2
Nel terzo capitolo, infine, si sono raccolte osservazioni su temi e motivi e di
carattere, per così dire, “comparatistico”, a partire da un episodio del libro che
si è visto come emblematico e interessante.
Dunque l’Aggiunta al Libro V è stata considerata sotto tre punti di vista:
storico- letterario (cap.I), strutturale (cap.II) e tematico (cap.III).
3
1
IL SECONDO LIBRO DI SPLANDIANO
NEL CONTESTO DEL GENERE CAVALLERESCO
1.1. Origine dei libros de caballerías
Il Secondo Libro delle prodezze di Splandiano, opera originale del veneziano
Mambrino Roseo da Fabriano, si inserisce nel grande corpus di testi generato
dall’Amadís de Gaula, capolavoro universalmente riconosciuto del genere
letterario spagnolo dei libros de caballerías.
Per libros de caballerías si intendono, seguendo la definizione di Daniel
Eisenberg, quel gruppo di libri che comprendono l’Amadís e quelli scritti
successivamente nell’arco del XVI secolo in lingua spagnola, costituiti da
lunghe biografie fittizie di personaggi cavallereschi.
1
Le influenze che si riscontrano in queste opere, composte in Spagna nell’arco
del XVI secolo, vanno fatte risalire in gran parte alla tradizione della
letteratura arturiana, che si sviluppa intorno al XII secolo nel nord della
Francia.
2
1
«(…) those written in Castilian subsequent to the publication of the Amadís, including the
Amadís itself.»; «A romance of chivalry is a long prose narration which deals with the
deeds of a “caballero aventurero o andante”» (EISENBERG D., Romances of Chivalry in
the Spanish Golden Age, Newark, Delaware, Juan de la Cuesta, pp.7-8)
2
Traggo le informazioni seguenti sulle radici medievali dei libros de caballerías da:
THOMAS H., Las novelas de caballerías españolas y portuguesas, Madrid, CSIC, 1952,
(ed. originale 1920), p.8-34; CACHO BLECUA J.M., Introducción, in RODRIGUEZ DE
4
La Historia Regum Britanniae (1136 circa) di Geoffrey de Monmouth può
essere considerata uno dei modi in cui arrivò alle corti francesi la materia di
Bretagna
3
; descrive, in maniera certamente non storica ma leggendaria, il
periodo che va dall’arrivo in Gran Bretagna di Bruto, bisnipote di Enea e
mitico fondatore della monarchia, tre generazioni dopo la caduta di Troia,
fino alla morte di Cadawalleder (689) e alla fine dell’indipendenza bretone.
Dell’opera esistono circa 200 manoscritti, il che prova il successo raggiunto,
ed inoltre essa fu volgarizzata e parafrasata in più occasioni. La versione più
importante è quella di Wace
4
del 1155, che la dedicò a Leonora (nipote del
primo trovatore, Guglielmo IX d’Aquitania), sposata con Enrico II
Plantageneto, con il titolo di Roman de Brut ( o Geste des Bretons).
Durante il regno di quest’ultimo e poco prima del rimaneggiamento di Wace,
si svilupparono i cosiddetti romans antiques,
5
i quali costituiscono la
transizione tra la chanson de geste e il romanzo bretone: si tratta di
volgarizzamenti della materia classica, attraverso i quali i reali normanni
volevano propagandare il mito di una loro remota discendenza dagli eroi
dell’Iliade e dell’Odissea. La leggenda troiana, in particolare, che costituisce
MONTALVO G., Amadís de Gaula, Madrid, Cátedra, 1987-88, 2 voll, pp. 19-216;
ALVAR C., Raíces medievales de los libros de caballerías, in Edad de Oro, XXI (2002).
Libros de caballerías, textos y contextos, ed. Florencio Sevilla e José Manuel Lucía
Megías, Madrid, Universidad Autónoma de Madrid, 2002, pp.61-84.
3
È l’opinione di J. Frappier che cita Williamson (WILLIAMSON E., El Quijote y los
libros de caballerías (1984), Madrid, Taurus, 1991, p.33); l’altra via furono le canzoni e
storie popolari provenienti dal folclore celtico e diffuse da trovatori gallesi e armoricani in
Francia alla fine del XI secolo, a seguito della conquista dell’Inghilterra da parte dei
normanni.
4
Tra le sue modifiche più importanti l’introduzione dell’elemento della Tavola Rotonda, di
cui non parlava Geoffrey de Monmouth: in questo modo i vassalli sedevano in perfetta
uguaglianza, senza che nessuno di essi potesse vantarsi di essere privilegiato rispetto ai
suoi compagni; tale elemento viene considerato già come istituzione cavalleresca.
5
CACHO BLECUA, Introducción, cit., p.41-42.
5
una delle fonti più importanti dell’Amadís, non fu conosciuta dagli scrittori
medievali direttamente dalle opere omeriche, bensì dalle prosificazioni di
queste ultime, tradotte in latino, di Darete di Frigia (sec.VI), De excidio
Trojae historia, e di Ditti di Creta (sec. IV), Ephemeris bello Troiani: essi
furono di ispirazione per il Roman de Troie di Benoît de Saint Maure.
Il corpus dei romans antiques è composto dal Roman de Alexandre (differenti
versioni nel corso del XII secolo), il Roman d’Apollonius de Tyr (perduto), e
la cosiddetta triade classica, che comprende il Roman de Thébes (1150 circa),
il Roman d’Enéas (1156 circa) e il Roman de Troie già citato. Quest’ultimo
verrà messo in prosa nel secolo XIII da Guido da Colonna nella sua Historia
Troiana (1287 circa), versione che fu di enorme importanza per la diffusione
della leggenda troiana in Europa: in Spagna verrà ben accolta nei secoli XIV e
XV, ma riferimenti al mondo classico troiano si trovano già a partire dal
secolo XI.
Già secondo la percezione contemporanea dei trovatori francesi del XII
secolo, i racconti tradizionali potevano ricondursi a tre cicli
6
: la “materia di
Roma”, la “materia di Francia” (imperniata attorno alla figura di Carlo
Magno), e la “materia di Bretagna”, la più rilevante nello sviluppo dei libros
de caballerías; nel XII secolo i trovatori francesi si sarebbero impadroniti
della materia e, incontrandovi elementi estranei di origine celtica (il
fantastico, il misterioso, il meraviglioso), avrebbero sottoposto tale materiale
a un processo di adattamento nel quale maestro si sarebbe rivelato Chrétien de
Troyes. Le sue opere rappresentano il culmine stilistico della materia bretone,
per aver fatto confluire e aver utilizzato in maniera artistica le tecniche,
6
«Ne sont que trois matières à nul homme attendant, /De France et de Bretaigne et de
Rome le grant» (Jean Bodel); THOMAS H., Romances of chivalry, cit., p. 11.
6
strutture e motivi tipici della tradizione folclorica, con la sua istruzione da
uomo colto del cosiddetto “rinascimento del XII secolo”.
Mentre le composizioni di Chrétien de Troyes sono in verso
7
, nel XIII secolo
la materia bretone subisce due importanti modifiche: viene messa in prosa e
raggruppata in cicli: tale passaggio si realizza nelle opere di Robert de Boron,
che dal 1191 al 1212 avrebbe scritto una trilogia dal titolo Li livres du Graal,
composta dal Joseph (o Le roman de l’estoire dou Graal), in versi, il Merlín
(incompleto), e forse un Perceval; anche se la paternità è dubbia il congiunto
fu reso in prosa sotto il nome di Perceval-Didot.
La tendenza alla formazione di cicli continua con il gruppo della Vulgata, in
cinque libri
8
, scritto tra il 1215 e il 1230; nel Lancelot en prose la narrazione
breve e in verso di singoli episodi di Chrétien de Troyes lascia il posto alle
estese biografie in prosa dei singoli protagonisti.
Nella successiva Post-Vulgata, o Roman dou Graal, in tre libri
9
, scritto tra il
1230 il 1240, troviamo anche la prima versione in prosa della leggenda di
Tristano, altra importante fonte letteraria dell’Amadís, che viene citata
espressamente
10
; del XII secolo sono le prime versioni della leggenda: i due
poemi incompleti di Béroul (forse del 1150) e di Thomas, e la versione
completa di Elihart von Oberg (Tristrant, 1170 circa). In prosa agli inizi del
XIII secolo, la storia si trasforma in un racconto di avventure cavalleresche e
si vincola definitivamente al ciclo arturiano.
La letteratura arturiana si diffuse nella penisola spagnola a partire dal XII
secolo ed era già ben conosciuta nel XIV: nel 1170 Alfonso VIII si sposò con
7
Le opere di Chrétien sono: Erec (1150-1170); Cligés (circa 1170-1176); Chevalier au
lion (Yvain) e Chevalier à la charrete (Lancelot), entrambe 1177-1181; Contes du Graal
(Perceval)) (1181-1190).
8
Estoire du Graal, Merlín, Lancelot, Quête du Graal, Morte d’Artur.
9
Estoire del Saint Graal, Merlín, Queste-Mortu.
10
Nel Libro IV, cap. CXXIX.
7
Leonor d’Inghilterra e probabilmente portò con sé un manoscritto
dell’Historia regum Britanniae, dal quale potrebbero provenire i primi
riferimenti che troviamo in documenti spagnoli al ciclo bretone: nel Fuero de
Navarra (1196) e negli Anales toledanos primeros (1217), dove si racconta
come Artù lottò contro Mordred a Camelot, e poi nella General Estoria di
Alfonso X el Sabio, che ne utilizzò alcuni brani (la storia di Bruto).
Nel Libro de la caza (1320 ca) di don Juan Manuel si parla di falchi chiamati
coi nomi di Lanzarote e Galván, il che testimonia la popolarità della materia
bretone e una confidenza con essa ormai acquisita.
Abbiamo testimonianze ovviamente anche in Catalogna (Guiraldo de Cabrera
in un suo poema fa riferimento ai principali temi della materia bretone che
ogni giullare avrebbe dovuto conoscere) ed in Portogallo: nel Livro dos
linhagens di Pedro conte di Barcelos (morto nel 1354), bisnipote di Alfonso X
e figlio illegittimo del re Dionís, si da la genealogia dei re inglesi da Bruto
fino ad Artù; nel Canzoniere Colocci-Brancuti, conservato nella Biblioteca
del Vaticano, sono contenuti i cinque “Lays de Bretanha”; inoltre nelle
biblioteche reali erano presenti diversi esemplari di romanzi arturiani.
Sulla trasmissione della Post-Vulgata
11
nella penisola iberica ci sono due
ipotesi principali fondate sulla traduzione, visto che la versione originale è
andata perduta: che fosse stata tradotta prima dal castigliano e poi da lì in
portoghese oppure viceversa dal portoghese al castigliano; secondo W.J.
Entwistle
12
la trilogia fu tradotta sotto Sancho IV dal frate Juan Vivas, attorno
al 1291 (e poi in portoghese nel XIV secolo).
11
Infatti fu questo ciclo a giungere in Spagna, e non quello della Vulgata.
12
ENTWISTLE W.J., The Arthurian Legend in the Literatures of the Spanish Peninsula,
London -Toronto, J.M. Dent, 1925, p.181.
8
Ad ogni modo di questo ciclo sono rimasti in lingua spagnola e portoghese
alcuni testi e frammenti, definibili come “letteratura ispano-arturiana”
13
: si
trovano in manoscritti, perlopiù del XV secolo, e poi in edizioni a stampa nel
XVI secolo.
Il Libro de Josep Abarimatía (sulla primitiva storia del Graal), la Estoria de
Merlín , Lançarote, si trovano, in forma frammentaria, in un manoscritto del
XV secolo
14
. Nelle riedizioni a stampa poi abbiamo: il Baladro del sabio
Merlín (Burgos, 1498), La demanda del Sancto Grial (Toledo 1515), sulla
ricerca del Graal e la morte di Re Artù; il Tristán de Leonís (1501, Valladolid
e Siviglia, 1528 e 1534), anche in un manoscritto del tardo XIV/inizi XV
secolo.
Dal XIV secolo in poi cominciano ad apparire in Spagna le prime opere di
narrativa originale: El libro del cavallero Zifar (1300 circa), viene da alcuni
considerato il primo libro de caballería, ma secondo altra parte della critica
(ad esempio Eisenberg
15
) è un errore accostarlo a questo genere, per le sue
fonti molto più probabilmente arabe che francesi, e per il suo tono
moralizzante.
La gran conquista de Ultramar (inizi del XIV secolo) è la cronaca delle
Crociate che deriva dall’opera tradotta in francese dal latino di Guglielmo di
Tiro; comprende la leggenda del Caballero del Cisne, antenato favoloso di
Goffredo de Bouillon, oltre alla storia di Berta, la madre di Carlo Magno.
13
EISENBERG D., Romances of Chivalry, cit.: p.27-34. Amadís invece sarebbe neo-
arthurian, e così tutti i libri successivi che su di questo si basano, direttamente o
indirettamente.
14
Ora conservato all’Università di Salamanca; del Lançarote esiste anche una copia del
XVI secolo da un lungo manoscritto del XV secolo.
15
EISENBERG D., Romances of Chivalry, cit.: p.27-28.
9
In ordine cronologico, il primo contributo originale della letteratura spagnola
al genere cavalleresco sarà il catalano Tirant lo Blanch, stampato a Valencia
nel 1490, che rappresenta appunto la prima novela de caballerías della
penisola iberica; scritto da J. Martorell su ispirazione della storia inglese di
Guy de Warwick, oltre alle fonti catalane (il Libre del orde de Cavayleria di
Ramón Llull e la Chrónica de Ramón Muntaner). Nonostante l’autore si
ispirasse ai cicli bretone e francese, prese anche molti elementi dall’epoca in
cui visse, facendo scarso uso del meraviglioso e del fantastico, e dando
all’insieme un carattere realista. Non a caso nell’ormai topico escrutinio del
barbero e del cura nel Quijote (parte I, cap. VI) la Historia del famoso
caballero Tirante el Blanco è uno dei pochi libri che si salva dal rogo proprio
perché, oltre a essere un libro utile e dilettevole «los caballeros comen, y
duermen y mueren en sus camas, y hacen testamento antes de su muerte, con
estas cosas de que todos los demás libros deste género carecen».
L’escrutinio è anche una specie di breve catalogo dei libri inclusi nel genere,
anche se per ragioni di spazio non tutti i titoli possono essere citati: infatti,
nell’intero arco del secolo XVI vengono scritti più di settanta libros de
caballerías, dal 1508, data della prima edizione conosciuta dell’Amadís in
quattro libri, al 1602, quando fu scritto il Policisne de Beocia, l’ultimo libro
de caballerías originale. Tuttavia il genere continuò a vivere anche durante il
XVI secolo, anche se non produceva più opere originali: J.M. Lucía Megías
16
aggiunge che in realtà il genere continuerebbe con i cosiddetti libros de
caballerías manuscritos: più di una ventina di titoli conosciuti finora, che
vanno dal principio del XVI secolo (Adramón e Marsindo), a quelli che non
16
J.M. Lucía Megías (Antología de libros de caballerías castellanos , Alcalá de Henares,
Centro de Estudios Cervantinos, 2001, pp. XIII - XXVIII).
10
furono mai stampati per problemi di carattere economico (Tercera parte de
Florambel de Lucea) a metà del secolo, fino ad altri che si possono datare
posteriormente al 1623 (Quinta parte de Espejo de príncipes y caballeros).
Essi sarebbero una prova di come il genere cavalleresco sopravvivrebbe
tranquillamente dopo gli ultimi testi originali stampati e perfino dopo la
pubblicazione delle due parti del Quijote (1605 e 1615), considerato spesso il
termine in cui datare la “morte” del genere, visto il suo utilizzo parodistico e
derisorio. I libros de caballerías manuscritos secondo Megías aprono un
nuovo campo alle indagini della critica, quello della sopravvivenza dei testi
cavallereschi quando il loro canale di diffusione abituale (la stampa) non può
più assorbire il costo economico della loro realizzazione (per cause esterne,
quindi, più che letterarie); utilizza perciò un mezzo ancora attivo nel Siglo de
Oro, il manoscritto, oppure si avvicina ai nuovi generi editoriali di successo
all’inizio del XVII secolo. Alla fine del XVI e principio del XVII secolo si
stava trasformando il romanzo cavalleresco, essendo mutato il gusto dei
lettori dell’epoca, allettati ora da nuovi generi letterari (es. il pastorale, ecc..).
I libros de caballerías sono un genere ben circoscrivibile: la somiglianza di
temi, avventure, stile e anche la veste editoriale (grandi in-folio), ne fanno un
“gruppo” coeso e definito.
11
1.2. L’Amadís de Gaula
Arriviamo ora finalmente al “padre” dei libros de caballerías, anche se, come
abbiamo visto, non il primo in ordine temporale.
La prima edizione conosciuta dell’opera è quella in quattro libri di Zaragoza
del 1508, ma essa fu composta dal 1470 al 1492 da Garci Rodriguez de
Montalvo come rifacimento di una versione perduta in tre libri, che venne
probabilmente composta nel XIV secolo (in epoca quindi molto lontana
dall’edizione a noi conosciuta), periodo in cui i romanzi arturiani circolavano
diffusamente come manoscritti.
Riferimenti all’opera, infatti, si possono trovare già da metà del XIV secolo:
la prima volta in cui viene nominato Amadís è nella Glosa castellana al
Regimiento de príncipes (1345-1350 circa) di Juan de Castrojeriz, sua
traduzione del De regimine principum di Egidio Romano (1285 circa); nel
Cancionero de Baena, dove Pedro Ferrús, uno dei primi poeti di tale raccolta
(visse durante il regno di Enrique II, che va dal 1369 al 1379), parla di un
Amadís in tre libri che doveva circolare nella sua epoca e aveva un finale
tragico: la morte dell’eroe a mano di suo figlio Esplandián e il conseguente
suicidio di Oriana (documentato in varie poesie della fine del XV secolo), che
hanno antecedenti oltre che nella letteratura classica antica, anche in quella
arturiana; ad ogni modo nella versione in quattro libri tale episodio viene
modificato in un duello tra padre e figlio, e spostato al libro che Montalvo
scrisse in seguito, Las Sergas de Esplandián, del 1510.
La versione in tre libri è andata perduta, e, prima dell’edizione del 1508, ci
sono rimasti solo alcuni frammenti manoscritti di quattro fogli differenti
appartenenti all’attuale III Libro: furono pubblicati nel 1957 da M. Rodríguez
Moñino, e, per i loro tratti stilistici/linguistici, sembrano essere dei primi
12
decenni del XIV secolo, e quindi con tutta probabilità non appartengono alla
versione originaria
17
.
Dell’autore della riscrittura in quattro libri, Garci Rodriguez de Montalvo, non
sappiamo molto: di sicuro era regidor
18
di Medina del Campo, all’epoca
importante per le ferias annuali che vi si svolgevano, faceva parte della
piccola nobiltà locale, ed era tra le famiglie più influenti della città.
Nel Prólogo si presenta come correttore dei tre libri originari «que por falta
de los malos escriptores, o componedores, muy corruptos y viciosos se leían»,
e autore
19
di un cuarto libro e delle Sergas de Esplandián: pensava quindi a un
progetto unitario in cinque libri fin dal principio.
La storia si svolge principalmente in Inghilterra, come si vede dai nomi delle
città (Bristoya = Bristol, Vindilisora = Windsor), mentre Gaula è forse il
Galles o la Gallia, cioè la Francia, ma la geografia si mantiene sempre vaga e
imprecisa. Per quanto riguarda il tempo, la vicenda si ambienterebbe in epoca
remota, «no muchos años despuès de la pasión de nuestro Redemptor y
Salvador Jesuchristo».
L’opera si presenta come un’estesa biografia del personaggio principale,
Amadís: la trama, assai complessa, si riconduce per alcuni suoi tratti
essenziali a quella del Lancelot en prose, che costituisce la sua fonte primaria,
e può essere riassunta in questo modo: frutto di un concepimento fuori dal
matrimonio, Amadis, pur di sangue reale, viene abbandonato e serve alla corte
17
CACHO BLECUA, Introducción, cit.: pp. 50-51, 67-72. Ci sono varie ipotesi sulla sua
origine (francese, portoghese e spagnola), dopo aver analizzato le quali Cacho Blecua
(Introducción, cit.: p.71), comunque, propende per la castigliana.
18
Incarico che si istituisce alla fine del XIII secolo per controllare e accentrare i municipi
reali; SALES DASÍ E.J., Garci-Rodriguez de Montalvo, regidor de la noble villa de
Medina del Campo, Revista de Filología Española, LXXIX, 1999, pp. 123-158.
19
Anche se dichiara di aver solo tradotto dal greco il IV e il V libro, si tratta di un
espediente retorico molto comune.
13
di Oriana, della quale si innamora; armato cavaliere dovrà superare numerose
prove e ostacoli, e condurrà mirabolanti imprese che lo porteranno a ottenere
fama e onori e ad essere consacrato il miglior cavaliere del mondo. A questa
caratteristica di guerriero invincibile si aggiunge quella di amante fedele
senza pari di Oriana, che con lui forma la coppia perfetta, non senza alcune
prove da superare anche in questo campo, alcune magiche (l’Arco de los
Leales Amadores) ed altre dovute a una momentanea gelosia della sua
innamorata (l’esilio nella Peña Pobre).
Il successo dell’opera di Montalvo fu tale che dal 1508 al 1587 se ne
stamparono circa trenta edizioni; si formò inoltre un ciclo composto di 12
libri, in cui altri autori continueranno le avventure di Amadís introducendo
nuovi rami al suo albero genealogico e facendo compiere al suo lignaggio un
numero incredibile di nuove imprese e avventure.
Dal 1508 al 1550, si stampa quasi una novela de caballerías l’anno, venendo
a formare un ciclo così composto
20
:
20
Traggo le seguenti informazioni sulle edizioni del ciclo amadisiano da LUCÍA MEGÍAS
J.M., Antología de libros de caballerías castellanos, cit.
14
Il ciclo amadisiano
I-IV: Amadís de Gaula G. R. de Montalvo (1508)
V: Sergas de Esplandián G. R. de Montalvo (1510)
VI: Florisando Páez de Ribera (1510)
VII: Lisuarte de Grecia Feliciano de Silva (1514)
VIII: Lisuarte de Grecia
21
Juan Díaz (1526)
IX: Amadís de Grecia Feliciano de Silva (1530)
X: Florisel de Niquea [I e II parte] Feliciano de Silva (1532)
XI: Rogel de Grecia [Florisel III e IV parte] Fe l ic iano de Si lva (1535)
XII: Silves de la Selva Pedro de Luján (1546)
Montalvo nella sua opera aveva mantenuto un equilibrio tra letteratura
d’evasione e letteratura esemplare che dopo di lui venne a mancare, potendosi
dividere le continuazioni in due filoni distinti: quelle di Feliciano de Silva
(libri 7°, 9°, 11°, 12°) tendono più al divertimento del lettore, mentre i libri
scritti da Paez de Ribera (6°) e da Juán Diaz (8°) hanno un intento fortemente
moralizzatore in senso cristiano; nel Florisandro si arrivava a rinnegare la
magia come evento inspiegabile conferendo una spiegazione religiosa a tutti
gli incantesimi e nel libro ottavo addirittura Amadís muore e Oriana diventa
madre superiora in un convento nel quale prendono l’abito Agrajes e Galaor.
21
Per distinguerli l’uno dall’altro, il VII e VIII libro nel catalogo di Gayangos
(GAYANGOS P. DE, Libros de caballerías, Madrid, Atlas, 1963, ed.orig.1857), vengono
intitolati Lisuarte de Grecia y Perión de Gaula (VII) e Lisuarte de Grecia y muerte de
Amadís (VIII).
15
Questi due libri non ebbero alcun successo: del VI esiste una riedizione e
dell’VIII nessuna, mentre le continuazioni di Feliciano de Silva furono
ristampate numerose volte.
22
Oltre a questo ciclo in dodici libri, il successo raggiunto dall’Amadís ispirò
anche la scrittura di una lunga serie di romanzi cavallereschi da esso
indipendenti: il Palmerín de Oliva (1511)
23
e le sue continuazioni
24
formarono
un altro ciclo detto appunto dei Palmerines, e rivaleggiarono da pari con il
loro capostipite, ma ci sarebbero da citare all’incirca una settantina di testi per
formare il catalogo completo dei libros de caballerías
25
.
22
BOGNOLO A., “Amadís” encantado. Scrittori e modelli in tensione alla nascita del
genere dei libros de caballerías, in Scrittori “contro”: modelli in discussione nelle
letterature iberiche. Atti del convegno AISPI (Roma, 15-16 marzo 1995), Roma, Bulzoni,
1996, pp.41-52.
23
Tredici edizioni dal 1511 al 1581.
24
Primaleón (1516), Polendo (1526), Platir (1533), Flortir (1554) Palmerín de Inglaterra
(1547), Don Duardos II de Bertanha (1587), Don Clarisel de Bertanha (1602).
25
Per un catalogo completo si veda EISENBERG D.- MARÍN PINA M.C., Bibliografía de
los libros de caballerías castellanos, Zaragoza, Prensas Universitarias de Zaragoza, 2000.