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INTRODUZIONE
Uno sguardo alla storia
Il Disturbo dello Spettro Autistico (dall’inglese Autism Spectrum Disorder, ASD) è un
insieme eterogeneo di manifestazioni caratterizzate da deficit persistenti nella
comunicazione e nell’interazione sociale in molteplici contesti e da pattern di
comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi. Inoltre, questi soggetti riportano
frequenti comorbidità psichiatriche e mediche associate (Frye, 2018).
Le caratteristiche della sintomatologia clinica possono essere estremamente
eterogenee sia in termini di complessità che di severità e possono presentare
un’espressione variabile nel tempo.
Bleuler, psichiatra svizzero (1857-1939), introdusse il termine “autismo” nel 1911 per
descrivere gli adulti con schizofrenia. Alcuni credevano che questa parola derivasse
da quella freudiana “autoerotismo”, usata per descrivere uno stadio pre-infantile,
molto immaturo, di pensiero allucinatorio che precede l'impegno con la realtà esterna.
Altri resoconti suggeriscono che ha avuto origine dal latino “Autismus”, che deriva
dal greco “autos” che significa sé, descrivendo così condizioni in cui i pazienti sono
morbosamente assorbiti da sé stessi.
Nel 1943, Leo Kanner, psichiatra austriaco (1894-1981), usò la parola “autismo” per
descrivere una sindrome unica in una serie di bambini con ossessività, stereotipie,
ecolalie e quasi una completa mancanza di interazione sociale con le persone. La
descrizione di Kanner infatti considerava eminentemente due criteri clinici:
innanzitutto il distacco, o meglio il disturbo del contatto affettivo, e quindi
incoercibilità di abitudini ripetitive.
Parallelamente, Hans Asperger, uno psicologo infantile viennese (1906-1980), nel
1944 descrisse giovani pazienti con un disturbo caratterizzato dalla mancanza di
empatia, scarsa capacità di formare amicizie, conversazione unilaterale, intenso
assorbimento in un interesse speciale e movimenti goffi ma con un livello intellettuale
medio-alto. Questa sindrome fu poi definita come Sindrome di Asperger (AS), dal
nome dello psicologo stesso.
Pur essendo stato impiegato in un senso analogo a quello attuale già negli anni ’40, il
termine “autismo” comparve nei sistemi diagnostici internazionali solo vent’anni
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dopo. La prima menzione risale all’ICD-8 del 1967, come sottogruppo delle
schizofrenie.
Il cambiamento radicale si ebbe quando fu stato descritto come entità propria nel
Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali, nella terza edizione (DSM-III),
ove si introdusse il termine di disturbi pervasivi dello sviluppo (Pervasive
Developmental Disorders). Questa veniva intesa come categoria generale, marcando
così il passaggio da una concezione “schizofreniforme” del lemma autismo ad una
correlata con lo sviluppo (Wing & Gould, 1979).
Nel 1987, il DSM-III-Revised introdusse la categoria di Disturbo Pervasivo dello
Sviluppo Non Altrimenti Specificato per poter includere anche i bambini che non
soddisfavano i criteri completi per l'autismo, affiancandolo all’altro sottogruppo
diagnostico di disturbo autistico. Fu eliminato il criterio relativo all’età di esordio.
Nel 1994, il DSM-IV apportò ulteriori cambiamenti e, pur mantenendo
l’organizzazione generale del DSM-III-R, si introdussero ulteriori sottogruppi: oltre al
disturbo autistico e alla non altrimenti specificata, comparvero anche il “disturbo di
Rett”, il “disturbo disintegrativo della fanciullezza” (noto anche come “sindrome di
Heller”). Infine, riconobbe per la prima volta ufficialmente la “Sindrome di Asperger”,
definito come un deficit nella funzione sociale insieme a interessi e/o comportamenti
ripetitivi e restrittivi, ma senza una precoce compromissione del linguaggio.
La versione più recente del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi
mentali, quinta edizione: DSM-5) ha chiuso il cerchio, eliminando le sottocategorie di
disturbo pervasivo dello sviluppo, non altrimenti specificato, AS e disturbo autistico,
descrivendo ora l'autismo come un vero e proprio spettro a seconda dei livelli di
compromissione e di gravità.
Precedentemente, l'autismo veniva diagnosticato in base alla compromissione delle
interazioni sociali e della comunicazione insieme alla presenza di movimenti ripetitivi
e interessi restrittivi. Attualmente, il DSM-5 sostiene che le interazioni sociali e la
comunicazione sono così interrelate che sono difficili da separare. Così, l’ultimo
manuale diagnostico ha combinato queste due menomazioni per definirne una
principale: l'anomalia significativa nella comunicazione sociale.
Il manuale diagnostico, quinta edizione, ora riconosce solo l'ASD come diagnosi.
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CAPITOLO I
IL DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO (ASD)
CARATTERISTICHE CLINICHE DELL’ASD
Le caratteristiche cliniche sono classificate in due gruppi, secondo l’attuale manuale
diagnostico DSM-5: la comunicazione e interazioni sociali e gli interessi ristretti e
stereotipie, con l’attenzione rivolta anche alle reazioni anormali agli stimoli sensoriali.
o Comunicazione sociale e interazione sociale.
I bambini con autismo riportano un’incapacità o importanti difficoltà a sviluppare una
reciprocità socio-emotiva, sia con gli adulti che con i coetanei, che si manifesta
attraverso comportamenti, atteggiamenti e modalità comunicative verbali e non verbali
non adeguate all’età, al contesto o allo sviluppo mentale non raggiunto.
In questi soggetti è necessario poi indagare eventuali deficit dello sviluppo, della
gestione e della comprensione delle relazioni.
Può verificarsi un caratteristico isolamento, sovente accompagnato da un’assenza di
iniziativa nel rapporto diretto, e da un’indifferenza nei confronti del contesto
relazionale, come anche nei riguardi di figure affettive come la madre o il padre. Nelle
fasi precoci di disturbo, la ricerca delle altre persone è legata quasi esclusivamente alla
soddisfazione dei bisogni primari. In un momento successivo si possono osservare un
aggancio visivo incostante ed un attivo evitamento del contatto oculare e corporeo.
Può manifestarsi anche una difficoltà nel comprendere le emozioni, sentimenti e
credenze altrui, che alterano lo sviluppo relazionale (Baron-Cohen, Leslie, & Frith,
1985). Tuttavia, il patrimonio emotivo del soggetto è intatto, e sovente mostra caratteri
della ricchezza e della varietà: ciò che manca è piuttosto l’integrazione nella rete di
scambio comunicativo.
Tra le principali difficoltà manifestate da soggetti ASD in quest’area si possono quindi
trovare (Frye, 2018):
- Imitazione
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- Contatto visivo
- Indicazione di oggetti
- Orientamento al nome
- Attenzione congiunta
- Cercare e godersi le coccole
- Rispondere al nome (segnale caratteristico nel riconoscimento dell’ASD)
- Cercare i genitori
- Seguire le indicazioni di qualcuno
- Interesse per gli altri bambini
- Sorriso sociale
- Salutare con la mano senza sollecitazione
- Richiede attenzione.
Uno dei deficit sociali più consistenti nei bambini che sviluppano ASD è una
mancanza di gesti sociali non verbali come indicare, mostrare e dare. Il gesto
dell’indicare inizia a svilupparsi intorno agli 8 mesi di età.
Due tipi di puntamento si sviluppano durante l'infanzia:
- Il puntamento protoimperativo, un gesto che indica ciò che un bambino
vuole, è assente nello sviluppo dei bambini piccoli con ASD, anche se può
manifestarsi negli anni successivi.
- Il puntamento protodeclarativo che è un gesto di attenzione congiunta che
viene utilizzato per condividere le esperienze.
Altri importanti gesti protodeclarativi che si sviluppano nella prima infanzia sono il
“mostrare” e il “dare”.
Nei gesti di “mostrare”, un bambino porta un oggetto di interesse a qualcuno e allunga
le braccia tenendo l'oggetto verso il viso della persona per condividere il suo interesse.
Nei gesti di “dare”, un bambino mette un oggetto nella mano di qualcuno per
condividere l'oggetto di interesse con la persona. Questi gesti protodeclarativi sono
caratteristicamente assenti nell'ASD.
I soggetti autistici riportano inoltre delle anomalie nell’orientamento e nell’attenzione
verso gli stimoli sociali e nella capacità di leggere il comportamento sociale degli altri.
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Per quanto riguarda l’interazione sociale, si possono riconoscere delle manifestazioni
differenti. Lorna Wing
1
, psichiatra britannica (1928-2014), ha identificato, in
particolare, tre tipologie differenti di comportamento sociale all’interno della
popolazione autistica:
- Ritirato, questo gruppo corrisponde all’immagine di autismo più diffusa e
comprende i soggetti che sono maggiormente isolati. Possono agitarsi se
vengono avvicinati e, di solito, rifiutano contatti fisici o sociali non
richiesti, anche se a volte amano giochi rudi basati sul contatto fisico e il
movimento. L’isolamento sociale è particolarmente marcato nei confronti
dei coetanei, meno evidente con persone conosciute, specie i genitori.
- Passivo, i bambini e gli adulti di questo gruppo non hanno approcci sociali
spontanei, se non per ottenere risposta ai loro bisogni, ma accettano gli
approcci degli altri senza protestare, e anche con qualche lieve
manifestazione di divertimento.
- Attivo ma bizzarro, questo gruppo comprende persone che stabiliscono
spontaneamente degli approcci con gli altri, ma in modo bizzarro, ingenuo
ed egocentrico. Cercano di soddisfare i loro specifici e circoscritti interessi
parlando ad altri o facendo domande. Gli approcci attivi possono essere
dunque persistenti; a volte sono accompagnati da un contatto fisico tanto
inappropriato da essere talora sgraditi e stressati per l’altro.
È riconosciuto che con la crescita il bambino può attraversare fasi con comportamento
sociale differente. Inoltre, le esperienze vissute dalla persona durante la crescita
possono almeno in parte determinare questi cambiamenti: quindi, è possibile cercare
di influenzare il cambiamento nella direzione di un migliore adattamento sociale. La
possibilità di intervenire in modo efficace per diminuire la menomazione sociale è
certamente maggiore se la diagnosi è precoce.
In generale, per quanto riguarda l’aspetto della comunicazione verbale, essa risulta
essere il mezzo per trasmettere messaggi in contesti sociali, che ne rappresenta il 7%,
1
Lorna Wing, psichiatra britannica (1928- 2014) che fu coinvolta nella ricerca di disturbi dello
sviluppo, successivamente alla nascita di una figlia con disturbo dello spettro autistico.
(https://it.wikipedia.org/wiki/Lorna_Wing, 19 agosto 2021)
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mentre i segnali non verbali giocano un ruolo essenziale nelle interazioni sociali, cioè
il 55%, e il restante 38% è definito dal linguaggio paraverbale, nonché il ritmo, il tono,
il volume della voce.
Invece i soggetti che riportano il disturbo dello spettro autistico manifestano dei deficit
a livello del linguaggio, che causa delle manifestazioni cliniche molto varie, sia per la
produzione che per la comprensione. Queste anomalie potrebbero essere correlate a
quelle relazionali, anche se il nesso non è ancora stato chiarito.
In coloro che sviluppano linguaggio verbale, il profilo linguistico-comunicativo è
descrivibile come un pattern di funzioni compromesse e altre intatte collocabili in uno
spettro di gravità molto ampio (Walensky, 2006). Nella maggior parte dei casi è
deficitaria la produzione verbale e si manifesta una ridotta intenzionalità comunicativa.
Può, tuttavia, presentarsi un buon livello espressivo: in questi casi si osserva invece
un’alterazione della prosodia, l’ecolalia, le inversioni pronominali o la ripetitività.
Si possono verificare inoltre delle difficoltà nell’impiego e nella comprensione di frasi
astratte e metafore, evidente talvolta nell’incapacità di comprendere frasi fatte o
sfumature umoristiche.
Gli aspetti pragmatici del linguaggio, ovvero le competenze necessarie ad utilizzare e
interpretare il linguaggio in base al contesto extralinguistico sono largamente
compromessi nella popolazione con autismo. Sono documentati anche dei deficit a
livello fonologico.
Gli aspetti formali del linguaggio, come la sintassi e la morfologia, appaiono preservati
in un certo numero di soggetti con autismo. Nei soggetti ad alto funzionamento si
possono verificare abilità nella norma, o anche superiori, in test standardizzati nella
conoscenza lessicale, riportando alta competenza a livello lessicale.
Il livello di comprensione del linguaggio verbale dei bambini con autismo è inferiore
al livello di produzione nel secondo anno di vita e in generale in età prescolare
(Charman, 2003). Infatti, i soggetti autistici sono riconosciuti più comunemente come
coloro che “parlano ma non comprendono”. Dopo l’età prescolare però il livello di
comprensione e di produzione del linguaggio verbale sono sempre più appaiati.
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Nelle persone con autismo che hanno un più alto livello di comprensione del
linguaggio, sono presenti tuttavia difficoltà specifiche nella comprensione di termini
riferiti a stati emotivi (Baron-Cohen, 1994). Il livello cognitivo spiega solo in parte le
capacità di linguaggio, e non sempre punteggi più alti nei test cognitivi non-verbali
sono associati a migliori abilità linguistiche (Howlin, 2004). Per questi individui il
linguaggio rimane comunque manieristico e letterale.
L’ipotesi sull’origine del deficit di linguaggio ricade sulle abilità di attenzione
condivisa (Anderson, 2007), nonché la capacità di condividere con un’altra persona
un evento.
Altre ipotesi suggeriscono che a rendere questo sistema inefficiente sia un deficit di
connettività tra le diverse aree cerebrali interessate a questo processo.
Alcuni studiosi (Kanaet, 2006) hanno osservato in un gruppo di soggetti con autismo
un’atipica attivazione di aree occipitali (deputate all’elaborazione di informazioni
visuo-spaziali) durante l’ascolto di frasi che normalmente non elicitano
rappresentazioni visive. Questo dato suggerisce che utilizzino strategie alternative
basate sulla rappresentazione visiva per supportare la comprensione del linguaggio
(“Thinkingin pictures”, descritto da Temple Grandin
2
, 2006).
Gli occhi, in particolare, forniscono una moltitudine di segnali sociali (Madipakkam,
Rothkirch, Dziobek, & Sterzer, 2017). Gli adulti, e già i neonati, spostano la loro
attenzione preferibilmente e di riflesso verso lo sguardo diretto degli altri per stabilire
un contatto visivo reciproco. Questa preferenza per lo sguardo diretto non è limitata
alla percezione cosciente, ma si verifica anche quando gli individui sono
completamente inconsapevoli di essere guardati, accentuando l'elaborazione rapida e
automatica dello sguardo diretto in individui tipicamente sviluppati.
Al contrario, gli individui ASD mostrano risposte atipiche allo sguardo: in particolare
un evitamento del contatto visivo reciproco. Questa caratteristica sorprendente e ben
documentata di ASD è direttamente correlata a deficit nelle interazioni sociali e si
2
Temple Grandin (Boston, 1947) è una professoressa associata della Colorado State University e
autrice di molti libri autobiografici. Risulta essere una delle più note personalità con diagnosi di
disturbo dello spettro autistico ad alto funzionamento, nonché la Sindrome di Asperger (AS).
(https://it.wikipedia.org/wiki/Temple_Grandin, 18 agosto 2021)
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verifica sin dall’inizio della manifestazione del disturbo. Infatti, uno degli aspetti più
caratterizzanti per gli individui con ASD è il contatto visivo che risulta essere molto
sfuggente e, ancora oggi, si stanno studiando le possibili cause di questo
comportamento. D'altra parte ciò che rimane sconosciuto, è se questo contatto visivo
sfuggente potrebbe procedere automaticamente e anche inconsciamente. Ciò
implicherebbe un meccanismo attuato a bassi livelli della gerarchia di elaborazione e
le differenze nel percorso del neurosviluppo di elaborazione dello sguardo.
Per quanto riguarda coloro che riportano ad un funzionamento maggiore la
comunicazione e l’interazione sociale si manifestano con un livello di difficoltà
differente. Infatti, i deficit di abilità sociali negli individui con ASD ad alto
funzionamento (High Functioning Autism Spectrum Disorder, HFASD) sono stati
attribuiti a mancanze in diverse componenti cognitive, tra cui la teoria della mente e
la competenza pragmatica, la velocità di elaborazione cognitiva, e processi
metacognitivi come l'iniziazione e la pianificazione.
I deficit identificati invece nella AS forniscono alcune informazioni sulle sottigliezze
dei deficit cognitivi nella funzione sociale. Per esempio, anche se il linguaggio non è
apertamente anormale, particolari componenti della competenza linguistica possono
essere carenti. Gli individui con AS hanno un vocabolario adeguato e un'abilità
grammaticale, ma una scarsa inferenza e comprensione della narrativa.
Infine, anche se si pensa che le persone con AS abbiano uno scarso senso
dell'umorismo, in realtà hanno un deficit nella gelotofilia (cioè, ridere di se stessi) ma
mostrano un katagelasticismo intatto (cioè, ridere degli altri).
Nonostante la ricerca definisca i deficit cognitivi che sono alla base dell'ASD, è
importante ricordare che il deficit neurofisiologico chiave è probabilmente a livello
cellulare, suggerendo una disfunzione a livello di sistema del sistema nervoso piuttosto
che una specifica via neurale o una regione del cervello che è interessata. Così, la
disfunzione a livello di sistema nei sistemi neurali può esprimersi in modo leggermente
diverso a seconda di altri fattori intrinseci ed estrinseci, portando all'eterogeneità che
troviamo nella popolazione ASD.