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Si vedranno quali sono stati i settori finanziati dall istituto milanese
e quali sono stati i canali di raccolta nell arco della sua storia.
Dato il pluridecennale accentramento del potere decisionale
interno all istituto nelle mani del suo timoniere Enrico Cuccia, si
metter inoltre in evidenza come le strategie dell a banca abbiano
coinciso con le scelte e con il prestigio di questa figura almeno fino
all inizio degli anni Novanta.
Dall analisi svolta emerge come Mediobanca si sia evoluta da
banca operante nel credito industriale di medio e lungo termine a
vera e propria merchant bank operante sempre nel settore del
credito, ma anche specializzata nei settori piø affini a quelli di una
banca d affari.
Il presente lavoro si suddivide in un capitolo iniziale in cui si
descrivono quali siano le ragioni per cui si arriva ad istituire
Mediobanca, partendo dal ritardo del sistema industriale italiano
di fine Ottocento fino alla crisi degli anni Trenta. Inoltre sar
rappresentata l attivit di Mediobanca dalla sua or igine fino
all internazionalizzazione dell istituto con cui si posero le basi per
un estensione delle funzioni comprendente anche attivit di
merchant banking, cioŁ quel periodo che va dal 1946 al 1956.
Nel secondo capitolo si descriver il rapporto di M ediobanca con
le grandi imprese, focalizzando l attenzione su tre casi emblematici
dei processi di interazione fra l Istituto milanese e il mondo
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imprenditoriale. Saranno cioŁ approfonditi i rapporti Mediobanca-
Fiat, Mediobanca-Pirelli e Mediobanca-Montedison.
Il terzo capitolo cercher di cogliere quale sia st ata l evoluzione
dell attivit dell istituto milanese dal 1956 in po i. Si Ł voluto
dedicare un capitolo apposito a tale fase di sviluppo di Mediobanca
in quanto essa ha notevolmente accresciuto il suo ruolo dalla met
degli anni Cinquanta in poi, trasformandosi gradualmente da
semplice strumento delle Banche di Interesse Nazionale fondatrici
operante nel credito industriale, in un operatore sempre piø
autonomo sia come merchant bank che come regolatore degli
assetti proprietari del grande capitalismo italiano alla fine degli
anni Ottanta, fino ad acquisire nel corso degli anni Novanta il
profilo di una vera e propria banca d affari esposta ad una
crescente concorrenza di operatori internazionali.
L ultimo capitolo sar dedicato alle conclusioni su l lavoro svolto,
cercando di capire se e a chi Ł servita Mediobanca e quali siano le
prospettive del suo sviluppo futuro.
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1. ALLE ORIGINI DI
MEDIOBANCA
1. INTRODUZIONE.
Questo capitolo esamina le concause che portarono alla nascita di
Mediobanca. Inevitabile sar il taglio storico di q uesta parte della tesi in
quanto la situazione economica di un dato momento non pu essere vista
come un qualcosa di statico, a sØ stante, ma come il risultato di una serie
di fattori evolutivi di natura sia economica che politica.
Nel paragrafo seguente si effettua una breve panoramica dei fenomeni
che hanno portato alla necessit , da parte delle ba nche ordinarie, di
creare un istituto come quello di via dei Filodrammatici finalizzato a
svolgere funzioni specialistiche nel campo del credito industriale.
Nel terzo paragrafo si concentra l attenzione sulla crisi degli anni 30 e
sul conseguente declino della banca mista, che costituiscono la premessa
per lo sviluppo di sistemi piø avanzati di rapporto fra banca e industria; il
quarto paragrafo centrer il discorso sulla riforma bancaria del 36, sulla
ricerca di nuove modalit di protezione da possibil i crisi industriali
effettuata dalle banche ordinarie durante gli anni 40 per poi concentrarsi
sulla necessit di un punto di snodo fra mercato ed imprese capace di
governare la crescente richiesta di capitale di rischio nel periodo della
ricostruzione post-bellica.
Nel quinto ed ultimo paragrafo si analizzer la nas cita di Mediobanca, il
perchØ della sua fondazione nel 1946, gli obiettivi posti dai fondatori e la
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sua attivit fino al 1956: periodo in cui l istitut o milanese cresce
svolgendo unicamente la funzione di banca specializzata nel credito
industriale che era l obiettivo per cui era stata fondata. Dopo la seconda
met degli anni Cinquanta Mediobanca si evolver p ian piano in vera e
propria banca d affari. In definitiva, questo capitolo non ha l obiettivo di
descrivere l attivit di Mediobanca, ma quello di a nalizzare quali siano i
motivi che hanno portato a Mediobanca, e qual Ł l attivit che risponde a
tali motivazioni; ci che verr dagli anni 60 sar discusso nel terzo
capitolo.
2. LO SVILUPPO TARDIVO DELL INDUSTRIA
ITALIANA.
L ultimo scorcio dell Ottocento fu contrassegnato d a un vento di ripresa
dopo oltre vent anni di recessione; tale ripresa fu poi cos marcata
all inizio del Novecento che permise non solo di mettersi alle spalle la
precedente congiuntura negativa, ma port a notevol i mutamenti anche
nella struttura industriale stessa come mai fino a quel momento si erano
rilevati.
I fattori che determinarono tale svolta furono molteplici e tutti insieme
portarono ad una riattivazione dei meccanismi di accumulazione ed
all espansione dell economia [Castronovo, 1995]. Si curamente
l incremento delle risorse energetiche, dovuto alla novit dell impiego
dell energia elettrica ed alla scoperta di nuovi giacimenti petroliferi,
ebbero una grande rilevanza, ma anche il perfezionamento della tecnica
ed i progressi in campo scientifico e nella ricerca applicata lasciarono il
segno sul sentiero della ripresa.
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Tali fenomeni, insieme ad altri, contribuirono a modificare
sensibilmente la configurazione e l assetto del sistema economico:
guadagnarono sempre piø terreno l industria pesante, la chimica e la
metalmeccanica a scapito dei settori tradizionali (agricolo, tessile,
tecnica, ). Si pass dall et del ferro e del vapor e all et dell elettricit
e del motore a scoppio [Castronovo, 1995 ]; ogni i nnovazione - sia di
processo che di prodotto - verr resa profittevole, cos che, tale boom
economico , port a riattivare quelle aree che ave vano perso il treno o si
erano fermate alle soglie della prima rivoluzione industriale: l ascesa
dell economia tedesca e statunitense, a scapito della precedente
egemonia britannica, fu la conseguenze di ci . Bast i pensare che gi nel
primo decennio del secolo negli Usa il valore della produzione era, per
addetto, piø di due volte quello inglese; la Germania nel 1905 aveva gi
centuplicato la produzione d acciaio rispetto al 1865 [dati da De Cecco,
1962 in Castronovo, 1995].
Soprattutto in questi Paesi leader i settori tradizionali furono
ridimensionati e l investimento fu spostato su settori a contenuto
innovativo ed ad alta intensit di capitale.
L Italia alla fine dell Ottocento rappresenta il cl assico esempio di Paese
ritardatario cioŁ giunto tardi all industrializza zione; la situazione
italiana sar sempre da considerare peculiare in qu anto fattori economici
e politici la distingueranno fra tutti i Grandi Paesi industrializzati: il
dualismo tra un Nord all avanguardia ed un Sud mai all altezza, la
politica industriale adottata dallo Stato che si pu riassumere nella non
presenza di un vero e proprio programma industriale a lungo termine, ma
in un interventismo continuo a salvaguardia dei settori industriali in crisi
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o addirittura al collasso e nella preponderante presenza
dell amministrazione pubblica nell industria attrav erso l istituto
dell impresa pubblica che rappresenta uno status unico al Mondo. Altro
fattore strutturale che certamente non giov all It alia fu la scarsa
presenza di risorse energetiche e la costrizione, quindi, ad essere piø di
altri Paesi europei importare di materie prime.
Ci che fece salire l Italia sul treno della ripres a all inizio del XX secolo
fu l innesto di nuovi fattori di sviluppo, anche se con ritmi e modalit
diverse, come i mutamenti di carattere demografico e sociale: l aumento
demografico e l incremento della popolazione urbana : nel 1881 i
comuni con piø di 20.000 abitanti contavano neanche … della
popolazione totale, trent anni dopo nel 1911 (anno del primo
censimento) tale quota superava il 30% e addirittura l area delle grandi
citt , da sola, l 8% della popolazione totale, e c onseguentemente la
nascita dei primi centri di ricerca e di un substrato di popolazione
economicamente e scientificamente piø acculturata [M. Livi Bacci,
AA.VV., 1984 e D. Mustedljak, 1990 citati in Castronovo, 1995], l
emigrazione che permise, aldil di un elevato costo sociale , di
riequilibrare il rapporto risorse-consumo nel Paese, la possibilit di avere
un saldo attivo della Bilancia dei Pagamenti grazie alle rendite estere di
ritorno in Italia degli emigranti e la presenza notevole di italiani
all estero fu fondamentale per l apertura e l allar gamento di varchi, sui
mercati locali, per le esportazioni del nostro Paese (tessile, alimentare); i
progressi dell agricoltura attraverso lo sviluppo delle tecniche agricole,
la bonifica di grandi terreni che aument la spazio di coltura, la
disponibilit di nuovi macchinari come trebbiatrici e falciatrici grazie
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all evoluzione della meccanica; la disponibilit di nuovi fonti
energetiche : l energia elettrica fu il settore in cui si concentrarono i
maggiori investimenti dell epoca ed il suo sviluppo avvenne su basi
quanto mai moderne e fu accompagnato da un eccezionale
dispiegamento di mezzi finanziarti; tra il 1896 ed il 1914 dei 2 miliardi e
mezzo di Lire di nuovi investimenti registrati oltre il 20% fu assorbito
dalle societ elettriche [Castronovo, 1995], le politiche di risanamento
finanziario e di intervento pubblico: commesse pubbliche, fornitura di
capitali per la fase di start-up delle imprese, risanamento delle grandi
aziende in difficolt , l istituto dell impresa pubb lica nei settori
considerati strategici, la formazione di una nuova imprenditorialit che
solo in parte si rifaceva alle sue origini: nuova classe di imprenditori
soprattutto a base familiare che abbandona i settori tradizionali per
investire in settori ad alta intensit di capitale: metallurgia, siderurgia,
cantieristica, elettrico, chimico.
Tale cambiamento strutturale dello sviluppo economico italiano
rappresenta qualcosa di completamente nuovo per il nostro Paese, in
quanto permise di intraprendere il sentiero che portava alla
trasformazione del sistema nazionale da economia di consumo ad
economia di produzione. Con lo sviluppo dell industria si assiste anche
alla nascita di strutture finanziarie, indispensabili per la crescita
dell industria stessa, che prima di allora il nostro Paese non conosceva;
le banche miste in tale periodo furono vitali, assieme alle commesse
pubbliche statali, per far decollare il settore industriale ed allo stesso
tempo permisero alle banche stesse di assumere posizioni di rilievo nel
mercato, aumentando da una parte la raccolta di capitale (grazie
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all aumento del risparmio) e dall altra il valore d egli investimenti in
termini reali concessi alle imprese.
Questo grande sforzo per recuperare posizioni e per rientrare nel novero
dei Paesi industrializzati assieme alla congiuntura positiva che invest
l economia mondiale permise all Italia di essere co nsiderata di diritto
alle soglie della Prima Guerra Mondiale, pur con le sue peculiarit e
contraddizioni, tra i Grandi Paesi industrializzati. Come diceva L.
Segreto nel suo Modelli di controllo del capitalismo italiano dalla banca
mista a Mediobanca (1894-1993) [Segreto, 1999], L impresa e gli
imprenditori italiani sono in sostanza cresciuti all ombra di due
istituzioni la banca mista e lo Stato che ne hanno determinato a
lungo scelte, successi e insuccessi .
Questa breve panoramica della situazione italiana ci permette ora di
affrontare in maniera piø approfondita gli avvenimenti che portarono alla
nascita di Mediobanca. Ma quali sono questi avvenimenti? Come mai si
Ł giunti a creare nel 1946 un istituto cos atipico per il sistema
economico italiano? Penso che rispondendo alla prima domanda
conseguentemente si d una risposta anche alla seco nda: la crisi degli
anni 30, il declino della banca mista, la riforma bancaria del 36, la
ricerca da parte delle banche ordinarie di un ombr ello di protezione
rispetto alle crisi del mercato industriale ed allo stesso tempo un punto di
incontro fra mercato ed imprese; queste penso siano le cause per cui si
giunge alla creazione di Mediobanca, cause che si cercher di
approfondire ed analizzare separatamente, ma che in molti casi hanno
rapporti diretti di conseguenza o di effetto rispetto alle altre. Nel secondo
paragrafo si tratter della crisi degli anni 30 e del conseguente declino
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della banca mista, nel terzo paragrafo della riforma bancaria del 36 e
della conseguente ricerca di protezionismo delle banche ordinarie da
nuove possibili crisi dei mercati industriali, nel quarto paragrafo si
tratter della necessit di creare uno snodo tra me rcato dei capitali ed
industria. Nel quinto ed ultimo paragrafo si cercher di dare quindi una
risposta al secondo quesito posto in precedenza e cioŁ la reale necessit
della nascita di Mediobanca, o per meglio dire di una banca d affari
specializzata unicamente nel finanziamento, almeno nei primi anni di
vita, degli investimenti industriali (credito a medio termine).
3. LA CRISI DEGLI ANNI 30. IL DECLINO DELLA
BANCA MISTA.
La data di gioved 24 ottobre 1929, al di l di ogn i retorica, rappresenta
un punto cruciale dell economia mondiale; il giove d nero di Wall
Street rappresenta il punto di partenza di una crisi che andr a colpire gli
assetti finanziari in maniera disastrosa e proprio nei Paesi in cui tali
assetti risultano piø organizzati e sviluppati, U.S.A. e Germania, la crisi
risulter ancor piø dannosa.
Fino al 1928 le speculazioni avevano invaso i mercati borsistici
occidentali, sostenute dall idea demagogica che gli ampi margini di
guadagno ottenuti fino ad allora sui mercati mobiliari non dovessero
fermarsi piø. Crebbe il divario tra il valore reale dei titoli azionari e la
loro quotazione di borsa con l economia reale che si trovava sempre piø
in difficolt a collocare una quantit crescente di prodotti sul mercato
(squilibrio tra produzione e consumo); ad acutizzare tali difficolt
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partecip anche il calo del prezzo del grano che co mport la riduzione
del consumo da parte dei lavoratori agricoli. Ma negli Stati uniti
l opinione pubblica incoraggiata anche dall ottimis mo
dell amministrazione Hoover, pareva ritenere che le cose sarebbero
andate bene all infinto.
Tale avvenimento non pu per essere identificato c ome la crisi del
capitalismo in sØ per sØ, ma come l insuccesso di un sistema capitalistico
liberale, dove cioŁ il sistema economico e politico attribuisce
all iniziativa privata la gestione dell economia na zionale e allo stato il
compito di approntare infrastrutture e servizi necessari. E tale riflessione
pu essere ancor piø provata dal fatto che da tale momento la mano
pubblica entra in gioco in maniera rilevante o add irittura da
protagonista nell economia nazionale in Paesi governati anche da sistemi
politici opposti, come gli Stati Uniti del New Deal e l Italia fascista.
Come potØ una crisi che colp un economia nazionale come quella degli
USA provocare effetti domino che si rifletterono su tutta l economia
mondiale? A tale domanda possiamo rispondere approntando alcuni dati:
negli anni Venti e Trenta gli USA spesero per prestiti e finanziamenti in
Europa 11 miliardi e 500 milioni di dollari incassando solamente per
debiti e riparazioni di guerra 3 miliardi e 300 milioni; inoltre il sistema di
scambio internazionale vigente gold standard provocava un ulteriore
dipendenza verso gli Stati Uniti essendo quest ultimi possessori del 40%
della quantit totale di oro in circolazione nell e conomia mondiale.
In Italia, nel 1930, il calo dei prezzi manifestatosi all indomani del crollo
di Wall Street colp prima l agricoltura , che si ritrov a front eggiare un
grave squilibrio fra produzione e consumo; il regime fascista non si
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adoper per finanziare il settore agricolo in crisi , misura invece adottata
anche se a fatica, dalla maggior parte degli stati europei, ma ag
inasprendo le tariffe doganali all importazione e decurtando le
retribuzioni della manodopera. Le ripercussioni furono importanti, in
quanto la disoccupazione crebbe vertiginosamente e la produzione
agricola, che fine al 1929 era quintuplicata rispetto al 1913-14, si ridusse
sensibilmente.
Ma un aspetto fondamentale della crisi mondiale, per quanto riguarda il
nostro Paese, atteneva al funzionamento del sistema bancario; per meglio
dire al rapporto assai stretto tra banche ed imprese determinato
dall esistenza delle banche miste che avevano avu to un ruolo di primo
piano in Italia nella prima fase di industrializzazione.
La crisi raggiunse il nostro Paese tra la fine del 1930 e l inizio del 1931;
tale ritardo nella manifestazione della crisi nel settore industriale nel
nostro Paese Ł dovuto proprio al ritardo del sistema industriale italiano
rispetto alle Nazioni concorrenti; una produzione manifatturiera che
segu vicende alterne, una maggior concentrazione dei posti di lavoro nei
servizi e nell edilizia, il calo progressivo delle esportazioni di beni di
consumo durevoli dovuti a politiche deflazionistiche (lira italiana a quota
novanta ) possono spiegare tale ritardo. Nonostant e ci non si pu dire
che durante l autarchia fascista lo sviluppo industriale italiano sub una
battuta d arresto, ma il divario con gli altri Paesi industriali rimase
invariato. Si assistette ad una fase di lenta modernizzazione
dell apparato produttivo e proprio negli anni 30 l a quota di prodotto
nazionale dell industria super quella del settore agricolo [Bianco,
2003].
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La crisi ebbe conseguenze rilevantissime sui fragili assetti del rapporto
fra banca e industria, soprattutto per la Banca Commerciale ed il Credito
Nazionale. L intreccio tra capitale di credito e industriale, lo scarso
sviluppo del mercato azionario, la presenza di gruppi societari
caratterizzati da partecipazioni incrociate resero la crisi del 29-31 molto
acuta, facilitando effetti a cascata. La crisi colp interi gruppi bancari-
industriali ed infatti le principali banche si trovarono nell impossibilit di
smobilizzare il proprio attivo, rappresentato da partecipazioni in gruppi
industriali in grave difficolt .
Il sistema era, sino ad allora, piø o meno il seguente: le banche miste
attraverso partecipazioni incrociate detenevano il potere nel mercato dei
finanziamenti alle imprese e lo Stato asserviva queste solo nei casi di
crisi per evitarne il fallimento o per regolarne l estinzione.
Tra la fine del 1931 e i primi del 1932 gli effetti di tale crisi si
propagarono con sempre maggior violenza; seguirono, ad una
liquidazione in massa degli investimenti a breve termine, una ampia
sequenza di fallimenti e conseguentemente un crollo dei titoli azionari
cui segu una caduta verticale dei prezzi. Nessun settore riusc a salvarsi
da tale depressione. La disoccupazione raggiunse la quota di 1.200.000
unit di cui ben 700.000 nel solo comparto industri ale
[Castronovo,1995]; anche fattori fisiologici che negli anni antecedenti
avevano addolcito il problema della disoccupazione italiana, in primis
l emigrazione, a causa della crisi internazionale non riuscirono a
riequilibrare almeno in parte tale problematica. A conclusione del
discorso relativo a tale crisi si pu dire che risp etto ai partner europei,
dove furono i ceti medi (piccoli imprenditori, impiegati) a subire il
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contraccolpo piø importante di tali anni, in Italia chi fu colpito
maggiormente furono i lavoratori industriali ed agricoli.
In Italia come si Ł detto in precedenza la crisi si fece sentire in ritardo
rispetto al suo nascere e a differenza degli altri Paesi dove era piø forte
ed organizzato l apparato finanziario in maniera meno acuta. Comunque
la produzione industriale gi nel 1930 diminu del 23% circa e quella
agricola addirittura del 50% circa; tale dato sta a dimostrare come forse
in Italia a causa di uno scarso sviluppo del mercato mobiliare, dovuto
all interventismo dello stato ed alla presenza della banca mista, che
attraverso il sistema delle partecipazioni incrociate deteneva il controllo
dei mercati dei finanziamenti industriali, il percorso Ł inverso o meglio Ł
la crisi industriale che a ritroso va a colpire il sistema bancario e
finanziario italiano. Questo perchØ esponenti delle banche miste
sedevano nei consigli di amministrazione o nei collegi sindacali a volte
ricoprendo anche le cariche di presidente, vicepresidente, amministratore
delegato [A. Confalonieri, 1975-76 e F. Pino, 1991 in Segreto, 1999].
Molto scarsi erano i legami orizzontali fra imprese industriali dello
stesso settore o di settori contigui e questo permetteva alle banche miste,
le piø importanti dell epoca sono la Banca Commerciale ed il Credito
Italiano, di mantenere se non di rafforzare i legami verticali con le
industrie attraverso i suoi fiduciari.
Se vogliamo addentrarci nel percorso evolutivo della banca mista, si
deve precisare per che la situazione descritta poc anzi riflette la
situazione fino agli anni 20: il controllo del capitalismo faceva
riferimento unicamente alla banca mista. Dagli anni 20, grazie allo
sviluppo industriale consentito dalla guerra, i piø importanti gruppi
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industriali riescono a migliorare i propri margini d autonomia finanziaria
dalle banche miste; esempi di quanto detto sono i tentativi, falliti, di
scalata alle banche tra il 1918 ed il 1920 da part e di FIAT ed
ANSALDO [Segreto, 1999].
E proprio durante gli anni 20 che altri due model li di controllo del
capitalismo, oltre alla banca mista che aveva spadroneggiato fino alla
prima guerra mondiale rappresentando il motore della rivoluzione
industriale di inizio XX secolo, si manifestano anche se ancora non del
tutto indipendenti ed autonomi dal sistema delle banche miste stesse.
In questa sede, mi sembra giusto solo porre un cenno a tali nuovi
modelli; il primo riguarda l EDISON, la principale societ elettrica
italiana dell epoca, legata sino al 1918 alla Banca commerciale, che
riusc grazie alla sua enorme liquidit finanziaria a svincolarsi dalla
Commerciale ed alcuni dei suoi grandi azionisti come Pirelli, Orlando e
Feltrinelli (peraltro importanti azionisti del Credito Italiano, l altra banca
mista per eccellenza) crearono un sindacato di blocco della propriet da
un lato e, dall altro, iniziarono a muoversi come un unica entit negli
equilibri finanziari del mercato dei capitali dell epoca.
L altro modello di controllo che si afferm durante gli anni 20 fu quello
della Bastogi (Societ per le strade Ferrate Meridi onali); il suo
portafoglio azionario risultava suddiviso in tante imprese del settore
elettrico concorrendo a determinarne la maggioranza proprietaria e
quindi il potere della gestione; la peculiarit di tale modello non stava
tanto nel valore delle singole partecipazioni che deteneva, ma nel potere
che la Bastogi deteneva nell influenzare le scelte del settore elettrico.
Tale situazione affascinava molto gli industriali, che vedevano nella