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dove erano catalogati un gran numero di spot di quel periodo. Facendo ricerche
per parole chiave e basandosi quindi sugli spot presenti nel museo, si sono
delineati i diversi ruoli delle donne che comparivano sullo schermo. Nello studio
si analizza ognuno di essi, compiendo inoltre un’analisi semiotica dove si
mettono in contrapposizione gli uni con gli altri e si cerca di comprendere a quale
tipo di target erano indirizzate. Tutto ciò viene fatto per approfondire e cercare di
capire successivamente le dicotomie tra quei modelli e quelli delle pubblicità
attuali.
Attraverso l’analisi del corpus, si mostrano inoltre le varie caratteristiche che
risultano essere conseguenza di una particolare realtà sociale. I ruoli delle donne
sono infatti limitati, anche se di gran lunga presenti all’interno degli spot. Inoltre,
le rappresentazioni femminili, risultano essere un riflesso dei ruoli che la
maggioranza delle donne svolgeva all’interno della società.
Dopo l’analisi e l’interpretazione dei dati estrapolati dall’archivio del museo,
inizia lo studio che cerca di contrapporre la realtà di Carosello con quella attuale.
Negli ultimi anni sembra che alcune caratteristiche di quel periodo storico siano
state “spolverate” e riproposte al pubblico attuale. Si cercherà dunque di esporre i
principali motivi di questa attualizzazione, enunciando poi le sostanziali
differenze che trasformano uno spot “antico” in uno invece che può entrare a far
parte di quelli attuali. Per attualità si è voluto prima di tutto prendere in
considerazione i principali ruoli che oggi sono attribuiti alle donne, sia negli spot
che nella nuova visione dell’immagine femminile. Questa è fondamentalmente
cambiata rispetto a quella di cinquanta anni fa e dunque riproporre alcuni modelli
(o personaggi) non è stato così semplice. Vi sono diversi tipi di remake vintage
che prendono in considerazione gli anni del miracolo economico, attraverso lo
studio si metteranno in luce le principali peculiarità che portano il pubblico che
sta a casa in una sorta di viaggio nel tempo. Viene esposto, ad esempio, il caso
del caffè Lavazza che ripropone la pubblicità con due personaggi storici di
Armando Testa: Carmencita e Caballero. Nel 2005 sono iniziati ad andare in
onda gli spot in modo del tutto rivisitato, la donna Carmencita è la stessa nella
raffigurazione, ma completamente diversa nel modi caratteriali. Assomiglia
molto alla donna di oggi, è ad esempio più indipendente, tramite analisi si
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cercherà non solo di mostrare le diversità tra la nuova rappresentazione e quella
vecchia, si cercherà inoltre di mettere in luce in che modo avviene
l’attualizzazione.
La scelta di questo argomento è dovuta certamente al grande interesse rivolto ad
un periodo storico ormai passato. Osservando specialmente la reazione dei miei
genitori durante pubblicità vintage, ho scoperto in loro interesse, nostalgia e
ammirazione verso gli anni della loro fanciullezza. Per questo ho deciso di
approfondire questo studio notando anche l’utilizzo del vintage in molti campi,
come ad esempio quello della moda.
La scelta invece, di concentrarsi sui ruoli e le rappresentazioni femminili, è stata
dovuta alla curiosità nel vedere in che modo esse sono cambiate, mostrando
anche che la donna è parte fondamentale dell’attuale società così come lo era
anche per la vecchia.
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Capitolo 1
Nascita di una nuova società nel dopoguerra
“La nuova arte richiede la fusione di
tutte le energie dell’uomo nella
creazione e nell’interpretazione. L’essere
si manifesta integralmente, con la
pienezza della sua vitalità”
(Lucio Fontana, “Manifesto Tecnico
dello Spazialismo”, 1946)
Sono ormai trascorsi quasi cinquanta anni da quando il nostro paese ha vissuto la
grande svolta, sia nella realtà sociale che in quella economica. Difatti, nel periodo
di tempo compreso tra gli anni Cinquanta e Sessanta, l’Italia fu protagonista di un
record di crescita nella produzione nazionale, tale da far parlare di “miracolo
economico”. Dalla grafica alla architettura, dalla televisione alla moda, sono molti
i progetti che negli anni Cinquanta hanno rivoluzionato il modo di vivere, di
abitare, di spostarsi, di vestirsi, di lavorare e divertirsi.
Questo condusse perciò il paese verso un nuovo capitolo della storia, ma
soprattutto verso nuove tecnologie e nuovi sviluppi sociali e culturali.
Il paese, pur uscendo profondamente ferito dalla Seconda Guerra Mondiale, riesce
in pochi anni a trasformare completamente la sua situazione. L’apice dello
sviluppo di questo trend positivo fu raggiunto tra il 1958 e il 1963.
Nonostante il fenomeno si riferisca a un evento principalmente economico, esso
ebbe una forte ripercussione sulla vita degli Italiani.
Infatti, questa in pochi anni cambiò radicalmente e portò nel nostro Paese un
livello di progresso e benessere mai conosciuto nei periodi precedenti.
Nel 1951, per esempio, il reddito pro capite degli italiani, secondo i calcoli
dell’ONU, non era lontano da quello dei paesi sottosviluppati. Il 43% della
manodopera era impiegato nel settore agricolo, mentre il prodotto dell’industria
metallurgica era la metà di quello dell’industria tessile.
9
Anche tutto il tessuto sociale deve superare le lacerazioni della guerra, nella
memoria delle persone c’erano le macerie delle città e si contava il numero dei
dispersi. Per di più le famiglie dedicavano più della metà dello stipendio per il cibo
e i bisogni primari. Attualmente può sembrare una realtà distante, ma comunque
indispensabile per arrivare al tenore di vita della società odierna.
Proprio a partire da questo panorama si manifestò in Italia il boom, fenomeno che
doveva trasformare la faccia del paese mutando così l’aspetto sociale e culturale, e
che doveva riuscire a garantire uno sviluppo economico.
I fattori che determinarono tale svolta sono molteplici e da ricercarsi in ambiti
differenti. Uno di questi è senza dubbio la fine del protezionismo e l’adozione di
un sistema di tipo liberista che rivitalizzò il sistema produttivo italiano, favorito
anche dalla creazione del Mercato Comune Europeo. Inoltre, fu importante il ruolo
svolto dallo Stato, caratterizzato da un notevole interventismo nell’economia.
Quello che però ha determinato maggiormente lo sviluppo economico, è il
contribuito verso una trasformazione sociale: il caso più vistoso è il crollo della
realtà agricola, il surclassamento del modello contadino da parte di quello urbano.
Le grandi città, che all’inizio del secolo ospitavano pochissima popolazione, nel
corso degli anni Cinquanta arrivarono ad accoglierne circa un terzo. La nuova
scena in questo periodo è perciò la città, una realtà nuova per il nostro paese che
fino a quel momento era stata considerata come centro amministrativo e religioso,
ma che da ora in poi sarebbe stato l’epicentro della modernità, del progresso e del
consumo.
Sono insomma le luci della città che affascinano la campagna e provocano l’esodo.
Sviluppi industriali, in Italia, si erano già verificati all’inizio del secolo, ma non
riuscirono ad entrare in profondità nella vita collettiva, visto che quel primo
sviluppo non uscì infatti dal triangolo industriale. Nonostante ciò il sorgere di
tecnici qualificati (dall’ingegnere all’operaio) nei primi anni del Novecento, ha
fornito all’Italia la base di partenza per il take-off, il decollo.
Questo si è rivelato un momento storico che ha segnato l’inizio di quella peculiare
creatività italiana diventata nota come Made in Italy.
Nell’Italia del boom, il mutamento derivante dall’affermazione del modello
industriale e l’accesso al consumo, avvengono quasi in contemporanea.
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Il nostro paese che emerge dalla guerra è ancora a impronta contadina, congelato
dall’esperienza fascista, e viene catapultato a livelli di consumo che in Europa
erano stati raggiunti con un percorso notevolmente più lento e calibrato.
Queste considerazioni sono fondamentali per inquadrare il livello del nostro
consumare frenetico, esclusivistico e incontinente.
La storia della pubblicità corre parallela alla storia dello sviluppo sociale: il grande
successo di cucine economiche, lavatrici e detersivi, prodotti per il bagno e cere
per pavimenti, raccontano delle nuove case ormai non più contadine. Inoltre, lo
strapotere delle benzine, indica il sorgere del mito dell’auto.
La pubblicità, doveva quindi fronteggiare il boom con nuove strutture, con nuovi
ritmi e con nuovi pensieri.
1
Molte delle pubblicità di questo periodo, trasmettono il messaggio della crescita
economica. Ne è esempio il caso della Piaggio e il successo della Vespa. “Alla
ripresa dei traffici, subito dopo la guerra, è affiorata la necessità di una
motorizzazione utilitaria, perciò l’apparizione sul nostro mercato del motoscooter.
La piaggio è stata la prima ad avvertire il dilagante bisogno della motorizzazione
economica, e non ha esitato a trasformare il suo stabilimento, prima impegnato
nelle forniture di guerra, per una produzione di pace e particolarmente per un
veicolo del tutto originale”
2
.
1
Cfr., Ceserani, Gian Paolo, “Storia della pubblicità in Italia”, Editori Laterza, Bari 1988 p.147-150
2
Tofanelli, Arturo, “La vespa ha risolto il problema della motorizzazione economica utilitaria”, Tempo,
n° 3, 1950, p. 84-85
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1.1 Le nuove agenzie pubblicitarie
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, quindi, le condizioni sociali ed
economiche dell’Italia sono veramente drammatiche: ci sono città ancora invase
dalle macerie dei bombardamenti, la società ha subito le conseguenze di una guerra
che nell’ultima fase si era trasformata quasi in guerra civile.
Incredibilmente, proprio a partire da questo triste periodo, nel Paese comincia un
momento di forte ripresa, il cosiddetto boom economico che contribuirà a
trasformare l’Italia in un paese industriale.
In questi anni la pubblicità riceve il massimo consenso: è infatti considerata uno
strumento per il progresso e l’affermazione di una cultura industriale finalizzata
all’espansione dei consumi e allo sviluppo della produzione.
Fondamentale, comunque, per la pubblicità italiana è l’apertura a Milano e Roma
di agenzie pubblicitarie anglosassoni e soprattutto americane, oltre all’affermarsi di
studi grafici e di nomi come quello di Testa e Olivetti.
Nonostante la moltiplicazione degli studi grafici, che in un primo momento si
sostituiscono alla figura isolata dell'illustratore o dell'artista ingaggiato per
realizzare un manifesto pubblicitario, la vera scossa vivificatrice ci sarà solo verso
la metà degli anni Cinquanta, sull'onda dell'arrivo delle agenzie anglosassoni,
soprattutto americane. Infatti, il fervore dell’economia italiana provoca l’interesse
del capitale statunitense e le grandi aziende iniziano ad affacciarsi sul nostro
mercato.
Quindi, a metà degli anni Cinquanta, il mondo pubblicitario riceve una scossa
vivificatrice e viene invasa da un rivoluzionario cambiamento.
Naturalmente in Italia, non solo mancavano le strutture solitamente necessarie, ma
non erano presenti nemmeno le basi delle strategie di marketing.
Questo è un momento molto importante che segna non solo la nascita della nuova
pubblicità italiana, ma anche quella di una cultura di settore molto più allargata,
che, se dapprima è confinata alle sole agenzie e ai reparti marketing delle maggiori
aziende, in seguito si diffonderà al resto della società produttiva italiana.
L'introduzione del marketing, con le prime applicazioni della psicologia, della
sociologia, della statistica, volte ad indagare e a definire l'ipotetico target del
12
consumatore, ha due conseguenze immediate e correlate fra loro: la fine
dell'improvvisazione artigianale e la fine di quella artisticità che aveva
caratterizzato la pubblicità della prima metà del secolo e l'aveva connotata
culturalmente sin dagli esordi.
3
Cambiano quindi le strategie comunicative e nasce una nuova cultura pubblicitaria.
Termini come "marketing" e "target" entrano nel vocabolario del settore e anche il
messaggio pubblicitario è soggetto a cambiamenti: la parte visiva (il "visual")
diventa predominante rispetto alla parte linguistica.
Vengono aperte così le filiali delle grandi agenzie pubblicitarie in un momento
capitale del nostro paese. Nasce così la nuova pubblicità italiana insieme ad una
cultura più allargata, che dapprima sarà confinata alle sole agenzie, ma che poi si
aprirà al resto della società lavorativa italiana.
Oggi il marketing è una realtà culturale diffusa in ogni settore operativo della
società. Questo non è soltanto una tecnica di vendita, ma un nuovo modo di
indagare la società attraverso i target.
Negli anni Sessanta e soprattutto Settanta, infatti, il marketing che era entrato
timidamente dalla finestra delle agenzie, prese saldamente possesso del mondo
pubblicitario italiano. Il consumatore iniziò ad essere considerato un “economista
minimo”, un polo razionale nei confronti delle scelte di consumo.
Il consumismo fu solo una conseguenza di questa visione, che non teneva conto del
fattore di emotività e di implicito edonismo richiesti dalla società dei consumi.
Anche questa, in fondo, era una via per giustificare la pubblicità, ponendola in un
universo razionale, cauto, critico.
3
Cfr. Grandi, Silvia, “Pubblicità e arte in Italia 1945-1975”, www.storiaefuturo.com/articoli 2005
13
1.2 Il “boom” della pubblicità
Nasce in quegli anni una cultura di massa, rivolta alla suddivisione del pubblico in
tipologie diverse. Questo sia per suddividere i prodotti in categorie, destinati poi a
diversi tipi di pubblico, sia per conoscere la massa nella sua particolarità.
Si parla, dunque, di segmentazione per riferirsi al processo per cui i prodotti
mediali sono mirati con precisione a determinati settori dei consumatori mediali,
grazie alla maggiore possibilità di selezione da parte dei consumatori stessi.
4
È importante inquadrare bene questo passaggio capitale, che in pratica significò la
fine di quella “artisticità” che aveva connotato, con ottimi risultati, la pubblicità
degli esordi. Questa aveva escluso dalla comunicazione parte della società, che in
seguito sarà molto importante perché l’intera comunità è ricevente di messaggi.
Ciò ha costretto la comunicazione a compiere un grande stacco col passato e a
darsi nuove e adeguate strutture di pensiero.
In questi anni anche il vocabolario della pubblicità si arricchisce improvvisamente,
perché le nuove aperture vanno definite con un linguaggio nuovo. Si iniziano
infatti a sentire nuovi termini come product plus, product benefit, extended revold,
end result, product analysis, brand image, creative intension, basic appeal.
Inoltre, si cominciano ad usare i test per fare ricerche ed indagini conoscitive di
grande aiuto per i pubblicitari.
Le prime indagini motivazionali condotte furono su una campagna che
pubblicizzava margarina. Le ricerche avevano chiarito che le massaie italiane
possedevano pregiudizi riguardo la margarina e in più avevano condotto verso il
modo giusto per “aggirare l’ostacolo”.
5
Si cerca di raffigurare una casalinga felice di aver dato retta alla margarina Gradina
e di aver raggiunto così il suo obiettivo: essere la buona donna di casa e soddisfare
tutti i componenti della famiglia.
Questo strumento venne usato in vari casi, come ad esempio la strategia per il
lancio e il corretto posizionamento della lavatrice, la “grande intrusa” della casa
4
Cfr. McQuail, D., “Sociologia dei media”, Il Mulino, Bologna 2001 p. 319
5
Le ricerche emozionali vennero condotte per la margarina Gradina e sfociarono in una campagna nota:
“Brava, avevi ragione, si mangia bene con Gradina”