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CAPITOLO PRIMO
L’AUTOTELA NEL DIRITTO TRIBUTARIO
1. NATURA GIURIDICA DEL POTERE DI AUTOTUTELA
Il ritorno sulle proprie decisioni da parte della pubblica amministrazione
costituisce un fenomeno frequente e diffuso, accuratamente studiato dalla
dottrina fin dagli albori della scienza del diritto tributario e costantemente
sindacato dalla giurisprudenza, in quanto il suo verificarsi comporta
inevitabilmente complessi problemi relativi alla disciplina del rapporto
preesistente e, in particolare, alle posizioni giuridiche e soggettive in esso
coinvolte. L’importanza di tale fenomeno si spiega con la necessità
imposta alla pubblica amministrazione dall’ordinamento di perseguire
costantemente l’interesse pubblico e, quindi, di adeguare la realtà giuridica
e fenomenica alle diverse esigenze che si presentano e che impongono una
nuova disamina in ordine al perseguimento di quel fine. Gli aspetti più
studiati del concetto del riesame si rivengono nelle vicende, peraltro
ricchissime di aspetti problematici, sfocianti nel ripristino della situazione
giuridica preesistente e inquadrate nel genus del ritiro di provvedimenti
amministrativi ed in particolare negli istituti dell’annullamento e della
revoca
1
.
La tipicità di queste di queste due categorie di provvedimenti nelle
pagine della dottrina ha subito continue revisioni fin dagli inizi del secolo
scorso, e può ben dirsi che l’essenza è sempre stata studiata in
contrapposizione, sicchè si è creato un rapporto di reciproca influenza
nell’individuazione dei caratteri, della struttura e della funzione di ciascuno
di essi.
1
CONTIERI, Il riesame del provvedimento amministrativo tra annullamento e revoca, Roma, 1991, p. 9.
7
E’ stata la giurisprudenza che ha creato in questa materia una vera e
propria disciplina dell’azione amministrativa che si è imposta agli organi
pubblici e ne ha condizionato l’operato. Si tratta di un complesso di regole
che costituiscono ormai un normativa sostanziale di origine
giurisprudenziale che in questo, come in altri settori del diritto tributario, ha
integrato il diritto positivo e la cui doverosità non viene più messa in
discussione in sede giurisprudenziale
2
.
Il panorama dottrinario è molto più variegato e complesso, nel
senso che da esso non può ricavarsi un unitario modello di ricostruzione
degli istituti, anche se negli ultimi decenni la riflessione scientifica sembra
essere approdata a risultati sostanzialmente accettati dalla maggioranza
degli studiosi e non troppo lontani da quelli giurisprudenziali. Tuttavia,
sarebbe errato ritenere che nel rapporto giurisprudenza-dottrina le influenze
siano state unicamente unidirezionali
3
.
Il percorso compiuto dalla dottrina si è sviluppato inizialmente su
temi di natura diversa; successivamente il fine è stato quello di ricercare un
unico inquadramento sistematico degli istituti. Le potestà suddette vennero
così interpretate da vari autori, come rientranti in un potere di controllo
4
,
per poi essere stabilmente e univocamente inquadrate come manifestazioni
di autotutela
5
.
Non tutti gli orientamenti menzionati possono considerarsi tuttora
attuali. Alcuni di essi, specialmente quelli che propugnavano un
inquadramento degli istituti – in particolare l’annullamento- nell’ambito dei
poteri di controllo, non sono stati condivisi dalla maggioranza della dottrina
per un vizio di origine, concretatosi nel sovrapporre all’annullamento
d’ufficio i caratteri propri di altre forme di annullamento, esercizio di
2
In tal senso: CAPACCIOLI, La gestione di affari in diritto amministrativo, Padova, 1956, p. 142.
3
CONTIERI, op. cit., p.39.
4 NIGRO, Questioni di giurisdizione in tema di legittimità di atti amministrativi di annullamento “ex officio”, in Foro
it., 1952, I, p.194; ROMANELLI, L’annullamento degli atti amministrativi, Milano, 1939, p. 202.
5 BENVENUTI, autotutela , p. 544-545; CANNADA BARTOLI, Annullabilità e annullamento (dir. amm.), in enc. del
dir., Milano, 1959, vol. II il quale ritiene che soltanto l’annullamento d’ufficio e quello governativo costituiscono
espressione di autotutela.
8
differenti funzioni, quali quelli di controllo sugli atti o di decisioni dei
ricorsi.
Visioni parziali che hanno enfatizzato alcuni aspetti,
sottovalutandone altri nel tentativo di pervenire ad una nozione unitaria dei
vari fenomeni. Infatti se l’annullamento governativo può pure inserirsi in
un’ampia eccezione di controllo, solo attraverso una forzatura si potrebbe
sostenere che in quest’ultima possa rientrare anche l’autoannullamento,
mancando l’elemento dell’alterità tra organo controllante e organo
controllato
6
.
Per quanto riguarda la teoria che definisce l’annullamento d’ufficio
come espressione di potere di impugnativa, questa apparirebbe
condivisibile se l’istituto non avesse assunto, in sede giurisprudenziale, le
caratteristiche che si sono evidenziate e se si fosse imposto, invece, un
differente modello, come è avvenuto nell’ordinamento francese, nel quale
all’amministrazione il potere di annullamento è riconosciuto solo se viene
esercitato entro lo stesso termine previsto per l’impugnazione da parte del
privato destinatario dell’atto
7
.
Altro seguito ha ricevuto, e tuttora riceve, la teoria che vede
nell’autotutela l’origine del potere in esame. L’autotutela va intesa come
“quella parte di attività amministrativa con la quale la stessa pubblica
amministrazione provvede a risolvere i conflitti attuali o potenziali, insorti
con altri soggetti, in relazione ai suoi provvedimenti o alle sue pretese”
8
.
I poteri in discussione rientrano in questa costruzione a fondamento
delle quali si propone “ l’esistenza di un conflitto potenziale, cioè una
6
CONTIERI, op. cit., p.42.
7
CONTIERI, op. cit., p. 43. Sulla dottrina francese: DE LAUBADERE, Traitè élémentaire de Droit administratif, Paris
1963, p. 272 e ss.. Un esempio di potere di annullamento d’ufficio esercitatile solo entro un certo limite temporale è
previsto nel nostro ordinamento dall’art.3, III comma D.P.R. 30.6.72 n. 748, il quale dispone che il Ministro può
annullare per motivi di legittimità (o revocare per ragioni di merito) entro quaranta giorni dall’adozione gli atti posti in
essere dal suo dicastero. Sul sistema di sottoporre ad un termine di decadenza l’esercizio del potere di annullamento, si
vedano le osservazioni di DE VALLES, Annullamento d’ufficio e interesse pubblico, in Foro it., 1951, III, p.279 e ss.,
“o la concessione di questo potere è pericolosa e non è opportuno lasciarlo sussistere per un anno; o non lo è, e non ci
sono ragioni per limitarlo nel tempo”.
8
BENVENUTI, op. cit., p.538.
9
situazione di contrasto tra interessato e amministrazione per causa
dell’invalidità dell’atto amministrativo”
9
.
Si tratta di un potere discrezionale e ciò differenzia le decisioni di
autotutela spontanea da quelle di controllo, in quanto spetta sempre
all’amministrazione valutare la prevalenza tra l’interesse soddisfatto
dall’atto invalido, quella dell’interesse particolare che sarebbe soddisfatto
dall’autotutela e quella dell’interesse generale alla rimozione del conflitto
potenziale
10
.
In questo quadro gli atti di annullamento sono quelli in cui
l’amministrazione pone nel nulla, con efficacia retroattiva, atti
amministrativi illegittimi; gli atti di revoca sono quelli con cui
l’amministrazione pone nel nulla, ugualmente con efficacia retroattiva, gli
atti amministrativi inopportuni, ossia viziati nel merito, mentre gli atti che
rimuovono precedenti provvedimenti che per motivi soppravvenuti sono
illegittimi o inopportuni vanno definiti rispettivamente di rimozione o
abrogazione.
La nozione tradizionale di autotutela della pubblica amministrazione è
stata distinta da Benvenuti in autotutela necessaria, contenziosa e
spontanea
11
.
La prima coincide con il vasto campo dei controlli, sistema legato a un
modello organizzativo il cui principio fondamentale è quello della
gerarchia, una struttura amministrativa che è fortemente centralizzata e
accentrata, un sistema amministrativo nel quale l’intervento pubblico è
limitato. Da ciò l’esigenza di un complesso e variegato sistema di controllo,
che nel suo insieme viene a costituire la cosiddetta autotutela necessaria
della pubblica amministrazione.
9
BENVENUTI, op. cit., p. 544.
10
BENVENUTI, op. cit., p.544.
11
BENVENUTI, Autotutela.
10
L’autotutela contenziosa o da “ricorso” si ha quando la pubblica
amministrazione ha il dovere di risolvere una controversia tra un proprio
soggetto o un organo e il cittadino il quale abbia, proposto un ricorso
amministrativo.
L’autotutela spontanea, ossia l’adozione discrezionale di atti di
secondo grado per l’eliminazioni di atti amministrativi viziati, si
concretizza attraverso atti di annullamento d’ufficio, di revoca e di
abrogazione.
11
2. FUNZIONE GIURISDIZIONALE DELL’AUTOTUTELA E
PROSPETTIVE DI CONVERGENZA NEL CONFRONTO FRA
PUBBLICO E PRIVATO.
L’autotutela è il mezzo di repressione
12
degli atti amministrativi
riconosciuti viziati che consente di spiegare, in termini di privilegio, la
facoltà propria dell’ amministrazione di soddisfare le proprie pretese, senza
ricorrere all’autorità giurisdizionali. Nei sistemi giuridici moderni la tutela
dei diritti trova la propria sede naturale nell’azione promossa dal soggetto
leso di fronte a un’autorità giurisdizionale e nell’intervento dell’organo
giudiziario secondo la propria giurisdizione e competenza
13
.
L’ordinamento giuridico, ponendo in essere lo strumento
giurisdizionale a favore del singolo per la protezione di situazioni
giuridiche soggettive, esclude, o quanto meno rende eccezionale, il ricorso
alla giustizia privata.
Esistono due tipologie di giustizia: etero-giustiziale nel senso che la
tutela dell’interesse è garantita da un soggetto diverso da quello che ne
vanta la titolarità, l’altra auto-giustiziale che esprime un potere eccezionale,
cioè la possibilità di portare a soddisfazione il proprio interesse derogando
il principio in base al quale la tutela di situazioni giuridiche è garantita al
singolo con il ricorso all’autorità giudiziaria
14
. Se far riferimento all’etero
o all’auto giustizialismo significa predeterminare il soggetto che tutela
l’interesse rispetto alla titolarità dello stesso ne discende che l’autotutela è
un potere autogiustiziale che permette ad un determinato soggetto di
12
La terminologia è tratta da GUICCIARDI, La giustizia amministrativa, Padova, 1957, p. 88.
13
Lo osserva MIGNONE, Imperatività, efficacia ed esecutorietà del provvedimento, in AA.VV., Diritto
amministrativo, Bologna, 1993, p. 1241 e ss..
14
La distinzione fra etero-giustizialismo e auto-giustizialismo è stata introdotta da V. FICARI, Autotutela e riesame
nell’accertamento del tributo, Milano, 1999, p.2.
12
intervenire a tutela di un interesse giuridico proprio riuscendo a difendere
la propria sfera giuridica senza ricorrere al giudice. Il ricorso e l’atto di
autotutela mirano agli stessi risultati, quest’ultima è rivolta a produrre gli
stessi effetti che si produrrebbero qualora venissero accolte le istanze
dell’attore o del ricorrente.
Il potere di autotutela si collega al potere di autonomia che
l’ordinamento riconosce al singolo soggetto sia pubblico che privato. Tale
concetto è polisenso perché da un lato, è privo di significato unitario nei
diversi settori giuridici di riferimento a causa della peculiarità degli
interessi giuridicamente rilevanti nei singoli settori e, di conseguenza,
diversamente disciplinati; dall’altro, è cangiante in base al contesto
soggettivo ed al tipo di espressione dell’autonomia
15
.
L’autonomia è la possibilità di intervenire spontaneamente alla
regolamentazione della fattispecie giuridica attraverso i propri atti che
esplicano effetti giuridici rilevanti nell’ordinamento, è libertà di azione e di
determinazione degli effetti giuridici finali del proprio comportamento.
L’azione dell’amministrazione basata sulla propria autonomia è
necessariamente vincolata dalla disciplina primaria costituita dai principi
dell’ordinamento, dalla Costituzione e dalla legge. Il vincolo derivante da
tale normativa diviene maggiore qualora il singolo, attraverso la sua
autonomia, esercita un potere di modificazione della sfera giuridica di un
altro soggetto: tale modificazione è più accentuata se ricondotta
all’autonomia di cui gode l’amministrazione rispetto a quanto avviene nei
rapporti con i privati
16
.
La legge attribuisce all’amministrazione i poteri in cui si concretizza il
contenuto della sua autonomia lasciandole degli spazi di scelta più o meno
aperti a seconda che l’attività sia discrezionale o vincolata prescrivendo,
15
Lo rileva FICARI, autotutela e riesame dell’acertamento del tributo p. 4
16
Lo rileva V. FICARI,t. op. cit., p. 5.
13
però, di adottare scelte tali da assicurare il miglior perseguimento
dell’interesse pubblico imposto all’azione amministrativa.
Lo spazio dell’autonomia amministrativa, da un lato, e la disciplina
normativa, dall’altro, delineano un rapporto tra discipline non paritarie, ove
la secondarietà dell’ordinamento derivato dell’amministrazione rispetto
all’ordinamento giuridico generale, deriva dai principi di legalità e di
riserva di legge desumibili dall’art. 97 della Cost. per l’amministrazione
pubblica in generale e, dall’art. 23 della Cost. per l’amministrazione
finanziaria in particolare.
14
3. LA POTESTA’ DI AUTOTUTELA
3.1 L’ANNULLAMENTO D’UFFICIO
L’annullamento d’ufficio, la revoca e l’abrogazione sono dei
mezzi di tutela degli interessi dell’amministrazione, la quale
rimuovendo di propria iniziativa l’atto viziato, si sottrae alle
conseguenze dannose che ne derivano; perciò, la relativa potestà viene
detta di autotutela
17
.
L’annullamento d’ufficio è l’atto conclusivo di un procedimento
di riesame che ha per propria funzione quella di riesaminare un atto o
un procedimento antecedente, allo scopo di accertarne l’invalidità
derivante da vizi di legittimità
18
.
Si tratta di un potere che la pubblica amministrazione esercita
spontaneamente ed anche se è sollecitata dall’interessato, questi non è
titolare di una situazione giuridica soggettiva che lo legittimi a
pretendere dall’amministrazione di provvedere al riesame e, pertanto,
la domanda dell’interessato giuridicamente altro non è che una
denuncia o un’istanza, alla quale non corrisponde per
l’amministrazione un dovere di prenderla in esame e di provvedere al
riguardo
19
.
La natura discrezionale di tale potere, asserita dalla maggioranza
della dottrina e della giurisprudenza, fa escludere che sia configurabile
il silenzio inadempimento rispetto ad un’istanza di annullamento
20
.
Non vi è una legge organica che disciplina sistematicamente
l’annullamento d’ufficio, neppure le sporadiche disposizioni che lo
prevedono espressamente sono disciplinate nel dettaglio.
17
LANDI POTENZA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 1997, p. 259.
18
M. S. GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, 1970, p. 1056.
19
Lo rileva GHETTI, Annullamento d’ufficio dell’atto amministrativo, in Dig. disc. pub., Torino, vol. II, p. 268
20
In tal senso vedi le sentenze: Cons. Stato, IV, 1.4.1980 n. 328, in Foro amm. 1980 n. 328; TAR Lombardia, Milano,
III, 4.6.1988, in Trib. Amm. Reg. 1988, 2636; V 22.5.1981 n. 206, in Foro amm. 1981, 1088; TAR Lazio, III, 7.9.1985
n. 1455, in Trib. Amm. Reg. 1985, 890.
15
La determinazione dei presupposti di fronte ai quali la pubblica
amministrazione può procedere all’annullamento d’ufficio è dovuta
alla giurisprudenza amministrativa, che al riguardo è ormai
consolidata. I presupposti sono essenzialmente due: il provvedimento
da annullare deve essere viziato nella legittimità, inoltre deve
sussistere un interesse pubblico specifico ed attuale alla sua
eliminazione dall’ordinamento giuridico
21
.
Quanto al primo presupposto, l’illegittimità del provvedimento
da annullarsi deve essere originaria; può essere annullato d’ufficio il
provvedimento emanato in violazione di precise norme di legge o di
regolamento, quello viziato da eccesso di potere quello viziato da
incompetenza.
Parte della dottrina, indotta dalla problematicità di una soluzione
che consentisse all’amministrazione di intervenire con effetto
eliminatorio anche sulla situazione prodottasi sino a quel momento, in
virtù di un atto legittimo ma inopportuno, ha, nella sostanza,
individuato dei limiti alla sfera di incidenza di annullamento per
motivi di merito, come il Sandulli che nega l’ammissibilità dell’effetto
retroattivo
22
.
Altra dottrina ritiene che, sebbene esista discordanza con il
pubblico interesse nel momento in cui l’atto si fa venir meno, tale
discordanza “non appare sufficiente a cancellare i lineamenti distintivi
dell’annullamento” e che “altrimenti si dovrebbe pervenire alla
conclusione che il vizio di merito opera sempre ex nunc”, assegnando
così all’annullamento per motivi di merito efficacia retroattiva
23
.
21
GHETTI, op. cit., p. 269.
22
SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, p. 627. L’autore ritiene che, in tal caso, la certezza
delle posizioni soggettive dei singoli sarebbero lasciate in balia dell’amministrazione – cui sono lasciate le valutazioni
inerenti al caso - in contrasto col principio di legalità.
23
SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, p. 627. L’autore ritiene che, in tal caso, la certezza
delle posizioni soggettive dei singoli sarebbero lasciate in balia dell’amministrazione
16
Argomento certamente più significativo addotto a sostegno della
tesi dell’ammissibilità dell’annullamento per motivi di merito è offerto
dall’esistenza di alcune specifiche disposizioni di legge che sembrano
espressamente prevederlo. Alcuni di questi casi sono stati elencati da
Santi Romano, il quale da essi ha tratto una conferma di carattere
normativo di portata generale della figura
24
.
In proposito si può rilevare che le leggi richiamate sono tutte leggi
dell’ordinamento prerepubblicano che sembrano riproporre un
medesimo schema: l’annullamento di merito può essere disposto da
organo o ente diverso rispetto a quello che ha adottato l’atto di primo
grado, nei confronti del quale il primo è titolare di un ampio potere di
vigilanza.
Orbene, nella legislazione meno antica non sembra possano
agevolmente individuarsi, sia nell’ambito della gerarchia impropria ed
a maggior ragione nella direzione, modelli organizzatori nei quali
siffatto potere di annullamento sia configurabile. Con ciò si vuol dire
che l’esistenza dell’istituto in esame, senz’altro sostenibile in una
certa fase storica, può avere oggi perso di attualità. Ed è per questo
che le ipotesi considerate da Santi Romano per trovare conferma della
portata generale della figura in esame sembrerebbero, a differenza
dell’annullamento per vizi di legittimità di cui è indiscusso il carattere
generale, avvalorare la tesi che l’annullamento per vizi di merito sia
ammissibile solo per le ipotesi tipizzate
25
.
24
S. ROMANO, Annullamento degli atti amministrativi, in Nuovis. dig. it., Torino, 1959, vol. I, p.643: art. 29 R.D.,
1.7.1926 n. 1130 e 12 l. 18.VI.31 n. 875, non più in vigore, che prevedevano ilpotere di annullamento da parte del
Ministero delle Corporazioni di atti dei Consigli Provinciali delleCorporazioni, se ritenuti contrari “alle finalità
essenziali degli enti”. Così pure il D.L. 20.6.1935 n.1071 in tema di annullamento da parte del Ministro dell’Educazione
Nazionale degli atti delleCommissioni esaminatrici di concorsi a cattedra nell’ipotesi in cui non fossero “conformi alla
legge ealle esigenze e alle condizioni degli studi”. Altre ipotesi di annullamento d’ufficio di merito sono:D.L.
30.12.1923, art. 10, T.U. 15.10.1925 n. 2578 art. 17; T.U.P.S. 18.6.1931 n. 773 art. 65. In questicasi l’annullamento
degli atti di primo grado può essere disposto, rispettivamente: quando siano“contrari ai fini cui provvede la legislazione
in materia di boschi”, quando “importino un’evidentelesione degli interessi dell’azienda”, quando “siano contrari alla
sanità o alla sicurezza pubblica”.
25
CONTIERI, op. cit., p. 85.
17
Ma, aben vedere, l’ammissibilità dell’annullamento per motivi
di merito incontra obiezioni di carattere logico oltre che sistematico.
Abbiamo già visto che la giurisprudenza, per rendere esercitabile il
potere di annullamento, richiede l’esistenza di due requisiti: il vizio di
legittimità e l’esistenza di un interesse pubblico attuale;
nell’annullamento di merito questa bipolarità tende a scomparire
facendo rimanere indistinti i confini fra i suoi due elementi, l’unica
possibilità di identificazione degli stessi potrebbe individuarsi
nell’aspetto temporale. Su quest’ultimo piano si possono ipotizzare
due possibilità: quella dell’inopportunità iniziale che venga
successivamente meno per fatti sopravvenuti e quella
dell’inopportunità che permanga inalterata fino al momento in cui si
decide di intervenire.
Ovviamente, la terza ipotesi, consistente nell’inopportunità
sopravvenuta non crea alcun problema dando luogo senz’altro alla
revoca. Nel primo caso è agevole concludere che non vi è spazio per
alcun intervento di secondo grado non sussistendo l’elemento
dell’attualità. Nel secondo risulta concettualmente impossibile
individuare il momento di divergenza fra i due elementi, trattandosi di
una situazione di inopportunità continuativa e permanente.
Il riesame non deve consistere nel ritornare sui fatti esistenti al
momento della prima decisione, ma deve tener conto del risultato del
provvedimento e della nuova veste che gli interessi hanno assunto; si
esercita così un’attività valutativa che riguarda gli effetti che si sono
prodotti, mentre la situazione che ad essi ha dato luogo appare un
antecedente storico e non l’oggetto diretto del riesame.
Questo è, dunque, un processo logico che non presenta alcuna
18
differenza da quello conosciuto come l’iter valutativo che costituisce
il fondamento della revoca.
26
A ciò si aggiunga che le argomentazioni già richiamate poste a
sostegno della tesi della portata limitata della figura dell’annullamento
di merito, fondantisi sull’esigenza di evitare che venga messo in
pericolo la certezza dei rapporti amministrativi e di conseguenza il
principio del buon andamento dell’attività amministrativa – principio
alla cui attuazione la possibilità di intervenire sugli atti inopportuni
risulta strumentale ma anche, all’opposto verrebbe calpestato se si
riconoscesse in via generale la potestà di porre nel nulla gli effetti di
un provvedimento, tutto sommato, legittimo
27
- possono prestarsi ad
escludere radicalmente l’ammissibilità dell’istituto, il quale, peraltro,
se si condivide la ricostruzione appena formulata circa l’identità
dell’iter logico rispetto a quello sfociante nell’emanazione del
provvedimento revocatorio, potrebbe costituire un pericoloso
strumento di arbitrio in mano all’amministrazione nella misura in cui
questa, rispetto alla medesima fattispecie concreta, sia messa in
condizione di decidere a proprio piacimento se sia opportuno
cancellare o meno gli effetti legittimamente prodotti dall’atto di primo
grado. Verrebbe così meno in discussione, accanto al principio del
buon andamento, anche quello dell’imparzialità.
Tutte queste argomentazioni inducono a ritenere che ad una
migliore comprensione dei fenomeni in esame possa pervenirsi
escludendo l’ammissibilità dello spurio istituto dell’annullamento per
motivi di merito, in sintonia con quella parte della dottrina, allo stato
minoritaria, che ha da tempo proposto di ancorare il riesame di merito
all’area della revoca assegnando all’annullamento il solo terreno della
26
CONTIERI, op. cit., p. 88. In tal senso anche PAPARELLA, Appunti sulla revoca degli atti amministrativi, Bari,
1980, p. 89 e ss.
27
OTTAVIANO, studi sul merito degli atti amministrativi, p. 578.
19
legittimità.
Il secondo requisito fondamentale dell’annullamento d’ufficio,
secondo l’elaborazione giurisprudenziale, è l’interesse pubblico,
interesse che deve essere attuale nel senso che non solo doveva
esistere al momento dell’emanazione dell’atto da eliminarsi, ma deve
essere presente anche nel momento in cui il provvedimento di
caducazione ha luogo.
Premesso che in un atto originariamente illegittimo non possono
trovare fondamento posizioni giuridiche meritevoli di tutela (diritti
soggettivi e interessi legittimi), è pur vero che il decorso del tempo
può aver dato luogo a situazioni oramai consolidatesi, la cui presenza
può far venir meno l’attualità dell’interesse pubblico specifico
all’annullamento d’ufficio; in altre parole, il decorso del tempo non è
determinante per affermare la sussistenza o meno dell’interesse
pubblico specifico, ma costituisce un elemento che rende più o meno
evidente l’attualità della ragione di pubblico interesse.
Così, se l’annullamento avviene a breve distanza di tempo
dall’adozione dell’atto viziato, la valutazione della congruità del
tempo intercorso è rimessa alla valutazione discrezionale
dell’amministrazione, la quale in questo caso può esimersi dal
motivare sull’attualità dell’interesse pubblico alla caducazione
dell’atto illegittimo
28
; all’opposto, il decorso di un lungo periodo di
tempo ed il consolidarsi di situazioni giuridiche soggettive in favore di
privati richiedono una attenta valutazione da parte
dell’amministrazione sull’attualità dell’interesse all’annullamento
29
.
28
Vedi la sentenza del Cons. Stato, sez. VI, 30.10.1981, n. 604, in Cons. Stato, 1981, p. 1126
29
Si veda la sentenza del Cons. Stato, sez. V, 2.11.1980, n. 948, in Cons. Stato, 1980, p. 1551.GHETTI, op. cit., p. 269.