5
periodo di tempo compreso tra il 1931 ed il 1940 esse costituirono ben il 42% del totale
delle importazioni complessive italiane
3
.
Alla luce di tutto ciò, nel 1935 era dunque lecito prevedere che, qualora si fosse
trovata in guerra contro una o più potenze coloniali, l’Italia sarebbe stata molto
probabilmente tagliata fuori dalle proprie fonti di approvvigionamento di materie prime.
Un’eventualità del genere avrebbe inciso negativamente sulla produzione bellica e, di
riflesso, sull’esito del conflitto stesso.
L’esperienza degli Imperi Centrali durante il primo conflitto mondiale sembrava
confermare tale ipotesi
4
.
Si rendeva dunque necessario varare un insieme organico di disposizioni che
mettessero il Paese nella condizione di riuscire a produrre internamente tutto ciò che
sarebbe stato necessario all’industria bellica, rendendolo de facto autosufficiente.
Oltre ai motivi sopra elencati, la politica autarchica fu intrapresa dal regime anche per
favorire la crescita industriale del Paese; non bisogna dimenticare, infatti, che crescita
industriale e andamento del commercio con l’estero sono sempre stati fortemente
correlati.
In Italia, allora come oggi, le esportazioni costituivano una quota rilevante della
domanda aggregata, mentre le importazioni costituivano il punto di partenza per la
formazione del prodotto nazionale, dato che da esse dipendeva la disponibilità delle
materie prime e delle tecnologie avanzate necessarie per il funzionamento e lo sviluppo
del sistema industriale.
Durante gli anni Trenta la nostra economia si trovava ad uno stadio intermedio di
industrializzazione e la nostra crescita economica era condizionata da due cose: in primo
luogo dal vincolo della bilancia commerciale e, quindi, dal difficile equilibrio tra la
necessità di una relativa specializzazione nei settori di prevalente esportazione e
l’opportunità di distogliere alcune risorse da tali settori per stimolare e sostenere
produzioni sostitutive delle importazioni basate sulla domanda interna e aventi lo scopo
6
di favorire la crescita industriale; in secondo luogo dalla capacità di espandere le
esportazioni, presupposto fondamentale per poter attuare un incremento delle
importazioni indispensabile in una situazione di espansione dell’economia
5
.
1
Si veda Il commercio estero e la struttura industriale di Mariangela Paradisi in L’economia
italiana nel periodo fascista a cura di P.Ciocca e G. Toniolo, Bologna, il Mulino, 1976, pag. 313.
2
Si veda Storia della Seconda Guerra Mondiale a cura di Sir Basil Liddell Hart, Milano, Rizzoli,
1967, pag. 40 e seguenti.
3
Si veda L’economia italiana nel contesto internazionale di P. Ciocca in L’economia italiana nel
periodo fascista a cura di P. Ciocca e G. Toniolo, Bologna, il Mulino, 1976, pag. 21.
4
Si veda XX secolo - storia del mondo contemporaneo vol. 2, Verona, Mondadori, 1974.
5
Si veda Il commercio estero e la struttura industriale di Mariangela Paradisi in L’economia
italiana nel periodo fascista, op. cit., pag .272.
7
Importazioni ed esportazioni (1922-29)
Durante gli anni Venti, la composizione del commercio d’importazione rifletteva la
dipendenza dell’Italia dall’estero per quanto concerneva le materie prime.
Come è possibile desumere, infatti, dalla tabella1, tra il 1923 e il 1926 si assistette ad
una continua crescita delle merci importate.
I beni che fecero registrare le variazioni annue più significative furono soprattutto le
materie prime ed i prodotti industriali.
Tab.1: Importazioni Italiane (variazioni percentuali annue)
1922 1923 1924 1925 1926 1927 1928 1929
Importazioni totali -6,7 +9,3 +12,7 +35,2 -1,2 -21,3 +7,6 -2,8
Aliment., bev. e
tabacchi
- -2,7 -7,2 +36,4 -5,5 -12,7 +12,2 -22,4
Semi, olii, grani,
cere
- +1,2 +48,4 +23,4 +3,4 -11,0 -6,5 -3,4
Materie tessili - +19,1 +24,3 +21,4 -6,8 -34,6 +25,2 -0,4
Minerali metallici,
metalli, prod. indust.
metalmecc., veicoli
- +20,2 +31,6 +67,6 -1,1 -29,4 +11,0 +12,9
Mat. Prime e
semilavor.
- +23,7 +40,4 +68,7 -12,3 -26,2 +7,0 +7,7
Minerali non
metallici
- +15,7 +2,7 +15,8 +12,9 -8,5 -32,8 +27,4
Legni, materie da
intarsio
- +16,9 +39,8 +48,1 +8,1 -14,1 -1,1 +7,7
Prod. chimici,
resine
- +2,8 +11,9 +22,7 +8,1 -12,9 -0,6 +5,0
Merci diverse - +14,3 +14,7 +66,1 -2,3 -21,8 +23,6 -5,3
Fonte: Il commercio estero e la struttura industriale, op. cit., pag. 288
Tali incrementi, tuttavia, subirono un tracollo nel 1927.
La causa di ciò può essere individuata in una politica tariffaria mirante a favorire
l’industrializzazione del Paese attraverso la sostituzione delle importazioni.
8
Nel 1926, infatti, per ridurre il deficit della bilancia commerciale, fu iniziata la
cosiddetta “battaglia del grano”, avente lo scopo di rendere l’Italia autosufficiente dal
punto di vista alimentare, attraverso l’aumento, per mezzo di dazi, del prezzo del grano
importato e grazie ad agevolazioni concesse alle imprese agricole nazionali.
Tale forma embrionale di autarchia non era certo una novità degli anni Venti, dato
che già nel periodo precedente la Prima Guerra Mondiale numerosi dazi gravavano sulle
merci importate.
Ciò che colpisce è però il grado di protezione garantito dal governo italiano alle merci
di produzione nazionale.
Nel 1927, infatti, il sistema economico italiano risultava il più protetto. La prova di
ciò è rappresentata dal fatto che in media il 27,8% del prezzo dei prodotti importati
complessivamente era coperto da dazio (rispetto al 24,8% del 1913)
6
.
Tale grado di protezione non era riscontrabile in nessun altro Stato: in Germania solo
il 20,4% del prezzo dei prodotti importati era coperto da dazi, in Francia il 23%, in Svezia
il 20%, in Belgio l’11%, in Svizzera il 16,8%
7
.
I prodotti più protetti erano quelli dei settori avanzati.
Per quanto concerne i beni semilavorati, infatti, il dazio sui prodotti chimici passò dal
17,7-29,5% sul prezzo totale del 1927 al 44,6-59,6 sul prezzo del 1931, per i metalli dal
38,3-63,0% al 45,0-85,0%, per legno e carta dal 26,3-29,0% al 60,0-62,3%.
Tra i prodotti finiti i più protetti erano invece i veicoli ed il cemento
8
.
E’ quindi individuabile già durante gli anni Venti una primitiva forma di autarchia
economica promossa dal regime al fine di favorire lo sviluppo dell’industrializzazione
italiana.
Per quanto concerne le esportazioni, invece, tra il 1922 ed il 1926 si ebbe un forte
incremento annuo del commercio con l’estero, come indicato nella tabella2.
9
Alla base di questa fase espansiva delle esportazioni vi era una strategia di bassi
prezzi, che, mantenuta dalle imprese italiane per tutto il periodo preso in considerazione,
venne accentuata in seguito alla rivalutazione della lira del 1926 (vedere tabella4).
Tale politica monetaria venne promossa dal governo con la motivazione che era
necessario “ridare fiducia” alla moneta, sia per dotare l’Italia di una valuta più
“prestigiosa” nei confronti delle altre divise europee (con evidente intento
propagandistico), sia per stimolare l’afflusso di capitale estero da impiegare come fonte di
finanziamento dei settori in espansione.
Inoltre, i vertici del regime erano convinti che una lira più forte avrebbe permesso
all’Italia di migliorare le proprie ragioni di scambio con i partner europei, incrementando
in questo modo la capacità di importare.
Tab.2: Esportazioni Italiane (variazioni percentuali annue)
1922 1923 1924 1925 1926 1927 1928 1929
Esportazioni totali +12,4 +19,2 +29,6 +27,1 +2,1 -16,2 -7,2 +2,3
Aliment., bev. e
tabacchi
- +11,4 +57,1 +22,7 +2,9 -18,1 -13,6 +5,7
Semi,olii, grani,
cere
- +87,3 +21,9 +3,5 -32,1 +15,5 -30,5 +57,3
Materie tessili - +25 +22 +25,8 +0,5 -19 -6,9 +1,3
Minerali metallici,
metalli,prod.indust.
metalmecc.,veicoli
- +9 +29,5 +47,8 +3,6 -16,4 -1,1 -3,4
Minerali non
metallici
- +15,7 +15,5 +15,3 +6,8 +4,4 -7,8 +2,5
Legni, materie da
intarsio
- +9 +16 +11,3 +5,9 -28 -1,1 +7,7
Prod. chimici,
resine
- +7,9 +15,1 +31,3 +12,6 -10,9 +7,8 +4,9
Merci diverse - +21,1 +21,6 +42,4 +8 -12,1 +2,6 -4
Fonte: Il commercio estero e la struttura industriale, op. cit. pag. 281
10
Tra il 1926 e il 1929 la lira si rivalutò del 29,7% nei confronti del dollaro. I prezzi
all’importazione scesero del 29% circa, mentre le quantità importate crebbero del
14,4%
9
.
Le esportazioni, penalizzate dal nuovo corso, subirono una battuta d’arresto durante il
1926 (vedere tabella2 e tabella3) e tornarono ad aumentare solamente in seguito ad una
riduzione dei prezzi delle merci destinate all’estero attuata a partire dal 1927 (tabella3).
Tab.3: Indici del commercio con l’estero (base 1938 = 100)
Indici dei
prezzi
Indici dei
prezzi
Indici delle
quantità
Indici delle
quantità
Anni Importazioni Esportazioni Importazioni Esportazioni
1922 109,24 137,96 127,84 63,25
1923 117,42 137,10 129,62 77,08
1924 128,07 139,77 134,19 97,26
1925 149,47 164,89 155,49 105,02
1926 146,51 173,35 156,69 101,91
1927 121,08 143,74 149,27 102,85
1928 110,73 132,28 175,61 104,01
1929 103,70 125,79 182,23 111,83
Fonte: I conti economici dell’Italia vol.1( in Collana storica della Banca d’Italia –
Statistiche) a cura di Guido M. Rey, Bari, Laterza, 1991, pag 229.
Nel complesso, quindi, la rivalutazione del 1926 ebbe l’effetto di comprimere il
commercio, senza influire in alcun modo sulla ragione di scambio che, anzi, rimase
sostanzialmente stabile dal 1926 al 1929 (vedere tabella4).
11
Tab.4: Valori, prezzi e quantità esportate ed importate (base 1925 = 100)
1926 1927 1928 1929
Esportazioni
Valori 102,1 85,5 79,6 81,4
Prezzi 105,5 85,1 77,4 60,5
Quantità 96,8 100,6 105,5 114,9
Importazioni
Valori 98,8 78,7 83,7 81,3
Prezzi 100,5 80,9 74,7 73,0
Quantità 98,5 96,1 112,9 112,1
Px/Pm 1,05 1,05 1,04 0,99
Fonte: Il commercio estero e la struttura industriale, op. cit., pag. 284.
6
Si veda Il commercio estero e la struttura industriale, op. cit., pag.293.
7
Si veda Aspetti quantitativi dell’economia italiana in rapporto alla disoccupazione e alla politica
degli scambi con l’estero di G. De Meo, Commissione parlamentare d’inchiesta sulla
disoccupazione, vol.4, tomo4, Roma, 1953.
8
Si veda Il commercio estero e la struttura industriale, op. cit., pag. 318.
9
Ibidem, pag.284.
12
Importazioni ed esportazioni (1930-38)
Durante gli anni Trenta gli scambi tra i principali Paesi industrializzati erano
condizionati dalla necessità di contenere le importazioni.
Il crollo del commercio internazionale, a seguito della Grande Depressione del 1929,
aveva spinto ciascuno Stato a sostituire le importazioni di prodotti a tecnologie non
avanzate e con un’alta elasticità della domanda.
Tali manufatti costituivano buona parte delle esportazioni di quei Paesi che si
trovavano ad uno stadio intermedio di industrializzazione, come appunto l’Italia.
Questi Paesi risultavano quindi più svantaggiati, rispetto ai Paesi “leader”, dal ristagno
della domanda internazionale.
Oltre a ciò, la crisi portò ad una significativa riduzione della capacità di assorbimento
dei mercati dei prodotti finiti tecnologicamente avanzati, determinando effetti negativi
sulle possibilità di esportazione dei Paesi la cui struttura produttiva andava evolvendosi
secondo il modello delineato dai Paesi “leader”.
Inoltre, i Paesi in via di sviluppo optarono per un contenimento delle importazioni che
privilegiava gli acquisti di macchinari e di prodotti non sostituibili all’interno, favorendo
in questo modo un incremento delle esportazioni dei Paesi sviluppati.
E’ in questo contesto economico che cominciarono ad essere adottati a livello
internazionale i primi provvedimenti protezionistici, alcuni dei quali si ripercossero
negativamente sulla capacità d’esportare dell’Italia.
Nel 1930, infatti, gli Stati Uniti introdussero delle tariffe protezionistiche che, insieme
alla svalutazione del dollaro avvenuta nel 1933, portarono ad una riduzione delle
esportazioni di prodotti italiani tradizionali (soprattutto generi alimentari e manufatti
vari)
10
.
L’esempio statunitense fu seguito prima dalla Francia, che nel 1931 varò nuove tariffe
e un sistema di contingentamenti, e poi anche dalla Gran Bretagna, la quale, dopo aver
13
svalutato la sterlina abbandonando la parità aurea (1931), adottò nel 1932 una politica di
forte protezione doganale ed instaurò il regime di preferenza imperiale, in base al quale
dovevano essere favorite le importazioni di beni provenienti da Stati facenti parte
dell’Impero Britannico, a scapito di quelle provenienti da altri Paesi
11
.
L’Italia fu duramente colpita da questi provvedimenti (tabella5), in quanto la
svalutazione della sterlina ridusse la competitività delle esportazioni italiane (soprattutto
per quanto concerneva prodotti tessili e manufatti vari), mentre il regime della preferenza
imperiale comportò una significativa riduzione delle esportazioni verso la Gran Bretagna
e verso quegli Stati che gravitavano nell’area della sterlina, come ad esempio Egitto,
Grecia e Paesi scandinavi.
Per quanto concerne, invece, la politica di contingentamento francese, essa determinò
un crollo nel flusso di manufatti verso quell’importante mercato, dato che la quota di
esportazioni dirette in Francia passò dal 10,96% del totale nel 1930 al 6,73% nel 1934
12
.
Il risultato di queste misure protezionistiche fu una variazione nelle destinazioni delle
esportazioni italiane.
Infatti, mentre nel 1930 il 35,3% delle merci esportate dall’Italia era diretto verso
Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Impero Britannico, nel 1934 tale quota era scesa al
28,9%, mentre, per contro, aumentò l’interscambio con la Germania
13
.
Nel complesso, la crisi seguita alla Grande Depressione da un lato ridusse
drasticamente il valore complessivo delle esportazioni italiane (vedere tabelle 5 e 6), e
con esso le risorse disponibili per le importazioni e per la crescita del sistema industriale,
dall’altro causò una variazione, o, meglio, una distorsione nella composizione e nella
destinazione dei prodotti esportati.
E’ bene notare, inoltre, che i prodotti dei settori avanzati, la cui crescita era stata
stimolata durante gli Anni Venti, dovevano fare ora i conti con un mercato internazionale
caratterizzato da una domanda ridotta e con un mercato interno troppo ristretto per poter
assorbire tutta la produzione nazionale.
14
La composizione del commercio d’esportazione tornò quindi a basarsi sui beni e sui
settori di specializzazione tradizionale (alimentari e manufatti basati su tecnologie
mature).
Tab.5: Esportazioni Italiane (variazioni percentuali annue)
1930 1931 1932 1933 1934 1935 1936 1937 1938
Esportazioni
totali
-18,6 -15,8 -33,3 -12,1 -17,1 -9,6 -14,8 +105,6 +2,4
Anim., gen.
alim.,
tabacchi
-12,6 -9,6 -25,2 -7,8 -14,8 -4,1 +2,8 +53,9 +10,8
Semi, olii,
cere
+30,1 -23,9 -36,3 -36,1 -30,3 -29,9 -22,2 +257,4 -3,4
Cotone
-25,6 -28,1 -27,0 -17,0 -19,4 -24,2 -24,2 +241,8 -10,0
Fibre
artificiali
- - - - +5,2 -7,7 -21,8 +104,5 -14,5
Materie tessili
-25,1 -25,9 -35,9 -12,8 -11,5 -14,2 -18,9 +148,7 -7,0
Minerali
metallici,
prod. ind.
metallurgica
e meccanica
-13,9 +28,4 -41,5 -8,1 -20,0 -2,1 -31,1 +118,3 +21,4
Macchine e
apparecchi
-9,1 +29,4 -6,1 -43,2 -14,6 -3,5 -50,6 +132,3 +18,5
Veicoli
-16,3 +73,9 -62,2 +0,1 -40,9 +27,6 -18,1 +88,2 +53,4
Laterizi,
ceramiche,
vetri
-14,7 -19,1 -19,9 -19,7 -13,5 +8,7 -28,2 +138,2 -16,3
Legni, mat.
da intarsio
-10,4 -16,8 -29,2 -4,7 -0,4 -11,4 -31,5 +121,8 +5,4
Prod. chimici,
resine, olii
min.
-24,6 -24,5 -30,9 -9,5 -11,2 +1,8 -25,0 +159,1 +13,5
Carta e
cartoni
-8,5 -25,2 -24,1 -15,1 -13,8 -2,3 -36,5 +174,2 +17,8
Merci diverse
-19,1 -19,4 -39,5 -17,3 -6,2 -24,2 -27,4 +118,2 -3,2
Fonte: Il commercio estero e la struttura industriale, op. cit., pag.300.