II
processo di crescita delle situazioni familiari di fatto prive di un atto
costitutivo e di una disciplina specifica
4
.
Queste due antitetiche tendenze pi� che mostrare una crisi
dell�istituzione familiare segnalano l�instaurarsi di un processo di
trasformazione fondato sulla prevalenza di una maggiore autonomia
(e/o autodeterminazione) soggettiva nei rapporti interpersonali.
Invero anche questo, come altri fenomeni sociali, non trover� se
non dopo un lungo e travagliato iter dottrinale e giurisprudenziale,
un’adeguata e compiuta sistemazione normativa
5
.
Da una parte infatti, la dottrina e la giurisprudenza si sono
lungamente confrontate sulla rilevanza giuridica del fenomeno in
questione e sulla disciplina dei rapporti interni ed esterni del nucleo
cos� composto. Dall�altra parte il legislatore, non esistendo in Italia
una regolamentazione espressa e completa, ha solo creato un
complesso articolato di norme prive di coordinamento, sparse e
disorganiche che attribuiscono isolati effetti giuridici � anche assai
rilevanti � alla convivenza more uxorio, ma che sforzi interpretativi
non riescono a ricomporre in un quadro normativo globale e
coerente (Cfr. infra, punto 1.3.1.)
Oggetto di attenzione e di contrasti � in effetti, non una generica
rilevanza giuridica di tipo indiretto, in cui il fatto convivenza resta
un mero presupposto relativo alle conseguenze connesse a
fattispecie autonome, ma la rilevanza giuridica definita
giusfamiliare che risulta da un insieme di regole che assumono la
4
Cos�, CATAPANO, Il matrimonio civile, in Uccella (a cura di), Diritto di famiglia, Milano,
1996, pag. 60 ss.
5
VERDE, Prefazione a “convivenza more uxorio”, a cura di Marvasi, Roma, 1995, pag. 7.
III
relazione di convivenza come immediato punto di riferimento di
diritti e di doveri
6
.
Tuttavia, l�analisi dei diversi profili della convivenza non pu�
prescindere da una sia pur sintetica riflessione sull�evoluzione della
famiglia che viene generalmente considerata come la cellula di base
di ogni societ� o, secondo la nota definizione ciceroniana, quasi
seminarium rei pubblicae
7
.
In particolare, numerose costituzioni vigenti in tutto il mondo
8
tutelano la famiglia nata dal matrimonio. Tra queste anche l�art. 29
della nostra Costituzione: la Repubblica garantisce i diritti della
famiglia come società naturale fondata sul matrimonio
9
.
Tale norma costituzionale sembrerebbe quindi ergere una sorta
di sbarramento
10
alla indiscussa rilevanza sociale della famiglia di
fatto.
6
Sul punto, QUADRI, Rilevanza attuale della famiglia di fatto ed esigenze di regolamentazione,
in Dir. fam. pers., 1996, pag. 295.
7
Cic. De off. 1.17.54. Per quanto riguarda gli aspetti sociologici: DONATI, Manuale di
sociologia della famiglia, Bari, 1998; ID., La famiglia di fatto come realtà sociale e come
problema sociale oggi in Italia, in Iustitia, 1990, pag. 239; VENTURA, Famiglia di fatto,
famiglia legittima e giusta familiarità, in Iustitia, 1990, pag. 420.
8
L�art. 14 della Dichiarazione universale dei diritti dell�uomo (1948) qualifica la famiglia
come nucleo naturale e fondamentale della società. In Europa ad esempio, nella Costituzione
tedesca il matrimonio e la famiglia trovano particolare protezione nell�ordinamento giuridico
(art. 6); in Spagna, i pubblici poteri assicurano la protezione sociale, economica e giuridica
della famiglia (art. 39).
9
�La famiglia presa in considerazione dalla nostra Costituzione � esclusivamente quella
fondata sul matrimonio. Sicch�, da un lato si riconosce al matrimonio, pur senza definirlo, il
ruolo e la funzione di fondamento della famiglia, dall�altro, si identifica quest�ultima attraverso
l�atto, il matrimonio, che ne � la fonte�. Cos�, DEL PRATO, L’autonomia nei rapporti familiari,
Milano, 1999, pag. 39.
10
CATALANO, in op. ult. cit., pag. 61.
IV
E� palese, infatti, che la coppia non esistendo pi�
condizionamenti sociali e giuridici in merito alla convivenza, non
ritiene pi� determinante sottoporre il proprio rapporto alla disciplina
caratterizzante il vincolo matrimoniale. In alcuni casi la convivenza
costituisce l�unica soluzione possibile in attesa del divorzio o
dell�annullamento di un precedente matrimonio
11
. In altri casi, che
sono i pi� frequenti, la convivenza spontanea viene vissuta come
una situazione paraconiugale (o paramatrimoniale) che potrebbe
anche condurre al matrimonio c.d. a tappe
12
.
Possiamo allora affermare che, uno � il matrimonio, mentre
molteplici possono essere le convivenze
13
.
Questo tipo di rapporto viene generalmente definito di fatto
14
in
quanto privo di un atto formale di costituzione, ma caratterizzato da
stabilit� e da notoriet�.
Tale rapporto inoltre, costituito senza atto di volont�, si distingue
nettamente: sia da talune situazioni di fatto che presuppongono
11
AULETTA, Il diritto di famiglia, Torino, 1997, pag. 15.
12
Sul fenomeno, SENGALEN, Sociologie de la famille, Parigi, 2000, con riferimento al concetto
di mariage à l’essai o matrimonio in prova. Nell�esperienza britannica si parla invece di trial
marriage: FREEMAN e LYON, Cohabitation without marriage, Adelrshot, 1983, pag. 51-55. Gli
stessi autori analizzano anche il fenomeno delle dual career couple, cio� di quelle coppie
giovani in cui entrambe i componenti decidono di non porsi la questione del matrimonio sin
tanto che non avranno raggiunto una determinata posizione o comunque accumulato the capital
assets with which to start a marriage. In Germania, il fenomeno della convivenza fuori del
matrimonio prende il nome di Ehe auf Probe: BIN, Rapporti patrimoniali tra coniugi e
principio di uguaglianza, Torino, 1971, pag. 242 ss.
13
PERLINGERI, Profili di diritto civile, Napoli, 1994, pag. 221, distingue tra convivenza atipica,
relativa alle coppie omosessuali (Cfr., infra, punto 1.2.3) e convivenza tipica.
14
Interessante � l�approccio dello stesso Perlingeri, in op. ult. cit., pag. 127, che mette in luce
alcune situazioni di fatto, tra cui il possesso (art. 1140 c.c.), la famiglia di fatto e le
obbligazioni naturali (art. 2034 c.c.). Pi� in particolare, FRANCESCHELLI, I rapporti di fatto.
Ricostruzione della fattispecie e teoria generale, Milano, 1984. Nel diritto societario sono
ravvisabili fenomeni analoghi nelle societ� di fatto: BERNARDINI, La convivenza fuori del
matrimonio, Padova, 1997, pag. 168 ss.
V
l�esistenza di un atto di matrimonio irregolarmente formato (come
il matrimonio putativo
15
e la simulazione dell�atto di matrimonio
16
);
sia dalla semplice coabitazione di persone per diverse ragioni
(ospitalit�, servizio, studio, assistenza, etc.) e che d� origine alle
unioni di mutuo aiuto; sia infine, dalle cc. dd. comuni in cui la
convivenza � dovuta unicamente a motivi di carattere economico.
Da quanto detto emergono numerose considerazioni pi�
propriamente di carattere giuridico, nei confronti di un istituto che
15
Il rapporto coniugale che nasce dal matrimonio putativo non pu� di certo essere inquadrato
come un rapporto di fatto, dato che pur essendo originato da un negozio invalido − perch�
dichiarato nullo o annullabile con sentenza costitutiva − ma contratto in buona fede da almeno
uno dei coniugi (oppure, quando il consenso sia stato estorto con violenza o determinato da
timore di eccezionale gravit� derivante da cause esterne agli sposi), costituisce ex art. 128 c.c.
ipotesi giuridicamente tipizzata, concertandosi in un rapporto di diritto. In tal caso, come
nell�ipotesi in nota 16, vi � l�assunzione formale del vincolo matrimoniale, sebbene viziato da
nullit�, che invece manca nella convivenza paraconiugale. Inoltre, in applicazione del principio
generale quod nullum est nullum producit effectum, la situazione in cui versa la coppia che
abbia contratto matrimonio poi dichiarato nullo dovrebbe configurare una vera propria
famiglia di fatto, almeno fino a quando non si contragga nuovamente un valido matrimonio.
Ma, cos� non � perch� il legislatore ha previsto in tale ipotesi l�efficacia ex nunc della
pronuncia di invalidit� del matrimonio. La non retroattivit� di tale pronuncia fa comunque salvi
gli effetti giuridici derivanti dal matrimonio, in primo luogo, per i figli nati o concepiti durante
il matrimonio, che conservano lo status di figli legittimi (salvo che la nullit� del vincolo
dipenda da bigamia o incesto), ed in secondo luogo, nei confronti del coniuge in buona fede
che conserverebbe i diritti successori nel caso l�altro deceda prima della sentenza che
pronuncia l�invalidit�.
16
Si ha simulazione, ai sensi dell�art. 123 c.c. quando gli sposi abbiano convenuto di non
adempiere agli obblighi e di non esercitare i diritti nascenti dal matrimonio. Tralasciando le
dispute dottrinarie circa l�inquadramento di tale istituto − i.e. se possa essere inquadrato
nell�ambito pi� generale della simulazione del negozio giuridico (arg. ex artt. 1414-1417 c.c.),
ovvero se si configuri invece un�ipotesi di annullabilit�, oppure una nuova figura del tutto
peculiare − vanno evidenziate le profonde differenze con la famiglia di fatto. Infatti, mentre in
quest�ultima i conviventi conducono la loro vita in comune e si comportano come se fossero
marito e moglie assumendo spontaneamente, quantomeno sotto il profilo dell�obbligazione
naturale, gli obblighi che tale convivenza comporta, nel matrimonio simulato vi �, al contrario,
oltre alla celebrazione del matrimonio (contratto per scopi diversi da quello di dar vita al
consortium ominis vitae: ad es. per ottenere la cittadinanza), un vero e proprio accordo (c.d.
controdichiarazione) con il quale gli sposi convengono di non dare attuazione agli obblighi
derivanti dal matrimonio e quindi di non comportarsi come marito e moglie. A dimostrazione
di questa ontologica differenza l�azione di simulazione non pu� pi� essere riproposta ex art.
123, comma 2, c.c. quando i coniugi non rispettino l�accordo dissimulato: vale a dire, quando
�abbiano convissuto come coniugi successivamente alla celebrazione medesima� e quando −
per esigenze di certezza dei rapporti giuridici − sia �decorso un anno dalla celebrazione del
matrimonio�.
VI
non avendo ancora raggiunto una sua collocazione dogmatica
all�interno del nostro ordinamento
17
, consente all�interprete
alternativamente l�applicazione di strumenti gi� collaudati e/o la
sperimentazione di nuovi
18
.
L�indagine compiuta in questa trattazione cerca di mettere in luce
i principali e molteplici aspetti di questo fenomeno sociale che, tra
l�altro, non sono riconducibili ad un�unica prospettiva.
Nella prima parte si prender� in analisi la convivenza sia dal
punto di vista fenomenologico che sostanziale, anche con il
richiamo ad alcune esperienze di ordinamenti giuridici stranieri.
Nella seconda parte si cercher� di delineare − richiamando gli
orientamenti dottrinali e giurisprudenziali − da un lato, il regime
legale, dall�altro il contenuto dell�autonomia nei rapporti di
convivenza.
17
�Pu� trattarsi di questioni in materia sanitaria concernenti, sia l�espressione del consenso, sia
la possibilit� di assistere il congiunto; di questioni economiche destinate ad insorgere dopo la
morte del congiunto (relative alla propriet�, alle pensioni riconosciute ai superstiti, al regime
fiscale delle disposizioni di ultima volont�), o inerenti diritti di natura personale (si pensi alle
onoranze funebri o ai diritti di sepoltura); di contrasti di natura economica tra conviventi, che si
manifestano nel corso della loro vita in comune o successivamente alla fine; di problematiche
connesse all�immigrazione, o relativamente all�applicazione della legge penale o penitenziaria;
dell�accesso all�adozione o alle tecniche di fecondazione assistita; delle controversie
sull�educazione dei figli o del loro affidamento; dei problemi inerenti all�abitazione, alle
locazioni, all�assegnazione di case di edilizia economica o popolare; dell�accesso a prestazioni
sociali o assistenziali�. Cos�, FERRANDO, Il matrimonio, cit., pag. 189.
18
In tal senso, TOMMASINI, La famiglia di fatto, in Trattato di dritto privato Bessone, IV,
Torino, 1999, pag. 419 ss. Recentemente, ASPREA, La famiglia di fatto, Milano, 2003.
- 1 -
TITOLO 1
LA CONVIVENZA: UN TENTATIVO DI
APPROCCIO SISTEMATICO
CAPITOLO 1.1
L�EVOLUZIONE DEI RAPPORTI DI NON
CONIUGALI.
CAPITOLO 1.2
LA RILEVANZA GIURIDICA DELLA
CONVIVENZA.
CAPITOLO 1.3
LE NORME E LE PROPOSTE DI LEGGE SULLA
CONVIVENZA.
- 2 -
CAPITOLO 1.1
L’EVOLUZIONE DEI RAPPORTI DI
CONVIVENZA NON CONIUGALI
1.1.1 − Dal concubinatus al Concilio di Trento.
1.1.2 − Il concubinato nel XVIII� secolo.
1.1.3 − Le codificazioni del 1865 e del 1942.
1.1.4 − Dalla convivenza more uxorio alla famiglia
di fatto.
- 3 -
1.1 − L�EVOLUZIONE DEI RAPPORTI DI
CONVIVENZA NON CONIUGALI.
1.1.1 − Dal concubinatus al Concilio di Trento.
Un significativo segnale del lungo e travagliato percorso che −
dalla netta e pregiudiziale chiusura − ha condotto all�ammissibilit�
di un riconoscimento e di una tutela del fenomeno in esame, si
coglie nella stessa terminologia usata − in epoche diverse − per
indicare la convivenza non coniugale dalla letteratura giuridica e
dalla giurisprudenza, che registra un passaggio dal termine
�concubinato�, di evidente valenza negativa, alle espressioni
�convivenza more uxorio�, evocativa di un fenomeno informato a
valori di libert� e volont�, ed infine, �famiglia di fatto�, che esprime
una sorta di equiparazione tra famiglia legittima e la convivenza
non coniugale, considerata anch�essa come gruppo familiare.
Per comprendere, allora, l�evoluzione della convivenza e delle
sue differenti definizioni non soltanto lessicali, ma anche
contenutistiche possiamo � attraverso un breve excursus storico �
prendere le mosse dal concubinato secondo l�ordinamento romano
1
.
Nel diritto romano arcaico il concubinato non � una relazione di
mero fatto, indifferente per il diritto o addirittura illecita, bens� una
1
In particolare, CASTELLO, In tema di matrimonio e concubinato nel diritto romano, Milano,
1940, passim. L�Autore distingue tre diverse unioni extra-matrimoniali; paelex � alle origini di
Roma si riferiva a qualunque donna vivesse in una unione non matrimoniale, in seguito fu cos�
denominata soltanto la rivale della moglie � contubernium � la relazione di carattere
continuativo ed abituale fra schiavi o tra un libero e una schiava, o viceversa � ed infine
concubinatus.
- 4 -
forma di unione, inferiore di certo al matrimonio
2
, ma riconosciuta
dal diritto
3
.
In et� repubblicana (II sec. a.C.) non esistono ancora norme
giuridiche che, direttamente o indirettamente riguardano il
concubinato che viene comunque tollerato
4
.
Al contrario, con l�avvento dell�et� imperiale (I sec. d.C.) ed in
particolare con la legislazione augustea
5
, il concubinato si colloca
nel quadro delle convenzioni autorizzate secondo il diritto naturale
e riconosciute senza per� confondersi con il matrimonio
6
.
Nel periodo degli imperatori cristiani, il concubinato assume una
rilevanza giuridica ma in senso negativo
7
. Da Costantino in poi (III
sec. d. C.) si assiste ad una trasformazione graduale del concetto
giuridico di matrimonio e pi� in generale, dell�ordinamento
familiare romano. Si cerca cos� di sopprimere il concubinato: da
2
Nella societ� romana, �il matrimonio � decisamente un rapporto di fatto (come il possesso),
cio� nient�altro che l�unione durevole tra l�uomo e la donna a cui progressivamente vengono
collegati taluni effetti giuridici indiretti� in FRANCIOSI, Famiglia e persone in Roma antica,
Torino, 1995, pag. 129 ss.
3
Cos�, SANFILIPPO, Istituzioni di diritto romano, Messina, 1996, pag. 185-186.
4
Sul punto, VOCI, Istituzioni di diritto romano, Milano, 1996, pag. 556-557.
5
Il concubinato si diffonde, in questo periodo, come conseguenza alle restrizioni introdotte
dalla lex Julia de maritandis ordinibus et de adulteris coercendis del 18 a.C. e dalla lex Papia
Poppaea nuptialis del 9 a.C.: cos�, VOLTERRA, voce Matrimonio (dir. rom.), in Enc. del dir.,
XXV, Milano, 1975, pag. 763-773.
6
BONFANTE, Istituzioni di diritto romano, Torino, X ed., 1946, pag. 197 ss. Secondo l�illustre
Autore �il concubinato era la convivenza senza affectio maritalis con una donna di bassa
condizione, in genere una propria liberta, cio� con persone in quas stuprum non commititur�.
La lex Julia, infatti, non puniva il concubinato, ma comminava gravi pene per lo stuprum,
�cio� la relazione sessuale con una donna di condizione sociale onorata (honesta)�. Possiamo,
quindi, affermare con le parole del Bonfante che � sotto l�aspetto meramente sociale il
concubinato venne a costituire sin d�allora una specie di matrimonio morganatico�.
7
Secondo VOCI, in op. ult. cit., pag. 557 potrebbe sembrare �un paradosso definire, com�� in
uso, rapporto giuridico il concubinato e rapporto di fatto il matrimonio; e attribuire agli
imperatori cristiani avversione per il concubinato e insieme riconoscimento giuridico.�
- 5 -
una parte, vietando (o limitando) le donazioni e i lasciti sia alla
concubina, che ai figli naturali (liberi naturales); dall�altra,
concedendo con misure transitorie il matrimonio e la legittimazione
dei figli
8
.
Soltanto Giustiniano (VI sec. d.C.) mostra una tendenza
favorevole elevando il concubinato a ineguale coniugium. Egli,
infatti, abolisce le limitazioni ai donativi ed ai lasciti, concede alla
concubina e ai figli naturali un limitato diritto di successione
intestata, il diritto agli alimenti (anche in confronto di figli
legittimi) ed erge ad istituto stabile la legittimazione. Infine, estende
al concubinato i requisiti del matrimonio: monogamia rigorosa, et�
coniugale, impedimenti di parentela e impedimenti di affinit�
9
.
A partire dal XI secolo, si assiste ad un atteggiamento
compromissorio: il matrimonio e il concubinato, infatti, coesistono
nelle diverse legislazioni locali.
La Chiesa, dal canto suo, mutua dal diritto romano il principio
consensualista (consensus fecit nuptias) e su questo innesta la
concezione sacramentale del matrimonio che si perfeziona soltanto
con lo scambio dei consensi tra i nubendi, senza la necessit� di
8
BUSNELLI e SANTILLI, La famiglia di fatto, in Cian-Oppo-Trabucchi (a cura di), Commentario
al diritto italiano della famiglia,VI, Padova, 1993, pag. 760 ss.
9
Questa sintesi sulla legislazione giustinianea compiuta dal BONFANTE, in op. ult. cit., pag.
198 mi sembra evidenziare una sorta di teoria dell�applicazione analogica ante litteram (Cfr.
infra, punto 1.1.4). In particolare, Giustiniano togliendo gli impedimenti di natura sociale al
matrimonio e di riflesso anche al concubinato � in quanto si poteva tenere come concubina
anche una donna honesta et ingenua, purch� ne facesse espressa dichiarazione � diede vita ad
una nuova concezione di concubinato intesa come �la convivenza stabile con una donna di
qualunque condizione senza affectio maritalis� che rimase immutata in Oriente fino ai tempi di
Leone il filosofo (IX sec.) e in Occidente fino al XII secolo.
- 6 -
alcuna forma solenne
10
. Infatti, la celebrazione pubblica non �
necessaria per la validit� dell�atto matrimoniale, ma � soltanto
richiesta perch� il matrimonio sia lecito e non clandestino.
Secondo tale principio consensualista si riteneva validamente
contratto il matrimonio sulla base dell�accertamento della semplice
promessa tra due persone di prendersi − rispettivamente − per
marito e moglie, pur in assenza di celebrazione (sponsalia de
presenti), persino quando l�assunzione del vincolo fosse avvenuta
di nascosto (matrimonia clandestina).
Proprio l�assenza di ogni formalismo ha indotto ad ammettere la
possibilit� di fornire la prova di tali negozi non soltanto per mezzo
di testimoni, o per atto notarile, ma anche sulla base di semplici
presunzioni. Tra queste, un�importanza fondamentale ha assunto
proprio la convivenza more uxorio, ritenuta determinante (in
assenza di una dimostrazione diretta dello scambio delle
dichiarazioni), soprattutto con riguardo ai giudizi circa la legittimit�
della prole
11
. A tal riguardo alcuni autori parlano della teoria del
mariage pr�sum�, ovvero del possesso di stato di coniuge
12
.
10
BRUNETTA D�USSEAUX e D�ANGELO, Matrimonio, matrimonii. L�alambicco del
comparatista II, Milano, 2000, pag. 24.
11
In proposito gli autori parlavano di una vera e propria quasi possessio matrimonii,
dimostrabile provando che �Titiam et Caium, qui dicetur parentes istius, tenuisse, reputasse ac
tractasse se invecem, ut maritus et uxor�. BETTETINI, La secolarizzazione del matrimonio
nell�esperienza giuridica contemporanea, Padova, 1996, pag. 79.
12
Sul punto BUSNELLI e SANTILLI, in op. ult. cit., pag. 762. Tale disciplina consensualistica �
successivamente affermata anche nel Concilio Laterano (1215) indetto da Innocenzo III, con
l�inserimento di alcune norme per contrastare maggiormente i matrimoni clandestini, come
l�obbligo per i fidanzati di far procedere il matrimonio dalle pubblicazioni (denuncitiones o
banni). Cos�, BRUNETTA D�USSEAUX e D�ANGELO, in op. cit., pag. 25.
- 7 -
Ma, successivamente il ripudio del principio consensualista si
rese necessario − oltre che per evidenti ragioni di certezza − proprio
per evitare gli abusi cui davano luogo i matrimoni clandestini, che
in pratica costituivano l�escamotage adottato per eludere eventuali
impedimenti, come i divieti derivanti dall�appartenenza dei nubendi
a classi diverse o per l�opposizione del famiglie.
Quindi, l�iniziale atteggiamento di tolleranza da parte della
Chiesa cattolica, durante la tarda romanit� e per tutto il Medioevo,
viene via via mutando, cos� come rilevano il Concilio di Toledo ed
altri sinodi locali dove si condannano apertamente le unioni
concubinarie.
Con il Concilio di Trento (1545-1563), poi, la Chiesa cattolica,
reagendo tra l�altro alle spinte riformiste
13
, afferma nel decreto
Tam et si il carattere sacramentale � e quindi anche formale � del
matrimonio che rimane un vincolo indissolubile. Di pi�, con tale
decreto mentre, da un lato viene condannato senza riserve il
concubinato, dall�altro si pone espressamente fine al fenomeno dei
matrimonia clandestina, mediante la previsione della celebrazione
in facie Ecclesiae quale elemento imprescindibile di ogni unione tra
uomo e donna
14
.
Prende cos� a delinearsi quella singolare contrapposizione sul
regime matrimoniale, tra diritto canonico e diritto comune che �
13
Mi riferisco agli scritti di Erasmo da Rotterdam Annotationes novi testamenti (1516) e
Christiani matrimoni instituto (1526), ma soprattutto al De captivitate babylonica ecclesiae di
Lutero (1520).
14
In particolare, la riprovazione da parte del diritto canonico sul concubinato � a tutt�oggi
presente nel codex iuris canonici ai can. 1093 e 1395, emanato il 25 gennaio 1983 ed
attualmente in vigore.
- 8 -
destinata ad assumere i toni di un vero conflitto ideologico nel
corso dei secoli successivi
15
.
1.1.2 � Il concubinato nel XVIII� secolo.
Le disposizioni tridentine sulla celebrazione delle nozze vengono
immediatamente recepite in Francia e ribadite a pi� riprese da una
serie di provvedimenti reali − a partire dall�Ordonnace de Blois,
emanata da Enrico III nel 1579 − che gettano le basi per la
successiva laicizzazione dell�istituito matrimoniale. L�affermazione
del principio formalistico e la condanna del concubinato, dunque,
marciano insieme, come dimostra proprio l�esperienza francese.
Non � un caso, allora, che la condanna del matrimonio solo
consensu sia sempre stata storicamente accomunata a quella del
concubinato. Se �, infatti, vero che i due fenomeni vanno, dal punto
di vista concettuale, tenuti ben distinti dal momento che nel primo
vi � una reale volont� dei soggetti di unirsi nel vincolo coniugale
(anche se non solennizzato tramite una celebrazione), mentre nel
secondo, pur sussistendo il desiderio di vivere come coniugi, difetta
l�intenzione di assumere i relativi diritti e doveri, � per� altrettanto
vero che, almeno esteriormente, le due fattispecie si somigliano.
Ecco allora spiegato perch� il legislatore, nel momento in cui vieta
il c.d. matrimonio di fatto (o quasi-matrimonio), cio� quello
concluso per mezzo di un comportamento concludente attraverso
15
Pi� diffusamente si rinvia a, D�ANGELI, Famiglia di fatto, Milano, 1989, pag. 61-82.
- 9 -
l�esistenza di una comunione di vita di tipo coniugale, si deve
preoccupare di reprimere il concubinato
1
.
Tuttavia, un radicale cambiamento nel modo di intendere i
rapporti familiari si sviluppa con la Rivoluzione francese (1789-
1795). Quest�ultima, garantendo al massimo la libert� individuale,
afferma che il matrimonio � un libero contratto, ma soprattutto
introduce l�istituto del divorzio
2
.
In seguito il Code Napol�on (1804), non confermando
l�incapacit� dei concubini di ricevere per donazione − come invece
prevedeva il progetto del nuovo code civil
3
− assume rispetto a tale
fenomeno una posizione di indifferenza, ovvero non considera il
concubinato un rapporto illecito, n� lo persegue penalmente
4
.
1
Sul punto, OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia di fatto, Milano, 1991, pag. 21 ss.
2
Cos�, D�ANGELI, in op. ult. cit., pag. 112-119. Sinteticamente, CASSANO, Evoluzione sociale e
regime normativo della famiglia. Brevi cenni per le riforme del terzo millennio, in Dir. fam.
pers., 2001, pag. 1164-1165.
3
Il divieto di donazione tra concubini era stato espressamente stabilito da un�ordonnance di
Luigi XVIII, detta code Michaud, (ordonnance n. 165 del mese di gennaio 1629), al cui art.
132 si affermava �d�clorons toute donation faite � une concubine nulle et de nul effet�. Tale
divieto non venne trasfuso nel code Napol�on, nonostante il progetto dell�anno VIII (1799),
redatto dalla Commissione governativa, avesse previsto una reciproca incapacit� a ricevere per
donazione di �ceux qui ont v�cu ensemble dans un concubinage notoire�. Quest�ultima
proposta venne scartata sulla base delle obiezioni sollevate dal Tribunale di Lione, secondo il
quale un tale divieto avrebbe consentito di �scruter la condite int�rieure des individus, de
s�immiscer dans le secret de leurs maisons, de laisions ou de leurs plaisirs�, e, quindi, di
violare la vita privata degli individui, dando adito a scandali potenzialmente sovversivi della
tranquillit� delle famiglie.
4
�L�esposta normativa francese nei territori italiani dove venne applicata, sia per la brevit� del
periodo nel quale rimase in vigore, sia per la refrattariet� dell�ambiente sociale in cui era
destinata ad operare, non ebbe efficacia n� incisiva, n� diffusa nel costume familiare italiano�.
Cos�, D�ANGELI, in op. ult. cit., pag. 120.