrati sull’analisi delle cause che
portano il prezzo di cessione di un’azienda ad essere
maggiore della somma algebrica di attività e passività
cedute. Tale differenza, è definita “avviamento” ed il
problema è da sempre stato il definirne la natura ed una
modalità di stima.
In passato l’avviamento d’azienda veniva
identificato con la sua clientela, che ne costituiva
l’elemento essenziale, al pari, secondo alcuni,
dell’organizzazione, che però ne era il presupposto.
Osserva il Villa: “Diconsi capitali immateriali, le
somme che si impiegano, per esempio nell’acquisto di
clientela, altrimenti avviamento di commercio. Se
15
rilevando un negozio si pagano 10 mila lire a titolo di
avviamento, non viene perciò ad aumentare di un
millesimo il valore delle mercanzie comperate; ma il
credito di cui gode il negozio rilevato, la buona qualità
delle mercanzie, l’onesta de’ prezzi attirandovi degli
avventori, le 10 mila lire sono il valore di questo credito.
La somma pagata a titolo di avviamento è un capitale
immateriale, il cui rimborso potrà ottenersi nell’esercizio
di commercio, come si cerca di ottenere il rimborso di
un’altra spesa, oppure nella cessione del negozio ad un
terzo”
4
. L’illustre Autore evidenziò, quindi, come
l’avviamento fosse identificato col concetto di clientela,
riconoscendo così un valore immateriale di cui possa
essere costituita un’azienda e che porta, chi l’acquista, a
corrispondere un prezzo maggiore rispetto al valore delle
c.d. mercanzie presenti nella stessa ed è proprio quel
capitale di credito a costituire il valore dell’avviamento.
Circa la natura di capitale dell’avviamento scrive
anche il Rossi: “… siccome le energie economiche che
sono capaci di dare un reddito, se oggettivamente
considerate, sono capitali, così anche quell’energia che si
è formata con un’azienda produttiva sarà da considerarsi
come un capitale, avente un valore proporzionato al
reddito che procura. Ora codesta potenza economica,
4
F.VILLA, Elementi di amministrazione e contabilità, Eredi Bizzoni,
Pavia, 1870, pag. 49.
16
codesta energia, insomma codesto capitale sui generis …
dicesi avviamento”
5
.
Il Besta, invece, avverte la natura dell’avviamento
quale elemento del patrimonio suscettibile di una
valutazione autonoma asserendo che esso è: “… il valore
che l’impresa prospera ha per sØ stessa indipendentemente
dai beni suoi, o se vuolsi il maggior valore che acquistano
questi beni in quanto trovansi congiunti insieme e
impiegati in modo proficuo oltre la misura normale”
6
. ¨
da questo impiego proficuo oltre il normale che il noto
Autore ci dice del metodo di stima dell’avviamento: “ Il
valore dell’avviamento di un affare singolo, o di
un’impresa complessa, è essenzialmente pari al valore
attuale dell’eccesso dei frutti che, nell’ipotesi di una
gestione normale retta da energie fisiche, di volere e di
intelligenza normali, ordinarie, possono separarsi e
presumersi dai capitali effettivamente investiti in
quell’affare e in quell’impresa sui frutti medi che sogliono
dare capitali impiegati con pari sicurezza in altri affari o
imprese simili o analoghe, ma in condizioni comuni, non
privilegiate”
7
. Quindi possiamo ben comprendere delle
asserzioni fondamentali: il valore di un’impresa non è
altro che la somma dei beni di cui vi fanno parte e del
valore dell’avviamento, nello specifico, quest’ultimo
risulta attribuibile all’esistenza di redditi superiori al
5
G.ROSSI, Sulla tassabilità del prezzo di avviamento delle imprese e
del sovrapprezzo delle società commerciali e industriali, Società
Tipografica, Modena, 1906, pagg. 12-13.
6
F. BESTA, La Ragioneria, I, Vallardi, Milano, 1922, pag. 85.
7
F. BESTA, La Ragioneria, I, Vallardi, Milano, 1922, pag. 85.
17
livello ritenuto normale, a causa di condizioni privilegiate,
ed è stimato attraverso la capitalizzazione dei sovraredditi
aziendali.
Dello stesso pensiero del Besta sembra essere anche
Del Penna che dell’avviamento allo stesso modo scrive:
“… valore che l’impresa prospera ha per se stessa
indipendentemente dai beni suoi, o se vuolsi il maggior
valore che acquistano questi beni in quanto trovansi
congiunti insieme e impiegati in modo proficuo”
8
.
Lo Zappa, invece, se in un primo periodo come altri
illustri Autori del tempo, identificava l’avviamento come
un capitale immateriale, formato da quei fattori che
concorrono a far si che la restante parte dei patrimonio di
un’impresa frutti oltre il nomale
9
, successivamente, con la
nozione di capitale economico
10
, lo classifica come un
elemento complementare del complesso economico
capace di condurre ad un soprapprofitto
11
non
riconoscendone la natura di elemento patrimoniale in
quanto la capitalizzazione di una presunta redditività non
8
F. DELLA PENNA, I fondamenti della Ragioneria, Castellani,
Roma, 1931, pag. 123.
9
G. ZAPPA, Le valutazioni di bilancio, Istituto Editoriale Scientifico,
Milano, 1927, pag. 169.
10
Lo Zappa definisce il capitale economico come: “… un valore
unico, risultante dalla capitalizzazione dei redditi futuri” da cui
consegue che: “ … il capitale è prodotto dal reddito … non il reddito
dal capitale” G.ZAPPA, Il reddito di impresa. Scritture doppie conti e
bilanci di aziende commerciali, Giuffrè, Milano, 1943 pag. 57 e 74.
11
G. ZAPPA, Il reddito di impresa. Scritture doppie conti e bilanci di
aziende commerciali, Giuffrè, Milano, 1943, pag. 531.
18
permette l’individuazione precisa di disgiunti elementi
patrimoniali
12
.
Sono molti gli studi che criticano la possibilità di
pervenire ad una valutazione autonoma dell’avviamento e
di questo avviso è l’Onida che evidenzia la difficoltà
oggettiva di discernere, “se non in modo del tutto
arbitrario”, la pluralità di elementi che, in modo
complementare, giungono a definire la redditività
aziendale
13
. L’avviamento, in particolare, per l’ Onida è
espressione di un “modo d’essere” dell’impresa, ovvero
dell’insieme di condizioni immateriali dell’azienda, legate
alla leadership e alla qualità del progetto strategico,
all’organizzazione umana, tecnica e produttiva, alle
competenze diffuse nelle risorse umane, alle relazioni che
si innescano con l’ambiente competitivo e con l’ambiente
socio-economico di riferimento, tutti elementi immateriali
che contribuiscono alla redditività dell’impresa
14
in
funzione della quale viene conferito al capitale economico
un valere superiore al valore del capitale di gestione o di
liquidazione o del capitale risultante da un bilancio
valutando singolarmente gli elementi del patrimonio.
Tra gli Autori che criticano la possibilità di una sua
valutazione autonoma vi è anche il Cassandro sostenendo
12
G. ZAPPA, Le produzioni nelle economie delle imprese, Giuffrè,
Milano, 1967, pag. 511.
13
P. ONIDA, L’avviamento nelle valutazioni di cessioni o di
liquidazione di azienda, in rivista italiana di Scienze Commerciali,
novembre-dicembre, 1949.
14
P. ONIDA, I finanziamenti iniziali d’impresa, Istituto Editoriale
Scientifico, Milano, 1931, pag. 388.
19
che l’avviamento, se considerato quale elemento
patrimoniale dell’azienda e pertanto un’attività da
sommarsi alle altre con una sua autonoma valutazione,
comporti un’erronea valutazione in quanto esso in realtà
non è atto allo scambio e quindi non può esistere tale
autonomo valore
15
.
Allo stesso modo scrive il Ferrero sottolineando
ancora critiche sulla possibilità di pervenire ad un valore
autonomo dell’avviamento: “… L’avviamento -in quanto
complesso di condizioni immateriali -possa anche
intendersi come variabile in funzione della quale si
determina il presunto valore di scambio del capitale
economico: trattasi tuttavia di una variabile che sfugge a
qualsiasi autonoma determinazione e che può concorrere
solo indistintamente all’accennato valore di scambio”
16
Dello stesso pensiero è, infine, il Ceccherelli che
scrive: “… l’avviamento non è componente patrimoniale
che possa disgiungersi o pensarsi separato dal complesso
aziendale per assumere una posizione autonoma: esso fa
parte del complesso, non come elemento aggiunto che si
possa, quando si voglia, incorporare nel patrimonio, ma
nel complesso e nelle sue manifestazioni di vita, trova
origine spontanea ed in quanto la forza vitale del
complesso stesso sia capace di generarlo”
17
.
15
P.E. CASSANDRO, L’avviamento e la sua valutazione, 1955, in
Scrivi vari, Cacucci, Bari, 1991, pag. 303.
16
G. FERRERO, La valutazione economica del capitale d’impresa,
Giuffrè, Milano, 1966, pag. 157.
17
A. CECCHERELLI, Le funzioni professionali del commercialista,
Villardi, Milano, 1967, pag. 175.