2
reso sempre più omogeneo il quadro delle comunicazioni elettroniche
3
.
Nuovi prodotti e nuovi servizi costituiscono, dunque, il prodotto di una integrazione, dai più
considerata inevitabile
4
, capace addirittura di gestire, attraverso reti comuni, servizi comuni di
telecomunicazione, di televisione e di informatica, in un processo di graduale scomparsa della
distinzione fra mezzi e contenuti della comunicazione
5
.
Il vantaggio, come si può agevolmente intuire, è a tutto beneficio dell’utente che intende
fruire di un servizio di comunicazione elettronica: l’informazione è reperibile con maggiore
rapidità e capillarità, il suo utilizzo flessibile ed interattivo e, soprattutto, il suo costo minore
6
.
L’evoluzione descritta, come già accennato, ha provocato profondi mutamenti anche nel
campo del diritto, consegnando al passato tutta una serie di strumenti di governo e
regolazione, connessi indissolubilmente ad un assetto giuridico per lungo tempo impostosi
come indispensabile.
Infatti, l'immagine giuridica tradizionale delle attività di fornitura di servizi di comunicazione
è sempre stata legata alla categoria delle cosiddette public utilities
7
, vale a dire delle imprese
esercenti servizi pubblici essenziali, volti, cioè, a soddisfare esigenze fondamentali della
collettività, in settori di mercato di importanza strategica, quali, ad esempio, quello dei
trasporti, della somministrazione di energia o, per l'appunto, delle comunicazioni a distanza
8
.
Fin dagli inizi di questo secolo, gli Stati, compreso quello Italiano, vi hanno provveduto
predisponendo le reti necessarie alla fornitura dei pubblici servizi e curando essi stessi,
direttamente o indirettamente, la gestione sia delle une che degli altri, secondo uno schema
3
E’ questa la formula adottata dal Legislatore per definire l’oggetto del processo di integrazione in atto tra le
diverse forme di comunicazione. Cfr. D.Lgs. 1°Agosto 2003, n. 259, recante appunto il Codice delle
comunicazioni elettroniche.
4
J.J. MONTERO, L’intervento pubblico nelle Telecomunicazioni, in Rivista Italiana di Diritto Pubblico
Comunitario, 2003, n. 3 / 4, p. 425.
5
E. CHELI, Convergenza, grande opportunità che impone nuove regole, flessibili, cit.
6
B. MALAISI, La convergenza tra televisione e telecomunicazioni nel caso Seat-TMC, in Diritto
dell’informazione e dell’informatica, 2002, n.1, p. 73.
7
A. TIZZANO, L’azione comunitaria nelle telecomunicazioni: interventi recenti e prospettive future, in Diritto
dell’informazione e dell’informatica, 1998, p. 917.
8
G. AMATO, Autorità semi-indipendenti ed autorità di garanzia, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico,
1997, n. 3, p. 655.
3
giuridico generale che trovava la propria formale legittimazione nei principi espressi dalla
Costituzione repubblicana.
Ora, la diversa situazione esistente nel settore ha reso rapidamente del tutto obsoleti gli
schemi giuridici previgenti, così come le ragioni sostanziali che giustificavano il vecchio
assetto monopolistico, prefigurando un radicale ripensamento delle strutture pregresse a
vantaggio del regime di libera iniziativa economica privata.
Trasformazione, questa, che si è venuta imponendo nel nostro Paese, a differenza che altrove,
in modo estremamente lento e macchinoso, soltanto sulla scia del diritto comunitario.
Le opportunità offerte dal progresso tecnologico e dalla convergenza dei mercati della
comunicazione, infatti, sono state tempestivamente colte dalle istituzioni Comunitarie, le
quali, concordando la realizzazione di un progetto politico comune, hanno deciso di eliminare
i vecchi monopoli nazionali, abolendo in capo ad imprese, generalmente pubbliche, diritti
speciali ed esclusivi di cui hanno goduto per anni.
La liberalizzazione è stata realizzata secondo un iter “classico” per quel che riguarda
l'obbiettivo del passaggio dal monopolio al libero mercato, e cioè adottando un'iniziale ri-
regolazione, fase in cui si è ridisegnato nel complesso il quadro normativo di riferimento, cui
ha fatto seguito l'effettiva de-regolazione
9
.
Si comprende, allora, come, durante il primo dei due momenti, il ruolo della regolazione,
comunitaria prima e nazionale poi, abbia assunto un peso essenziale e strategico perché
l’apertura del mercato, intesa come libera circolazione dei beni e dei servizi e,
contemporaneamente, come concorrenza piena ed effettiva, si realizzasse nella pratica,
confermando quanto, in sede europea, a livello di principio, era già stato da tempo
affermato
10
.
9
F. BASSAN, Concorrenza e regolazione nel Diritto Comunitario delle comunicazioni elettroniche, cit., p. 2.
10
Cfr. ad esempio Direttiva 88/301/CEE (sulla concorrenza dei terminali), Direttiva 90/388/CEE (sull’abolizione
dei diritti esclusivi o speciali per la fornitura di servizi di telecomunicazione) e Direttiva 96/19/CE (cd. Full
competition, sulla liberalizzazione della telefonia vocale e la realizzazione di nuove reti pubbliche di
telecomunicazioni).
4
Il libero ingresso, infatti, è solo uno degli elementi su cui si fonda l’affermarsi della
competizione: occorre un ulteriore passaggio, vale a dire la garanzia, per i nuovi entranti,
della loro permanenza sul mercato
11
.
Tali condizioni possono esser assicurate solo mediante interventi esterni, di correzione e
conformazione.
Ciò è tanto più rilevante in un settore, le comunicazioni, gestito per così lungo tempo con un
unico soggetto in mano pubblica da risultare condizionato dall’ex-monopolista anche a
liberalizzazione avvenuta, in base ad una sorta di “asimmetria negativa”
12
, che viola il
principio introdotto di uguaglianza tra operatori a vantaggio del cd. incumbent
13
.
Muovendosi in un’area costituita da spazi economici, almeno in origine, chiusi l’intervento è
stato complesso, ed ha, quindi, reso necessaria un’ ulteriore azione, complementare a quella di
liberalizzazione, questa volta di armonizzazione, che ha permesso di riavvicinare le singole
legislazioni nazionali nella misura necessaria al regolare funzionamento del mercato
14
.
Una volta introdotta, però, la concorrenza deve essere mantenuta stabile.
Fondamentale, tra gli interventi specifici adottati a riguardo, quello che ha coinvolto il profilo
organizzativo ed istituzionale del settore avente ad oggetto la costituzione, negli Stati europei,
di un’Autorità nazionale di regolazione. In Italia vi ha provveduto la legge n. 249 del 1997,
che ha istituito l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), soggetto
indipendente e separato dal potere esecutivo, dotato di questa particolare natura proprio
perché ritenuta maggiormente idonea allo svolgimento della missione che le è stata affidata: la
predisposizione di un sistema di regole che tuteli i complessi e diversi interessi che ricadono
11
R. PEREZ, Telecomunicazioni e concorrenza, Milano, 2001, p. 24.
12
L.G. RADICATI DI BROZOLO, Simmetria ed asimmetria nel diritto comunitario delle telecomunicazioni, in
Diritto dell’Informazione e dell’Informatica, 1997, n.10, p. 502.
13
Termine inglese che designa, appunto, l’ex-monopolista legale nel mercato liberalizzato delle
telecomunicazioni, il quale riveste una posizione dominante in virtù dei vantaggi conseguenti al precedente
regime monopolistico.
Cfr. R. PEREZ, Comunicazioni e concorrenza, cit., pag. 488.
14
Cfr. Direttiva 90/387/CEE (cd. Open network provision) e la Direttiva 96/19/CE, entrambe fondate sugli artt.
95 e 3 h) del Trattato.
5
sul settore.
Il riflesso è una vastissima serie di competenze, normative, tecniche, di controllo e di
vigilanza, di proposta e sanzionatorie.
Il presente lavoro intende tracciare un quadro generale sulla funzione che ha svolto, nel nostro
paese, l’Autorità di garanzia nel settore delle comunicazioni elettroniche soffermandoci, in
particolare, sulle evoluzioni future cui la stessa andrà incontro alla luce delle sensibili
innovazioni introdotte dalla recente riforma Comunitaria del 2002.
Dopo una prima parte, dedicata alla descrizione del regime pregresso, basato sul dogma del
monopolio, di cui si tenteranno di mettere in luce presupposti giustificativi ed insufficienze, si
passeranno in rassegna le principali innovazioni, introdotte dal diritto Comunitario, tra la
seconda metà degli anni Ottanta sino ed oggi, tutte improntate all’idea di introdurre e
garantire, mediante un’idonea regolazione, un’effettiva concorrenza in un mercato chiuso.
La terza parte, dedicata alla disamina specifica del principale strumento adottato per tutelare
gli interessi in gioco, vale a dire l’AGCOM, servirà, poi, come base per verificare se e come il
nuovo concerto regolamentare europeo, ed in specie le quattro direttive principali, ne abbia
mutato il ruolo e le competenze.
6
2. L’introduzione della concorrenza nel mercato delle comunicazioni.
La regolazione.
7
2.1. L’evoluzione tecnica e normativa del settore
Per meglio comprendere la portata di un processo giuridico quale l’apertura alla
concorrenza del mercato delle comunicazioni, così complesso nell’attuazione quanto
rivoluzionario negli effetti, occorre prendere preliminarmente in esame il campo in cui questo
fenomeno ha inciso.
Scopo di questo capitolo, pertanto, sarà quello di illustrare la disciplina normativa nazionale
delle comunicazioni nell’assetto anteriore allo svilupparsi dei fermenti di liberalizzazione,
ossia il ricordato regime di monopolio legale, per affrontare, in seguito ed in maniera più
approfondita, l’analisi degli interventi giuridici che hanno disegnato l’attuale quadro di
governo del mercato.
2.1.1. I concetti strutturali di base: dal sistema analogico alla digital collision.
Nell’addentrarci in questa materia, giova, in primo luogo, fornire una chiara definizione del
concetto intorno al quale ruota l’intero settore, ossia quello di comunicazione a distanza o
tele-comunicazione: con esso si intende, per utilizzare la nozione convenzionalmente
utilizzata e risalente alle Convenzioni Internazionali di Madrid (6 Dicembre 1932) e di
Buenos Aires (22 Dicembre 1952) “ogni scambio di informazioni a distanza, realizzato con
qualunque mezzo trasmissivo, vale a dire, ogni trasmissione, emissione e ricezione di segni,
segnali, scritti, immagini, suoni o informazioni di qualsivoglia natura, per filo, radioelettrica,
ottica o a mezzo di altri sistemi elettromagnetici”.
Da tale ampio paradigma, emergono quelli che possono essere considerati i tre momenti
costitutivi delle comunicazioni a distanza, vale a dire l’emissione, la trasmissione e la
ricezione di segnali
15
:
mentre la prima comporta la diffusione di onde radioelettriche, la
15
R. ZACCARIA, Diritto dell'informazione e della comunicazione, Padova, 1998, p. 259.
8
trasmissione può essere effettuata via etere, oppure tramite l’uso di conduttori artificiali; la
ricezione, invece, richiede il possesso di un apparato tecnico opportunamente predisposto,
strutturato allo scopo di riprodurre, nella forma originale, l’oggetto del messaggio emesso e
trasmesso.
La definizione, inoltre, risulta ulteriormente utile ai fini della nostra analisi poiché permette di
individuare le tre possibili forme che i messaggi trasmessi possono assumere.
Infatti, in via generale, è possibile osservare come il più ampio genus delle telecomunicazioni
si costituisca di tre species principali: la telegrafia, la telefonia tradizionale e le
radiocomunicazioni.
Nei primi due casi (telegrafia e telefonia, se si eccettua, all’interno di quest’ultima, quella
mobile di più recente sviluppo), il supporto tecnico utilizzato è costituito da una rete costruita
impiegando un conduttore dotato di fisicità.
Anche le funzioni svolte sono comuni e consistono essenzialmente nel permettere a due
soggetti di comunicare tra loro, da un singolo punto di trasmissione ad un singolo punto di
ricezione (cd. servizi point to point): l’interesse è, dunque, che la rete veicoli in assoluto il
maggior numero di messaggi, secondo un disegno esclusivamente economico. Si comprende
allora come, in base alla realistica constatazione dell’impossibilità di verificare un numero
elevatissimo di contatti, per questi servizi il contenuto dei messaggi che viaggiano sulla rete
sia indifferente.
Le reti assumono veste neutrale, in quanto idonee a fornire una molteplicità di servizi
aprioristicamente non determinabili, e l’unica condizione richiesta è che venga assicurato che
di esse ci si possa avvalere
16
.
La terza specie, invece, è, sia per funzione che per tecnica, differente dalle precedenti due.
16
V. ZENO ZENCOVICH, Il sistema integrato delle telecomunicazioni: spunti sistematici e critici sulla legge
31 Luglio 1997, n. 249, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 1997, p. 738.
9
Le “radiocomunicazioni”, che a loro volta comprendono la sottospecie delle radiodiffusioni,
basilari nell’attuale sistema di diffusione di messaggi a distanza (radiofonia e televisione su
tutti), sono caratterizzate, per quanto riguarda il primo punto di vista, dalla cd. circolarità,
vale a dire la possibilità che la ricezione del segnale, trasmesso da un singolo soggetto attivo,
possa essere ricevuto da una pluralità indeterminata di soggetti passivi (definite perciò point
to multipoint), purché dotati di un apparecchio ricettore
17
.
Il quadro tecnico appena tracciato, però, dopo avere costituito per decenni un modello
consolidato, nel volgere di un breve lasso di tempo ha subito un impensabile stravolgimento.
Talune fondamentali e recenti evoluzioni, infatti, hanno prodotto una totale trasformazione
delle tecnologie comunicative: le principali sono tre.
In primo luogo, è necessario citare l’applicazione in massa delle procedure informatiche
computerizzate, ossia la fornitura di servizi di natura informativa attraverso reti di
trasmissione (cd. network) che consentono di raggiungere, a grande distanza ed in tempo
reale, l'utente beneficiario del servizio.
L’informazione non viene solo veicolata, ma può essere contemporaneamente memorizzata ed
elaborata dall'utente: fondendosi le caratteristiche della telecomunicazione e dell'informatica
(cd. telematica
18
), essa, in corso di trasferimento, acquisisce valore
19
e permette la possibilità
di instaurare un processo tra fonte e destinatario del messaggio (cd. interattività).
Il secondo aspetto di quest’innovazione riguarda, invece, i mezzi che permettono la
propagazione dei segnali, divenuti nel tempo sempre più veloci nel trasmettere i dati che
l’informatica ha reso così evoluti.
17
A. PASQUARELLI - S. PIASCO, Telecomunicazioni, in Grande Dizionario Enciclopedico UTET, Torino,
vol. XIX, pp. 843 e ss.
18
Contrazione semantica di “telecomunicazioni” ed “informatica”, appunto.
19
I servizi che sono frutto della trasmissione a distanza e circolazione dell'informazione, tramite reti di
telecomunicazione, sono appunto definiti di “valore aggiunto”.
Cfr. R. ZACCARIA, Diritto dell'informazione e della comunicazione, cit., pag.263.
10
Supporti come la fibra ottica
20
o il satellite
21
, tra loro complementari, hanno reso possibile
l’utilizzo di canali di trasmissione cd. a banda larga
22
, grazie ai quali si diffondono elevati
flussi di immagini, suoni e dati ad alta definizione e velocità, rendendo così di fatto obsoleto
lo strumento tradizionale, ossia il cavo di rame
23
.
La terza grande innovazione tecnologica, infine, consiste nell’introduzione del sistema
digitale accanto al sistema analogico e perciò non riguarda i mezzi bensì le tecniche di
trasmissione dei segnali.
Mentre la trasmissione analogica tradizionale si basa sulla corrispondenza, tra le estremità di
una rete, di due segnali (di tipo ottico, acustico o elettrico), di cui uno (cd. segnale di
trasmissione) è la rappresentazione originale dell'altro (cd. segnale all'origine), la novità
introdotta dalla tecnologia digitale sta nel procedimento che si verifica tra i due punti finali
della rete: il segnale digitale non mantiene il suo “formato” naturale, come accade per quello
analogico, ma subisce una scomposizione nei suoi componenti atomici, ridotti ad agglomerato
di bit, cioè di impulsi in successione, che assumono l’aspetto di “uno” e “zero” (cd. simboli
binari)
24
.
Se si considera che la riduzione in numeri rende il contenuto informativo indistinguibile e
consente il trasporto simultaneo di segnali di ogni genere, e che apposite tecniche di
compressione del segnale hanno permesso di ridurre all’essenziale la quantità di bit necessaria
a descrivere dati, suoni ed immagini, si comprende come il passaggio al digitale abbia portato
20
Cavi di trasmissione costituiti di materiale vetroso (di qui il nome) o plastico che sfruttano la propagazione
della radiazione elettromagnetica, oltre lo spettro visibile, nell'infrarosso, con numerosi vantaggi rispetto ad altri
supporti, quali la resistenza e la capienza del segnale con esso trasportato. Cfr. R. ZACCARIA, Diritto
dell'informazione e della comunicazione, cit., pag.264.
21
Strumento particolare che “funge da ripetitore, rendendo possibile il “rimbalzo” del segnale radioelettrico tra
punti anche lontanissimi del pianeta terrestre”. A tale scopo ci si serve di particolari apparecchiature terminali e
di reti di collegamento. Cfr. F. COLLI, Telecomunicazioni a mezzo dei satelliti, in Novissimo Digesto Italiano,
app. VII, 1987, p. 715.
22
R. ZACCARIA, Diritto dell'informazione e della comunicazione, cit., pag.264.
23
La capacità di trasporto della sola fibra ottica si calcola sia all'incirca 150 volte superiore rispetto a quella del
tradizionale cavo di rame. Cfr. R. ZACCARIA, Diritto dell'informazione e della comunicazione, cit., pag. 264.
24
R. NIRO, Commento al D.P.R. 4 Settembre 1995, n. 420, sulle caratteristiche e modalità di svolgimento dei
servizi di telecomunicazione, in Giornale di Diritto Amministrativo, n. 5, 1996, pp. 405 e ss.
11
una vera e propria rivoluzione nel mondo delle comunicazioni
25
.
Al suo interno l’uso di mezzi ulteriori ed alternativi rispetto all’etere terrestre e l’emergere di
servizi a valore aggiunto
26
rispetto al servizio di telefonia vocale sono fattori che hanno
accresciuto in maniera esponenziale le risorse a disposizione dei fornitori di servizi di
comunicazione. Per aggiornare, come ci siamo proposti, l’odierna definizione di
comunicazione a distanza, sarà, infatti, fondamentale considerare l’implicazione senz’altro
più dirompente introdotta dalla cd. “digitalizzazione”, ossia la multimedialità.
Come si è visto, la trasformazione di dei segnali analogici attraverso i simboli binari permette
di trasmettere contemporaneamente segnali di natura diversa (suoni, immagini e dati),
combinando indifferentemente diversi mezzi di comunicazione: questo è ciò che si intende
per multimedialità, vale a dire la possibilità che più linguaggi di comunicazione possano
essere veicolati dallo stesso medium
27
, capace, attraverso comuni piattaforme di rete, di
gestire servizi di tipo fondamentalmente simile in un processo di graduale scomparsa della
distinzione tra mezzi e contenuti della comunicazione.
28
Le tecniche e le infrastrutture vanno verso la cd. convergenza, rendendo ora omogenei settori
che sono nati e si sono sviluppati separatamente: la struttura tradizionale delle
telecomunicazioni è completamente stravolta poiché non è più necessario che esistano reti
distinte per servizi distinti.
29
In tal modo, si ha una vera e propria integrazione tra telecomunicazioni, informatica e
televisione: ad esempio, di contenuti che storicamente potevano essere diffusi solo mediante
la televisione si può fruire indifferentemente anche attraverso un PC o un telefono cellulare
30
,
realizzando il progetto da tempo elaborato dalle autorità comunitarie europee di società
25
R. ZACCARIA, Diritto dell'informazione e della comunicazione, cit., pag.266.
26
Si veda la nota 20.
27
R. ZACCARIA, Diritto dell'informazione e della comunicazione, cit., pag.267.
28
E. CHELI, Convergenza, grande opportunità che impone nuove regole, flessibili, cit.
29
Sul tema della convergenza digitale si veda il documento ufficiale della Commissione Europea “Libro Verde
sulla convergenza tra i settori delle telecomunicazioni, dell’audiovisivo e delle tecnologie dell'informazione e
sulle sue implicazioni normative”, (COM (97) 623).
30
B. MALAISI, La convergenza tra televisione e telecomunicazioni nel caso Seat-TMC, cit., p. 73.
12
dell’informazione
31
.
2.1.2. La regolamentazione giuridica: il regime di monopolio ed i suoi presupposti.
Dopo avere esaminato il rapido ed incisivo processo di evoluzione delle
telecomunicazioni dal punto di vista tecnologico, l’analisi va spostata sulla disciplina
giuridica che, in concreto, ha regolato, sin dalla sua emersione, il mercato, per sottolineare,
soprattutto, come lo schema giuridico adottato in origine sia stato, proprio a causa delle citate
trasformazioni, radicalmente sostituito da un nuovo modello, improntato a logiche del tutto
differenti rispetto al passato.
Nel nostro Paese il settore delle telecomunicazioni è stato gestito e regolato totalmente
in mano pubblica sino a tempi più recenti che in altri Stati, continentali e non
32
: il regime di
monopolio legale, originatosi già all’inizio del secolo, infatti, ha risentito profondamente della
31
Si veda la comunicazione della Commissione delle Comunità Europee al Consiglio ed al Parlamento europeo
del 19 Luglio 1994, La via europea verso la società dell’informazione: piano d’azione, (COM (94) 347).
32
In Gran Bretagna, ad esempio, dopo essere stato gestito, per lungo tempo, in regime di monopolio legale
(statutory monopoly), prima da una struttura di governo, poi da un’impresa in comando pubblico (British
Telecom), il servizio di telecomunicazioni è stato oggetto già a partire dal 1981 di un intenso fenomeno di
privatizzazione, con l’alienazione ai privati di quasi l’ottanta per cento delle azioni del gestore pubblico,
l’apertura del mercato alla concorrenza, la creazione di un assetto di regolazione forte, di tipo tecnico, anziché
politico, affidata non al ministero di settore, ma ad una authority specializzata e indipendente (Office of
Telecommunications). In Francia, la prima opzione per la privatizzazione è datata 1990, con il distacco del
gestore France Telecom dall’amministrazione postale, e la sua trasformazione bensì in «impresa pubblica», ma
con forti connotazioni privatistiche, mediante le quali si è inteso assicurarle sufficiente distacco e autonomia
dall’ingerenza statale. In Germania, dove gli articoli 73 e 87 della Legge Fondamentale attribuivano la materia
delle telecomunicazioni allo Stato, che le gestiva attraverso il ministero di settore e la Deutsche Bundespost, da
esso dipendente, il processo di liberalizzazione è stato avviato in base alle proposte del rapporto Witte, preparato
nel 1988 da una commissione istituita dal governo, che svolse i propri lavori in contemporanea all’elaborazione
del Libro Verde della Commissione europea sulle telecomunicazioni, cui risultò, infatti, in molti punti conforme.
Negli Stati Uniti, il monopolio della società AT&T, nel settore della telefonia vocale, si basò a lungo sulla
disciplina dei diritti di proprietà industriale. Ma già a partire dagli anni cinquanta assistiamo a significative
azioni giudiziali volte a impedire comportamenti anticoncorrenziali nei confronti di imprenditori concorrenti. In
Giappone, dopo una prima fase di carattere «sperimentale», l’apertura alla concorrenza e la privatizzazione del
gestore pubblico Nippon Telegraph & Telephon Corporation risale a tre leggi di riforma votate dalla Dieta
nipponica nel 1984. Cfr. G. VENTURINI, Servizi di telecomunicazione e concorrenza nel diritto internazionale
e comunitario, Torino, 1996, pp. 37-70; C. DESIDERI, Servizi pubblici imprenditoriali. Riserva e regolazione
dei servizi telefonici, Milano, 1990, pp. 105-131; R. ARRIGONI, Regolazione e gestione nelle public utilities:
principio di separazione e libera concorrenza nell’applicazione dei principi costituzionali e comunitari,in
Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1995, pp. 96-100; S. CASSESE, Servizi pubblici a rete e governo del
territorio, in Giornale di diritto amministrativo, 1997, pp. 1075; N. CURIEN - M. GENSOLLEN (a cura di M.
GAMBARO), Telecomunicazioni: monopolio e concorrenza, Bologna, 1995; G. KNIPS, Deregolamentazione in
Europa: telecomunicazioni e trasporti, in AA.VV., Regolamentazione e/o privatizzazione, Bologna, 1992, pp.
311ss.
13
legittimazione ricevuta dalla Costituzione con l’.articolo 43.
Il modello giuridico-costituzionale era fondato sulla cosiddetta riserva originaria di impresa,
vale a dire sulla statuizione che riconosceva, in base alla legge, esclusivamente ad un soggetto
qualificato, cioè allo Stato, non solo la facoltà d’esercizio bensì, ancor più a monte, la
titolarità stessa del diritto d’impresa in ordine ad una determinata attività produttiva di beni o
di servizi.
Pertanto, nessun altro soggetto all’interno dell’ordinamento poteva essere titolare di diritti
d’impresa poiché il mercato, per espressa volontà di legge, era da considerarsi riservato
all’unico operatore pubblico.
A base di questo impianto, il convincimento secondo cui le comunicazioni a distanza
costituissero ex se un monopolio naturale.
I presupposti che hanno sorretto quest’idea derivano da fattori di diversa natura, giuridici ed
economici, socio-politici e culturali.
In primo luogo, da un punto di vista giuridico, si può osservare come la disciplina, sia stata a
lungo influenzata da una concezione di fondo in base alla quale le telecomunicazioni, al pari
di tutti gli altri servizi cosiddetti a rete
33
, avrebbero carattere essenziale, sarebbero cioè volte
a garantire il godimento di diritti della persona costituzionalmente garantiti, come pure la
soddisfazione di esigenze irrinunciabili della collettività
34
.
Ora, secondo l’articolo 43 della Costituzione, lo Stato può riservare a sé, per fini di utilità
generale, determinate attività d’impresa purché si riferiscano a servizi pubblici essenziali.
Si prevede, dunque, la possibilità di riserva dell’attività economica qualora un servizio
pubblico fosse giudicato essenziale.
33
F. CARDARELLI - E. PICOZZA, La politica delle telecomunicazioni: profili amministrativi, in Il Diritto
dell’informazione e dell’informatica, 1997, n. 1, p. 92.
34
I servizi di telecomunicazione rappresenterebbero, cioè, attività attinenti alla “soddisfazione di naturali ed
insopprimibili esigenze di evoluzione e di progresso connesse all’essenziale funzione dello sviluppo dei rapporti
del vivere civile”. Così G. DE SANCTIS - F. MOLTENI, Poste e Telecomunicazioni, in Enciclopedia del
Diritto, vol. XXXIV, Milano, 1985, p. 570. S. CASSESE, Dalla vecchia alla nuova disciplina dei servizi
pubblici, in Rassegna giuridica dell’energia elettrica, 1998, p. 234.
14
Ciò, in passato, accadeva appunto per le telecomunicazioni (così come accadeva, del resto,
per tutti gli altri servizi a rete)
35
.
In altre parole, in questi casi, l’attività d’impresa doveva essere retta da criteri di gestione che
assicurassero in massimo grado il perseguimento di quei fini di utilità generale indicati
espressamente dall’articolo 43.
Dunque, per esempio, era necessario che vi fosse una rispondenza assidua dell’attività ai
bisogni della collettività degli utenti; oppure che fosse assicurata l’accessibilità generale alla
prestazione del servizio; o che quest’ultima garantisse, in ogni caso, il raggiungimento di
utilità (di qualunque tipo, economico, morale, culturale, ecc.) per gli utenti, singoli o
comunità; o, infine, che fosse costantemente prevista l’esistenza di una priorità assoluta, quale
fine non derogabile, consistente nell’erogazione effettiva del servizio al pubblico.
Operando la riserva a favore del soggetto designato, la legge attribuiva a quest’ultimo, in via
esclusiva ed a titolo originario, il diritto assoluto e personale d’impresa.
Il riservatario era posto in una situazione di monopolio legale, potendo, per legge, egli solo
determinare le condizioni del mercato: era consentito, infatti, l’esercizio dell’attività riservata
con esclusione di qualsiasi altro soggetto in competizione.
La riserva dell’articolo 43 della Costituzione, dunque, una volta attuata per il tramite di una
disposizione legislativa, escludeva da un determinato settore produttivo di beni o di servizi,
nel nostro caso quello delle telecomunicazioni, qualsiasi forma di impresa privata.
A quest’atto di esclusione potevano seguire due opzioni: la prima prevedeva la gestione del
servizio da parte della stessa Pubblica Amministrazione; la seconda, invece, prevedeva che il
servizio fosse attribuito in concessione ad un privato.
Nel primo caso, lo Stato conservava titolarità ed esercizio del diritto di impresa, operando
tramite aziende autonome, che, però, dello Stato costituivano solo un’articolazione strutturale:
35
Si veda pure, a titolo di esempio, quanto stabilisce l’articolo 2597 del codice civile, il quale precisa che chi
esercita un’impresa in condizione di monopolio legale, ossia, appunto, di riserva originaria di impresa, ha
l’obbligo di contrattare con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell’impresa, osservando la
parità di trattamento.
15
si parla infatti di gestione diretta
36
; nel secondo, invece, ne conservava la titolarità,
affidandone, però, al tempo stesso, l’esercizio ad un gestore privato (per lo più, a società a
partecipazione pubblica necessaria: ad esempio, in campo telefonico, la SIP): in questo caso la
gestione è definita delegata, cioè in regime di concessione.
In secondo luogo, ai fini della giustificazione del monopolio legale, assumevano rilevante
importanza motivi di ordine economico.
Innanzitutto si è fatto riferimento alla notevole ed innegabile incidenza, connaturata alle
particolari condizioni presenti in questo settore, delle cd. economie di scala, vale a dire dei
costi fissi, necessari alla realizzazione delle infrastrutture di rete indispensabili per fornire il
servizio, talmente elevati da costituire impenetrabili barriere all’ingresso dell’iniziativa
imprenditoriale privata.
L’effetto era di rendere pressoché impossibile la realizzazione di un autentico meccanismo
concorrenziale: adottando un regime di libera iniziativa, infatti, si sarebbe corso il pericolo di
consegnare il predominio nel settore ai pochi privati, economicamente più forti, capaci già
inizialmente di sostenere tali costi fissi, a tutto svantaggio dei diritti degli utenti, sacrificati
dalla scarsa competizione.
Inoltre, c’era da considerare come la condizione di monopolio esigesse tecniche di controllo
particolarmente penetranti allo scopo di evitare i possibili effetti negativi nella gestione
concreta dei servizi: occorreva vigilare, da un lato, sulla libertà del monopolista nella
fissazione del prezzo di vendita, col rischio che potesse superare la soglia di quello che
sarebbe stabilito in regime concorrenziale, e, dall’altro, sulla sensazione di “rilassatezza” da
parte del gestore unico che, potendo contare sulla mancanza di competitori sul mercato e, di
conseguenza, agendo sul prezzo di vendita anziché sulla copertura dei costi di produzione,
avrebbero potuto incidere negativamente sulle necessarie innovazioni tecnico-produttive.
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E’ il caso delle telecomunicazioni internazionali ed intercontinentali, gestite a lungo dalla non più esistente
Azienda di Stato per i Servizi Telefonici (ASST). Cfr. R. CALABRIA , Telecomunicazioni (servizi di), in
Enciclopedia Giuridica Treccani, vol. XXX, Roma, 1994.