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CAPITOLO 1- LA TRADUZIONE AUDIOVISIVA
1.1 Introduzione
La traduzione audiovisiva permette ogni giorno a milioni di persone di usufruire di film,
telefilm, programmi televisivi e interviste in lingua straniera, ai quali altrimenti non potrebbe
avere accesso chi non possiede un livello di competenza nella lingua in cui il prodotto è
originariamente realizzato. Più precisamente,
La traduzione audiovisiva consiste nell’intervenire sull’aspetto
linguistico – battute e dialoghi – di un prodotto audiovisivo, al fine di
permetterne la circolazione in un mercato diverso rispetto a quello di
partenza (Fois: 4).
È inoltre, secondo Gambier (2004:5), un tipo di traduzione selettivo con adattamento,
compensazione e riformulazione, in definitiva una tradaptation.
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Se risulta semplice dare una definizione di traduzione audiovisiva, non lo è altrettanto
definire la categoria alla quale questa disciplina appartiene. Quando si interpreta si traduce
oralmente il discorso di qualcuno, mentre quando si traduce un testo lo si fa per iscritto. Ma
cosa avviene, ad esempio, nel caso della sottotitolazione o del doppiaggio? Numerosi sono i
passaggi tra scritto e orale, tra traduzione e interpretazione, ed è così che i confini tra una
categoria e l’altra appaiono sfumati.
Gli stessi professionisti che lavorano nell’ambito di questa disciplina vengono a volte
considerati al paro dei traduttori letterari, a volte sono accostati ai traduttori tecnici e altre
volte ancora agli interpreti, ma risulta difficile, persino nelle associazioni di traduttori,
definire una volta per tutte il tipo di lavoro che effettua un traduttore audiovisivo. Ciò avviene
probabilmente a causa della nascita relativamente recente della disciplina.
La traduzione audiovisiva appartiene al settore dei Translation Studies e inizia a farsi
conoscere come disciplina tra la fine degli anni ‘50 e l’inizio degli anni ‘60 del secolo scorso,
ma è soltanto negli ultimi anni del ventesimo secolo che la ricerca in questo campo vede un
vero e proprio boom di interesse. Successivamente, negli ultimi 20 anni circa, la traduzione
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Termine che deriva da “tradurre” e “adattare”. Nell’ambito teatrale significa tradurre un’opera adattandola
affinché sia eseguibile per la cultura di arrivo. Il prodotto finale deve inoltre produrre sullo spettatore gli stessi
effetti che ha avuto l’originale sul pubblico di partenza. «http://translationjournal.net/July-2015/la-notion-de-
tradaptation-dramatique-le-cas-de-trop-c-est-trop-de-protais-asseng.html» ultimo accesso 21/09/2015.
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audiovisiva ha assunto un ruolo prominente nella ricerca accademica legata ai Translation
Studies (Díaz Cintas: 1).
Sono stati molti i nomi che questa disciplina ha assunto prima di essere battezzata
audiovisual translation o traduzione audiovisiva, primo fra tutti transadaptation o film
dubbing, utilizzato nel 1976 da István Fodor. Dopodiché, è stata definita Film translation da
Mary Snell-Horby nel 1988, screen translation da Ian Mason nel 1989, traducción
cinematográfica da Amparo Hurtado nel 1994 e traducción audiovisual da Jorge Díaz Cintas
nel 2001. Fu Yves Gambier che nel 2003 utilizzò per primo i termini audiovisual translation e
multimedia translation. Egli menzionò inoltre il termine transadaptation che venne utilizzato
nel 2007 da Eithne O’Connell. Con il passare del tempo si preferì poi il termine audiovisual
translation, che era di più comune utilizzo (Soler Pardo 2013: 19-20) e comprendeva non
soltanto i film ma tutti i prodotti audiovisivi.
1.2 Il testo audiovisivo e i canali e i codici che lo caratterizzano
L’elemento di studio della traduzione audiovisiva è il testo audiovisivo, che nasce con
lo scopo di rappresentare un dialogo filmico che sia il più possibile veritiero e spontaneo.
Esso è caratterizzato da una forte componente intersemiotica, poiché vari canali e codici
contribuiscono alla sua creazione.
Tramite il canale visivo vengono comunicati segni che non appartengono a codici
verbali, come ad esempio le didascalie, i colori, le immagini e in generale i messaggi verbali
che appaiono sullo schermo.
Il canale audio-orale riguarda invece il linguaggio verbale, ovvero i dialoghi e le voci
fuori campo e il linguaggio non verbale, costituito dai suoni in generale, tra cui i rumori e la
musica.
Nonostante l’importanza della componente non verbale, la traduzione audiovisiva si
occupa maggiormente del linguaggio verbale e, in special modo, di quello parlato. È infatti la
componente verbale l’unica che può essere modificata e manipolata nella traduzione da una
lingua di partenza a una di arrivo (Pavesi 2005: 9).
Per quanto riguarda i codici che operano in maniera simultanea nella produzione di
significato, Chaume (2004: 16-22) ne definisce dieci tipi.
Il codice linguistico è una componente fondamentale di ogni testo. Ciò che caratterizza
questo tipo di codice nei prodotti audiovisivi è il fatto che, nei film, nei cartoni animati, nelle
serie televisive e negli spot pubblicitari siamo di fronte a un testo scritto, ma pensato per
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essere parlato, che deve apparire orale e spontaneo. Il traduttore deve quindi operare in
maniera tale che il testo di arrivo sia dotato della stessa spontaneità di quello di partenza.
I codici paralinguistici hanno a che vedere con elementi soprasegmentali quali silenzi,
pause, volume e tono della voce. Nell’ambito dei testi audiovisivi questi elementi sono
rappresentati da simboli convenzionali che devono essere inseriti in ogni traduzione.
Il codice musicale e degli effetti speciali si riferisce alle canzoni che possono essere
inserite in un film o serie televisiva. Esse necessitano normalmente di un adattamento poiché,
sia nel doppiaggio che nella sottotitolazione, svolgono spesso la funzione di segni di
punteggiatura narrativa. Il traduttore può decidere se sostituire la colonna sonora
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delle parti
cantate con un’altra tradotta o lasciarla invariata, mentre nei sottotitoli il testo dell’originale e
il testo della traduzione non vengono mescolati e la parte tradotta viene solitamente scritta in
corsivo.
Il codice di arrangiamento sonoro riguarda i suoni che, in un testo audiovisivo, possono
essere diegetici (appartenenti alla storia), o non diegetici (appartenenti a persone o oggetti che
non sono parte della storia), come le voci fuori campo. Allo stesso tempo i suoni possono
essere prodotti on-screen (quando è visibile la fonte che genera il suono) o off-screen (quando
la fonte non è visibile sullo schermo). Ovviamente nei dialoghi on-screen i suoni devono
corrispondere al movimento delle labbra dei personaggi, mentre in quelli off-screen il
traduttore ha più libertà nel scegliere le strategie traduttive.
Il codice iconografico è il più rilevante e problematico a livello visivo ed è legato alla
rappresentazione di icone e simboli nella traduzione. Normalmente i simboli iconografici non
vengono rappresentati linguisticamente e tradotti a meno che non siano accompagnati da una
spiegazione verbale o che la loro traduzione sia fondamentale per comprendere la storia. Il
problema di fronte al quale si può trovare il traduttore riguarda la creazione di una traduzione
che sia coerente con il significato dell’immagine.
Il codice fotografico riguarda i cambiamenti di prospettiva, di illuminazione o dell’uso
del colore. Nel caso della sottotitolazione, cambiamenti di illuminazione possono rendere
necessario l’uso di un colore diverso per i sottotitoli. La scelta dei colori può avere inoltre una
diversa connotazione culturale da paese a paese, il traduttore deve perciò porre attenzione alle
decisioni che prende.
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La parte audio di un film, composta da parola (dialogo), rumori (effetti sonori), musica e ottenuta tramite
impressione di segnali luminosi su un lato della pellicola cinematografica che, letti da un apposito apparato del
proiettore, si trasformano in suoni. «http://www.treccani.it/enciclopedia/colonna-sonora/» ultimo accesso
7/12/2015.
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Il codice dei tipi di inquadrature è legato soprattutto ai primi piani e alle inquadrature da
vicino. Il traduttore deve scegliere meticolosamente le parole che i personaggi andranno a
pronunciare per mantenere l’illusione che siano proprio loro a parlare. Le consonanti bilabiali
e le vocali aperte, in particolare, devono coincidere con i movimenti delle labbra dell’attore.
In queste situazioni il traduttore deve agire dando la massima importanza alla sincronia
labiale.
Nel codice di mobilità sono i segni prossemici, i segni cinetici e l’articolazione della
bocca dei personaggi ad avere un ruolo fondamentale. I segni prossemici riguardano la
distanza di un personaggio dall’altro e la loro distanza dalla telecamera. I segni cinetici
invece, hanno a che vedere con i movimenti dei personaggi. Nel doppiaggio, ad esempio, è
fondamentale che il parlato si adatti al significato convenzionale trasmesso da questo tipo di
segni.
Per quanto riguarda i movimenti articolatori della bocca dei personaggi, è necessario
considerare il fatto che, la durata e l’approssimato numero di sillabe del testo di arrivo,
devono corrispondere con il momento in cui i personaggi aprono e chiudono la bocca.
Il codice grafico si occupa del testo scritto che appare sullo schermo, ovvero titoli,
didascalie, sottotitoli e testo in generale. La presenza di questi elementi in un prodotto
audiovisivo condiziona fortemente la traduzione poiché il loro significato deve essere
trasferito al testo di arrivo.
Infine, il codice sintattico, si occupa delle relazioni esistenti tra una scena e l’altra e
della posizione delle scene nello sviluppo della trama e della narrativa. Per capire
correttamente il testo e creare una buona traduzione quindi, si deve tenere conto della
funzione che le varie scene hanno nella narrazione.
Per far sì che la traduzione risulti completa, il traduttore deve conoscere questi codici e
fare particolare attenzione alla loro incidenza all’interno del codice linguistico, poiché esso è
l’unico a poter essere manipolato.
1.3 I tipi di trasferimento linguistico
Nella traduzione audiovisiva entrano in gioco diversi metodi di trasferimento
linguistico. Gambier (2004) ne riconosce tredici tipi, di cui otto definiti dominanti poiché più
utilizzati in ambito audiovisivo e cinque challenging, ovvero più complessi ma allo stesso
tempo stimolanti.
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Queste modalità che in alcuni casi possono sembrare molto diverse tra loro, hanno in
realtà molti punti in comune. Esse si trovano innanzitutto a metà strada tra scritto e orale, tra
traduzione e interpretazione. Inoltre, ogni tipo di trasferimento linguistico nasce per rivolgersi
a un determinato tipo di pubblico ed è prerogativa del traduttore soddisfare le sue esigenze
(Gambier 2004: 4).
La suddivisione in queste due categorie sembra tuttavia non essere più adatta a definire i
tipi di trasferimento linguistico, questo perché nuovi strumenti e innovazioni tecnologiche
permettono di utilizzare normalmente e con minori difficoltà anche i metodi challenging.
È utile, tuttavia, attenersi alla classificazione di Gambier per descrivere con più
chiarezza i tipi di trasferimento linguistico.
Verranno analizzati a questo punto i metodi challenging:
• La traduzione degli script: questo tipo di traduzione è utilizzato soprattutto per ottenere
sovvenzioni nell’ambito delle coproduzioni e non è visibile al pubblico poiché non viene
pubblicata. È tuttavia importante per la realizzazione di progetti cinematografici e
televisivi.
• La sottotitolazione simultanea: viene utilizzata per le interviste o per tradurre discorsi in
diretta. È anche chiamata sottotitolazione in tempo reale poiché la procedura è effettuata
contemporaneamente alla messa in onda del programma. Un traduttore si occupa di fornire
una traduzione del testo ridotta rispetto alla versione di partenza, mentre un tecnico la
scrive il più velocemente possibile per creare i sottotitoli che verranno letti dal pubblico.
La ristrettezza dei tempi fa sì che il prodotto finale non sia di ottima qualità, per ciò
questo metodo traduttivo non viene considerato rilevante nell’ambito della traduzione
audiovisiva. (Catania 2014: 12- 13).
• La sopratitolazione: è un metodo utilizzato per tradurre opere teatrali come l’opera lirica
o il teatro di prosa e musicale e deriva dalla sottotitolazione interlinguistica.
Il vantaggio maggiore di questo metodo traduttivo risiede nel fatto che i sottotitoli
possono essere proiettati in lingue diverse. Il testo tradotto viene normalmente fatto
scorrere in diretta su schermi che si trovano sopra al palcoscenico. In alcuni casi, invece, i
sottotitoli appaiono a lato o sotto al palco o su dei piccoli schermi di cui sono dotati gli
schienali delle poltrone dei teatri (Catania 2014: 13).