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Introduzione
L‟Agcom (l‟Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) si colloca,
all‟interno del panorama giuridico, tra le Autorità amministrative
indipendenti (o autorità di regolazione). Essa è stata istituita dalla
legge 249 del 31 luglio 1997. Tra le Autorità in questione, oltre
all‟Agcom, possiamo ricordare brevemente: - l‟Autorità garante della
concorrenza e del mercato (nota anche come Autorità Antitrust o
AGCM), istituita dalla legge numero 287 del 10 ottobre 1990; il
compito dell‟Autorità Antitrust è quello di garantire il rispetto delle
regole che vietano le intese anticoncorrenziali tra le imprese, gli abusi
di posizione dominante e le concentrazioni in grado di creare posizioni
dominanti nocive per la concorrenza; - la Banca d‟Italia, che vigila sul
settore creditizio; - l‟Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture; - l‟Autorità per l‟energia elettrica e il gas,
istituita con la legge 14 novembre 1995 numero 481; l'Autorità ha il
compito di perseguire le finalità indicate dalla legge numero 481 del
1995 con cui si vuole garantire la promozione della concorrenza e
dell'efficienza nei settori dell'energia elettrica e del gas; - la
Commissione di garanzia dell‟attuazione della legge sullo sciopero nei
servizi pubblici essenziali, istituita dall‟articolo 12 della legge 12
giugno 1990 numero 146, come modificata dalla legge numero
83/2000; - la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa
(Consob), istituita con la legge 7 giugno 1974 numero 216; l‟attività
della Consob è rivolta alla tutela degli investitori; - la Commissione di
vigilanza sui fondi pensione (Covip), istituita nel 1993 con decreto
legislativo numero 124 del 21 aprile; - il Garante per la protezione dei
dati personali, che interviene in tutti i settori pubblici e privati, nei
quali occorre assicurare il corretto trattamento dei dati personali e il
rispetto dei diritti fondamentali delle persone; - l‟Istituto per la
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vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (Isvap),
istituito con la legge 12 agosto 1982 numero 576.
Per quanto concerne l‟organizzazione delle autorità amministrative
indipendenti, esse pur assolvendo una comune funzione di vigilanza,
controllo e tutela del mercato di riferimento, compongono un quadro
assai frammentato e disomogeneo: queste amministrazioni
indipendenti presentano caratteristiche a tratti anche molto diverse tra
loro, e un diverso grado di indipendenza rispetto al potere politico;
infatti esse non costituiscono una categoria omogenea e uniforme: si
differenziano tra di loro per il tipo di funzioni svolte, per i settore di
intervento e sono state spesso disciplinate secondo criteri non sempre
unitari; tuttavia però tutte le autorità indipendenti si caratterizzano
comunque per alcuni elementi comuni, identificabili ad esempio nelle
modalità di nomina e nella previsione di regimi di incompatibilità dei
propri membri.
Il fenomeno delle Autorità amministrative indipendenti in Italia è
piuttosto recente, in quanto la loro nascita può essere ricondotta
all‟ultimo trentennio. La nascita di metà di queste Autorità è dovuta
all‟impulso comunitario, per un‟esigenza di tutela del mercato e della
concorrenza, materia che sta molto a cuore al legislatore comunitario.
Il fenomeno delle Autorità indipendenti però non è stato inventato dal
legislatore comunitario: infatti egli ha preso ispirazione dal modello
americano, dove sono nate per la prima volta tali autorità (c.d.
Independent Regulatory Commission). Con il termine Autorità
indipendente, ci si riferisce ad un‟amministrazione pubblica che
prende le proprie decisioni sulla base della legge, senza possibilità di
ingerenze da parte del Governo o di altri organi di rappresentanza
politica. La caratteristica principale di queste autorità è la loro elevata
indipendenza (sia dal potere politico, ma anche un‟indipendenza
burocratica e economica): in particolare l‟assenza di subordinazione
rispetto ad altre amministrazioni pubbliche costituisce una delle
caratteristiche peculiari di dette autorità. Ed è proprio il
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riconoscimento di questa indipendenza che consente alle autorità
stesse di agire in posizione di neutralità e di terzietà e quindi di
conseguenza di imparzialità rispetto agli interessi pubblici e privati
che vengono di volta in volta in gioco, in funzione di
regolamentazione e di controllo di un certo settore specifico. L'attività
di regolamentazione è diretta a promuovere lo sviluppo di certi settori
socialmente rilevanti, e a tutelare i sottostanti interessi collettivi,
garantiti dalla nostra carta costituzionale. Lo svolgimento
indipendente delle funzioni da parte delle autorità non esclude forme
di responsabilità nei confronti degli organi politici elettivi (ad esempio
tramite l‟obbligo di riferire periodicamente dell‟attività svolta al
Parlamento) e dei cittadini: infatti le autorità amministrative
indipendenti sono pienamente soggette al sindacato del giudice
amministrativo. Per quanto riguarda i poteri di intervento nei diversi
settori, essi si concretano in poteri di controllo, comprensivi della
funzione di indirizzo delle attività svolte da altri soggetti. Il controllo
si esprime in un ampio potere di indagine, di raccomandazione, di
proposta e persino in un potere sanzionatorio: le sanzioni irrogabili
possono avere o natura interdittiva (come ad esempio può essere la
revoca di una determinata autorizzazione o eventuali ordini e divieti)
ovvero di natura pecuniaria, le quali possono anche essere irrogate
congiuntamente alle sanzioni interdittive. Le autorità amministrative
indipendenti godono anche di autonomia organizzativa, finanziaria e
contabile. Inoltre esse sono dotate di un‟elevata professionalità sia
tecnico-giuridica, che scientifica, che le aiuta a svolgere al meglio e
con consapevolezza i compiti a loro affidati dalla legge. Infine le
autorità sono titolari anche di funzioni arbitrali e contenziose: in
queste situazioni esse svolgono delle funzioni accostabili a quelle dei
giudici, con riferimento a controversie sorte tra soggetti privati,
assumendo una posizione equidistante e terza rispetto agli interessi
coinvolti.
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Un classico strumento di dialogo tra le autorità amministrative
indipendenti e il Parlamento (comune a tutte le autorità) è la
presentazione alle Camere di una relazione annuale sull'attività svolta
da ciascuna.
In conclusione si può dire che le autorità amministrative indipendenti
possono essere definite come organismi amministrativi che esercitano
poteri amministrativi (ad esempio emanando concessioni o
autorizzazioni) e normativi (tramite l‟emanazione da parte delle
autorità di regolamenti aventi ad oggetto la regolamentazione
dell‟organizzazione interna delle autorità stesse e di regolamenti
diretti a disciplinare all‟esterno i singoli ambiti di operatività) nei
relativi settori di intervento, che variano a seconda dell‟autorità a cui
facciamo riferimento.
Sono nati all‟interno della dottrina italiana dei conflitti in merito alla
compatibilità delle suddette autorità, con il disegno costituzionale.
Effettivamente proprio per le caratteristiche di forte indipendenza
dagli organi politici, le autorità indipendenti finirebbero per costituire
una sorta di “tertium genus” tra organi giurisdizionali e organi
amministrativi, e quindi per negare il principio della separazione dei
poteri su cui si basa qualunque Stato democratico e liberale. La
dottrina italiana si è alquanto divisa sul punto: c‟è chi ha ritenuto
infatti che ora come ora non esista un fondamento costituzionale per
l‟attività di regolazione di tali autorità, con la conseguenza che esse
sarebbero illegittime; altri invece le ritengono pienamente legittime, in
forza della possibilità attribuita al legislatore di modificarne i poteri e
persino di arrivare ad abrogarle del tutto. Infine, vista la grande
frammentarietà di disciplina e la diversità, anche e soprattutto dei
poteri tra le diverse autorità, viene sentita l‟esigenza da più parti di
una riforma organica che riordini in modo coerente e sistematico la
normativa delle autorità medesime. Come affermato dal direttore
generale della Banca d‟Italia Fabrizio Saccomanni nel suo intervento
alla Camera dei deputati del 27 ottobre 2010, un eventuale riforma
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recante una nuova disciplina unitaria relativa alle autorità
indipendenti, dovrebbe tener conto delle diverse finalità e tipologie di
intervento, così come delle esigenze e caratteristiche differenziate dei
comparti economici nei quali si esplica l‟azione delle autorità,
salvaguardando al tempo stesso i principi essenziali di indipendenza
delle autorità.
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CAPITOLO I
EVOLUZIONE STORICA, SCOPI E CARATTERI
DELL’AUTORITÀ
1.1 Cenni sullo sviluppo storico dell’Autorità: il Garante per
l’editoria e il Garante per la radiodiffusione e l’editoria.
Nel 1981, la legge 5 agosto 1981 numero 416 (Disciplina delle
imprese editrice e provvidenze per l’editoria) istituiva per la prima
volta il Garante per l‟editoria. Essa costituiva il primo tentativo da
parte del legislatore di regolamentare in maniera organica il settore
dell‟editoria, tramite l‟istituzione di un Garante ad hoc che vigilasse
sul settore stesso. L‟obbiettivo era quello di assicurare una maggiore
trasparenza e di garantire e promuovere il pluralismo nel settore
editoriale. Per quanto riguarda la legittimazione del Garante, esso era
nominato di concerto dai presidenti della Camera e del Senato, tra i
magistrati appartenenti alle giurisdizioni di grado più elevato; esso
aveva l‟obbligo di riferire della propria attività al Parlamento con
cadenza semestrale, e durava in carica cinque anni.
Successivamente, nel 1990, con la legge 6 agosto 1990 numero 223
(così detta legge Mammì, “sulla disciplina del sistema radiotelevisivo
pubblico e privato”, che ha il vanto di essere la prima legge organica
di sistema che l'ordinamento italiano ha avuto in materia
radiotelevisiva), si stabiliva che anche il settore radiotelevisivo
italiano doveva entrare a far parte della competenze del Garante. In
questo modo il Garante dell‟editoria diventava il Garante per la
radiodiffusione e l'editoria.
La legge Mammì è stata emanata per dare attuazione alla direttiva
comunitaria numero 552 del 1989 CEE. La legge Mammì conteneva
importanti principi e linee guida per l‟attività del Garante. In via
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preliminare essa stabiliva che la diffusione di programmi radiofonici o
televisivi, realizzata con qualsiasi mezzo tecnico, ha carattere di
preminente interesse generale. La legge in questione faceva specifico
riferimento al pluralismo dell‟informazione, che veniva considerato
uno dei principi basilari nei mezzi di comunicazione di massa, senza
comunque tralasciare e trascurare altri importanti principi attraverso i
quali si può realizzare un effettivo pluralismo, quali l'obiettività, la
completezza e l'imparzialità dell'informazione o l'apertura alle diverse
opinioni, tendenze politiche, sociali, culturali e religiose, che devono
svolgersi nel rispetto delle libertà e dei diritti garantiti dalla nostra
Costituzione, in quanto rappresentano principi basilari per il sistema
radiotelevisivo. Ancora, la legge Mammì, attribuiva al Garante il
compito di vigilare sull‟osservanza, da parte della RAI e di tutti gli
altri concessionari per la radiodiffusione, delle leggi e delle
convenzioni internazionali in materia di telecomunicazioni e di
utilizzazione delle opere dell‟ingegno. Essa inoltre attribuiva al
Garante il potere di irrogare sanzioni amministrative qualora vi
fossero state da parte delle emittenti e degli altri soggetti rientranti
nell‟ambito di applicazione della legge stessa, violazioni delle norme
di settore e qualora vi fossero state eventuali utilizzazioni delle opere
di ingegno in difformità delle norme sul diritto d‟autore
1
. La legge
inoltre imponeva ad ogni canale televisivo di avere un proprio
direttore di rete ed un telegiornale con relativo direttore responsabile.
Infine essa fissava i limiti massimi di interruzioni pubblicitarie
durante i film e vietava le pubblicità durante i cartoni animati.
Il Garante era nominato con decreto del Presidente della Repubblica,
su proposta formulata d‟intesa tra loro dai Presidenti del Senato e
della Camera dei deputati. L'ufficio non era più riservato
esclusivamente ai magistrati di rango elevato, ma poteva essere
ricoperto anche da professori universitari ordinari nelle discipline
giuridiche, aziendali od economiche, nonché tra esperti di comprovata
1
Legge 6 agosto 1990 n. 223.