5
rischi nei percorsi di vita, ponendo l attenzione anche sul normale
disagio.
La legge 328/00 punta alla realizzazione di una rete di servizi
territoriali basati sul principio di sussidiariet , ovvero un metodo di
distribuzione delle competenze e dei ruoli che tenga conto delle
capacit e delle competenze di tutti i soggetti pub blici e privati,
coinvolti nelle diverse fasi di programmazione, implementazione e
valutazione dei servizi sociali.
In questo lavoro vengono analizzati gli elementi caratterizzanti della
legge di riforma dell assistenza, le principali innovazioni introdotte,
ma anche le difficolt di attuazione rispetto ad ob iettivi posti ed
aspettative sollevate; inoltre Ł stata approfondita la sua concreta
applicazione tramite l analisi del caso di studio di Campobasso.
Infatti, la legge 328/00 Ł stata recepita e applicata in maniera e in
tempi diversi nelle varie regioni italiane; nella Regione Molise, per la
sviluppo della rete di servizi sociali integrati, sono stati creati 11
Ambiti Territoriali Sociali, e nel caso di studio selezionato, l Ambito
di Campobasso, Ł stato creato un sistema di poli sociali diffusi,
denominati Punti Sensibili, presenti in ogni Comune dell Ambito.
I Punti sensibili rappresentano l Ambito sul territorio e non si occupano
esclusivamente della presa in carico e della riduzione dello stato di
bisogno o disagio, ma puntano al coinvolgimento di tutta la comunit
locale, come parte attiva nella progettazione e nella realizzazione dei
servizi, al fine di migliorarne la qualit e l effi cienza.
Le funzioni dei Punti Sensibili riguardano, quindi, l erogazione di
servizi a livello territoriale; l informazione, l o rientamento e la
promozione; la rilevazione e l analisi dei bisogni del territorio;
6
l attivazione di forma di collaborazione con la comunit , il Terzo
Settore e gli Enti locali.
La forza di questo sistema Ł determinata dalla presenza di un Øquipe
multidisciplinare in grado di affrontare, tramite l integrazione di
competenze specialistiche, situazioni sempre piø complesse e casi
multiproblematici, e dalla presenza diretta sul territorio che permette
una corretta lettura dei bisogni sociali e l instaurarsi di una relazione
privilegiata e continua con la comunit .
7
1. LE INNOVAZIONI INTRODOTTE DALLA 328/00
1.1. Gli antecedenti storici della 328/00
La legge 328 Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato
di interventi e servizi sociali , approvata l 8 nov embre 2000,
rappresenta un evento molto significativo nel quadro del sistema di
welfare italiano.
La riforma dell assistenza Ł stata definita dall On.le Livia Turco,
allora ministro per la Solidariet Sociale, una le gge di portata storica,
non solo perchØ sostituisce il testo Crispi del 1890, ma perchØ fonda e
conferisce autorevolezza al sistema delle politiche sociali . 1
Fino ad allora, infatti, il nostro sistema di servizi sociali si basava sulle
linee tracciate dalla legge Crispi (Legge 17 luglio 1890, n.6972,
Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza), la quale era stata
l unica legge organica in materia approvata in Italia; quindi era
necessario ridisegnare l assetto del settore sociale tramite un ampio
provvedimento capace di offrire sostegno e aiuto alle persone durante
tutto il ciclo della vita.
Naturalmente non si pu affermare che non ci sia st ato nessun
cambiamento all interno del settore sociale in 110 anni, perchØ,
invece, si Ł verificata una lenta evoluzione nel cinquantennio che ha
preceduto la l. 328/00 ben individuato da Lucia Boccacin in quattro
grandi periodi.2
Il primo periodo si estende dalla fine della seconda guerra mondiale ai
primi anni 60 ed Ł caratterizzato da un modello residuale di Stato
sociale, il quale interviene solo in caso di fallimento da parte della
1
L. Turco, Una legge della dignit sociale, in Prospettive sociali e sanitarie n.20/22, 2000, pag. 1.
2
L. Boccacin, La legge quadro sui servizi sociali. Una lettura sociologica, in Aggiornamenti
Sociali n.4, 2001, pag. 308.
8
famiglia, che risulta il maggiore attore capace di soddisfare i bisogni;
inoltre, in questo periodo, lo Stato assicura agli indigenti le maggiori
prestazioni socio-assistenziali.
Il secondo periodo Ł determinato dal passaggio ad un modello
istituzionale di Stato sociale, che verifica tra gli anni 60 e gli anni
80, ed Ł caratterizzato da una tendenza universalistica, da una
deistituzionalizzazione e da un decentramento dei servizi dal livello
centrale ad un livello regionale e locale.
E proprio in questo periodo, soprattutto in quelli che Giuseppe
Magistrali definisce tumultuosi anni 70 3 che avvengono importanti
cambiamenti, i quali non possono essere ignorati poichØ hanno
determinato l evoluzione delle politiche sociali.
La nascita delle regioni (1972); la delega agli enti locali della
competenza in materia di politiche sociali con un ruolo centrale dei
comuni, i quali svolgono le funzioni amministrative di organizzazione
ed erogazione dei servizi di assistenza e di beneficenza (D.P.R.
616/77); l istituzione del sistema sanitario nazionale (l. 833/78); la
chiusura dei manicomi (l. 180/78); la drammatica scoperta delle
tossicodipendenze e lo sviluppo delle organizzazioni del terzo settore,
sono gli elementi fondamentali per comprendere il passaggio al terzo
periodo.
Gli anni 90 saranno, perci , caratterizzati da un lungo dibattito sulla
riorganizzazione delle politiche sociali italiane e da un insieme di
riforme, tra cui le leggi Bassanini del 1997 e del 1998 riguardanti la
pubblica amministrazione; la legge 285/97 su famiglia e minori; la
legge 40/98 in materia d immigrazione; la legge 162/98 sull handicap
grave; il D.Lgs. 112/98 che definisce i servizi sociali e il D.Lgs.
3
G. Magistrali, Il futuro delle politiche sociali, Milano, Angeli, 2003, pag. 28.
9
109/98 che sancisce la prova dei mezzi per l accesso alle prestazioni;
tutte queste nuove norme porranno le basi per l approvazione della
legge quadro sui servizi sociali.
La legge 328/00, approvata nel quarto e ultimo periodo, Ł quindi il
risultato di un lungo processo che ha come obiettivo la realizzazione
di un sistema integrato che superi la frammentazione e che ha come
finalit la promozione del benessere di tutti i cit tadini cercando di
rilanciare il nostro sistema di welfare.4
Il welfare italiano si trovava, infatti, in una fase di affanno poichØ
aveva sempre affidato alla famiglia importanti funzioni le quali, a
causa del processo di globalizzazione, dell invecchiamento della
popolazione e della conseguente riduzione delle risorse disponibili,
non potevano piø essere svolte in modo adeguato.
Secondo Emanuele Ranci Ortigosa, il familismo, ma anche il carattere
assistenzialistico e il centralismo, sono i limiti maggiori del nostro
sistema di welfare che hanno portato ad un aumento dell esclusione
sociale anche in termini di accessibilit ai serviz i.5
La riforma riconosce la possibilit di rischi nei p ercorsi di vita, pone
l attenzione sul normale disagio rifiutando, come viene messo in
evidenza da Giuseppe Magistrali, un welfare minimo rivolto
esclusivamente ai bisognosi e un welfare paternalistico,
assistenzialistico, residuale.6
La legge 328/00 sancisce, nel I art. dei principi generali, il
riconoscimento alle persone e alle famiglie di un sistema integrato di
interventi e servizi sociali per garantire la qualit della vita, pari
4
L. Bifulco, Le politiche sociali. Temi e prospettive emergenti, Roma, Carocci, 2005, pag. 27.
5
E. Ranci Ortigosa, Assistenza, prevenzione, promozione, in Prospettive sociali e sanitarie n.20/22,
2000, pag. 3.
6
G. Magistrali, op. cit. pag. 37.
10
opportunit , non discriminazione e diritti di citta dinanza; ha il fine di
prevenire, eliminare o ridurre le condizioni di disabilit , di bisogno e
di disagio individuale e familiare.
Questo sistema compete agli enti locali, alle Regioni e allo Stato e
viene rifondato sul principio di sussidiariet defi nito da Yuri Kazepov
e Domenico Carbone come distribuzione delle compet enze e dei
ruoli che tenga conto delle capacit e delle compet enze di tutti i
soggetti pubblici e privati, coinvolti nelle diverse fasi di
programmazione, implementazione e valutazione dei servizi sociali.7
La riforma, in questo modo, ridefinisce i ruoli e le funzioni degli enti
pubblici e mira al coinvolgimento degli enti privati, degli organismi
non lucrativi promuovendo anche la solidariet soci ale e la
partecipazione di tutti i cittadini.
Risulta necessario, come sancito dall art. 3, una pratica di
concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali e tra
questi e i soggetti che partecipano alla programmazione.
Il principio della sussidiariet parte dal basso e dovrebbe costruire il
cuore del funzionamento a rete del sistema integrato.8
Per realizzare gli interventi e i servizi sociali viene individuato, all art.
3, il metodo della programmazione degli interventi e l operativit dei
progetti che devono essere verificati in termini di qualit ed efficacia
valutando anche il loro impatto sulla societ .
La programmazione mira all integrazione del sistema, al
coordinamento tra interventi assistenziali, politiche sanitarie,
istruzione, lavoro alla realizzazione di un offerta plurale di servizi
sperimentando anche modelli innovativi.
7
Y. Kazepov e D. Carbone, Che cos Ł il welfare state, Roma, Carocci, 2007, pag. 76.
8
S. Turcio, Il riordino dell assistenza , in Lo stato sociale in Italia. Rapporto Iridiss-Cnr 2000-2001,
Roma, Donzelli, 2001, pag. 215.
11
Un punto di forza molto importante di questa legge Ł sicuramente il
terzo settore, al cui ruolo viene dedicato in modo non casuale l art. 5,
poichØ le organizzazioni di volontariato hanno avuto da sempre un
ruolo fondamentale nell erogazione dei servizi e sono considerati,
utilizzando le parole dell ex ministro Livia Turco, attori primari della
promozione, progettazione e gestione delle politiche sociali non solo
in virtø del loro FARE, del loro ESSERCI, bens anche in virtø del
loro SAPERE . 9
Il capo II della legge quadro ripartisce le funzioni degli enti pubblici
in termini territoriali, secondo il principio di sussidiariet verticale;
allo Stato viene affidato il ruolo di garanzia dei diritti di cittadinanza e
i poteri d indirizzo e coordinamento e di regolazione delle politiche
sociali tramite la predisposizione del Piano nazionale degli interventi e
dei servizi sociali di durata triennale; l individuazione dei livelli
essenziali e uniformi delle prestazioni (LIVEAS); la fissazione dei
requisiti minimi strutturali e organizzativi per l autorizzazione
all esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e
semiresidenziale; la determinazione dei requisiti e dei profili
professionali; l esercizio dei poteri sostitutivi in caso di inadempienza
delle regioni e la ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le
politiche sociali (art. 9).
Il primo piano nazionale, con validit temporale 20 01-2003, definisce
gli indirizzi e gli obiettivi strategici; delinea ruoli, responsabilit ,
competenze e risorse attribuiti ai soggetti pubblici e privati che
concorrono a realizzarlo. Il piano stabilisce che Ł il bisogno il criterio
di accesso ai servizi che pu essere soddisfatto di rettamente dalla
comunit locale, seguendo il principio della sussid iariet espresso
9
L. Turco, Una legge della dignit sociale, in Prospettive sociali e sanitarie n.20/22, 2000, pag. 2.
12
nella legge quadro; inoltre individua la programmazione partecipata,
la promozione della rete, dei diritti di cittadinanza e del sistema di
responsabilit come elementi fondamentali delle nuo ve politiche
sociali. Gli obiettivi di priorit sociale individu ati sono la
valorizzazione e il sostegno delle responsabilit f amiliari; il
rafforzamento dei diritti dei minori; il potenziamento degli interventi
di contrasto della povert ; i servizi domiciliari p er persone non
autosufficienti e altri interventi di particolare rilevanza sociale come la
prevenzione delle dipendenze e l inclusione degli immigrati.
1.2. La questione della definizione dei livelli essenziali delle
prestazioni
I livelli essenziali delle prestazioni, che lo Stato deve garantire
uniformemente a tutti i cittadini, ricoprendo le precedenti aree di
intervento, risultano un elemento molto delicato e di difficile
definizione in termini di concretezza.
Cristiano Gori propone due ipotesi per i LIVEAS, come diritti
individuali a prestazioni e come tipologie di offerta.10
Come diritti individuali definisce i livelli essenziali una prestazione
certa per chiunque si trovi in una determinata condizione di bisogno ,
quindi pone come punto di partenza le necessit del singolo individuo
che riceve una prestazione in base al quadro complessivo delle sue
condizioni.
Livelli essenziali definiti in questo modo esistono solo per alcune
prestazioni economiche e il cittadino non ha la possibilit , come
avviene in altri paesi europei, di scegliere tra un contributo monetario
e un servizio alla persona; esempi tipici sono l indennit di
10
C. Gori, La riforma dei servizi sociali in Italia, Roma, Carocci, 2004, pag. 56-62.
13
accompagnamento, nel caso tedesco, la care dei bambini in Finlandia
o il Reddito Minimo di Inserimento, rivolto a cittadini con scarse
risorse economiche, presente in quasi tutti i paesi europei.
In Italia, il Reddito Minimo di Inserimento era stato introdotto in via
sperimentale con il D.Lgs. 237/98, per sancire un diritto universale
alla dignit e a condizioni minime di sussistenza, come concreto
tentativo di orientare le politiche di welfare state verso il
rafforzamento delle capacit /competenze individuali , aumentando le
opportunit e le occasioni dell individuo, secondo il Capabilities
Approach di Amartya Sen . 11
Il RMI Ł quindi un intervento di politica attiva che mira
all integrazione di un erogazione monetaria con il reinserimento
dell individuo all interno del tessuto sociale e de l mondo del lavoro;
questa politica ha coinvolto complessivamente 306 comuni italiani,
nel periodo compreso tra il 1999 e il 2004, ha sicuramente incentivato
il dibattito sulla programmazione delle politiche sociali ma ha anche
messo in evidenza la frammentazione e la debolezza del nostro
sistema assistenziale.
La legge 328/00 prevede, all art. 23, le modalit , i termini e le risorse
per l estensione del reddito minimo d inserimento f inanziato dal
Fondo Nazionale per le Politiche Sociali; purtroppo, dopo la fase di
sperimentazione, il RMI non Ł stato adottato ma Ł stato definito nel
Patto per l Italia (7 luglio 2002) come una politica costosa e inefficace
e, per questo, Ł stata eliminata. Dopo la repentina conclusione della
sperimentazione del RMI l Italia, insieme alla Grecia, rimane l unico
paese europeo a non avere un programma nazionale di reddito minimo
11
D. Mesini e E. Ranci Ortigosa, Il reddito minimo d inserimento, in C. Gori, op. cit., pag. 69-74.
14
e questo mette, ancora una volta, in evidenza l arretratezza del nostro
sistema di welfare.
La seconda ipotesi proposta da Cristiano Gori Ł quella di definire i
LIVEAS come tipologie di offerta, ovvero come servizi ed interventi
differenti in base alle caratteristiche del territorio e della popolazione.
I LIVEAS, definiti in questo modo, dovrebbero soddisfare il bisogno
locale, riducendo le differenze nell offerta di servizi con una maggiore
omogeneit a livello territoriale e incrementare qu est ultima nelle aree
piø deboli; secondo Cristiano Gori, in questo modo, l ambito di
applicazione dei livelli essenziali delle prestazioni sarebbe piø ampio
rispetto all ipotesi precedente.
Luigi Colombini, integra le due ipotesi sostenute da Cristiano Gori
poichØ sostiene che i LIVEAS disegnano in termini quantitativi e
qualitativi ci che ciascuno ha diritto ad avere da l soggetto pubblico
come attuazione di un proprio diritto , superando i l concetto
concessorio dei servizi e considerandoli come tra ttamenti dovuti ai
cittadini, ma l offerta di quest ultimi deve essere adeguata e
rispondente alle esigenze della domanda.12
Le difficolt legate alla traduzione in pratica dei livelli essenziali delle
prestazioni sono dovute a due cause fondamentali, la definizione
ancora non chiara e specifica dei LIVEAS, poichØ i Governi che si
sono succeduti in questi ultimi anni non hanno ancora provveduto alla
determinazione precisa e concreta dei livelli essenziali delle
prestazioni e un ulteriore difficolt Ł dovuta alla questione del
finanziamento.
12
L. Colombini, Analisi e osservazioni sui livelli essenziali di assistenza e prestazioni sociali, in La
Rivista di servizio sociale n.4, 2003, pag. 19-21.
15
Nel welfare italiano, infatti, ai servizi alla persona Ł destinata una
ridotta parte di risorse pubbliche, le quali sono assorbite soprattutto
dalla previdenza sociale; inoltre l ambito assistenziale Ł caratterizzato
da uno sbilanciamento dovuto ad un elevata erogazione di prestazioni
monetarie e a una scarsa fornitura di servizi alla persona.
Da un analisi di Renato Cogno emerge che dagli anni 90 in poi c Ł
stato un aumento della spesa per i servizi alla persona dovuta agli
interventi e servizi forniti dai Comuni e al ricorso, da parte dei singoli
individui, al mercato privato; insieme a questo aspetto, l autore mette
in evidenza la questione della cittadinanza differ enziata , ovvero le
differenze tra le aree del paese nell offerta dei servizi disponibili e
nelle condizioni per accedervi; infatti, in alcune aree i servizi sono
inesistenti e vengono erogati esclusivamente sussidi monetari. 13
1.3. La questione del finanziamento delle politiche
L argomento delle risorse pubbliche viene affrontato dalla legge
328/00 grazie anche al dibattito innescato dal rapporto della cosiddetta
Commissione Onofri (1997), la quale era stata ist ituita per
analizzare le politiche sociali promuovendo modifiche e
miglioramenti.
La commissione, per quanto riguarda la spesa pubblica, propone di
ridurre le risorse destinate alla previdenza e alla sanit , aumentando le
politiche attive per il lavoro e le politiche assistenziali e di riordinare
le prestazioni sociali.
La legge quadro stabilisce lo stanziamento e la destinazione delle
risorse tramite il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS), gi
introdotto con la legge finanziaria del 1998 (l. 449/97, art. 57), nel
13
R. Cogno, Il finanziamento e la spesa, in C. Gori, op. cit., pag.216.